Articolo 1957 cc eccezione in senso stretto non rilevabile d’uffico.

l’eccezione di cui all’articolo 1957 c.c., comma 1, e’ eccezione di decadenza, come tale non rilevabile d’ufficio (il principio e’ del tutto pacifico e risulta affermato da questa Corte fin da Cass. 17 giugno 1963, n. 1613); e’, parimenti, eccezione in senso stretto quella di cui all’articolo 1227 c.c., comma 2, (Cass. 2 marzo 2012, n. 3240; Cass. 25 maggio 2010, n. 12714): e a tale eccezione e’ riconducibile la difesa svolta dall’odierna ricorrente (difesa intesa a valorizzare una condotta diligente – la denuncia del sinistro all’assicuratore – che avrebbe consentito di evitare il danno lamentato).

 

 

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Corte di Cassazione, Sezione 6 1 civile Ordinanza 22 febbraio 2018, n. 4373

Data udienza 20 dicembre 2017

Integrale

Locazione finanziaria – Debito residuo – Ingiunzione di pagamento – opposizione – Presupposti – Determinazione del quantum – Parametri – Sentenza della corte di cassazione a sezioni unite 8053 del 2014 – Criteri – Insindacabilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1700-2017 proposto da:

(OMISSIS), che agisce sia in proprio che quale liquidatore della (OMISSIS) S.R.L. in liquidazione, elettivamente domiciliata in ROMA piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.P.A., P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1836/2016 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 25/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/12/2017 dal Consigliere Dott. MASSIMO FALABELLA;

dato atto che il Collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento in forma semplificata, giusta decreto 14 settembre 2016, n.136/2016 del Primo Presidente.

FATTI DI CAUSA

1. – (OMISSIS), in proprio e nella qualita’ di liquidatore di (OMISSIS) s.r.l., opponeva avanti al Tribunale di Torino il decreto ingiuntivo pronunciato nei suoi confronti su ricorso di (OMISSIS) s.p.a., oggi (OMISSIS) s.p.a., per l’importo di Euro 22.022,78. Tale importo costituiva il residuo del debito nascente dalla locazione finanziaria relativa a un veicolo Mercedes. L’opponente assumeva che il bene, che era stato oggetto di un furto e successivamente recuperato, era stato alienato dalla ricorrente per ingiunzione a un prezzo decisamente inferiore al corrente prezzo di mercato; asseriva, inoltre, che il quantum ingiunto dovesse essere ridotto delle “somme eventualmente corrisposte dall’assicuratore alla (OMISSIS) s.p.a.” per cui l’importo intimato avrebbe dovuto essere ridotto.

L’opposta domandava il rigetto dell’opposizione e la condanna dell’opponente a un importo ulteriore: cio’ in quanto il giudice del monitorio aveva detratto dall’importo domandato il prezzo ottenuto dalla vendita del bene: prezzo che essa convenuta aveva gia’ dedotto dalla somma richiesta a titolo di penale.

Il Tribunale rigettava l’opposizione e condannava l’opponente al pagamento delle ulteriori somme di Euro 18.583,33 (pari all’erronea detrazione di cui si e’ detto) e di Euro 1.399,01 (corrispondente all’ammontare degli interessi che il giudice della fase monitoria aveva mancato di liquidare).

2. – Proposto gravame, il 25 ottobre 2016 la Corte di appello di Torino dichiarava inammissibile l’impugnazione.

3. (OMISSIS), nelle ricordate qualita’, ha impugnato per cassazione la sentenza della Corte torinese, facendo valere quattro motivi di ricorso. Resiste con controricorso (OMISSIS).

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia violazione o falsa applicazione di norme processuali o sostanziali di diritto, avendo riguardo all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4. Secondo la ricorrente la tardiva costituzione dell’appellata comporterebbe non solo il prodursi delle decadenze previste dalle diverse norme, ma altresi’ che “tutte le (…) le eccezioni processuali di merito non siano fondate” e che “siano espressamente inammissibili”. L’istante contesta, inoltre, che l’eccezione di inammissibilita’ dell’appello per mancanza di specificita’ dei motivi sia rilevabile d’ufficio.

Il motivo non ha fondamento.

Esso e’ riferito alla pronuncia della Corte di appello sulla eccezione dell’odierna ricorrente circa la tardivita’ della costituzione, in fase di gravame, dell’appellata.

La Corte del merito ha rilevato che, l’appellata non aveva sollevato eccezioni in senso stretto, ne’ proposto appello incidentale: per il che non si prospetta, in questa sede, il tema del mancato rispetto delle preclusioni da parte del giudice del gravame. Detto giudice ha poi correttamente osservato come l’eccezione di inammissibilita’ dell’appello sia rilevabile d’ufficio: il che e’ incontestabilmente coretto (per tutte: Cass. 27 settembre 2016, n. 18932): sicche’ – come e’ del tutto evidente – l’esame di tale eccezione non trovava ostacolo nella tardiva costituzione della parte che l’aveva sollevata.

2. – Con il secondo motivo viene lamentata la violazione delle norme in tema di mediazione con riferimento all’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. La doglianza e’ incentrata sulla mancata partecipazione della controparte all’incontro di mediazione fissato per il giorno 10 marzo 2016, successivamente alla proposizione dell’appello. Lamenta la ricorrente che la Corte di merito non avrebbe tenuto conto di tale circostanza, cosi’ come non avrebbe considerato che solo dopo l’esito negativo del procedimento di mediazione l’appellata si era costituita in fase di gravame.

La censura e’ inammissibile.

La deduzione della violazione di legge e’ oggettivamente incomprensibile, dal momento che la ricorrente nemmeno indica quale sia, a suo avviso, la norma di legge che la Corte distrettuale avrebbe mancato di osservare.

La prospettazione del vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5 deve pure ritenersi irrituale. Infatti, nella deduzione dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, il ricorrente deve non solo indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, ma, altresi’, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’” (Cass. sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054). Queste ultime indicazioni non sono presenti nel corpo del motivo: segnatamente, il ricorrente non spiega in che modo il dato della mancata comparizione della controricorrente in sede di mediazione, se esaminato, avrebbe determinato, in termini di certezza, e non di mera probabilita’, un diverso esito della controversia.

3. – Il terzo mezzo censura la sentenza impugnata con riferimento al primo motivo di appello e oppone la violazione di legge riferita alla disciplina in tema di onere della prova (articolo 2697 c.c.). Vi si sostiene che risulterebbe erronea l’affermazione della Corte distrettuale circa la carenza di specificita’ del predetto motivo di gravame.

Il motivo non puo’ avere ingresso.

La Corte di merito ha ritenuto inammissibile, per l’assenza di idonea confutazione degli argomenti spesi dal giudice di prime cure, il primo motivo di appello.

Premesso che tale ratio decidendi non e’ efficacemente contrastata dalla denunciata violazione dell’articolo 2697 c.c. (giacche’ il tema dell’onere della prova si pone in momento logicamente successivo rispetto a quello della contestata ammissibilita’ del motivo di gravame), deve osservarsi che, in ogni, caso, ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilita’, per difetto di specificita’, di un motivo di appello, ha l’onere di precisare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice del gravame e sufficientemente specifico, invece, il motivo di impugnazione sottoposto a quel giudice, non potendo limitarsi a rinviare all’atto di appello, ma dovendo riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificita’ (Cass. 16 ottobre 2007, n. 21621; Cass. 20 settembre 2006, n. 20405). Nella fattispecie, la ricorrente non ha riprodotto, nei termini indicati, il proprio motivo di appello.

4. Col quarto motivo e’ dedotta la violazione o falsa applicazione delle norme in tema di onere della prova in relazione al secondo e al terzo motivo di appello. Si duole l’istante che la Corte di Torino abbia ritenuto inammissibili il secondo e il terzo motivo di gravame sul presupposto che attraverso di essi erano stata introdotte domande nuove: cio’ avendo particolare riguardo alla decadenza ex articolo 1957 c.c., comma 1, (non avendo il creditore proposto le proprie istanze contro il debitore nel termine di sei mesi) e alla circostanza per cui il risarcimento dei danni arrecati al veicolo – Mercedes, oggetto del contratto di leasing, (danni pari a Euro 1.964,88) avrebbe dovuto chiedersi alla compagnia assicuratrice del mezzo, sulla base della polizza Kasko.

La censura non ha fondamento.

La motivazione della sentenza impugnata va corretta in diritto, dal momento che le indicate deduzioni non integrano domande, ma eccezioni di merito (avendo l’ingiunto, come e’ noto, la posizione sostanziale di convenuto nel giudizio di opposizione). Detto cio’, va osservato che l’eccezione di cui all’articolo 1957 c.c., comma 1, e’ eccezione di decadenza, come tale non rilevabile d’ufficio (il principio e’ del tutto pacifico e risulta affermato da questa Corte fin da Cass. 17 giugno 1963, n. 1613); e’, parimenti, eccezione in senso stretto quella di cui all’articolo 1227 c.c., comma 2, (Cass. 2 marzo 2012, n. 3240; Cass. 25 maggio 2010, n. 12714): e a tale eccezione e’ riconducibile la difesa svolta dall’odierna ricorrente (difesa intesa a valorizzare una condotta diligente – la denuncia del sinistro all’assicuratore – che avrebbe consentito di evitare il danno lamentato).

A fronte di tale emergenza, la ricorrente avrebbe dovuto dedurre di aver articolato, in modo chiaro e puntuale, entrambe le eccezioni fin dall’atto di opposizione a decreto ingiuntivo: e cio’ le avrebbe imposto di riprodurre, per quanto di interesse, il contenuto dell’atto stesso, in modo da consentire alla Corte regolatrice di cogliere la decisivita’ del motivo di impugnazione proposto. Di contro, l’istante per un verso riferisce che l’eccezione ex articolo 1957 c.c., comma 1, “era stata indicata verbalmente nel corso del primo grado del giudizio” (non quindi nella citazione in opposizione); per altro verso rileva che, nell’impugnare il decreto ingiuntivo, ebbe ad affermare che “non si sapeva se la ingiungente avesse riscosso somme di denaro dall’assicuratore in seguito al furto di cui era stata vittima l’opponente”: locuzione, questa, che, nella sua assoluta genericita’, non vale ad integrare la proposizione dell’eccezione di cui all’articolo 1227 c.c., comma 2.

5. – Non e’ un autonomo motivo di impugnazione quello rubricato come quinto: la ricorrente deduce che, accolto il ricorso, non ricorrerebbero i presupposti per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (circa il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’appello). E’ evidente, infatti, che sul punto venga semplicemente invocata una conseguenza giuridica derivante dall’auspicato accoglimento del ricorso per cassazione: accoglimento che, di contro, deve essere escluso.

6. – Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE

rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in Euro 2.900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Motivazione semplificata.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.