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Corte di Cassazione, Sezione 6 2 civile Ordinanza 25 gennaio 2018, n. 1852

al fine di accertare se l’uso esclusivo di un’area esterna al fabbricato, altrimenti idonea a soddisfare le esigenze di accesso all’edificio di tutti i partecipanti, sia attribuito ad uno o piu’ condomini, e’ irrilevante ex se la circostanza che l’area stessa, per la conformazione dei luoghi, sia stata di fatto goduta piu’ proficuamente e frequentemente dal condomino titolare della contigua unita’ immobiliare.

 

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Corte di Cassazione, Sezione 6 2 civile Ordinanza 25 gennaio 2018, n. 1852
Integrale 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1023-2017 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’Avvocato (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’Avvocato (OMISSIS);

– controricorrenti –

nonche’ contro

CONDOMINIO VIA (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 450/2016 della CORTE D’APPELLO SEZ. DIST. DI SASSARI, depositata il 20/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/12/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza 20 settembre 2016, n. 450/2016, resa dalla Corte d’Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, che ha riformato la sentenza di primo grado pronunciata dal Tribunale di Sassari, sezione distaccata di Alghero, il 30 novembre 2010, accogliendo l’impugnazione principale del Condominio di (OMISSIS), nonche’ dei singoli condomini (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Resistono con controricorso (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), mentre rimane intimato, senza svolgere attivita’ difensive, il Condominio (OMISSIS).

La Corte d’Appello ha ritenuto cosi’ fondata la domanda proposta in primo grado con citazione del 1 febbraio 2006 dal Condominio di (OMISSIS), e dai condomini (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), volti a condannare gli altri condomini (OMISSIS) e (OMISSIS) a cessare l’indebita utilizzazione del cortile condominiale, ed in particolare il primo a rimuovere la scalinata e la ringhiera ivi apposta al fine di creare un vialetto di accesso dal suo appartamento alla pubblica via. Il convenuto (OMISSIS) dedusse di aver acquistato, con atto del 19 settembre 1985, oltre all’appartamento posto al primo piano dell’edificio, anche la porzione di terreno di accesso alla pubblica via, indipendente dal cortile, e propose anche domanda riconvenzionale per l’accertamento dell’avvenuto acquisto per usucapione dello stesso spazio. Il Tribunale di Sassari, sezione distaccata di Alghero, accolse la sola domanda degli attori di inibitoria all’uso del cortile per parcheggio di autoveicoli e motocicli, rigettando le altre. La Corte d’Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, ha invece ritenuto l’area in esame, che consente l’accesso pedonale alle singole proprieta’ mediante l’utilizzo di un cancello, e da’ aria e luce al fabbricato, come bene incluso fra le parti comuni ex articolo 1117 c.c., senza che avesse rilievo contrario la circostanza che essa costituisse anche strumento per entrare nella proprieta’ singola di (OMISSIS). La Corte d’Appello ha quindi negato che la dizione “ingresso indipendente dal cortile condominiale”, contenuta nel contratto di acquisto del 19 settembre 1985 in favore di (OMISSIS), costituisse titolo idoneo per dire trasferito a questo pure il tratto di terreno per cui e’ causa. La Corte di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, ha pure escluso che la proprieta’ esclusiva di (OMISSIS) potesse ricavarsi dal regolamento di condominio, e ne ha ritenuto infondata la domanda di usucapione, affermando che, dalle fotografie prodotte e dalla deposizione del teste (OMISSIS), emergesse come la modificazione dello stato dei luoghi, mediante imposizione di una ringhiera impeditiva dell’accesso pedonale degli altri condomini (in violazione dell’articolo 1102 c.c.), fosse avvenuta non prima del 1987.

Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione “di norme di diritto” laddove nella sentenza impugnata si ritiene che il tratto di terreno per cui e’ causa rientri tra gli spazi comuni ex articolo 1117 c.c., laddove tale presunzione deve dirsi vinta sia da univoci elementi di fatto, sia dalle caratteristiche strutturali, sia dal titolo contrario costituito dall’atto di acquisto del 19 settembre 1985, tra il venditore (OMISSIS) e (OMISSIS).

Il secondo motivo di ricorso denuncia l’omesso esame di fatto decisivo ex articolo 360 c.p.c., n. 5, in relazione agli articoli 115 e 116 c.p.c., per aver la sentenza impugnata dato rilievo, in ordine all’usucapione, ad una sola testimonianza, senza considerarne altre “precise e concordanti”. Vengono cosi’ allegate in ricorso le fotocopie integrali dei verbali di udienza del 17 maggio 2007, del 29 maggio 2008, del 4 dicembre 2008 e del 24 marzo 2009, contenenti le deposizioni di altre sei testimoni.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilita’ nelle forme di cui all’articolo 380-bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

I ricorrenti hanno depositato memoria in data 6 dicembre 2017, senza percio’ osservare il termine di cui all’articolo 380 bis c.p.c., comma 2.

Entrambi i motivi rivelano diffusi profili di inammissibilita’, e risultano comunque del tutto privi di fondamento.

Va premesso che, in tema di condominio negli edifici, qualora un condomino, convenuto dall’amministratore per il rilascio di uno spazio di proprieta’ comune occupato “sine titulo”, agisca in via riconvenzionale per ottenere l’accertamento della proprieta’ esclusiva su tale bene, il contraddittorio va esteso a tutti i condomini, incidendo la controdomanda sull’estensione dei diritti dei singoli, di tal che la sentenza, pronunciata in assenza di alcuni di essi, in quanto loro non opponibile, sarebbe inutiliter data; pertanto, ove cio’ non avvenga e la domanda riconvenzionale sia decisa solo nei confronti dell’amministratore, l’invalida costituzione del contraddittorio puo’, in difetto di giudicato espresso o implicito sul punto, essere eccepita per la prima volta o rilevata d’ufficio anche in sede di legittimita’, con conseguente rimessione degli atti al primo giudice (cosi’ da ultimo Cass. Sez. 6 – 2, 15/03/ 2017, n. 6649). Il rilievo d’ufficio in questa sede dell’eventuale difetto del contraddittorio suppone, tuttavia, che gli elementi che rivelino la sussistenza di litisconsorti pretermessi emergano, con ogni evidenza, dagli atti gia’ ritualmente acquisiti nel giudizio di merito.

Il primo motivo di ricorso si limita ad una critica generica di ingiustizia della sentenza impugnata con riguardo alla “violazione o falsa applicazione di norme di diritto”, limitandosi poi a richiamare l’articolo 1117 c.c., ma non per denunciare un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da tale norma di legge, quanto allegando un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediata dalle risultanze di causa, ricognizione che inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, attraverso il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il primo motivo e’ comunque infondato in radice perche’ suppone di poter superare la presunzione ex articolo 1117 c.c. o sulla base della situazione di fatto o sulla base del titolo d’acquisto del singolo condomino ricorrente.

La situazione di condominio, regolata dagli articoli 1117 e seguenti c.c., si attua, invero, sin dal momento in cui si opera il frazionamento della proprieta’ di un edificio, a seguito del trasferimento della prima unita’ immobiliare suscettibile di separata utilizzazione dall’originario unico proprietario ad altro soggetto. La prospettazione di ricorso non si cura di individuare quel fosse l’atto di frazionamento iniziale, dal quale ebbe origine il Condominio di (OMISSIS); individuato tale momento, doveva reputarsi operante la presunzione legale ex articolo 1117 c.c., di comunione “pro indiviso” di tutte quelle parti del complesso che, per ubicazione e struttura, fossero – in tale momento costitutivo del condominio – destinate all’uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio stesso, salvo che dal primo titolo di frazionamento non risultasse, in contrario, una chiara ed univoca volonta’ di riservare esclusivamente al venditore o ad alcuno dei condomini la proprieta’ di dette parti (Cass. Sez. 2, 18/12/2014, n. 26766). Nella specie, si ha riguardo, per quanto accertato in fatto, ad area cortilizia strutturalmente destinata a dare aria, luce ed accesso al fabbricato condominiale, facente parte delle cose comuni di cui all’articolo 1117 c.c. (Cass. Sez. 2, 29/10/2003, n. 16241; Cass. Sez. 2, 03/10/1991, n. 10309). Tale bene, pertanto, ove manchi un’espressa riserva di proprieta’ o sia stato omesso nel primo atto di trasferimento qualsiasi univoco riferimento al riguardo, deve essere ritenuto parte comune dell’edificio condominiale, ai sensi del medesimo articolo 1117 c.c., ceduta in comproprieta’ pro quota. Ne consegue che non ha alcun rilievo il contenuto dell’atto traslativo del 19 settembre 1985 tra il venditore (OMISSIS) e (OMISSIS), ove non sia dimostrato che tale atto fosse quello costitutivo del Condominio di via Leopardi (e percio’ potesse valere quale titolo contrario ex articolo 1117 c.c.) o che lo stesso (OMISSIS) avesse validamente acquisito dall’originario unico proprietario o suo avente causa la titolarita’ esclusiva dell’area oggetto di lite, e ne potesse percio’ disporre.

Peraltro, questa Corte ha ancora di recente ribadito come, al fine di accertare se l’uso esclusivo di un’area esterna al fabbricato, altrimenti idonea a soddisfare le esigenze di accesso all’edificio di tutti i partecipanti, sia attribuito ad uno o piu’ condomini, e’ irrilevante ex se la circostanza che l’area stessa, per la conformazione dei luoghi, sia stata di fatto goduta piu’ proficuamente e frequentemente dal condomino titolare della contigua unita’ immobiliare (Cass. Sez. 2, 04/09/2017, n. 20712).

Quanto al secondo motivo, basta considerare che l’accertamento relativo al possesso ad usucapionem, alla rilevanza delle prove ed alla determinazione del decorso del tempo utile al verificarsi dell’usucapione da’ luogo ad un apprezzamento di fatto devoluto al giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimita’, se non per omesso esame di fatto storico decisivo (qui applicabile nella formulazione conseguente al Decreto Legge n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012) (Cass. Sez. 2, 07/07/2000, n. 9106; Cass. Sez. 3, 05/10/1978 n. 4454). Neppure possono condividersi le censure che i ricorrenti rivolgono quanto all’esame e alla valutazione delle risultanze della prova testimoniale, al giudizio sull’attendibilita’ dei testi e sulla credibilita’ di alcuni invece che di altri, come alla scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute piu’ idonee a sorreggere la motivazione, trattandosi di apprezzamenti riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata.

Ne’ comunque i ricorrenti censurano, come imposto dal vigente articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, un vizio specifico di omesso esame di un fatto storico, omettendo di rispettare le previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, e limitandosi a lamentare un generico omesso esame di intere deposizioni testimoniali riportate in fotocopia nel ricorso. E’ invece noto che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053). Anche le ipotizzate violazioni degli articoli 115 e 116 c.p.c., sono in realta’ finalizzate a censurare (non l’avvenuta decisione sulla base di prove non dedotte dalle parti, o l’attribuzione alle prove raccolte di un regime diverso da quello loro spettante per legge, quanto) un’erronea o incompleta valutazione del materiale istruttorio, profilo che esula ormai da ogni sindacato di legittimita’ pure con riferimento al vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorso va percio’ rigettato e i ricorrenti vanno condannati a rimborsare ai controricorrenti le spese del giudizio di cassazione, mentre non occorre provvedere per l’altro intimato Condominio (OMISSIS), che non ha svolto attivita’ difensive.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto l’articolo 13, comma 1-quater del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.