Il contratto di Assicurazione.

Il contratto di Assicurazione: nozione e definizione.

Il contratto di assicurazione è un contratto tipico, e trova la sua disciplina sia nel codice civile agli artt. 1882 – 1932 che in varie normative speciali tra cui il Codice delle assicurazioni private D. Lgs. n. 209/2005.

 

Il contratto di assicurazione è disciplinato dall’art. 1882 c.c. il quale dispone che:

L’assicurazione è il contratto col quale l’assicuratore, verso pagamento di un premio , si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana.

Il contratto di assicurazione è un contratto:

  • consensuale in quanto per il suo perfezionamento è sufficiente una valida manifestazione di volontà delle parti non essendo di regola necessaria né la consegna di cose o di danaro;
  • ad effetti obbligatori in quanto dal perfezionamento del contratto sorgono a carico delle parti obbligazioni;
  • oneroso perché il contraente è obbligato al pagamento del premio;
  • sinallagmatico in quanto le prestazioni dei contraenti sono tra loro in rapporto di sinallagmaticità;
  • di durata in quanto l’assunzione nonché la sopportazione del rischio da parte dell’assicuratore si protrae nel tempo;
  • aleatorio in quanto la misura in cui il contratto arreca vantaggi od oneri all’una o all’altra parte dipende da circostanze non controllabili e non prevedibili.

Carattere fondamentale del contratto di assicurazione è la copertura del rischio, infatti, l’eliminazione del rischio (economico) attraverso il trasferimento di esso dall’assicurato all’assicuratore costituisce oltre che la caratteristica essenziale di tale contratto anche la causa dello stesso.

 

Il contratto di Assicurazione: classificazioni.

Generalmente ed in base al tenore letterale dell’art. 1882 c.c., che disciplina il contratto di assicurazione, si è soliti individuare due marco categorie di assicurazione:

  • l’assicurazione contro i danni
  • l’assicurazione sulla vita

Il contratto di assicurazione contro i danni: brevi cenni

Rientrano nella categoria dellassicurazione contro i danni tutti quei contratti di assicurazione con cui l’assicuratore si obbliga a risarcire un danno patrimoniale e non subito dall’assicurato in conseguenza del deterioramento o della perdita di un bene oppure in conseguenza di una responsabilità contrattuale o extra contrattuale (in questo secondo caso si tratta dell’assicurazione sulla responsabilità civile).

In via generale può affermarsi che rientrano nella categoria dell’assicurazione contro i danni tutti i contratti di assicurazione in cui il fatto costitutivo del diritto dell’assicurato all’indennizzo consiste in un danno verificatosi in dipendenza di un rischio assicurato e nell’ambito spaziale e temporale in cui tale garanzia opera.

Tale tipo di assicurazione è caratterizzata dal c.d. principio indennitario che trova la sua disciplina nell’art. 1905 c.c. secondo cui:

L’assicuratore è tenuto a risarcire , nei modi e nei limiti stabiliti dal contratto, il danno sofferto dall’assicurato in conseguenza del sinistro.

L’assicuratore risponde del profitto sperato solo se si è espressamente obbligato.

Nell’ambito dell’assicurazione contro i danni, particolare importanza assume l’assicurazione della responsabilità civile disciplinata dall’art. 1917 c.c. secondo il quale:

Nell’assicurazione della responsabilità civile l’assicuratore è obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, deve pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto. Sono esclusi i danni derivanti da fatti dolosi.

L’assicuratore ha facoltà, previa comunicazione all’assicurato, di pagare direttamente al terzo danneggiato l’ indennità dovuta, ed è obbligato al pagamento diretto se l’assicurato lo richiede.

Le spese sostenute per resistere all’azione del danneggiato contro l’assicurato sono a carico dell’assicuratore nei limiti del quarto della somma assicurata. Tuttavia, nel caso che sia dovuta al danneggiato una somma superiore al capitale assicurato, le spese giudiziali si ripartiscono tra assicuratore e assicurato in proporzione del rispettivo interesse.

L’assicurato, convenuto dal danneggiato, può chiamare in causa l’assicuratore.

Il contratto di assicurazione sulla vita: brevi cenni

Si definisce contratto di assicurazione sulla vita quello con cui l’assicuratore, assume l’obbligo di corrispondere al contraente o ad un terzo una rendita o un capitale in relazione al verificarsi di certi eventi relativi alla vita dell’assicurato quali ad esempio la morte o il raggiungimento di una determinata età.

La disciplina del contratto di assicurazione sulla vita è dettata dagli art. 1919 e ss c.c.

La definizione del contratto di assicurazione sulla vita si rinviene all’art. 1919 c.c. secondo cui:

L’assicurazione può essere stipulata sulla vita propria o su quella di un terzo.

L’assicurazione contratta per il caso di morte di un terzo non è valida se questi o il suo legale rappresentante non dà il consenso alla conclusione del contratto. Il consenso deve essere provato per iscritto.

In sostanza, il contratto di assicurazione sulla vita, adempie a funzioni di natura previdenziale.

A differenza del contratto di assicurazione contro i danni, il contratto di assicurazione sulla vita non ha carattere indennitario, infatti la determinazione del capitale o della rendita non trova specifici limiti ed è rimessa alla determinazione delle parti.

Il contratto di assicurazione sulla vita può essere stipulato o per il caso di morte o per il caso di sopravvivenza.

Anche il contratto di assicurazione sulla vita, viene distinto in base alla natura del rischio in diverse sottocategorie.

Infatti, si parla di contratto di assicurazione sulla vita per il caso di morte per quei contratti di assicurazione in cui la morte della persona di cui si tratta genera l’obbligazione dell’assicuratore.

Mentre si tratta invece di contratto di assicurazione sulla vita per il caso di sopravvivenza per quei contratti in cui al contrario la prestazione dell’assicuratore viene a determinarsi dalla sopravvivenza dell’assicurato all’epoca stabilita in contratto.

Il contratto di Assicurazione: forma e durata

La forma del contratto di assicurazione ex art. 1888 c.c.

La forma del contratto di assicurazione è disciplinata dall’art. 1888 c.c. secondo il quale:

Il contratto di assicurazione deve essere provato per iscritto.

L’assicuratore è obbligato a rilasciare al contraente la polizza di assicurazione o altro documento da lui sottoscritto.

L’assicuratore è anche tenuto a rilasciare, a richiesta e a spese del contraente, duplicati o copie della polizza; ma in tal caso può esigere la presentazione o la restituzione dell’originale.

Deve premettersi che ai fini della prova del contratto di assicurazione le parti ed anche lo stesso danneggiato si possono avvalere della confessione e che la forma scritta ad probationem con le conseguenti limitazioni dei mezzi di prova orale ha rilevanza quando le parti non sono d’accordo sull’esistenza del contratto di assicurazione, sicché le dette limitazioni non operano quando le parti ammettono pacificamente di avere concluso il contratto di assicurazione (Cassazione n. 1960/1995 e Cassazione n. 1758/1997).

Stando alla Giurisprudenza di merito e di legittimità, in tema di forma del contratto di assicurazione, ancorché il requisito della forma scritta ad probationem, di cui all’art. 1888 c.c. si debba intendere rispettato quando l’assicurato abbia sottoscritto una clausola di rinvio che richiami quanto sia contenuto in un distinto documento predisposto unilateralmente da una delle parti e non anche specificamente approvato per iscritto, è necessario, affinché tra la polizza e tale documento si realizzi una relatio perfecta agli effetti della sussistenza del requisito formale, che il suddetto richiamo sia effettuato dai contraenti sulla premessa della piena conoscenza del contenuto del documento ed allo scopo di integrare la disciplina negoziale nella parte in cui nella polizza sottoscritta manchi una diversa regolamentazione, di modo che possa dedursi l’esistenza dell’accordo dei contraenti per dare rilievo al suddetto contenuto (Cassazione n. 7763/2005 e Corte d’Appello Roma, Sezione 2 civile Sentenza 14 febbraio 2013, n. 910)

Per ciò che attiene allo specifico settore dell’assicurazione per la R.C. Auto, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che la norma generale di cui all’art. 1888 comma 1°, del c.c., sulla forma scritta ad probationem si applica anche ai contratti di assicurazione stipulati in riferimento alla legge sulla assicurazione obbligatoria della responsabilità civile automobilistica.

Gli adempimenti formali previsti da tale legge (obbligo dell’assicuratore di rilasciare il contrassegno e dell’assicurato di conservarlo), adempimenti che presuppongono la documentazione del contratto, infatti, sono collegati all’interesse pubblico che giustifica il regime della obbligatorietà.

La forma scritta ad probationem, peraltro, anche nella specifica materia, con le conseguenti limitazioni dei mezzi di prova orale, ha rilevanza quando le parti non sono d’accordo sulla esistenza del contratto, sicché le dette limitazioni non operano quando le parti ammettono pacificamente di avere concluso il contratto.

Deriva da quanto precede, pertanto, che non è necessario fornire la prova della esistenza del contratto di assicurazione, ove l’assicuratore, che è il soggetto interessato a negarla, invece la ammetta. (in tal senso  Cassazione n. 6960/2007).

Inoltre e sempre in tema di R.C. Auto, l’assicuratore che voglia contenere l’obbligazione di risarcimento nei limiti del massimale di polizza ha l’onere di indicare quali siano detti limiti e fornire la prova di ciò a mezzo della relativa polizza (Cassazione n. 16541/2012 e Cassazione n. 18656/2003).

La durata del contratto di assicurazione ex art. 1888 c.c.

L’art. 1899 c.c. disciplina la durata del contratto di assicurazione stabilendo testualmente che:

L’assicurazione ha effetto dalle ore ventiquattro del giorno della conclusione del contratto alle ore ventiquattro dell’ultimo giorno della durata stabilita nel contratto stesso. L’assicuratore, in alternativa ad una copertura di durata annuale, può proporre una copertura di durata poliennale a fronte di una riduzione del premio rispetto a quello previsto per la stessa copertura dal contratto annuale. In questo caso, se il contratto supera i cinque anni, l’assicurato, trascorso il quinquennio, ha facoltà di recedere dal contratto con preavviso di sessanta giorni e con effetto dalla fine dell’annualità nel corso della quale la facoltà di recesso è stata esercitata.

Il contratto può essere tacitamente prorogato una o più volte, ma ciascuna proroga tacita non può avere una durata superiore a due anni.

Le norme del presente articolo non si applicano alle assicurazioni sulla vita.

La disposizione dell’art. 1899 c.c. disciplinante la durata del contratto di assicurazione (a norma della quale l’assicurazione ha effetto dalle ore 24 del giorno della conclusione del contratto), poiché non involge un interesse generale e cogente, non esclude una pattuizione scritta anticipatrice degli effetti contrattuali.

Infatti, il potere dell’agente di assicurazione di concludere un contratto ricomprende la possibilità di specificare pattiziamente l’ora di decorrenza del medesimo e la prova di tale deroga deve essere data per iscritto, senza la possibilità di fare ricorso a testimonianze o a presunzioni (Cassazione n. 12305/2005) deve tuttavia escludersi che detta pattuizione derogatrice possa essere costituita dalla mera indicazione dell’ora di pagamento (nella fotocopia riprodotta nel ricorso si leggono “data di pagamento” e “ora” e non anche data e ora di decorrenza della copertura assicurativa) (Cassazione 23167/2014 e Cassazione n. 11142/1994).

Giova per completezza ricordare che in caso di fallimento dell’assicurato trova applicazione l’art. 82 della legge fallimentare, secondo cui:

Il fallimento dell’assicurato non scioglie il contratto di assicurazione contro i danni, salvo patto contrario, e salva l’applicazione dell’articolo 1898 del codice civile se ne deriva un aggravamento del rischio.


Se il contratto continua, il credito dell’assicuratore per i premi non pagati deve essere soddisfatto integralmente, anche se la scadenza del premio e` anteriore alla dichiarazione di fallimento.

La causa del contratto di assicurazione: il rischio assicurato

Come già accennato la causa del contratto di assicurazione è il trasferimento di un rischio dall’assicurato all’assicuratore, rischio che deve necessariamente preesistere alla stipula del contratto, pena la sua nullità.

Nel contratto di assicurazione il rischio, non va confuso con l’evento, che per l’appunto è il fatto sfavorevole (verificabile o meno), il quale non deve preesistere alla stipula del contratto.

Premesso ciò, deve ricordarsi che, nel contratto di assicurazione, fatto costitutivo della pretesa dell’assicurato, nel giudizio promosso nei confronti dell’assicuratore ed avente ad oggetto il pagamento dell’indennizzo pattuito, è l’avverarsi di un rischio corrispondente a quello descritto nella polizza.

Nel contratto di assicurazione, l’assicurato, dunque, ha l’onere di dimostrare che si è verificato il fatto avverso previsto nella polizza, che sia derivato dalle cause previste dalla polizza, e che abbia prodotto gli effetti previsti dalla polizza.

È noto tuttavia come il rischio previsto nel contratto di assicurazione sia di norma un rischio delimitato, attraverso patti di vario genere che circoscrivono, a seconda delle volontà delle parti e del premio pagato, l’indennizzabilità ai sinistri derivanti da determinate cause, ovvero ai sinistri consistiti in determinati eventi, od ancora ai sinistri che abbiano prodotto determinati effetti.

Per effetto dell’inserimento nel contratto di assicurazione di queste clausole di delimitazione del rischio, gli effetti avversi cui l’assicurato è teoricamente esposto possono essere classificati in tre categorie: (a) i rischi inclusi; (b) i rischi esclusi; (c) i rischi non compresi.

I rischi inclusi nel contratto di assicurazione sono quelli per i quali il contratto accorda all’assicurato il pagamento dell’indennizzo.

I rischi esclusi dal contratto di assicurazione sono quelli del tutto estranei al contratto (ad es., il rischio di infortuni rispetto ad una polizza che copra la responsabilità civile).

I rischi non compresi nel contratto di assicurazione sono invece quelli che astrattamente rientrerebbero nella generale previsione contrattuale, ma l’indennizzabilità dei quali è esclusa con un patto espresso di delimitazione del rischio (ad esempio, in un contratto di assicurazione contro i danni da incendio, si esclude l’indennizzabilità degli incendi provocati dal fulmine).

La distinzione appena riassunta, in merito ai rischi inclusi, ai rischi esclusi, ed ai rischi non compresi nelcontratto di assicurazione risalente e condivisa da sapiente dottrina, riverbera effetti sul piano del riparto dell’onere della prova.

La circostanza che l’evento dannoso rientri tra i rischi inclusi nel contratto di assicurazione è fatto costitutivo della pretesa, e va provata dall’assicurato.

La circostanza che l’evento verificatosi rientri fra i rischi non compresi nel contratto di assicurazione costituisce invece un fatto impeditivo della pretesa attorea, e va provato dall’assicuratore.

L’inesistenza del rischio nel contratto di assicurazione ex art. 1895 c.c.

In merito al rischio oggetto del contratto di assicurazione, deve ricordarsi che ai sensi dell’ art. 1895 c.c.

Il contratto è nullo se il rischio non è mai esistito o ha cessato di esistere prima della conclusione del contratto.

Infatti come da costante Giurisprudenza di legittimità

La causa del contratto di assicurazione privata consiste nel trasferimento del rischio dall’assicurato all’assicuratore e, pertanto è indubbio che il rischio stesso debba preesistere alla stipula del contratto, pena la sua nullità. Quello che, invece, deve essere successivo alla conclusione di siffatto contratto, e sempre al fine di evitare la configurabilità della sua nullità per essersi l’eventualità di un fatto sfavorevole (nel quale consiste, appunto, il rischio) già verificata, è l’evento. Peraltro, nelle assicurazioni private è consentito alle parti convenire la copertura di aggravamenti di malattie preesistenti, che, nel momento in cui si realizzano e vengono accertati, configurano l’evento protetto che legittima l’avente diritto che ne sia stato colpito all’ottenimento dell’indennizzo previsto dalla polizza stipulata” (Cassazione n. 27458/2006).

In sostanza, il rischio oggetto del contratto di assicurazione deve essere rappresentato da un evento futuro ed incerto, a pena di nullità o scioglimento del contratto ex artt. 1895 e 1896 c.c.

Ai fini della validità del contratto di assicurazione, tuttavia, quel che ha da essere “futuro” rispetto alla stipula del contratto non e’ il prodursi del danno “civilisticamente” parlando, ma l’avverarsi della causa di esso.

Nel contratto di assicurazione, Non è infatti mai consentita l’assicurazione di quel rischio i cui presupposti causali si siano già verificati al momento della stipula, a nulla rilevando che l’evento – e quindi il concreto pregiudizio patrimoniale – si sia verificato dopo la stipula del contratto, quando l’avveramento del sinistro non rappresenta che una conseguenza inevitabile di fatti già avvenuti prima di tale momento (Cassazione n. 5791/2014).

Conclusivamente, in merito al  rischio oggetto del contratto di assicurazione deve quindi affermarsi che, si ha preesistenza del rischio quando al momento della conclusione della polizza l’evento temuto ed assicurato sia futuro, “incertus an” o almeno “quando”, non voluto, non impossibile.

Ciò che deve preesistere al momento della stipula del contratto di assicurazione è la situazione fonte di responsabilità e della probabilità del verificarsi del rischio.

Ne consegue che il contratto di assicurazione è nullo se l’evento rischioso assicurato si è già verificato, al momento della stipula.

In questo caso, infatti, da una parte il contratto di assicurazione è privo della sua funzione causale e dall’altra ha perso il carattere dell’aleatorietà suo proprio.

Nel contratto di assicurazione, quindi, deve essere tenuto distinto il momento della conclusione del contratto da quello della c.d. operatività del contratto, ossia del momento da quale iniziano a decorrere gli effetti del contratto e, in particolare, la copertura assicurativa del rischio protetto.

Questa distinzione tra i due momenti acquista rilevanza proprio in funzione della disciplina normativa relativa all’inesistenza del rischio nel contratto di assicurazione.

Infatti, nel contratto di assicurazione, se l’inesistenza del rischio vi è già al momento della conclusione del contratto di assicurazione, si ha la nullità del contratto di assicurazione (art. 1895 c.c.); se, invece, si verifica dopo la conclusione del contratto di assicurazione si produce lo scioglimento del contratto di assicurazione, anche se il rischio cessi nell’intervallo tra la conclusione medesima e l’inizio degli effetti dell’assicurazione (art. 1896 c.c., comma 2).

In sintesi, ai fini della nullità del contratto di assicurazione per inesistenza del rischio a mente dell’art. 1895 c.c.  si deve far riferimento al momento della stipula del contratto di assicurazione e non a quello dell’inizio degli effetti del contratto. (così Cassazione n. 14410/2011).

La cessazione del rischio nel contratto di assicurazione ex art. 1896 c.c.

Il rischio conserva tutta la sua importanza anche nell’esecuzione del contratto di assicurazione, infatti, in caso di cessazione del rischio durante l’assicurazione stando all’ art. 1896 c.c.

Il contratto si scioglie se il rischio cessa di esistere dopo la conclusione del contratto stesso, ma l’assicuratore ha diritto al pagamento dei premi finché la cessazione del rischio non gli sia comunicata o non venga altrimenti a sua conoscenza.

I premi relativi al periodo di assicurazione in corso al momento della comunicazione o della conoscenza sono dovuti per intero.

Qualora gli effetti dell’assicurazione debbano avere inizio in un momento posteriore alla conclusione del contratto e il rischio cessi nell’intervallo, l’assicuratore ha diritto al solo rimborso delle spese.

Quindi, ai sensi dell’art. 1896 c.c., nel caso di cessazione del rischio assicurativo, ovvero nell’analogo caso della sopravvenuta inassicurabilità del rischio medesimo, lo scioglimento del contratto di assicurazione si verifica “ipso iure”, senza necessità di una manifestazione di volontà delle parti e malgrado un’eventuale volontà contraria, restando esclusa ogni possibilità per le parti di mantenere in vita un’assicurazione senza rischio (Cassazione n. 6561/2005).

La diminuzione del rischio nel contratto di assicurazione ex art. 1897 c.c.

Come previsto dall’art. 1897 c.c., la successiva diminuzione del rischio, comunicata dal contraente all’assicuratore, fa sì che questi possa pretendere solo un minor premio rispetto a quello pattuito restando facoltà dell’assicuratore recedere dal contratto di assicurazione.

In tale ipotesi si appilicherà al contratto di assicurazione l’art. 1897 c.c. secondo il quale:

Se il contraente comunica all’assicuratore mutamenti che producono una diminuzione del rischio tale che, se fosse stata conosciuta al momento della conclusione del contratto, avrebbe portato alla stipulazione di un premio minore, l’assicuratore, a decorrere dalla scadenza del premio o della rata di premio successiva alla comunicazione suddetta, non può esigere che il minor premio, ma ha facoltà di recedere dal contratto entro due mesi dal giorno in cui è stata fatta la comunicazione.

La dichiarazione di recesso dal contratto ha effetto dopo un mese.

La comunicazione avente ad oggetto la riduzione del rischio oggetto del contratto di assicurazione da parte dell’assicurato ha carattere indiscutibilmente recettizio, in quanto caratterizzata da funzione modificativa del rapporto negoziale, e destinata, pertanto, a spiegare i suoi effetti solo dal momento della legale conoscenza da parte del destinatario.

In merito alla diminuzione del rischio oggetto del contratto di assicurazione deve premettersi che essa va tenuta distinta dalla diminuzione del valore della cosa assicurata.

Infatti quest’ultima non rientra nella previsione di cui all’art 1897 c.c. in quanto tale norma attiene alla diminuzione del rischio oggetto del contratto di assicurazione.

La diminuzione di valore della cosa assicurata non incide infatti sul rischio oggetto del contratto di assicurazione, ma richiama l’applicazione del principio indennitario che ha il suo fondamento della perfetta corrispondenza fra il valore assicurato e quello assicurabile.

Sempre in merito alla diminuzione del rischio oggetto del contratto di assicurazione deve ricordarsi che:

La modifica del rischio assunto è rilevante nel contratto di assicurazione tipico, mentre nessun rilievo svolge nell’assicurazione fideiussoria, che ha come causa non il rischio assunto dal primo fideiussore, ma la garanzia dell’adempimento del debitore principale; da ciò discende, fra l’altro, che la riduzione della garanzia in capo al primo fideiussore non si riflette automaticamente sulla controgaranzia, ove questi ,nonostante la disposta riduzione, garantisca ancora un adempimento del debitore principale per una somma superiore o pari alla somma controgarantita originariamente dal secondo fideiussore , salvo una espressa diversa volontà delle parti.” (Cassazione n. 6757/2001).

Conclusivamente nel caso in cui si verifichi nel corso del rapporto una diminuzione del rischiooggetto del contratto di assicurazione, l’art. 1897 c.c. lascia all’assicuratore due scelte:

  1. la riduzione del premio, a partire dalla scadenza del premio o dalla rata di premio successiva alla comunicazione della diminuzione del rischio;
  2. la facoltà di recedere dal contratto di assicurazione entro due mesi da quando è venuto a conoscenza della diminuzione del rischio, in tal caso la dichiarazione di recesso spiega i suoi effetti dopo un mese dalla sua comunicazione.

L’aggravamento del rischio nel contratto di assicurazione ex art. 1898 c.c.

L’ipotesi di aggravamento del rischio assicurato è disciplinata dall’art. 1898 c.c. secondo il quale:

Il contraente ha l’obbligo di dare immediato avviso all’assicuratore dei mutamenti che aggravano il rischio in modo tale che, se il nuovo stato di cose fosse esistito e fosse stato conosciuto dall’assicuratore al momento della conclusione del contratto, l’assicuratore non avrebbe consentito l’assicurazione o l’avrebbe consentita per un premi o più elevato.

L’assicuratore può recedere dal contratto, dandone comunicazione per iscritto all’assicurato entro un mese dal giorno in cui ha ricevuto l’avviso o ha avuto in altro modo conoscenza dell’aggravamento del rischio.

Il recesso dell’assicuratore ha effetto immediato se l’aggravamento è tale che l’assicuratore non avrebbe consentito l’assicurazione; ha effetto dopo quindici giorni, se l’aggravamento del rischio è tale che per l’assicurazione sarebbe stato richiesto un premio maggiore.

Spettano all’assicuratore i premi relativi al periodo di assicurazione in corso al momento in cui è comunicata la dichiarazione di recesso.

Se il sinistro si verifica prima che siano trascorsi i termini per la comunicazione e per l’efficacia del recesso, l’assicuratore non risponde qualora l’aggravamento del rischio sia tale che egli non avrebbe consentito l’assicurazione se il nuovo stato di cose fosse esistito al momento del contratto; altrimenti la somma dovuta è ridotta, tenuto conto del rapporto tra il premio stabilito nel contratto e quello che sarebbe stato fissato se il maggiore rischio fosse esistito al tempo del contratto stesso.

Deve premettersi che l’aggravamento del rischio del contratto di assicurazione di cui all’art. 1989 c.c. consiste in una più intensa probabilità di verificazione dell’evento temuto, rispetto al calcolo probabilistico avuto presente dalle parti al momento della stipula, alterando così l’equilibrio tra il rischio ed il premio oltre il limite della normale area contrattuale e quindi “per aversi aggravamento del rischio, rilevante ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1898 c.c., occorre un aumento delle possibilità di verificazione dell’evento previsto dal contratto di assicurazione e che la nuova situazione presenti i caratteri della novità, nel senso che non sia stata prevista e non fosse prevedibile dai contraenti al momento della stipula del contratto, e della permanenza, intesa come stabilità della situazione sopravvenuta, essendo irrilevante un mutamento episodico e transitorio” (Cassazione n. 500/2000 e Cassazione n. 3563/1987).

Ciò posto, in merito all’aggravamento del rischio oggetto del contratto di assicurazione deve ricordarsi che:

‘l’accertamento della rilevanza dell’aggravamento va tuttavia effettuato sulla base delle scelte che avrebbe verosimilmente compiuto l’assicuratore, e dunque sulla base di un criterio soggettivo, non oggettivo. La previsione dell’articolo 1898 c.c. non considera infatti qualsiasi mutamento delle circostanze, ma solo quei mutamenti che aggravano il rischio in modo tale che, se il nuovo stato di cose fosse esistito e fosse stato conosciuto dall’assicuratore al momento della conclusione del contratto, l’assicuratore non avrebbe consentito all’assicurazione o l’avrebbe consentita per un prezzo più elevato” (Cassazione n. 20011/2016).

Ne discende che le parti del contratto di assicurazione possono espressamente prevedere che il verificarsi di determinate circostanze costituisca senz’altro “aggravamento del rischio oggetto del contratto di assicurazione” ai sensi dell’art. 1898 c.c., e che all’avverarsi di esse l’assicurato sia tenuto al pagamento di un premio maggiore.

In tal caso l’avverarsi della circostanza è fatto costitutivo dell’obbligo di adeguamento del premio, a prescindere da qualsiasi sua incidenza concreta sulla probabilità del rischio oggetto del contratto di assicurazione. (Cassazione n. 2715/2017 e Cassazione n. 2715/1975).

Secondo poi il disposto di cui all’art.1898 comma 5 c.c., laddove sopraggiunga, nel corso del contratto di assicurazione, un rischio più grave di quello assunto dall’assicuratore con il contratto, appreso dallo stesso solo in occasione dell’evento dannoso, prima che siano decorsi i termini per la comunicazione e l’efficacia del recesso, spettante all’assicuratore (cui non è anche riconosciuta la facoltà di impugnare il contratto chiedendone l’annullamento, come contemplato dall’art.1892 c.c.), si determina l’esclusione o la riduzione dell’indennizzo, a seconda che l’assicuratore, ove avesse conosciuto il rischio ed il nuovo stato di cose al momento del contratto, non lo avrebbe stipulato o lo avrebbe stipulato con un premio maggiore (Cassazione n. 2566/1978).

Nel caso specifico poi del contratto di assicurazione per la R.C. Auto, l’aggravamento del rischio ai sensi dell’art. 1898 c.c. ricorre soltanto ove la circolazione del mezzo assicurato sia esposta a particolari pericoli, che siano eccezionali, imprevedibili e non transitori di conseguenza l’assicuratore pertanto non può ricusare di indennizzare il sinistro conseguito alla circolazione anomala del veicolo, ove tale rischio non risulti espressamente escluso dalle condizioni generali di polizza (Cassazione n. 2115/1996).

Mentre nel caso di contratto di assicurazione di crediti con particolare riguardo all’ipotesi di assicurazione di un singolo credito già sorto al momento della stipula della polizza ed avente scadenza unica e determinata, con conseguente configurazione di un contratto istantaneo ad esecuzione unica, in cui il rischio coperto è soltanto, e senza possibilità di frazionamento nel tempo, l’insolvenza del debitore al momento preciso (e precognito) della scadenza del credito assicurato, si ha aggravamento del rischio, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1898 c.c., esclusivamente quando si modifichino in peggio le condizioni di tale credito (come nel caso che il creditore assicurato volontariamente conceda proroghe al debitore o privi il credito dei titoli esecutivi o delle garanzie che lo accompagnano), mentre esula dal concetto di aggravamento del ri­schio il peggiorare, dopo la stipula della polizza, delle condizioni economiche del debitore e, al limite, il sopravvenire di un suo stato di insolvenza, poiché ciò non attiene alle condizioni alle quali l’assicuratore ha accettato il rischio dell’inadem­pimento del debitore, ma costituisce, puramente e semplicemente, il verificarsi (o lo stare per veri­ficarsi) del sinistro stesso assicurato  (Cassazione n. 2142/1982).

Conclusivamente, in caso di aggravamento del rischio oggetto del contratto di assicurazione, posto che il contraente ha l’obbligo di darne immediato avviso all’assicuratore, quest’ultimo ai sensi dell’art. 1898 c.c. può:

  • recedere dal contratto di assicurazione entro un mese dall’avvenuta conoscenza dell’aggravamento; il recesso dal contratto di assicurazione ha effetto immediato se l’aggravamento è tale che l’assicuratore non avrebbe stipulato il contratto oppure ha effetto dopo quindici giorni, se invece l’aggravamento del rischio è tale che per l’assicurazione sarebbe stato richiesto un premio maggiore. In ogni caso, spettano all’assicuratore i premi relativi al periodo di assicurazione in corso al momento in cui è comunicata la dichiarazione di recesso;
  • modificare il contratto di assicurazioneaumentando il premio a carico dell’assicurato.

Il contratto di Assicurazione: le dichiarazioni inesatte e le reticenze ex artt. 1892 e 1893 c.c.

Del pari del rischio ciò che può incidere sul contratto di assicurazione, causandone  addirittura l’annullamento sono le dichiarazioni e le eventuali reticenze dell’assicurato.

Riguardo il contratto di assicurazione si distinguono le dichiarazioni inesatte e reticenze con dolo o colpa grave di cui all’art. 1892 c.c. e le dichiarazioni inesatte e reticenze senza dolo o colpa grave di cui all’art. 1893 c.c..

Le dichiarazioni inesatte e reticenze dell’assicurato con dolo o colpa grave ex art. 1892 c.c.

Nel contratto di assicurazione le dichiarazioni inesatte e reticenze dell’assicurato rese con dolo o colpa grave son disciplinate dall’art. 1892 c.c. a norma del quale:

Le dichiarazioni inesatte e le reticenze del contraente, relative a circostanze tali che l’assicuratore non avrebbe dato il suo consenso o non lo avrebbe dato alle medesime condizioni se avesse conosciuto il vero stato delle cose, sono causa di annullamento del contratto quando il contraente ha agito con dolo o con colpa grave .

L’assicuratore decade dal diritto d’impugnare il contratto se, entro tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto l’inesattezza della dichiarazione o la reticenza, non dichiara al contraente di volere esercitare l’impugnazione.

L’assicuratore ha diritto ai premi relativi al periodo di assicurazione in corso al momento in cui ha domandato l’annullamento e, in ogni caso, al premio convenuto per il primo anno. Se il sinistro si verifica prima che sia decorso il termine indicato dal comma precedente, egli non è tenuto a pagare la somma assicurata.

Se l’assicurazione riguarda più persone o più cose, il contratto è valido per quelle persone o per quelle cose alle quali non si riferisce la dichiarazione inesatta o la reticenza.

Deve premettersi che affinché un contratto di assicurazione possa ritenersi annullabile a norma dell’art. 1892 c.c. non è sufficiente una qualsiasi inesattezza o reticenza dell’assicurato, circa i dati che lo riguardano, in sede di formazione del contratto di assicurazione, richiedendosi che le dichiarazioni non veritiere rese dall’assicurato con dolo o colpa grave, abbiano, un’effettiva influenza sul rischio oggetto del contratto di assicurazione, cosicché esse possano ritenersi avere inciso sul consenso dell’assicuratore o sulle condizioni contrattuali (Cassazione n. 6039/1997).

Premesso ciò per l’annullabilità del contratto di assicurazione, per vizio del consenso ex art. 1892 c.c., bisogna far riferimento al momento della sua conclusione ed infatti costituisce causa di annullamento del contratto di assicurazione, la reticenza dell’assicurato che si ha quando all’atto della conclusione del contratto di assicurazione, simultaneamente, si verificano tre condizioni:

  • la dichiarazione sia inesatta o reticente;
  • l’assicurato abbia reso la dichiarazione con dolo o colpa grave;
  • la reticenza sia stata determinante ai fini della formazione del consenso dell’assicuratore.

(Tribunale Brescia, Sezione 2 civile Sentenza 22 settembre 2017, n. 2706 e Corte d’Appello L’Aquila, civile Sentenza 15 febbraio 2017, n. 190 Cassazione n. 416/2017 e Cassazione n. 16406/2010)

Le reticenze o l’inesattezza delle dichiarazioni, di cui agli artt. 1892 e 1893 c.c., possono essere integrate da qualsivoglia circostanza, che l’assicuratore abbia considerato potenzialmente rilevante ai fini della valutazione del rischio oggetto del contratto di assicurazione, domandandone di esserne informato dal contraente tramite la compilazione di uno specifico questionario.

Inoltre, in tema di annullamento del contratto di assicurazione per reticenza o dichiarazioni inesatte ex art. 1892 c.c., non è necessario, al fine di integrare l’elemento soggettivo del dolo, che l’assicurato ponga in essere artifici o altri mezzi fraudolenti, essendo sufficiente la sua coscienza e volontà di rendere una dichiarazione inesatta o reticente, quanto invece alla colpa grave, occorre invece che la dichiarazione inesatta o reticente sia frutto di una grave negligenza che presupponga la coscienza dell’inesattezza della dichiarazione o della reticenza in uno con la consapevolezza dell’importanza dell’informazione, inesatta o mancata, rispetto alla conclusione del contratto ed alle sue condizioni (Cassazione. n. 12086/2015, Tribunale Aosta, civile Sentenza 24 ottobre 2016, n. 323).

Grava sull’assicuratore l’onere probatorio in merito alla sussistenza di dette condizioni, costituenti il presupposti di fatto e di diritto dell’inoperatività della garanzia assicurativa.

L’onere previsto dall’art. 1892 c.c. in capo all’assicuratore di manifestare, al fine di evitare la decadenza, la propria volontà di esercitare l’azione di annullamento del contratto di assicurazione, per le dichiarazioni inesatte o reticenti dell’assicurato, entro tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto la causa dell’annullamento, non sussiste allorché il sinistro si verifichi prima che sia decorso il termine suddetto ed ancora più quando il sinistro si verifichi prima che l’assicuratore sia venuto a conoscenza dell’inesattezza o reticenza della dichiarazione.

In tali casi, infatti, per sottrarsi al pagamento del relativo indennizzo, è sufficiente che l’assicuratore stesso invochi, anche mediante eccezione, la violazione dolosa o colposa dell’obbligo posto a carico dell’assicurato di rendere dichiarazioni complete e veritiere sulle circostanze relative alla rappresentazione del rischio oggetto del contratto di assicurazione (Corte d’Appello Lecce, Sezione 1 civile Sentenza 5 luglio 2017, n. 743).

In merito all’azione di annullamento del contratto di assicurazione, per le dichiarazioni inesatte o reticenti dell’assicurato, la giurisprudenza di legittimità afferma che

l’onere imposto dall’art. 1892 c.c. all’assicuratore di manifestare, allo scopo di evitare la decadenza, la propria volontà di esercitare l’anione di annullamento del contratto per le dichiarazioni inesatte e reticenti dell’assicurato entro tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto la causa dell’annullabilità, sussiste quando il sinistro si verifichi prima che sia decorso il termine suddetto ed ancora più quando il sinistro si verifichi prima che l’assicuratore sia venuto a conoscenza dell’inesattezza o reticenza della dichiarazione, essendo sufficiente, in tali casi, per sottrarsi al pagamento dell’indennizzo, che l’assicuratore stesso invochi, anche mediante eccezione, la violazione dolosa o colposa dell’obbligo posto a carico dell’assicurato di rendere dichiarazioni complete e veritiere sulle circostanze relative alla rappresentazione del rischio, senza la necessità di formale dichiarazione di impugnatone del contratto di assicurazioni” (Cassazione n. 27728/05).

Conclusivamente, secondo la costante giurisprudenza di legittimità e di merito, qualora l’assicuratore rilevi la sussistenza di tali circostanze dopo il sinistro, non si applica il termine di decadenza di cui all’art. 1892, c.c. per l’eventuale azione di annullamento del contratto di assicurazione, e l’assicuratore potrà sempre utilizzare e far valere in via di eccezione le suddette circostanze, essendo in tal modo legittimato a rifiutare il pagamento dell’indennità senza necessità di impugnare il contratto di assicurazione (Cassazione n. 16406/2010, Cassazione n. 27728/2005, Cassazione n. 9342/2004, Cassazione n. 3165/2003,  Tribunale Padova, Sezione 2 civile Sentenza 5 settembre 2016, n. 2463).

Le dichiarazioni inesatte e reticenze dell’assicurato senza dolo o colpa grave ex art 1893 c.c. 

Nel contratto di assicurazione le dichiarazioni inesatte e reticenze dell’assicurato rese senza dolo o colpa grave sono disciplinate dall’art 1983 c.c. il quale testualmente dispone:

Se il contraente ha agito senza dolo o colpa grave, le dichiarazioni inesatte e le reticenze non sono causa di annullamento del contratto, ma l’assicuratore può recedere dal contratto stesso, mediante dichiarazione da farsi all’assicurato nei tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto l’inesattezza della dichiarazione o la reticenza.

Se il sinistro si verifica prima che l’inesattezza della dichiarazione o la reticenza sia conosciuta dall’assicuratore, o prima che questi abbia dichiarato di recedere dal contratto, la somma dovuta è ridotta in proporzione della differenza tra il premio convenuto e quello che sarebbe stato applicato se si fosse conosciuto il vero stato delle cose.

Va subito precisato che “Mentre presupposto dell’applicazione della norma dell’art. 1892 è che le inesattezze e le reticenze siano state determinate da dolo o colpa, presupposto invece per l’applicabilità dell’altra norma dell’art. 1893 cod.civ. anche nella parte in cui è regolata la riduzione proporzionale dell’indennità è che difetti sia il dolo che la colpa grave. L’onere di provare che le circostanze taciute o inesattamente dichiarate sono state rilevanti nella conclusione del contratto, spetta all’assicuratore mentre è a carico dell’assicurato la prova che l’assicuratore, pur in presenza di sue dichiarazioni inesatte e reticenti, conoscesse la reale situazione del bene assicurato, l’effettiva entità del rischio cui esso era esposto” (Cassazione n. 7458/2011).

Quindi conclusivamente “le inesattezze e le reticenze dell’assicurato su circostanze che l’assicuratore conosce o avrebbe dovuto conoscere, perché notorie, non comportano una violazione dell’obbligo di collaborazione previsto dagli artt. 1892 e 1893 cod. civ. a carico dell’assicurato bensì vanno imputate all’assicuratore con la conseguenza che non possono giustificare la riduzione dell’indennizzo in proporzione della differenza tra il premio convenuto e quello che sarebbe stato applicato se si fosse conosciuto il vero stato delle cose” (Cassazione n. 15939/2000).

 

I sinistri causati con dolo o colpa grave dell’assicurato ex art. 1990 c.c.

Nel caso di sinistri causati con dolo o copla grave dell’assicurato al contratto di assicurazione si applicherà l’art. 1990 c.c. seondo cui:

L’assicuratore non è obbligato per i sinistri cagionati da dolo o da colpa grave del contraente, dell’assicurato o del beneficiario, salvo patto contrario per i casi di colpa grave.

L’assicuratore è obbligato per il sinistro cagionato da dolo o da colpa grave delle persone del fatto delle quali l’assicurato deve rispondere.

Egli è obbligato altresì, nonostante patto contrario, per i sinistri conseguenti ad atti del contraente, dell’assicurato o del beneficiario, compiuti per dovere di solidarietà umana o nella tutela degli interessi comuni all’assicuratore.

In linea di principio, va ricordato che, poiché il fatto costitutivo del diritto dell’assicurato all’indennizzo, nell’assicurazione contro i danni consiste in un sinistro verificatosi in dipendenza di un rischio assicurato e nell’ambito spaziale e temporale in cui la garanzia opera, l’onere probatorio sul medesimo incombente, ai sensi dell’art. 2697 c.c., è quello di dimostrare che si è verificato un evento coperto dalla garanzia assicurativa e che esso ha causato il danno di cui si reclama il ristoro.

Il dolo o la colpa grave dell’assicurato o del beneficiario, che a norma dell’art. 1900 c.c. esclude la garanzia assicurativa, si configura invece come un fatto impeditivo, che impedisce al fatto costitutivo (evento o sinistro) di operare secondo le previsioni della fattispecie legale e quindi deve essere dimostrata dall’assicuratore.

La colpa grave prevista dall’ art. 1900 coma 1 c.c., che esclude – salvo patto contrario – la responsabilità dell’assicuratore, non deve essere commisurata (come, invece, nella previsione di cui all’art. 1176 co. 2° c.c.) ad un particolare onere di diligenza, in relazione alla natura dell’attività svolta dall’assicurato (Cassazione n. 2995/1994 Tribunale Milano, Sezione 12 civile Sentenza 11 settembre 2014, n. 10901).

 

Il mancato pagamento del premio ex art. 1901 c.c.

Il premio, ovvero il corrispettivo dovuto dal contraente all’assicuratore in vistù del contratto di assicurazione, che consiste in una somma di denaro generalmente è determinato sulla base di due elementi di due elementi:

  • il premio netto ovvero l’equivalente matematico del rischio
  • il c.d. caricamento ovvero le spese e l’utile dell’assicuratore.

Sebbene in linea di massima, il mancato pagamento del premio da parte del contraente comporta la sospensione del contratto di assicurazione, deve precisarsi che “nei contratti di assicurazione contro i danni che prevedano la determinazione del premio in base ad elementi variabili (cosiddetta assicurazione con la clausola di regolazione del premio), l’obbligo dell’assicurato di comunicare periodicamente all’assicuratore gli elementi variabili costituisce oggetto di un’obbligazione diversa da quelle indicate nell’art. 1901 c.c., il cui inadempimento non comporta l’automatica sospensione della garanzia, ma può giustificare un tale effetto, così come la risoluzione del contratto, solo in base ai principi generali in tema di importanza dell’inadempimento e di buona fede nell’esecuzione del contratto, senza che assuma rilievo il richiamo, operato con apposita clausola contrattuale, all’art. 1901 c.c. con riguardo alla mancata comunicazione delle variazioni, trattandosi di clausola nulla ai sensi dell’art. 1932 c.c. in quanto derogatoria della disciplina legale in senso meno favorevole all’assicurato” (Cassazione n. 28472/2013, Cassazione n. 26783/2011, Cassazione Sezioni Unite n. 4631/2007, Tribunale Ferrara, civile Sentenza 10 novembre 2017, n. 1047).

Precisato ciò, si evidenzia che il mancato pagamento del premio assicurativo, alle scadenze convenute trova disciplina diversa a seconda che si tratti di contratto di assicurazione contro i danni (art. 1901c.c.) o di contratto di assicurazione sulla vita (art. 1924 c.c.). 

Il mancato pagamento del premio nell’assicurazione contro i danni art. 1901 c.c.

Nel caso di contratto di assicurazione contro i danni, il mancato pagamento del premio è disciplinato dall’art. 1901 c.c. secondo il quale:

Se il contraente non paga il premio o la prima rata di premio stabilita dal contratto, l’assicurazione resta sospesa fino alle ore ventiquattro del giorno in cui il contraente paga quanto è da lui dovuto.

Se alle scadenze convenute il contraente non paga i premi successivi, l’assicurazione resta sospesa dalle ore ventiquattro del quindicesimo giorno dopo quello della scadenza.

Nelle ipotesi previste dai due commi precedenti il contratto è risoluto di diritto se l’assicuratore, nel termine di sei mesi dal giorno in cui il premio o la rata sono scaduti, non agisce per la riscossione;l’assicuratore ha diritto soltanto al pagamento del premio relativo al periodo di assicurazione in corso e al rimborso delle spese.

La presente norma non si applica alle assicurazioni sulla vita

In linea generale può affermarsi che l’art. 1901 c.c., (norma applicabile solo contratto di assicurazione contro i danni), prevede che il mancato pagamento del premio, sia che si tratti del primo sia che si tratti di premi successivi, determina la sospensione del contratto di assicurazione contro i danni e che il contratto è risolto di diritto se l’assicuratore, nel termine di sei mesi dal giorno in cui il premio o la rata sono scaduti, non agisce per la riscossione; l’assicuratore ha diritto soltanto al pagamento del premio relativo al periodo di assicurazione in corso e al rimborso delle spese.

Il secondo comma dell’art. 1901 c.c., (norma applicabile solo contratto di assicurazione contro i danni), il quale prevede la sospensione della garanzia assicurativa per effetto del mancato pagamento del premio alle scadenze convenute, costituisce applicazione del principio generale dell’eccezione di inadempimento.

Per tanto, deve, negarsi all’assicuratore la facoltà di rifiutare la garanzia assicurativa ove ciò sia contrario a buona fede, come nel caso in cui l’assicuratore medesimo abbia, sia pure tacitamente, manifestato la volontà di rinunciare alla sospensione, ad esempio tramite accettazione senza riserve del versamento tardivo del premio. (così Cassazione n. 1698/2006 e Cassazione n. 15407/2000).

Ciò posto, il mancato pagamento, da parte dell’assicurato, di un premio successivo al primo determina, ai sensi dell’art. 1901 c.c., comma 2, la sospensione della garanzia assicurativa non immediatamente, ma dopo il decorso del cosiddetto periodo di tolleranza o di rispetto e, cioè, di quindici giorni dalla scadenza del premio medesimo.

Questo principio opera indipendentemente dal verificarsi del pagamento del premio dovuto entro l’indicato periodo, ed anche in caso di protrarsi dell’inadempienza dell’assicurato e di eventuale successiva risoluzione di diritto del contratto, a norma dell’art. 1901 c.c., comma 3, nel senso che l’effetto retroattivo di tale risoluzione si produrrà non dalla scadenza del premio, ma dallo spirare del periodo di tolleranza (così Cassazione n. 26104/2016).

L’art. 1901 comma terzo, c.c., dispone, invece, che in caso di mancato pagamento del premio o di una rata di esso, il contratto di assicurazione si risolve di diritto qualora l’assicuratore, entro sei mesi dalla scadenza, non agisca per la riscossione del proprio credito.

In sostanza la mancata iniziativa dell’assicuratore, da coltivarsi nel termine di sei mesi dalla scadenza del premio o della rata di premio, determina la risoluzione di diritto del contratto di assicurazione che costituisce fatto impeditivo del diritto dell’assicuratore ad ottenere il pagamento dovuto per i premi successivi, ma non esclude il diritto ad ottenere il pagamento del premio relativo al periodo di assicurazione in corso.

La giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare che, in tema di contratto di assicurazione, nel caso di risoluzione di diritto ai sensi dell’art. 1901, terzo comma, c.c., il periodo di assicurazione in corso – relativamente al quale è dovuto il pagamento del premio, nonostante l’avvenuta risoluzione dei contratto – è soltanto quello che sarebbe stato coperto dalla garanzia assicurativa se il premio non assolto fosse stato corrisposto.

Ne consegue che, ove il contratto di assicurazione abbia durata annuale ed il pagamento del premio sia stato rateizzato in periodi più brevi, il periodo in corso è quello più breve coperto dalla singola rata.

Nel caso in cui il contratto di assicurazione è risoluto di diritto, a norma dell’art. 1901 c.c., per l’inerzia dell’assicuratore – che nel termine di sei mesi dal giorno in cui la rata è scaduta non agisce per la riscossione – questi conserva comunque il diritto al pagamento del premio per il periodo di assicurazione in corso, poiché detto diritto non soggiace a termine di decadenza, ma al termine di prescrizione breve sancito dall’art. 2952 c.c. (Cassazione n. 23264/2010 e Cassazione n. 7518/1994).

In merito al mancato pagamento del premio del contratto di assicurazione,  deve ricordarsi che:

le disposizioni dell’art. 1901 c.c., in quanto contenute in un articolo collocato tra le disposizioni generali sulle assicurazioni, sono applicabili, oltre che alle assicurazioni contro i danni, anche alle assicurazioni sugli infortuni o invalidità poiché alle predette assicurazioni non è riferibile l’eccezione prevista nell’ultima parte dell’ultimo comma della norma, che esclude le assicurazioni sulla vita dall’ambito di applicazione delle precedenti disposizioni della norma medesima, nè è applicabile la norma dell’art. 1924 c.c. disegnata sulla specificità della struttura e della funzione dell’assicurazione sulla vita, avente di regola finalità di risparmio e di capitalizzazione. Peraltro, entrambe le norme – quella dell’art. 1901 e quella dell’art. 1924 c.c. – si riferiscono soltanto agli effetti dell’inadempimento dell’obbligazione di pagamento del premio nascente da contratto già concluso ed efficace, non alla decorrenza pattizia dell’efficacia del contratto o delle obbligazioni che da esso derivano, che rimane affidata all’autonomia negoziale delle parti.” (Cassazione n. 12353/2006)

Per ciò che attiene al contratto di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, deve ricordarsi che:

Qualora in un contratto di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro sia inserita una clausola di regolazione del premio – in virtù della quale l’assicurato è tenuto, oltre al pagamento di un premio minimo fisso da versarsi in via provvisoria ed anticipata, ad un maggior premio definitivo alla scadenza di ciascun periodo assicurativo ancorato ad elementi variabili da comunicarsi all’assicuratore – nell’ipotesi di mancata comunicazione, se nel contratto è prevista una clausola, in base alla quale l’assicuratore “può” fornire un ulteriore termine all’assicurato per le comunicazioni suddette, la stessa deve interpretarsi nel senso della previsione di un onere a carico dell’assicuratore finalizzato al conseguimento dell’effetto sospensivo della garanzia assicurativa ai sensi dell’art. 1901 secondo comma, cod. civ., altrimenti, se operasse immediatamente la sospensione, l’assicuratore avrebbe scarso interesse alla fissazione del termine e la clausola sarebbe sostanzialmente inefficace, in contrasto con il canone di cui all’art. 1367 cod. civ.; inoltre, in violazione del successivo art. 1370, la clausola dubbia verrebbe interpretata in favore del contraente che la predispone; ed infine, l’attribuzione ad un contraente di una facoltà arbitraria contrasterebbe con l’ art. 1366 cod. civ., che prescrive l’interpretazione del contratto secondo buona fede. Conseguentemente, in caso di mancato assolvimento dell’onere, la sospensione della garanzia è esclusa“(Cassazione n. 12647/2005).

Per ciò che attiene invece attiene al contratto di assicurazione per la R.C. Auto,

in forza del combinato disposto dell’art. 7 l. 24 dicembre 1969 n. 990 (attuale art. 127 D.Lgs. 7 settembre 2005 n. 209) e dell’art. 1901 c.c., il rilascio del contrassegno assicurativo da parte dell’assicuratore della r.c.a. vincola quest’ultimo a risarcire i danni causati dalla circolazione del veicolo, quand’anche il premio assicurativo non sia stato pagato, ovvero il contratto di assicurazione non sia efficace, giacché, nei confronti del danneggiato, quel che rileva, ai fini della promuvibilità dell’azione diretta nei confronti dell’assicuratore del responsabile è l’autenticità del contrassegno, non la validità del rapporto assicurativo.

Tuttavia, posto che la disciplina citata mira alla tutela dell’affidamento del danneggiato e copre, pertanto, anche l’ipotesi dell’apparenza del diritto, per escludere la responsabilità dell’assicuratore in ipotesi di contrassegno contraffatto o falsificato occorre che questi provi l’insussistenza di un proprio comportamento colposo, tale da ingenerare l’affidamento erroneo del danneggiato stesso” (Cassazione n. 4112/2017, Cassazione n. 18307/2014, Cassazione n. 25130/2010, Cassazione n. 6026/2001, Corte d’Appello Napoli, Sezione 4 civile Sentenza 22 settembre 2017, n. 3860).

Il mancato pagamento del premio nell’assicurazione sulla vita ex art. 1924 c.c. 

Nel caso invece di contratto di assicurazione sulla vita il mancato pagamento del premio è disciplinato dall’ art. 1924 c.c. in base al quale:

Se il contraente non paga il premio relativo al primo anno, l’assicuratore può agire per l’esecuzione del contratto nel termine di sei mesi dal giorno in cui il premio è scaduto. La disposizione si applica anche se il premio è ripartito in più rate, fermo restando il disposto dei primi due commi dell’art. 1901; in tal caso il termine decorre dalla scadenza delle singole rate.

Se il contraente non paga i premi successivi nel termine di tolleranza previsto dalla polizza o, in mancanza, nel termine di venti giorni dalla scadenza, il contratto è risoluto di diritto, e i premi pagati restano acquisiti all’assicuratore, salvo che sussistano le condizioni per il riscatto dell’assicurazione o per la riduzione della somma assicurata.

La norma di cui all’ art. 1924 comma 2, del c.c., che prevede la risoluzione di diritto dell’assicurazione sulla vita, per il caso di mancato pagamento dei premi successivi al primo, non è applicabile all’assicurazione privata contro gli infortuni, la quale è soggetta alla disciplina generale dettata dall’art. 1901 del c.c., e, quindi, è suscettibile di risoluzione, per effetto dell’inadempimento dell’assicurato, solo nel caso in cui l’assicuratore non agisca per la riscossione dei premi entro sei mesi dalla scadenza. Infatti, il carattere eccezionale dell’indicata disposizione, che è propria ed esclusiva dell’assicurazione sulla vita in senso tecnico, non ne consente un’estensione analogica nel ramo dell’assicurazione contro gli infortuni, la quale, pur presentando con la prima alcune affinità, non può essere identificata o equiparata alla medesima.

 

 

 

 

 

 

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.