L’accettazione con beneficio di inventario si fa mediante una dichiarazione ricevuta da un notaio o dal cancelliere del Tribunale del luogo dove il defunto aveva il suo domicilio. La dichiarazione deve essere inserita nel registro delle successioni del Tribunale e trascritta a cura del cancelliere, entro un mese dalla inserzione, all’ufficio dei registri immobiliari del luogo in cui si e’ aperta la successione. Se l’eredita’ comprende anche immobili, la trascrizione dell’accettazione con beneficio d’inventario va effettuata pure presso la Conservatoria dei registri immobiliari del luogo in cui gli immobili stessi sono ubicati. A sua volta la dichiarazione di accettazione deve essere preceduta o seguita dall’inventario, redatto nelle forme prescritte dal codice di procedura civile (articoli 769 c.p.c. e ss.) Si tratta di un’operazione contabile che permette di conoscere le attivita’ e le passivita’ che fanno parte del patrimonio ereditato e l’inventario deve essere redatto dal notaio o dal Cancelliere del Tribunale entro tre mesi dalla data in cui ha appreso di essere divenuto erede o da quando e’ stata aperta la successione. Con la specificazione che: a) se l’inventario e’ fatto prima della dichiarazione, nel registro delle successioni deve pure menzionarsi la data in cui esso e’ stato compiuto; b) mentre se l’inventario e’ fatto dopo la dichiarazione, il pubblico ufficiale che lo ha redatto deve, nel termine di un mese, fare inserire nel registro l’annotazione della data in cui esso e’ stato compiuto.

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Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Sentenza|23 luglio 2019| n. 19838

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14882-2015 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 196/2013 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 07/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/02/2019 dal Consigliere ANTONINO SCALISI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE ALESSANDRO, che ha concluso per l’accoglimento del II motivo di ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 37/2007, il Tribunale di Chieti revocava il decreto ingiuntivo n. 15/2001, emesso su istanza della (OMISSIS) e, parzialmente accogliendo la domanda proposta in via monitoria da quest’ultima, condannava il (OMISSIS) al pagamento della somma di Euro 49.727,73 oltre interessi convenzionali e commissioni massimoscoperto maturate a partire dal 1 ottobre 2000 (dovuta a titolo di coperto di c/c gia’ intestato a (OMISSIS), nel frattempo deceduta, quindi azionato nei confronti degli eredi, tra cui il (OMISSIS)).

Veniva accertato in sentenza che il decreto ingiuntivo era stato emesso sulla base di rituale prova scritta (estratto di conto corrente munito della certificazione di conformita’ apposta da un dirigente); che era allegata agli atti del ricorso, anche la scrittura privata del 12 ottobre 1998 e quella relativa all’affidamento di Lire 65.000.000 per lo sconto di effetti cambiari.

In relazione al merito della controversia, evidenziava il Giudice di primo – grado che la commissione di massimo scoperto era stata espressamente pattuita nella misura dello 0,5.00%, per cui era stata correttamente applicata; che le doglianze relative all’erroneo calcolo della valuta non potevano ritenersi provate, in quanto la consulenza di parte prodotta dall’opponente che aveva esaminato tutti i dati ricavabili dagli estratti conto senza muovere alcun rilievo al riguardo.

Accertava, invece, che era stata illegittimamente applicata la capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito e, richiamando la nota giurisprudenza della Suprema Corte, dichiarava la nullita’ della relativa clausola; nel contempo, tuttavia, rilevava la legittimita’ del tasso convenzionale applicato e riteneva corretta, perche’ conforme alla norma, l’applicazione della capitalizzazione dell’interesse a debito, al tasso convenzionale, su base annua.

Alla luce di cio’, il primo giudice prendeva atto del conteggio predisposto dalla banca che prevedeva la capitalizzazione su base annua e, sulla scorta di esso, determinava nella minor misura sopra indicata il credito azionato.

Interponeva appello (OMISSIS), il quale sottolineava come il decreto ingiuntivo fosse stato emesso, in origine, nei riguardi dei genitori in qualita’ di esercenti la potesta’ su di lui e sul fratello (OMISSIS), eredi per rappresentazione della loro nonna, (OMISSIS), alla cui eredita’ il genitore aveva rinunciato. Si accertava peraltro che lo stesso (OMISSIS) aveva rinunciato all’eredita’, mentre il processo era proseguito nei riguardi di (OMISSIS). (OMISSIS) chiedeva la riforma della sentenza, di cui lamentava l’ingiustizia sotto molteplici profili.

Resisteva la (OMISSIS), richiamando puntualmente le argomentazioni gia’ svolte in primo grado.

A) La Corte di Appello dell’Aquila con sentenza non definitiva n. 196 del 2013 dichiarava sussistente la legittimazione passiva dell’appellante (OMISSIS), erede puro e semplice di (OMISSIS), dichiarava la nullita’ della clausola contrattuale pattuita nell’ambito del contratto di apertura che prevedeva la capitalizzazione degli interessi passivi e l’illegittimita’ della capitalizzazione annuale.

Secondo la Corte di Appello (OMISSIS) era erede puro e semplice della nonna (OMISSIS) perche’, avendo depositato l’inventario oltre un anno dall’apertura della successione ai sensi dell’articolo 489 c.c. era decaduto dal beneficio.

Fondata era, invece, l’eccezione relativa alla composizione del credito sia in relazione alla misura dell’interesse passivo convenuto, che alla capitalizzazione applicata ad un contratto che era stato stipulato nel 1998.

B) Espletata CTU, la stessa Corte di Appello con successiva sentenza non definitiva, n. 322 del 2014, dichiarava che il credito oggetto di causa era costituita dal saldo del contratto di conto corrente acceso dalla de cuius ( (OMISSIS)) in data 12 ottobre 1998. Disponeva la rinnovazione di nuova CTU.

C) Espletata e depositata CTU, la Corte di Appello, con sentenza definitiva n. 1329 del 2014, dichiarava che il debito della (OMISSIS) ammontava ad Euro 42.443,545 per sorte capitale, oltre interessi convenzionali pari al 10% su apertura di credito e del 12% su scoperto di conto e di Euro 1.455,64 per commissioni di massimo scoperto.

La cassazione delle tre sentenze (Sent. n. 196 del 2013, non definitiva; Sent. n. 322 del 2014, non definitiva, Sent. n. 1329 del 2014, definitiva) e’ stata chiesta da (OMISSIS) con ricorso affidato a due motivi. La societa’ (OMISSIS) spa, in questa fase, non ha svolto attivita’ giudiziale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.= (OMISSIS) lamenta:

a) Con il primo motivo di ricorso la violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e relativamente all’articolo 112 c.p.c. Il ricorrente sostiene che la Corte distrettuale si sia pronunciata su una domanda non proposta da nessuna delle parti in causa. Infatti, l’appellante aveva impugnato il capo della sentenza di primo grado secondo il quale (OMISSIS) era stato condannato personalmente e non quale erede della nonna (OMISSIS) e la documentazione prodotta relativa all’inventario era solo esplicativa, la Corte distrettuale nel definire (OMISSIS) erede puro e semplice e non erede beneficiato avrebbe dato una valutazione sulla validita’ della redazione dell’inventario e, dunque, su un punto sul quale non vi era stato ne’ trattazione e ne contraddittorio.

b) Con il secondo motivo, la violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ed error in procedendo, relativamente agli rtt. 112 c.p.c. dall’articolo 769 all’articolo 777 c.c., articoli 489, 471 c.c. articoli 52 e 53 disp. att. c.c. Secondo il ricorrente la Corte distrettuale erroneamente avrebbe ritenuto che l’inventario fosse stato redatto altre i termini di cui all’articolo 489 non tenendo conto che l’inventario e’ stato iniziato il 7 agosto 2003 e si sarebbe completato il 23 agosto 2003 e non invece come ha ritenuto dalla Corte distrettuale il 4 settembre 2003. Piuttosto, la registrazione dell’atto e’ stata effettuata il 3 settembre e l’inserimento nel registro delle successioni il 4 settembre. Eppero’, la registrazione e l’inserimento nel registro della successione sono solo forme di pubblicita’. In definitiva, secondo il ricorrente nel codice civile non sarebbe previsto alcun termine per l’inserimento nel registro delle successioni per ritenere perfezionato l’inventario.

1.1.= Infondato e’ il primo motivo.

Va qui evidenziato che non e’ configurabile un’azione costitutiva della qualita’ di erede beneficiato, conseguibile solo attraverso un accertamento giudiziale.

Piuttosto, l’aver accettato l’eredita’ con la dichiarazione di cui all’articolo 484 c.p.c. rileva come un fatto, che da solo e’ sufficiente ad impedire la confusione del patrimonio del defunto con quello dell’erede, con le conseguenze di cui all’articolo 490 c.c., n. 2.

Questo fatto impeditivo opera per il solo suo emergere nel processo, poiche’ il legislatore non ha escluso espressamente la rilevabilita’ d’ufficio, come accaduto per altre ipotesi (ai sensi all’articolo 2938 in tema di prescrizione; articolo 1242 in tema di eccezione di compensazione) (Cfr. Cass. ssuu. n. 10531 del 07/05/2013).

Pertanto, nel caso in esame, essendo presente nel carteggio del processo, come evidenzia lo stesso ricorrente, una documentazione relativa all’inventario, che in linea di principio avrebbe potuto sollecitare una dichiarazione giudiziale del beneficio dell’inventario, la Corte ha chiarito che non poteva rilevare d’ufficio il fatto del beneficio dell’inventario perche’ quella documentazione non integrava gli estremi del beneficio, dato che l’inventario era stato presentato, oltre i termini previsti dall’articolo 489 c.c.

Non vi e’ stata, dunque, alcuna pronuncia ultrapetita, ovvero, una pronuncia su una domanda nuova, non formulata dalle parti, dovendosi considerare che come la Corte distrettuale avrebbe potuto rilevare d’ufficio, sulla base della documentazione acquisita al processo la sussistenza del beneficio dell’inventario, a contrario, avrebbe potuto, come ha fatto, rilevare che la documentazione acquisita al processo non esprimeva la sussistenza del beneficio dell’inventario.

1.2.= Fondato e’ il secondo motivo.

L’accettazione con beneficio di inventario si fa mediante una dichiarazione ricevuta da un notaio o dal cancelliere del Tribunale del luogo dove il defunto aveva il suo domicilio.

La dichiarazione deve essere inserita nel registro delle successioni del Tribunale e trascritta a cura del cancelliere, entro un mese dalla inserzione, all’ufficio dei registri immobiliari del luogo in cui si e’ aperta la successione. Se l’eredita’ comprende anche immobili, la trascrizione dell’accettazione con beneficio d’inventario va effettuata pure presso la Conservatoria dei registri immobiliari del luogo in cui gli immobili stessi sono ubicati.

A sua volta la dichiarazione di accettazione deve essere preceduta o seguita dall’inventario, redatto nelle forme prescritte dal codice di procedura civile (articoli 769 c.p.c. e ss.)

Si tratta di un’operazione contabile che permette di conoscere le attivita’ e le passivita’ che fanno parte del patrimonio ereditato e l’inventario deve essere redatto dal notaio o dal Cancelliere del Tribunale entro tre mesi dalla data in cui ha appreso di essere divenuto erede o da quando e’ stata aperta la successione.

Con la specificazione che:

a) se l’inventario e’ fatto prima della dichiarazione, nel registro delle successioni deve pure menzionarsi la data in cui esso e’ stato compiuto;

b) mentre se l’inventario e’ fatto dopo la dichiarazione, il pubblico ufficiale che lo ha redatto deve, nel termine di un mese, fare inserire nel registro l’annotazione della data in cui esso e’ stato compiuto(vedi Cass. 1280 del 1965).

Ora, nel caso in esame, risulta dagli atti che l’inventario e’ stato redatto ed ultimato il 23 agosto 2003, nonostante sia stato inserito nel registro delle successioni il 4 settembre 2003. Dovendosi considerare il 23 agosto 2003, l’inventario insulterebbe tempestivo e nel rispetto del termine di decadenza. Sicche’ la Corte distrettuale ha errato nel considerare quale termine di redazione la data di inserimento dell’inventario nel registro delle successioni e non invece, come avrebbe dovuto fare, la data di redazione.

In definitiva, va accolto il secondo motivo del ricorso e rigettato il primo, la sentenza impugnata va cassata nei limiti di cui in motivazione e la causa va rinviata alla Corte di Appello dell’Aquila in diversa composizione la quale provvedera’ a liquidare anche le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La corte accoglie il secondo motivo del ricorso e rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello dell’Aquila in altra composizione anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.