La pretesa di accertamento del contratto di compravendita del diritto di proprietà, invero, si distingue sia per petitum che per causa petendi rispetto a quella di cui all’art. 2932 c.c.: mentre la prima è diretta ad una sentenza dichiarativa, fondata su un negozio con efficacia reale, immediatamente traslativo della proprietà per effetto del consenso legittimamente manifestato, la seconda mira ad una pronuncia costitutiva, fondata su un contratto con effetti meramente obbligatori come il preliminare, avente ad oggetto l’obbligo delle parti contraenti di addivenire ad un contratto definitivo di vendita per atto pubblico o per scrittura privata autenticata.

 

Corte d’Appello Napoli, Sezione 2 civile Sentenza 14 giugno 2018, n. 2962

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte di Appello di Napoli – seconda sezione civile, in persona dei Magistrati:

dott. Giovanni de Crecchio – Presidente

dott.ssa Efisia Gaviano – Consigliere

dott.ssa Maria Teresa Onorato – Consigliere rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. 2302/13 R.G. riservata in decisione all’udienza del 7 febbraio 2018 e vertente

TRA

(…), c.f. (…), rappresentato e difeso in virtù di mandato a margine della citazione in appello dall’Avvocato Pa.Co. con cui elettivamente domicilia in Napoli alla via (…) presso lo studio dell’Avvocato An.Mo.

APPELLANTE

CONTRO

(…), c.f. (…), rappresentato e difeso, in virtù di mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta contenente appello incidentale, dall’Avvocato An.Mu. e presso il suo studio in Marzano di Nola alla via (…) elettivamente domiciliato

APPELLATO – APPELLANTE INCIDENTALE CONDIZIONATO

E

(…), c.f. (…), rappresentato e difeso, in virtù di mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta contenente appello incidentale condizionato, dall’Avvocato Gi.Li. con cui elettivamente domicilia in Napoli al largo (…) presso lo studio dell’Avvocato Ai.La.

APPELLATO – APPELLANTE INCIDENTALE CONDIZIONATO

E

(…), c.f. (…), rappresentato e difeso, in virtù di mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta depositata nel corso del primo grado del giudizio, dall’Avvocato Em.Na. con cui elettivamente domicilia in Napoli al Corso (…) presso lo studio dell’Avvocato Er.Pr.

APPELLATO

E

(…), c.f. (…), (…), c.f. (…), (…), c.f. (…) e (…), tutti rappresentati e difesi, in virtù di mandati in calce agli appelli notificati, dall’Avvocato Do.De. presso il cui studio in Nola alla via (…) elettivamente domiciliano

APPELLATI

E

(…), (…), (…) e (…) quali eredi di (…);

(…), c.f. (…);

(…), c.f. (…)

APPELLATI – CONTUMACI

OGGETTO: appello avverso sentenza del Tribunale di Nola n. 3003/2012 del 18 dicembre 2012 e depositata in Cancelleria in data 20 dicembre 2012 in materia di restituzione immobile e usucapione;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nell’ottobre 2008, (…) conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Nola (…), (…) e (…) esponendo di essere proprietario di un piccolo complesso immobiliare sito in (…) alla via (…), acquistato con atto per notar (…) del 27.07.2007 dal (…) che se ne era dichiarato unico proprietario in virtù di possesso pacifico, pubblico, continuato ed ininterrotto dal 1965. Lamentava che la proprietà si presentava fatiscente e priva di manufatti, per cui (…) e (…) la occupavano senza titolo (né reale, né obbligatorio, in virtù di quanto dichiarato dal (…) al momento della stipula del rogito), utilizzandola come area di sosta o parcheggio di propri veicoli e che vano era stato ogni invito a farli desistere dalla lamentata condotta. Invocato, pertanto, l’art. 949 c.c., chiedeva accertarsi l’inesistenza di qualsiasi diritto di natura reale e/o obbligatoria in capo al (…) e al (…) sull’immobile di sua proprietà; per l’effetto, ordinarsi loro la cessazione delle molestie, condannarli al risarcimento per il caso in cui l’istruttoria a compiersi dimostrasse che la condotta di costoro gli aveva provocato danni. In subordine, in caso di accertata esistenza di diritti dei convenuti sugli immobili acquistati dal concludente con l’atto per notar (…) del 27.07.2007, chiedeva la risoluzione del contratto in danno del (…) e la sua condanna alla restituzione del prezzo ai sensi dell’art. 1479 c.c. ovvero dell’art. 1480 c.c.

Il giudizio era iscritto al n.r.g. 8104/2008.

In questo si costituiva (…) che dichiarava di essere nella legittima detenzione del bene, acquistato dal fratello (…) con scrittura privata del 28.11.1987 al prezzo versato di L. 4.500.000 e da questi trasferitogli con scrittura transattiva del 12 luglio 2007. Chiedeva, dunque, ai sensi dell’art. 269 c.p.c., di essere autorizzato ad estendere la lite al fratello e ai venditori in favore di questi per l’accertamento di quanto da lui dichiarato e per esserne manlevato riguardo alle pretese attoree, comunque da rigettare.

Il differimento dell’udienza per consentire la chiamata di terzo veniva negato per essersi (…) costituito tardivamente.

Con distinto atto di citazione del giugno 2009 che originava il procedimento recante n.r.g. 5627/2009, (…) conveniva in giudizio dinanzi al medesimo Tribunale di Nola (…), (…), (…), (…), (…), (…) e (…) nonché (…) esponendo che, con scrittura privata del 28.11.1987, quest’ultimo aveva acquistato dai convenuti (…) – (…), che gliene avevano trasferito anche il possesso, gli immobili siti in C. vico P. n. 19 (i medesimi beni di cui il (…) si dichiarava proprietario nel primo giudizio); che, con scrittura privata del 12.07.2007, (…), dopo averli posseduti indisturbatamente dal lontano 1987, gli aveva trasferito i ridetti beni, senza che a tale atto seguisse la stipula del rogito notarile. Tanto premesso, avendo acquisito tutti i diritti relativi all’atto del 28.11.1987, affermato il diritto ad ottenere sentenza che ne dichiari l’avvenuto trasferimento in suo favore, nonché la verificazione delle due scritture e – in subordine – la pronuncia ai sensi dell’art. 1158 c.c. “in quanto possessore indisturbato in continuazione del possesso del proprio fratello ex art. 1146 c.c. dal 1987”, chiedeva testualmente: “dichiarare vera e autentica la scrittura privata del 28.11.1987 … nonché la scrittura privata del 12.07.07 … aventi ad oggetto la vendita degli immobili siti in (…) alla via (…).. Accertato quanto dedotto in premessa, emettere sentenza che dichiari l’avvenuto trasferimento dei suddetti beni di cui al giudizio che costituisce vera e propria vendita per scrittura privata alla quale risulta applicabile la disciplina ex art. 2932 c.c.”. In subordine, domandava riconoscersi il proprio diritto “ex art. 1158 c.c., in quanto possessore indisturbato per oltre venti anni in continuazione del proprio germano in riferimento all’immobile di cui alla scrittura privata del 28.11.1987”.

In detto giudizio (…), costituendosi, aderiva alla domanda di trasferimento dell’immobile proposta dal fratello (…), chiamando in causa (…), a suo dire ben consapevole della vendita per scrittura privata del 1987 in forza della quale egli era divenuto proprietario del medesimo complesso immobiliare, per sentire accertare nei suoi confronti l’acquisto per usucapione degli immobili di causa da parte sua e del fratello (…). Concludeva, dunque, perché autorizzata la chiamata in causa del (…) al fine di accertare nei suoi confronti la maturata usucapione da parte sua e del germano, fossero accolte le domande da costui proposte per il trasferimento immobiliare, con statuizione della sua titolarità sul bene in forza della scrittura di compravendita del 1987 e dichiarazione di nullità – per evizione totale o parziale – dell’atto per notar (…) di trasferimento del medesimo bene dal solo (…) al (…), riconoscendo in subordine il diritto di (…) ai sensi dell’art. 1158 c.c..

Differita l’udienza di prima comparizione e eseguita la citazione ai sensi dell’art. 269 c.p.c., si costituiva (…) che, negata ogni consapevolezza della vendita per scrittura privata del 1987 all’atto del suo acquisto (non potendosi questa evincere dalla gradata domanda di evizione svolta nel giudizio iscritto al n.r.g. 8104/2008), contestava il possesso uti dominus da allora in capo al (…). Chiariva che, alcuni mesi prima dell’acquisto ed in più occasioni, aveva visitato il bene oggetto di lite tra le parti, non rinvenendovi alcun elemento che facesse presumere l’esercizio di diritti reali da parte di terzi che non fossero i familiari del medesimo (…). Dichiarava la non opponibilità a sé delle due scritture private ex adverso invocate, sia per non esserne affatto certa la data, sia per non essere state trascritte. Invocava, dunque, la disposizione dell’art. 2644 c.c., rammentando di avere trascritto il proprio acquisto presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di Santa Maria Capua Vetere il 17 ottobre 2007 e eccependo l’inefficacia nei suoi confronti delle scritture private ex adverso richiamate. Per conseguenza, chiedeva rigettarsi le avverse domande e, nel caso di loro accoglimento ovvero di riconoscimento di diritti reali in capo all’attore od a terzi, tali da determinare limitazioni legali o perdita della sua proprietà, condannarsi (…) alla restituzione del prezzo, al rimborso delle spese e al risarcimento del danno.

(…), dal canto suo, eccepiva il difetto di legittimazione attiva in capo a (…) per avere egli stesso indicato quale parte del rapporto – a suo dire originato da un contratto preliminare – il fratello (…) e l’inutile decorso del tempo stabilito per la stipula del definitivo, nonché l’estinzione del diritto ad esso per maturata prescrizione. Ad ogni modo, deduceva che la scrittura dell’anno 1987 era inopponibile quale valido titolo anche per avere riguardato un bene diverso da quello di causa (partita catastale n. 110), non essendo in essa stati precisati i dati catastali, rimessi al successivo rogito, mai intervenuto. Riteneva che la scrittura del luglio 2007 contenente una “transazione bonaria” di un giudizio di divisione ereditaria di immobili era, a sua volta, carente di effetti traslativi in quanto solamente dichiarativa e inidonea di per sé ad integrare l’acquisto della proprietà. Qualificata la ridetta scrittura quale “cessione del contratto”, ne eccepiva il difetto del consenso del contraente ceduto. Quanto, infine, alla domanda di usucapione, precisava che (…) non lo aveva giammai invitato alla stipula dell’atto pubblico, come sarebbe stato in suo onere fare, né era mai subentrato nel possesso del bene che – dunque – neppure aveva trasferito al fratello (…).

Gli ulteriori convenuti (…) – (…), nelle proprie comparse, eccepivano ugualmente la prescrizione del diritto ad ottenere una sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. ed il difetto di legittimazione attiva in capo al (…).

Concessi i termini di cui all’art. 183 c.p.c. in entrambi i giudizi e dispostane la riunione, con ordinanza del 31 maggio 2011, il giudice di prime cure fissava udienza per le conclusioni, ritenendo inammissibile la prova orale articolata, essendo generici i capi articolati dai germani (…) in relazione alla domanda di usucapione ed irrilevanti quelli proposti dai (…) per le ragioni ivi indicate.

Con sentenza n. 3003/12 pubblicata in data 20.12.2012, il Tribunale di Nola accoglieva la domanda avanzata da (…) ed ordinava ai convenuti (…) e (…) di astenersi dal parcheggiare sull’area di proprietà del (…) di cui all’atto notarile del 27.07.2007; rigettava la domanda di evizione e risarcimento proposta dal (…) contro (…); rigettava le domande principali e riconvenzionali proposte da (…) e (…); condannava (…) al pagamento delle spese in favore di (…) e dei (…) – (…), compensandole tra (…) e (…) e tra il primo e (…), nonché tra (…) e (…). Da ultimo, condannava (…) alle spese in favore del terzo chiamato (…).

Per quel che rileva, il primo giudice dava atto della mancanza di contestazione tra le parti in ordine al fatto che con scrittura privata, non autenticata né registrata né trascritta, del 28 novembre 1987 (…), (…), (…), (…), S. e (…) e (…) avevano alienato a (…) il quale, con ulteriore scrittura privata del 12 luglio 2007 aveva ceduto al fratello (…) nell’ambito di una transazione giudiziale inerente un processo di divisione, l’immobile in vico Parrocchia n. 19, bene che il solo (…), il 27 luglio 2007 aveva alienato a (…).

Riteneva dunque fondata la domanda del (…) verso (…) e (…), avendo il primo dimostrato con atto pubblico trascritto la sua proprietà, titolo ritenuto sufficiente per l’azione esperita, diversa dalla rivendica. Per l’effetto, ordinava ai convenuti di astenersi dal parcheggiare i propri mezzi sul bene indicato in citazione e da ogni comportamento idoneo a ledere il dominio dell’attore. Osservava – infatti – che solo con autonomo giudizio successivamente riunito (…) aveva agito per l’accertamento del suo acquisto per usucapione.

Al contrario, rigettava le domande di (…): quella ai sensi dell’art. 2932 c.c. per essere costui privo della legittimazione in quanto non parte del preliminare di compravendita del quale aveva chiesto l’esecuzione in forma specifica, sottoscritto infatti dal di lui fratello (…). Aggiungeva che pur avendo (…) aderito alla pretesa, non aveva spiegato – come sarebbe stato necessario – una vera e propria domanda riconvenzionale in tal senso in danno di tutte le parti di quella scrittura. Ad ogni modo, per il ritenuto caso di legittimazione in capo a (…) anche grazie all’adesione da (…), giudicava fondata l’eccezione di prescrizione proposta da controparte.

Decretava, ancora, l’infondatezza della domanda di usucapione perché non sostenuta da alcuna valida prova, essendo state respinte le istanze istruttorie per la genericità dei capi e per l’impossibilità di rimettere ai testi apprezzamenti di carattere giuridico, vieppiù in ragione dell’insufficienza di un atto di volizione interna a tramutare la detenzione in possesso utile all’usucapione. Nella superiore decisione assorbiva la disamina della domanda proposta in via subordinata dal (…) in confronto del (…).

Avverso tale sentenza, con citazione notificata il 21 – 22 maggio 2013 e rinnovata quanto agli eredi di (…) risultato deceduto il 25 gennaio 2014, proponeva appello (…), articolando i motivi di seguito indicati.

All’esito, rassegnava le seguenti conclusioni: “respingere le domande proposte da (…) in primo grado nei confronti di (…) e (…); dichiarare vera ed autentica la scrittura privata del 28.11.1987 intercorsa tra (…) e (…), (…), (…), (…), (…), (…) nonché la scrittura privata del 12.07.2007 intercorsa tra (…) e (…) aventi ad oggetto la vendita degli immobili siti in C. alla via P. n. 19 e precisamente area di sedime di un vano terraneo e sovrastante camere con tutte le pertinenze e servitù condominiali; accertato e dichiarato quanto innanzi, emettere sentenza che dichiari l’avvenuto trasferimento in favore di (…) dei suddetti beni di cui alle richiamate scritture private; riconoscere in via subordinata il diritto dell’istante ex art. 1158 c.c. in quanto possessore indisturbato per oltre venti anni in continuazione del proprio germano in riferimento all’immobile di cui alla scrittura privata del 28.11.1987; condannare altresì gli appellati che avranno formulato resistenza al gravame con esclusione di (…) alla refusione delle spese del doppio grado di giudizio”.

Si costituiva (…) per chiederne il rigetto. In subordine, riproponeva le domande di evizione e danni nei confronti di (…).

(…) domandava il rigetto dell’appello e proponeva appello incidentale condizionato.

(…), (…), (…) e (…) concludevano per il rigetto dell’appello.

Acquisito il fascicolo delle cause riunite di primo grado, all’esito delle conclusioni delle parti come rassegnate nei verbali di causa, la Corte all’udienza del 7 febbraio 2018 si riservava per la decisione concedendo i termini di cui all’art. 190 c.p.c. per lo scambio delle comparse conclusionali e il deposito delle memorie di replica.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va dichiarata la contumacia di (…), (…), (…), (…), (…) e (…), ritualmente citati e non costituiti.

Con il primo motivo di appello, (…) ha censurato la sentenza di primo grado perché il Tribunale avrebbe errato nell’accogliere la domanda proposta da (…), non avendo questi dimostrato di essere proprietario degli immobili di causa, non essendo all’uopo sufficiente l’atto per notar (…) del 27 luglio 2007. Infatti, qualificata la domanda del (…) come rivendica, a suo avviso costui avrebbe dovuto offrire la cd. probatio diabolica. Sintomatico della natura della domanda sarebbe il fatto che il (…) non era nel possesso dell’immobile rivendicato, possesso trasferito al (…) dai suoi danti causa con la scrittura del 28 novembre 1987, non contestata da controparte. In ogni caso, l’atto (…) sarebbe da considerare invalido perché il venditore (…) dichiarava in esso di essere proprietario per effetto del possesso ultraventennale e non in base ad uno specifico titolo di acquisto, con richiami alla sentenza della Suprema Corte (n. 9884/1996) secondo la quale “l’acquisto della proprietà di un immobile per effetto dell’usucapione, per poter essere fatto valere e quindi formare oggetto di un contratto di vendita, deve essere dapprima accertato e dichiarato nei modi di legge”.

Con lo stesso motivo si è lamentata una sostanziale ignoranza della situazione di fatto quale acclarata dagli atti del giudizio: sia l’immissione nel possesso legale e materiale di (…) dai venditori (…) – (…) ai sensi dell’art. 4 della scrittura privata del 28.11.1987, sia l’ordinanza del Comune di Casamarciano prot. n. (…) del 18 gennaio 1988 con cui il Sindaco ordinava a costui, individuandolo come proprietario e possessore, l’immediato abbattimento di un fabbricato staticamente pericoloso. Ulteriore dimostrazione del carattere petitorio dell’azione proposta da (…) sarebbe data dall’avere costui formulato domanda risarcitoria sul presupposto dell’evizione in danno di (…).

Ancora, parte appellante si è doluta che la sentenza abbia ordinato anche a (…) di astenersi dal parcheggiare, sebbene per conseguenza della sua contumacia alcuna condotta lesiva fosse stata dimostrata a suo carico.

Il motivo è infondato.

Com’è noto, nell’azione negatoria la proprietà dell’attore non è oggetto della controversia, essendo questa limitata al solo accertamento dell’esistenza o meno dei diritti vantati dal convenuto sulla cosa. Nelle dette azioni, quindi, l’attore deve solo provare il diritto di proprietà ai limitati fini della dimostrazione del suo titolo di legittimazione processuale. In altre parole, la prova della proprietà, in consimile caso, ha la funzione di dimostrare la sussistenza del potere, in capo all’attore, di chiedere la cessazione e l’eliminazione delle conseguenze dell’attività lesiva e non già l’esistenza della titolarità del dominio. Piuttosto è al convenuto che incombe l’onere di provare l’esistenza del diritto a lui spettante in virtù di un rapporto – di natura obbligatoria o reale – che lo facultizzi a compiere l’attività lamentata come lesiva dall’attore. Ponendosi la titolarità del bene quale requisito di legittimazione attiva, a fronte della contestazione operata da parte convenuta, l’attore, pur non avendo l’onere di dare la prova rigorosa della proprietà come nell’azione di rivendica, deve comunque dimostrare, potendosi a tal fine avvalere di ogni mezzo di prova, incluse le presunzioni, l’esistenza di un titolo di acquisto del bene (in argomento, Cassazione civile, sez. II, 11.01.2017, n. 472; Cassazione civile, sez. II, 09.01.2017, n. 203; Cassazione civile, sez. un., 28/03/2014, n. 7305Cassazione civile, sez. II, 15.10.2014, n. 21851; Cassazione civile, sez. II, 08.09.2014, n. 18890; Cassazione civile, sez. II, 21.04.2009, n. 9449). Ebbene, il (…), premesso il titolo della sua legittimazione, senza formulare alcuna domanda sull’accertamento del suo diritto dominicale, neppure ha domandato il rilascio dell’immobile posseduto da altri, ma solo che questi cessino le loro condotte.

In mancanza altresì di un’azione recuperatoria della disponibilità del bene in confronto di chi lo possieda e ne disponga di fatto, l’attore in primo grado non era onerato di dimostrare una serie di regolari passaggi durante tutto il periodo di tempo necessario all’usucapione (in argomento, Cassazione civile, sez. un., 28.03.2014, n. 7305).

Ad ogni modo, volendo diversamente ragionare, non può negligersi il fatto che il rigore della cosiddetta probatio diabolica da cui è gravato l’attore in rivendicazione si attenua ove il convenuto riconosca in modo non equivoco o, comunque, non contesti la proprietà del bene conteso in capo ad un comune dante causa ovvero risulti individuato dalle parti un unico originario proprietario del bene stesso. In tal caso, infatti, il rivendicante non ha l’onere di provare il diritto dei suoi autori fino ad un acquisto a titolo originario, ma solo che il bene abbia formato oggetto del suo acquisto. Ebbene, è palese come all’origine di entrambi i trasferimenti antagonistici ci sia la proprietà di (…), nella cui posizione sono succeduti i suoi figli, tra cui (…), venditore nell’atto per notar (…). L’invalidità di questo atto per essere il compendio immobiliare de quo vertitur formalmente intestato agli eredi di (…) e non al solo (…) è elisa, ai fini della legittimazione attorea, proprio dalla dichiarazione del venditore di essere unico proprietario del bene per effetto di possesso esclusivo ultraventennale ai danni dei comproprietari. Costoro, per altro, costituendosi nei giudizi di primo grado, hanno dichiarato di essersi disinteressati del bene l’indomani del 1987, salvo escludere che di esso (…) avesse materialmente conseguito il possesso.

Né giova il riferimento alla nota sentenza della Corte di Cassazione n. 9884 del 12.11.1996 la cui massima reca il principio per il quale “L’acquisto della proprietà di un immobile per effetto dell’usucapione, per poter essere fatto valere e quindi formare oggetto di un contratto di vendita, deve essere dapprima accertato e dichiarato nei modi di legge”, ragion per cui l’atto per notar Di. sarebbe di per sé invalido.

Invero, pur convenendo con l’affermazione per la quale i negozi traslativi della proprietà non possono avere ad oggetto il possesso (questione sulla quale la Corte era chiamata a pronunciare nella fattispecie definita dall’evocato precedente) non può negligersi che l’usucapione è un modo di acquisto originario rispetto al quale la sentenza con cui viene pronunciata ha natura dichiarativa e non costitutiva del diritto. Per conseguenza, condizionare a tale mero accertamento la possibilità per il soggetto di vantare la proprietà e disporne significherebbe esautorare il diritto e generare l’anomala situazione per cui chi ha usucapito sarebbe proprietario, ma non potrebbe disporre validamente del bene fino a quando il suo acquisto non fosse accertato giudizialmente, cosa che in altre occasioni la medesima Corte ha ritenuto difficilmente compatibile con il normale contenuto del diritto dominicale (in argomento, Cassazione civile, sez. II, 05.02.2007, n. 2485).

Né osta alla qualificazione della domanda attorea e all’applicazione del retto regime probatorio ad essa relativo l’avere (…) indicato che con la scrittura privata del 1987 al fratello (…) era stato trasferito il “possesso” in termini sia materiali sia giuridici. Alla vendita del possesso osta effettivamente la medesima giurisprudenza evocata da parte appellante, mentre il trasferimento materiale del bene è questio facti che avrebbe necessitato della prova in onere a chi ha dedotto la cosa, su cui oltre.

I “riconoscimenti” di proprietà, infine, non possono acquisirsi dalle indicazioni del Comune di Casamarciano quanto all’ordine di abbattere un manufatto illegittimo (così l’ordinanza sindacale n. 259 del 18 gennaio 1988). Invero, ai fini dell’affermazione del diritto di proprietà in capo all’allora convenuto (anche per conseguenza della maturata usucapione per effetto dell’unione dei possessi proprio e del fratello (…)), non costituisce prova in sé l’atto comunale che ben può dipendere da un fallace accertamento della (…). Il richiamo a detto atto quale dimostrativo della reale relazione con il bene – invero – non si dimostra sufficiente ad integrare la prova dell’acquisto a titolo originario sul bene in parola.

Della condanna poi di (…) ad astenersi da comportamenti contrari al diritto reale altrui non è il (…) la parte legittimata a dolersene dovendosi tale legittimazione riconoscere soltanto in capo al medesimo o ad i suoi eventuali eredi.

Con il secondo motivo di appello, l’appellante ha ritenuto errata la decisione del Tribunale di rigettare la domanda di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c., sul presupposto che egli non era legittimato in quanto non era stato parte del contratto. In particolare, la difesa di (…) ha evidenziato testualmente che “egli è successore a titolo particolare del diritto di proprietà sul conteso immobile, in ragione delle scritture private acquisite al giudizio … Più di preciso continua l’appellante con scrittura privata del 28 novembre 1987 (…) acquistava da (…), (…), (…), (…), (…), (…) e (…) … l’immobile qui conteso. Con altra scrittura privata del 12 luglio 2007 detto bene fu alienato da (…) al fratello (…). Pertanto … (…) non può in nessun caso essere considerato privo di legittimazione, atteso anche che dette scritture non sono state disconosciute ai sensi e per gli effetti degli artt. 214 e 215 c.p.c.” (pag. 8 dell’appello).

Sotto diverso profilo, l’appellante ha sottolineato che il Tribunale avrebbe ulteriormente errato nel qualificare come contratto preliminare, piuttosto che come contratto definitivo, la scrittura privata del 28 novembre 1987, essendo chiaro dal suo tenore letterale che le parti con esso trasferirono la proprietà dell’immobile. Per questo motivo, il giudice di prime cure avrebbe errato anche nell’affermare che si sarebbe prescritto il diritto ad ottenere l’esecuzione del contratto ex art. 2932 c.c., in quanto – nella sostanza – la dichiarata prescrizione avrebbe attinto il diritto di proprietà che è, invece, imprescrittibile (pagg. 9 e 10 dell’appello: “chiarito quanto innanzi circa la natura del contratto di vendita posto in essere tra le parti, ne deriva che l’affermazione di una intervenuta prescrizione del diritto ad ottenere l’adempimento dell’obbligo contrattuale avente ad oggetto la stipula dell’atto definitivo è del tutto infondata, non essendo prescrittibile il diritto a vedersi riconoscere il diritto di proprietà …”).

Il motivo è sostanzialmente infondato.

Preliminarmente appare opportuno evidenziare quanto (…) allegava testualmente nell’atto di citazione in primo grado che ha originato il giudizio riunito ed iscritto al n.r.g. 5627/2009: ” … con scrittura privata del 28.11.1987, (…) … acquistò dai sig.ri (…) … (…), i seguenti immobili in Casamarciano vico Parrocchia n. 19; … alla vendita … seguì il trasferimento del possesso dei beni in favore dell’acquirente il quale li ha posseduti … fino al 12.07.2007 data in cui (…) a seguito di scrittura privata di transazione ha trasferito i suddetti beni al germano (…) … alla vendita del 12.07.2007 non ha fatto seguito però la stipula del rogito notarile di tal che l’istante … ha interesse ad ottenere una sentenza che dichiari il trasferimento in suo favore … degli immobili contenuti nella richiamata scrittura privata di vendita del 12.7.07 …”. Sulla base di tale premessa, l’attore chiedeva: ” … dichiarare vera e autentica la scrittura privata del 28.11.1987 … nonché la scrittura privata del 12.07.2007 … aventi ad oggetto la vendita degli immobili siti in C. alla via P. 19 … Accertato quanto dedotto in premessa, emettere sentenza che dichiari l’avvenuto trasferimento dei suddetti beni di cui al giudizio che costituisce vera e propria vendita per scrittura privata alla quale risulta applicabile la disciplina ex art. 2932 c.c.”.

Prescindendo dal contenuto delle due scritture del 28 novembre 1987 e del 12 luglio 2007, sembra chiaro che la domanda di esecuzione in forma specifica proposta da (…) ex art. 2932 c.c. abbia riguardato la seconda scrittura. Tanto si desume dall’affermazione che l’interesse ad ottenere una sentenza che dichiarava il trasferimento in suo favore degli immobili contenuti nella scrittura privata di vendita del 12 luglio 2007 nasceva dal fatto che a tale scrittura non aveva fatto seguito “la stipula del rogito notarile …”.

Indipendentemente dalla correttezza giuridica dell’affermazione, essa esprimeva la convinzione dell’istante che l’atto del 12 luglio 2007 non gli avesse trasferito la proprietà. Viceversa, il Tribunale ha riferito la domanda di esecuzione ex art. 2932 c.c. alla scrittura del 28 novembre 1987.

La cosa si desume dal fatto che il primo giudice, nel rigettarla, osservava sia che (…) non fu parte dell’atto (e questo è vero, appunto, solo per la scrittura privata del 28 novembre 1987), sia che il diritto era prescritto in quanto maturato nel 1987.

Ciò premesso, pur condividendosi l’affermazione dell’appellante che la scrittura del 28 novembre 1987 in realtà era un atto definitivo di vendita (sul punto si rimanda alle considerazioni svolte dall’appellante sul contenuto della scrittura) e che la riserva di trasfonderla in un atto pubblico da stipulare entro due anni a richiesta dell’acquirente (mai pervenuta, come immediatamente fatto rilevare dalle difese dei (…) – (…)) riguardasse una mera formalizzazione a fini di migliore specificazione catastale dell’immobile compravenduto e di opponibilità dell’acquisto, si osserva che questi ha in ogni caso limitato la sua richiesta ad una sentenza costitutiva ai sensi dell’art. 2932 c.c..

Le conclusioni rassegnate in citazione sono state riprodotte e rispetto ad esse – volte a far dichiarare l’autenticità delle sottoscrizioni, evidentemente al fine di poterne ottenere la trascrizione ai sensi dell’art. 2657 c.c. (in argomento, Cassazione civile, sez. II, 22.06.2011, n. 13695) – giammai vi è stata modifica della pretesa in una richiesta di una pronuncia dichiarativa dell’avvenuto trasferimento della proprietà del medesimo immobile, oggetto del contratto qualificato come contratto definitivo di compravendita (sulla cui possibilità Cassazione civile, sez. II, 12.11.2015, n. 23131). Sul punto si rimanda alla lettura della memoria prodotta nel 1 termine accordato ai sensi del comma 6 dell’art. 183 c.p.c. datata 30 novembre 2010.

Neppure il carattere di atto traslativo ad effetti reali della prima scrittura consente di accogliere la domanda di esecuzione ex art. 2932 c.c. della seconda, ma anzi costituisce un ulteriore motivo per rigettarla. La pretesa di accertamento del contratto di compravendita del diritto di proprietà, invero, si distingue sia per petitum che per causa petendi rispetto a quella di cui all’art. 2932 c.c.: mentre la prima è diretta ad una sentenza dichiarativa, fondata su un negozio con efficacia reale, immediatamente traslativo della proprietà per effetto del consenso legittimamente manifestato, la seconda mira ad una pronuncia costitutiva, fondata su un contratto con effetti meramente obbligatori come il preliminare, avente ad oggetto l’obbligo delle parti contraenti di addivenire ad un contratto definitivo di vendita per atto pubblico o per scrittura privata autenticata (Cassazione civile, sez. II, 16.10.2012, n. 17676; sul fatto che nella domanda ai sensi dell’art. 2932 c.c. non sia compresa quella volta ad accertare l’autenticità della sottoscrizione della scrittura privata, Cassazione civile, sez. II, 19.10.1993, n. 10339).

Motivo – questo – che si aggiunge a quello, ritenuto dal Tribunale, costituito dal difetto di legittimazione perché (…) non fu parte della scrittura del 1987. Invero, legittimato a proporla sarebbe stato in primo luogo (…) che, nondimeno, avrebbe dovuto esperirla in confronto dei suoi danti causa e non del secondo acquirente, unico a curare la trascrizione del suo acquisto.

Per conseguenza della intervenuta trascrizione, inoltre, volendo diversamente ragionare, non potrebbe ugualmente farsi luogo alla statuizione richiesta che postula che la sentenza che tenga luogo del contratto (definitivo) non concluso sia possibile. Ebbene, la trascrizione dell’atto per notar Di. interferisce indubbiamente con la consacrazione della scrittura privata nei termini sopra richiesti e giammai modificati. Per rendersi conto ancor meglio della cosa conviene riportare le conclusioni rassegnate nella sua comparsa da (…) per appurare come neppure questi abbia esattamente proposto l’azione: “nel merito, darsi atto che il comparente non si oppone, anzi aderisce, al trasferimento in favore del germano (…) dell’immobile precisato in premessa ….; subordinatamente accogliere la spiegata domanda riconvenzionale e respingere ogni domanda formulata nei confronti del (…) e per lo stesso del di lui germano (…), con statuizione della titolarità del diritto di proprietà del bene in questione che il (…) ha legittimamente acquistato dai convenuti (…), (…), (…), (…), (…), (…), (…), in virtù della scrittura di compravendita del 28.11.1987 … dichiarando nullo per evizione totale o parziale l’atto del (…) rogato dal notaio (…) di (…) di trasferimento del bene dal solo (…) al (…) avendo lo stesso … venduto e dato a possedere ancor prima di tale scrittura il bene in questione al (…) che lo ha trasferito al di lui fratello (…) con le conseguenze previste dall’art. 1479 c.c.”, oltre il risarcimento del danno. Ebbene, è evidente come anche (…) abbia limitato la sua domanda adesiva al trasferimento ex art. 2932 c.c. e chiesto l’accertamento della nullità dell’atto successivo per asserita avvenuta vendita solo con riguardo alla domanda di evizione e danni.

Né la conclusione muta volendo riconoscere alla scrittura del 1987 la natura di contratto preliminare in quanto effettivamente (…) non sarebbe legittimato a pretenderne l’adempimento, non costituendo la successiva scrittura del 12 luglio 2007, che egli stipulò con il fratello (…), un titolo di subingresso nel precedente rapporto contrattuale. Nell’indicato senso depone il principio di cui alla massima che segue: “la vendita di un bene immobile effettuata dal promissario acquirente dello stesso si configura come vendita di cosa altrui, e non come cessione del contratto preliminare” (Cassazione civile, sez. III, 27.11.2001, n. 15035; Cassazione civile, sez. II, 27.12.1995, n. 13108).

Volendo risolvere la questione nei termini di un conflitto tra titoli di derivazione da un medesimo dante causa (in realtà tutti gli eredi (…) nel 1987; il solo (…) nel 2007), verrebbe in rilievo il principio consueto nel caso della doppia alienazione immobiliare (in forza del quale il secondo acquirente, primo trascrivente, consegue il bene, ai sensi dell’art. 2644 c.c. che si applica anche nel caso in cui, dopo aver stipulato un preliminare di vendita, il promittente venditore abbia alienato il bene oggetto del preliminare ad un diverso soggetto ed il promissario acquirente non abbia in precedenza trascritto la domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto (in argomento, Cassazione civile, sez. II, 07.10.2016, n. 20251).

Sennonché giova osservare come (…) abbia dedotto di avere conseguito il bene anche per conseguenza di usucapione, laddove com’è noto la trascrizione non risolve i conflitti tra acquirente a titolo derivativo e acquirenti a titolo originario nel qual caso prevalgono le regole proprie dell’usucapione che, laddove fosse effettivamente maturata contro il dante causa dell’acquirente a titolo derivativo (ossia contro (…)) avrebbe reso l’acquisto di tal fatta a non domino, a sua volta idoneo esclusivamente a mettere l’acquirente in condizione di poter a sua volta usucapire, magari nel termine breve decennale dalla trascrizione del suo titolo (in argomento, Cassazione civile, sez. II, 03.02.2005, n. 2161; Cassazione civile, sez. II, 28.06.2000, n. 8792).

Sennonché (…), consapevole del fatto che tra il 28.11.1988 e il 12.07.2007 non era trascorso il ventennio, ha agito per l’accertamento del suo personale acquisto, invocando in suo favore l’art. 1146 c.c..

Di tale profilo conviene riferire riguardo alla disamina del terzo motivo di gravame, ad esso specificamente dedicato.

Fin d’ora è invece opportuno precisare che nulla in atti dimostra la mala fede di (…) e la consapevolezza in capo a costui di una precedente vendita per scrittura privata, non essendo significativa di essa né la proposizione di una subordinata domanda di evizione in danno del suo venditore, né la condizione del bene quale acquistato. Nel costituirsi nel giudizio riunito proposto da (…) e in ogni ulteriore occasione in cui ha preso posizione riguardo alla sua domanda egli ha riferito, così fin dalle prime difese, di avere visitato il bene antecedentemente al suo acquisto per notar (…), senza avervi rilevato la presenza di alcuno, né segni tangibili di un possesso che potessero allarmarlo circa la sua indisponibilità in capo al venditore.

Con il terzo motivo di appello, (…) ha denunciato l’erroneo rigetto della domanda di usucapione perché la scrittura privata del 28 novembre 1987 (non contestata) avrebbe provato il trasferimento del possesso in favore di (…). Tale possesso risulterebbe altresì confermato dall’ordinanza del sindaco del Comune di Casamarciano n. 259 del 18 gennaio 1988 che individuava proprio in (…) il proprietario e possessore dell’immobile. Ha insistito nell’ammissione della prova orale e in subordine di una consulenza grafologica per verificare l’autenticità delle sottoscrizioni delle scritture del 1987 e del 2007.

Il motivo è infondato.

La prova del possesso utile ad usucapire è integralmente a carico della parte che deduca l’acquisto in tal modo (“Chi agisce in giudizio per essere dichiarato proprietario di un bene, affermando di averlo usucapito, deve dare la prova di tutti gli elementi costitutivi della dedotta fattispecie acquisitiva e, quindi, non solo del corpus, ma anche dell’animus”; Cassazione civile, sez. II, 27.09.2017, n. 22667; Cassazione civile, sez. II, 11.06.2010, n. 14092).

Tale rigore probatorio non è effettivamente assicurato dai capitoli di prova come articolati dalla difesa di (…) di cui la sua difesa ha insistito nell’ammissione.

Invero, l’avere chiesto di provare tramite testimoni che (…) dal 1987 e fino al luglio del 2007 esercitava “il possesso pacifico, continuato, pubblico ed ininterrotto, come se fosse l’esclusivo proprietario, sull’immobile … costituito da piccolo predio urbano semidiruto composto di un vano terraneo e soprastante camera con i diritti proporzionali all’ex cortile comune” senza indicazione precisa dell’attività materiale in cui simile possesso si è manifestato, non assolve alla prova che sarebbe occorsa. Altrettanto dicasi di analogo capo riferito al “possesso” da (…), anche in questo caso senza indicazione alcuna delle attività realmente praticate sul bene. A tal riguardo, non dettaglia le stesse certamente la formulazione del capo 3, volto a far riferire che “(…) prima e (…) si sono sempre interessati a partire dal novembre 1987 degli interventi a realizzarsi all’immobile – ma non è detto in cosa essi siano consistiti – e ne hanno sempre goduto – senza precisarsi in che modo e con quale cadenza – e fruito”.

Dell’irrilevanza delle convinzioni dell’Ente locale quanto alla titolarità del bene, instabile dal punto di vista statico e per questo fonte di preoccupazione per la pubblica e privata incolumità, si è già detto (neppure vi è prova che (…) abbia dato esecuzione all’ordinanza). Si osserva che i capi dal 5° in poi nell’atto di citazione non erano contenuti nelle memorie istruttorie in primo grado e che in sede di precisazione delle conclusioni, nel foglio di deduzioni datato 12 luglio 2012, l’Avvocato Pa.Co. nell’interesse di (…) si limitava a chiedere, in via istruttoria, “che l’on. Tribunale, occorrendo, voglia rimettere la causa sul ruolo istruttorio, ai fini dell’ammissione ed espletamento delle istanze formulate dal comparente”, senza alcuna contestazione all’ordinanza che fissava, ritenutane l’inammissibilità, udienza per le conclusioni.

Analogo difetto di censura al provvedimento istruttorio si rileva nel motivo di impugnazione qui in esame che consta nella mera reiterazione dei capi (taluni dei quali di nuovo conio) fondatamente esclusi.

Inoltre, giova considerare come il Tribunale abbia motivato anche evocando l’assenza di prova dell’interversio possessionis, evidentemente ragionando in termini di contratto preliminare, per come sopra già considerato.

Ebbene, il profilo non è attinto da alcuna specifica censura.

Sul punto si segnala la massima della Suprema Corte che ha ritenuto che “L’invalidità, per difetto dei prescritti requisiti di forma, dell’atto o del negozio in virtù del quale è stato consegnato un bene non vale ad escludere la rilevanza di detto atto quale prova di una detenzione qualificata del bene medesimo, perciò inidonea all’acquisto della relativa proprietà per usucapione, salva la dimostrazione del suo mutamento in possesso, ex art. 1141, comma 2°, c.c.” (Cassazione civile, sez. II, 04.07.2017, n. 16412; Cassazione civile, sez. II, 22.03.2011, n. 6489).

Da ultimo, le ragioni finora esposte rendono sicuramente superflua ed inidonea a appurare elementi decisivi per una diversa soluzione del caso controverso la richiesta di ammissione di consulenza grafologica per la verifica dell’autenticità delle sottoscrizioni delle scritture del 987 e del 2007.

Il motivo di appello incidentale condizionato proposto da (…) in confronto di (…) per essere da questi garantito in caso di evizione totale o parziale dell’immobile acquistato è assorbita nel rigetto dell’appello principale, di talché nulla occorre statuire circa eventuale restituzione del corrispettivo per l’acquisto, accessoriato delle relative spese, né circa un possibile risarcimento del danno.

Con il suo motivo di appello incidentale ugualmente condizionato, (…) ha preso posizione circa la domanda di garanzia e i limiti della sua eventuale ammissibilità, in insistendo in merito all’accertamento del mancato versamento del prezzo di acquisto dell’immobile da parte di (…), tuttora debitore della somma di Euro 11.000,00.

Anche di esso si omette la trattazione essendo ampiamente assorbito dalla conferma della statuizione resa.

Alla luce delle considerazioni svolte, l’appello principale proposto da (…) va rigettato, con integrale conferma della sentenza impugnata. Gli appelli incidentali, invece, in quanto condizionati, sono assorbiti.

Le spese del presente grado del giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo in considerazione del valore della causa e delle questioni trattate, facendo applicazione del D.M. 20 marzo 2014, n. 55 e successive modifiche. Di queste va disposta la distrazione in favore dei legali che l’hanno richiesta.

Per effetto della comunanza di posizioni esse possono compensarsi tra (…) e (…).

Nulla per le spese ai contumaci.

Dal momento che l’appello risulta proposto successivamente al termine previsto dall’art. 1, co. 18° della L. n. 228 del 2012, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, co. 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall’art. 1, co. 17, della citata L. n. 228 del 2012.

P.Q.M.

la Corte di Appello di Napoli – II sezione civile, definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto e tra le parti ivi indicate, così provvede:

– rigetta l’appello proposto da (…) avverso la sentenza del Tribunale di Nola n. 3003/12 pubblicata in data 20.12.2012 e dichiara assorbiti gli appelli incidentali condizionati proposti da (…) e (…) avverso la medesima sentenza;

– condanna (…) al pagamento delle spese del presente grado del giudizio liquidate in Euro 3.750,00 per compensi professionali in favore di ciascuna parte appellata costituita ad esclusione di (…), oltre 15% per rimborso spese forfetarie, Iva e CPA come per legge, con attribuzione, rispettivamente, all’Avvocato An.Mu. e all’Avvocato Do.De., dichiaratisi anticipatari;

– compensa tra (…) e (…) le spese del presente grado del giudizio;

– nulla per le spese ai contumaci;

– dà atto, attesa l’infondatezza dell’appello, che ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002.

Così deciso in Napoli il 6 giugno 2018.

Depositata in Cancelleria il 14 giugno 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.