ai fini dell’annullamento del contratto concluso da un soggetto in stato d’incapacità naturale (ai sensi del comma 2 dell’art. 428 c.c.), è sufficiente la malafede dell’altro contraente (diversamente da quanto previsto al comma 1 dell’art. 428 c.c.), senza che sia richiesto un grave pregiudizio per l’incapace; laddove, in concreto, tale pregiudizio si sia verificato, esso tuttavia ben può costituire un sintomo rivelatore di detta malafede. Peraltro, al fine dell’annullamento del contratto a norma dell’art. 428, comma 2, c.c., non occorre la sussistenza di una malattia che escluda in modo totale ed assoluto le facoltà psichiche del soggetto contraente, ma è comunque necessario un perturbamento psichico, anche se transitorio e non dipendente da una precisa forma patologica, tale da menomare gravemente, pur senza escluderle, le facoltà intellettive del soggetto medesimo, in modo da impedirgli o da ostacolargli una seria valutazione dei propri atti e la formazione di una cosciente volontà, rendendolo incapace di resistere alle altrui suggestioni, sempre che risulti la malafede dell’altro contraente, un cui indice rilevatore può essere costituito dal pregiudizio effettivo o potenziale arrecato dal contratto al soggetto incapace.

Corte d’Appello|Napoli|Sezione 7|Civile|Sentenza|22 settembre 2020| n. 3199

Repubblica Italiana

In nome del popolo italiano

La Corte di Appello di Napoli

sezione civile settima

composta dai magistrati:

dott. Arturo Pizzella presidente

dott. Lucia Minauro consigliere

dott. Marco Marinaro giudice aus. rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile n. 3356/2013 R.G., di appello contro la sentenza n. 91/2013 depositata dal Tribunale di Benevento, il 15 gennaio 2013, che ha definito il giudizio rubricato al n. 969/2004 R.G.,

t r a

(…), residente in Castelfranco Emilia alla via (…),(…), residente in Castelfranco Emilia alla via (…), in proprio e nella qualità di eredi di (…), (…), residente in Napoli alla via (…) e (…), residente in Calvi alla via (…), in proprio e nella qualità di eredi (…), tutti rappresentati e difesi dall’avv. (…) del Foro di Benevento presso il cui studio sono elettivamente domiciliati in San Giorgio del Sannio alla via (…);

(appellanti)

e

(…), rappresentati e difesi dall’avv. (…), con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. (…) in Napoli alla via (…);

(appellati)

Conclusioni

All’udienza del 9 gennaio 2020 i procuratori delle parti costituite, precisate le conclusioni, chiedevano di rimettersi la causa in decisione ed il Collegio assegnava i termini ex artt. 352, comma 1, e 190, comma 1, c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 19 marzo 2004, (…) chiamavano in giudizio (…) nella qualità di curatore provvisorio di (…) al fine di vedere disposta coattivamente l’esecuzione del contratto preliminare sottoscritto da (…) il 1° ottobre 1995 per l’acquisto del fondo rustico, con annesso fabbricato rurale di nuova costruzione e relative pertinenze agricole contraddistinto al N.T.C. del Comune di Pietradefusi alla partita n. (…), fol. 5, p.lle (…) o, solo in via subordinata, in caso di impossibilità a disporre la citata esecuzione in forma specifica, al fine di vedersi comunque risarcire i danni subìti per il citato inadempimento.

In particolare, gli attori riferivano di aver sottoscritto contratto di fitto con (…) e (…) per i medesimi beni il 20 agosto 1994, di aver saputo che il 2 ottobre 1995 la (…) aveva stipulato un altro contratto preliminare con (…), per i medesimi beni, ma ad un prezzo decisamente inferiore e di aver anche saputo che in data 3 aprile 1997 (…) era stata nominata “curatore provvisorio” di (…), ragion per cui la sollecitavano invano ad adempiere al preliminare del 1° ottobre 1995.

La curatrice – sia pur regolarmente citata nella qualità – rimaneva contumace.

Espletata la prova orale all’udienza del 9 marzo 2007 la causa veniva una prima volta riservata in decisione. Con ordinanza del 27 agosto 2007 veniva rimessa sul ruolo al fine di chiarire l’effettiva qualità di (…): nell’atto di citazione, infatti, la stessa veniva indicata quale curatrice, mentre nelle memorie istruttorie veniva indicata quale tutrice sempre provvisoria; in particolare si riteneva necessario verificare sia se la nomina provvisoria fosse stata confermata, sia se trattavasi di mera inabilitazione o invece di interdizione, poiché nel primo caso sarebbe stato necessario integrare il contraddittorio anche nei confronti dell’inabilitato a norma del combinato disposto dagli artt. 394 e 424 c.c.

All’udienza del 28 settembre 2007 gli attori depositavano la sentenza n. 287/97 del Tribunale di Benevento con la quale era stata dichiarata l’inabilitazione di (…) e confermata la nomina di (…) e chiedevano (ed ottenevano) una nuova udienza per integrare il contraddittorio nei confronti dell’inabilitata.

Con comparsa di costituzione tempestivamente depositata, si costituivano in giudizio (…) e (…) in qualità di eredi di (…) dichiarando, in primo luogo, di non riconoscere la scrittura prodotta in giudizio dalla controparte, quindi, evidenziando che: la de cuius era affetta da disturbi psichici, psicologici ed epilettici; che tale circostanza era ben nota agli attori i quali, quindi, in mala fede avevano approfittato dell’incapacità di intendere e di volere della predetta, ragion per cui con domanda riconvenzionale invocavano la nullità, annullabilità ed inefficacia del contratto preliminare; per le ragioni esposte era già stata impugnata vittoriosamente sia in sede civile che penale la scrittura privata sottoscritta il giorno successivo a quella oggetto di causa con (…) e (…); in ogni caso, la domanda doveva dichiararsi inammissibile nei loro confronti, per essere stata trascritta solo successivamente alla trascrizione della loro dichiarazione di successione; non vi era comunque prova in atti dell’avvenuta corresponsione di Lire 10.000.000 che sarebbero stati versati dagli attori al momento della sottoscrizione.

Alla luce dell’avvenuto disconoscimento, gli attori al verbale di udienza del 15 febbraio 2008 spiegavano istanza di verificazione e, comunque, nelle proprie memorie depositate il 14 marzo 2008 evidenziavano che sul contratto preliminare era stata apposta anche la firma di (…), nonna di (…), e che ciò avveniva alla presenza anche degli altri odierni convenuti (pur se all’epoca minorenni), nonché dello zio della (…) e del padre degli attori, deducendo soprattutto che la (…) si era avvalsa proprio del contratto preliminare stipulato con i (…) nell’ambito del procedimento penale a carico dei (…) (promissari acquirenti nel contratto sottoscritto il giorno successivo ad un prezzo molto inferiore), così mostrando di conoscerlo ed, infine, che il decesso di (…) era avvenuto in corso di causa, per cui la domanda era stata correttamente trascritta solo contro la stessa e non contro gli odierni convenuti, divenuti tali solo in qualità di eredi.

Espletata la prova orale ammessa, all’udienza del 29 giugno 2012 le parti concludevano riportandosi ai propri atti e la causa veniva riservata in decisione, previa assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.

Con la sentenza impugnata, il tribunale accoglieva la domanda dei (…) per l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre e, per l’effetto, in esecuzione del preliminare di vendita stipulato il 1° ottobre 1995, trasferiva gli immobili previo pagamento del prezzo residuo per detto trasferimento pari ad una somma corrispondente a originarie Lire 290.000.000, mediante accollo del mutuo ipotecario insistente sui fondi, disbrigo delle pratiche di accatastamento del fabbricato rurale, e versamento del residuo agli eredi di (…).

Con atto di appello notificato il 22 luglio 2013, (…) e (…) nella qualità di eredi di (…), e (…) nella qualità di eredi di (…), impugnavano la sentenza di primo grado al fine di chiederne l’integrale riforma e per “accertare e dichiarare la illegittimità, la nullità, la annullabilità, la inefficacia della scrittura prodotta in giudizio” con il rigetto di ogni domanda proposta dalla controparte.

Con comparsa di costituzione depositata il 19 dicembre 2013, si costituivano (…) chiedendo il rigetto dell’appello e la conseguente conferma integrale della sentenza gravata.

All’udienza del 9 gennaio 2020 la corte si riservava la decisione, assegnando alle parti i termini ordinari per il deposito delle difese conclusionali.

Motivi della decisione

1.- Gli appellanti impugnano la sentenza del tribunale articolando due motivi di censura al fine di ottenere la riforma integrale della stessa con l’accoglimento della domanda riconvenzionale proposta in primo grado.

Più precisamente, con il primo motivo di gravame si censura la decisione del primo giudice poiché avrebbe violato l’art. 428 c.c. (“Atti compiuti da persona incapace di intendere e di volere. Motivazione insufficiente e contraddittoria. Erronea interpretazione e valutazione delle risultanze probatorie”).

1.1. – Secondo la tesi dell’appello il tribunale avrebbe erroneamente interpretato ed applicato l’art. 428 c.c. ed al contempo avrebbe erroneamente valutato gli esiti dell’istruttoria espletata.

In questa prospettiva, viene censurata la motivazione del giudice di primo grado secondo cui “nel caso in esame, sicuramente, il contratto preliminare non arrecava “grave pregiudizio” alla sig.ra (…) perché, anzi risultava molto più vantaggioso di quello sottoscritto solo pochi giorni dopo per i medesimi beni (gli odierni attori, infatti, si impegnavano a versare ben Lire 100.000.000 in più di quelli offerti dai (…)) e, in secondo luogo, dalle modalità di sottoscrizione dello stesso non è dato desumere in alcun modo la malafede dell’altro contraente (odierni attori), fosse altro per la vantaggiosità della proposta” (pag. 5 e 6 sentenza).

1.2. – A tal fine, la parte appellante richiama l’orientamento di legittimità secondo cui ai fini dell’annullamento del contratto concluso dall’incapace non è richiesta – a differenza di quanto stabilito dal primo comma dell’art. 428 c.c. in relazione agli atti unilaterali – l’esistenza di un grave pregiudizio per l’incapace bensì la sola malafede dell’altro contraente; malafede che consiste nella consapevolezza che un contraente abbia della menomazione dell’altro contraente nella sfera intellettiva o volitiva.

In caso di annullamento di un contratto determinato dalla incapacità di uno dei contraenti, il grave pregiudizio, costituirebbe dunque, secondo tale ricostruzione, soltanto uno degli indizi rivelatori dell’unico requisito essenziale costituito dalla malafede dell’altro contraente e che consiste nella consapevolezza o addirittura nella conoscenza – che questi abbia avuto della menomazione della sfera intellettiva o volitiva dell’altro.

Il concetto di malafede dovrebbe dunque essere inteso nel suo significato soggettivo psicologico di consapevolezza o conoscenza dell’altrui stato di incapacità di intendere o di volere e, nel caso di specie, gli appellati (…) sarebbero stati (secondo quanto espresso dagli appellanti) “senza dubbio a conoscenza dello stato di deficienza intellettiva in cui versava la de cuius (…)”.

In particolare, la grave infermità della de cuius e la consapevolezza che ne avevano i germani (…) risulterebbe essere stata dimostrata in primo grado dalle risultanze della prova orale. In questa direzione si collocherebbero anche le deposizioni rese nel processo penale (avviato nei confronti dei (…) per il contratto preliminare stipulato il 2 ottobre 1995; Tribunale di Benevento, RG 265/1997).

Ed ancora, sempre secondo la tesi dell’impugnazione, in tal senso sarebbe chiara la consulenza medica del prof. dott. (…) sulla base della quale il Tribunale di Benevento ha poi dichiarato l’inabilitazione di (…).

1.3.- D’altro canto, la parte appellata, dapprima eccepisce “il mutamento della difesa/domanda degli appellanti, i quali nel giudizio di primo grado richiedevano la nullità dell’atto preliminare sulla base dell’inabilitazione dichiarata successivamente allo stesso, ed oggi fonderebbero le proprie richieste sulla base di una presunta incapacità di intendere e di volere al momento della sottoscrizione”, sostenendo altresì dal canto suo la correttezza dell’iter motivazionale seguito dal primo giudice fornendo una lettura delle risultanze istruttorie di segno opposto giungendo a ritenere non provato lo stato di incapacità al momento della stipula del contratto impugnato.

2. – Prima di esaminare il quadro probatorio risultante dalla istruttoria svolta in prime cure è necessario preliminarmente esaminare l’eccezione proposta dagli appellanti circa il mutamento della domanda.

2.1. – Invero, gli odierni appellanti con la comparsa di costituzione prodotta in primo grado hanno proposto domanda riconvenzionale volta ad accertare e dichiarare la illegittimità, la nullità, la annullabilità, la inefficacia della scrittura prodotta in giudizio dagli attori per i motivi dedotti in premessa e richiamati in precedenza, e in ogni caso in quanto palese risultava la incapacità a contrarre della de cuius (cfr. contenuto della pag. IX comparsa dep. 26 gennaio 2008).

2.2. – Appare quindi evidente che non vi è stato alcun mutamento della domanda posto che sin dalla prima difesa gli odierni appellanti hanno domandato nella qualità di eredi (anche) l’annullamento del contratto preliminare di vendita stipulato il 1° ottobre 1995 per l’incapacità di (…), richiesta che il tribunale ha correttamente inquadrato nell’alveo dell’art. 428 c.c.

Pertanto, l’eccezione proposta è priva di pregio e deve essere disattesa.

3. – Passando ad esaminare il merito, occorre rilevare che effettivamente la domanda riconvenzionale proposta in primo grado deve essere sicuramente qualificata ex art. 428 c.c. quale domanda di annullamento (del contratto) per incapacità di intendere e di volere di (…).

3.1. – Infatti, secondo quanto disposto dal comma 1 “Gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d’intendere o di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all’autore”; il comma 2, precisa che “L’annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona incapace d’intendere o di volere o per la qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell’altro contraente” (art. 428 c.c.).

3.2. – L’incapacità naturale è lo stato di fatto della persona che non è in grado d’intendere o di volere per una qualsiasi causa permanente o transitoria ed acquista quindi rilevanza giuridica quale difetto della volontà negoziale che rende annullabile l’atto.

3.2.1. – Al riguardo, per le cause dell’incapacità si fa tradizionalmente riferimento all’infermità mentale, al delirio, all’ubriachezza, ma anche a qualsiasi evento, anche di natura non patologica, che produca incapacità a consentire o a giudicare.

3.2.2. – Come dedotto dalla parte appellante, la S.C. ha chiarito che ai fini dell’annullamento del contratto concluso da un soggetto in stato d’incapacità naturale (ai sensi del comma 2 dell’art. 428 c.c.), è sufficiente la malafede dell’altro contraente (diversamente da quanto previsto al comma 1 dell’art. 428 c.c.), senza che sia richiesto un grave pregiudizio per l’incapace; laddove, in concreto, tale pregiudizio si sia verificato, esso tuttavia ben può costituire un sintomo rivelatore di detta malafede (Cass. civ. Sez. II Sent., 09/08/2007, n. 17583; ma già, Cass. civ., 03/04/1981, n. 1899; Cass. civ. Sez. II, 26/02/1992, n. 2374; Cass. civ. Sez. II, 11/09/1998, n. 9007; Cass. civ. Sez. II, 14/05/2003, n. 7403; Cass. civ. Sez. III, 01/10/2004, n. 19659; v. anche Cass. civ. Sez. II Sent., 26/02/2009, n. 4677; Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 30/09/2015, n. 19458).

3.2.3. – Peraltro, al fine dell’annullamento del contratto a norma dell’art. 428, comma 2, c.c., non occorre la sussistenza di una malattia che escluda in modo totale ed assoluto le facoltà psichiche del soggetto contraente, ma è comunque necessario un perturbamento psichico, anche se transitorio e non dipendente da una precisa forma patologica, tale da menomare gravemente, pur senza escluderle, le facoltà intellettive del soggetto medesimo, in modo da impedirgli o da ostacolargli una seria valutazione dei propri atti e la formazione di una cosciente volontà, rendendolo incapace di resistere alle altrui suggestioni, sempre che risulti la malafede dell’altro contraente, un cui indice rilevatore può essere costituito dal pregiudizio effettivo o potenziale arrecato dal contratto al soggetto incapace (Cass. civ. Sez. II, 06/04/1987, n. 3321; Cass. civ. Sez. II, Sent., 26/03/2013, n. 7626; Cass. civ. Sez. II Sent., 30/05/2017, n. 13659).

3.2.4. – La prova dell’incapacità naturale può essere data con ogni mezzo o in base a indizi e presunzioni, che anche da soli, se del caso, possono essere decisivi ai fini della sua configurabilità, e il giudice è libero di utilizzare, ai fini del proprio convincimento, anche le prove raccolte in un giudizio intercorso tra le stesse parti o tra altre (Cass. civ. Sez. II, 28/03/2002, n. 4539; Cass. civ. Sez. II Sent., 30/05/2017, n. 13659).

3.2.5. – D’altronde, è stato anche rilevato che lo stato di incapacità di intendere e di volere del soggetto che abbia stipulato un contratto, del quale si chieda l’annullamento ai sensi dell’art. 428 c.c., è una condizione personale dell’individuo, che solo quando assume connotazioni eclatanti può essere provata in modo diretto; il più delle volte va invece accertata in base ad indizi e presunzioni, che anche da soli, se del caso, possono essere decisivi ai fini della sua configurabilità (Cass. civ. Sez. II, 07/04/2000, n. 4344).

Per cui la incapacità naturale – derivante da una malattia protrattasi per un certo periodo – può essere dimostrata anche attraverso il dato induttivo costituito dalle condizioni del soggetto antecedenti o successive al compimento dell’atto impugnato (Cass. civ. Sez. II, 16/03/1990, n. 2212); in particolare, nel caso di incapacità naturale conseguente ad infermità psichica, accertata la totale incapacità di un soggetto in due periodi prossimi nel tempo, la sussistenza di tale condizione è presunta, iuris tantum, anche nel periodo intermedio, sicché la parte che sostiene la validità dell’atto compiuto è tenuta a provare che il soggetto ha agito in una fase di lucido intervallo o di remissione della patologia (Cass. civ. Sez. II Sent., 04/03/2016, n. 4316; nel caso esaminato dalla S.C. si trattava di un contraente affetto da demenza senile grave).

3.2.6. – In via di sintesi, quindi, come anche recentemente ribadito dalla S.C., in tema di annullamento dei negozi giuridici, ai fini dell’accertamento di una situazione di incapacità di intendere e di volere al momento del compimento di un atto, non occorre una totale privazione delle facoltà intellettive e volitive, essendo sufficiente una alterazione psichica, dovuta a causa anche transitoria, atta ad impedire la formazione di una volontà cosciente, facendo così venire meno la capacità di autodeterminazione del soggetto e la capacità di valutare l’importanza dell’atto che si sta per compiere. E l’accertamento della idoneità dell’atto a recare grave pregiudizio al suo autore va effettuata con particolare rigore, avuto riguardo alla situazione di incapacità del soggetto, e con valutazione ex ante, nella quale occorre tenere in conto tutte le caratteristiche strutturali del negozio posto in essere al fine di valutarne le potenzialità lesive (Cass. civ. Sez. III Ord., 12/06/2020, n. 11272).

3.2.7. – L’esistenza delle cause d’incapacità va dunque accertata avendo riguardo al momento in cui l’atto che viene impugnato è stato posto in essere, ma ciò non significa che siano prive di rilevanza, a fini probatori, le condizioni personali in cui il soggetto versava prima o dopo la realizzazione dell’atto impugnato: l’accertamento di uno stato di incapacità anteriore o successivo all’atto può fornire elementi utili di convincimento, al fine di stabilire se – in base alla natura ed alle caratteristiche del disturbo – l’anomalia permaneva (ovvero si era già manifestata) al momento in cui l’atto impugnato veniva posto in essere.

3.2.8. – In tal senso, quindi, la prova dell’incapacità non deve essere necessariamente riferita alla situazione esistente al momento in cui l’atto impugnato venne posto in essere, essendo possibile cogliere tale situazione da un quadro generale anteriore e posteriore al momento della redazione dell’atto, traendo da circostanze note, mediante prova logica, elementi probatori conseguenti, seguendo così il dato induttivo costituito dalle condizioni del soggetto antecedenti o successive al compimento dell’atto impugnato (Cass. civ. Sez. I, 06/08/1990, n. 7914; Cass. civ. Sez. II, 16/03/1990, n. 2212).

4. – Una volta delineati i parametri normativi di riferimento, occorre verificare se dal quadro probatorio emerga la incapacità naturale di (…) e lo stato di malafede dei (…) alla data di stipula del contratto preliminare di vendita immobiliare del 1° ottobre 1995.

5. – In relazione allo stato di incapacità della venditrice innanzitutto occorre fare riferimento ai due pareri medico-specialistici prodotti in primo grado (dep. 7 ottobre 2008) dalla difesa degli odierni appellanti dai quali non si può prescindere considerata la loro autorevolezza e, ovviamente, tenuto conto della irripetibilità di tale tipo di accertamenti a seguito del decesso di (…).

5.1.- Il primo documento è costituito dalla relazione tecnica d’ufficio depositata il 12 gennaio 1996 dal dott. (…), primario di psichiatria, capo servizio dipartimentale di salute mentale della USL 9 Campania, su incarico del P.M. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Benevento finalizzato ad accertare se (…) “al momento della stipula della scrittura privata del 2/10/95 era capace di intendere e di volere a causa di infermità o se tale capacità era grandemente scemata o se comunque la stessa si trovava in stato di deficienza psichica”.

Il C.T.U. dopo aver preso visione degli atti processuali procedeva alla visita il giorno 8 gennaio 1996 (cioè a distanza di tre mesi dalla stipula dei due contratti preliminari di vendita).

Il perito, nella sua accurata relazione tecnica, già in sede di anamnesi mette in evidenza “un lieve ritardo nello sviluppo psico-fisico”; il conseguimento del diploma di scuola agraria a 21 anni, il riconoscimento di una invalidità civile al 46%. Precisa che “i genitori hanno iniziato ad accorgersi di un qual certo ritardo intellettivo, da quanto la piccola aveva 7-8 a. e da tale epoca è stata periodicamente visitata da vari specialisti che hanno sempre unanimemente diagnosticato un ritardo intellettivo”.

Rileva inoltre – sempre nel corso dell’anamnesi – che “durante l’adolescenza ha presentato le prime crisi di natura epilettica peraltro evidenziate attraverso ripetuti tracciati elettroencefalografici”; così che “da tale epoca è in trattamento continuativo con farmaci antiepilettici (Depalcin) che controllano le crisi, però ripresentatesi ad ogni sospensione della terapia”. La (…) riferisce inoltre “di andare frequentemente incontro a conati di vomito anche in assenza di cause scatenanti”.

Nell’esame psichico il consulente tecnico mette in evidenza poi che “il flusso ideativo, seppur vivace, è comunque povero nel contenuto con difficoltosa capacità di associazione e con ancor meno capacità di astrazione e sintesi La concatenazione delle idee è sufficientemente realizzata”. Tuttavia, “la capacità intellettiva, peraltro saggiata attraverso la somministrazione di alcuni tests (tra cui il P.M. 47) appare ancora a livelli al di sotto della norma con una grado di ipoevoluzione globale”. Per cui “la capacità di critica e di giudizio trovano difficoltà ad esprimersi non tanto sul piano concreto quanto piuttosto sul piano astratto”, manifestando sotto il profilo emotivo non soltanto una “lievitazione della quota di ansia”, ma anche “una qual certa viscosità condottuale con dipendenza affettiva dalla figura parentale”.

All’esito della complessa analisi, il perito esprime poi le considerazioni medico-legali precisando immediatamente “i contorni di un profilo psichico semplice, scialbo ed incolore – gracilità mentale – peraltro emergente da un sottofondo di più che probabile organicità – encefalopatia epilettogena – con un potere di risoluzione verso una configurazione psicologica addirittura paradigmatica”. Ne consegue una “immagine puerile, ancorata ad uno psichismo elementare e primitivo che attinge a piene mani ad un vissuto emozionale fatto di sentimenti che si informano a stati d’animo primordiali caratterizzati da inferiorità, dipendenza e anche paura”.

Ne consegue “una dimensione psicologica con confini molto limitati e definiti Un modo il suo ai margini della società Un vissuto il suo continuamente proteso alla disperata ricerca di consensi attraverso cui poter dare a sé stesso un senso ed un significato di appartenenza”. Questa la realtà nella quale “si sono materializzati i fatti” di cui è causa.

Nel racconto dei fatti della (…) come riportati dal consulente tecnico emerge “una spontaneità rabbiosa ed offesa ma anche con una sincerità disarmante con cui peraltro mettere tragicamente a nudo i limiti della sua struttura mentale, della sua organizzazione esistenziale e della disponibilità, tradita, a voler compiacere, per vedersi legittimata in un ruolo finalmente emancipato” (il riferimento è alla vendita ai (…) stipulata il 2 ottobre 1995 rispetto alla quale la (…) afferma: “mi hanno imbrogliata. Io non volevo firmare”).

Pertanto, “la breve gioia di sentirsi considerata, cercata e quindi amata l’ha spinta ad assecondare le richieste pressanti senza disporre però di tutti gli strumenti cognitivi utili a valutare e considerare compiutamente il significato del suo agire e le relative conseguenze”. E ciò “condizionato anche da una qual certa tendenza all’atto impulsivo legata alla epilettogenicità di fondo dell’attività elettrica celebrale”.

Nelle conclusioni si precisa infine che la (…) “è affetta da gracilità mentale ed encefalopatia epilettogena”: così che “tale quadro sintomatico per senza compromettere in maniera sostanziale la capacità di intendere e di volere sicuramente condiziona in maniera rilevante la autodeterminazione volitiva in relazione a specifiche scelte esistenziali quali quelle relative alle circostanze per cui è consulenza”.

In sostanza il perito non esclude del tutto la generica capacità della (…), ma afferma che la stessa con riguardo al contratto preliminare stipulato il 2 ottobre 2005 con i (…) (ma con una valutazione che appare di carattere generale) in quel tipo di contesto ed in relazione a quel tipo di atto è destinata ad essere condizionata in maniera rilevante nella autodeterminazione volitiva.

5.2.- La seconda relazione medico-specialistica è datata 23 febbraio 1996 (quindi successiva di un mese e mezzo a quella del dott. (…)) ed è stata posta a base del procedimento di inabilitazione proposto da (…) (zia, in quanto sorella della madre, di (…)) conclusosi con sentenza di accoglimento depositata il 27 maggio 1997.

La relazione – redatta in forma di certificazione – è a firma del prof. dott. (…), specialista in neuropsichiatria, direttore della Clinica neurologica II – della Facoltà di Medicina dell’Università di Napoli “Federico II” il quale dopo aver ribadito la diagnosi clinica di epilessia generalizzata (con una evidenza alla TC di “un’atrofia cerebrale con megalia della cisterna magna e asimmetria dei ventricoli laterali per maggiore ampiezza del sinistro”) evidenzia “una deficitarietà intellettiva di grado mediolieve”.

Il consulente rileva altresì sulla base del test di WAIS eseguito presso la Clinica neurologica universitaria un Q.I. verbale 77 e un Q.I. non verbale di 70 e quindi un Q.I. totale di 73 (tutti al di sotto della normalità che oscilla dal 79 al 120. Nella relazione si precisa che “al colloquio con la paziente si evidenzia un chiaro deficit delle capacità critiche e di giudizio con un atteggiamento di ingenua, indiscriminata fiducia nel prossimo, senza alcuna coscienza delle proprie condizioni mentali”.

La diagnosi finale è di “oligofrenia di grado medio-lieve” non senza precisa che “non è possibile con i dati disponibili stabilire con esattezza l’esordio e l’evoluzione di questa sintomatologia, ma è certo che essa è iniziata da parecchio tempo”.

A tali conclusioni il consulente perviene anche rilevando il fatto che “sembra che già ad un anno di vita manifestava segni di ritardo mentale. Tutto il quadro clinico (epilessia-atrofia cerebrale-oligofrenia) può verosimilmente ricondursi ad una encefalopatia perinatale”. Si precisa ancora che anche il conseguimento del diploma presso l’istituto agrario (con votazione di 36/60) “può essere attribuito nel caso della paziente ad una buona memoria, che notoriamente è la facoltà mentale meglio conservata dagli oligofrenici”.

Per cui si conclude che “mentre la paziente appare in grado di effettuare gli atti basilari della vita quotidiana (vestirsi, lavarsi, provvedere alla propria alimentazione ed altre semplici faccende domestiche), ella non risulta in grado di effettuare in modo critico e tutelando i propri interessi gli atti più complessi, in particolare l’amministrazione dei propri beni. Sotto questo profilo ella deve intendersi permanentemente inabile”.

Le conclusioni cui perviene la relazione appaiono estremamente chiare e soprattutto non limitate ad un singolo atto di disposizione più o meno recente. Il quadro delineato nella relazione infatti chiarisce come non si debbano confondere lo svolgimento di atti fondamentali che attengono alla sopravvivenza, da atti più complessi che richiedono capacità critiche delle quali la (…) era (da tempo) permanentemente sprovvista.

6.- Ad ulteriore supporto delle risultanze medico-specialistiche, la parte appellante pone in evidenza il quadro probatorio derivante dalla prova orale espletata in prime cure oltre che dalle deposizioni rese in sede penale nel corso delle indagini relative al contrato stipulato con i (…).

6.1. – In particolare, il maresciallo capo (…), che alla epoca dei fatti era il Comandante della Stazione dei Carabinieri di Dentecane, escusso come testimone della parte attrice, all’udienza del 22 aprile 2009, riferisce: “non sono a conoscenza della tipologia di patologia da cui era affetta la sig.ra (…) … la stessa aveva atteggiamenti infantili, questo per quanto mi è stato possibile dedurre dalle sommarie informazioni assunte personalmente”.

6.2. – Sempre all’udienza del 22 aprile 2009 veniva ascoltata un’altra testimone, (…), che confermava che “la signora (…) fino da bambina era affetta da disturbi psichici tanto conosco in quanto specialmente di estate veniva a casa e quindi eravamo coetanee, dopo la morte della mamma fino da quando aveva 20, 21 anni ha vissuto in famiglia e con mia madre (…) … quando è venuta a vivere con noi la signora ha avuto seri problemi tanto gravi perché soffriva di epilessia in forma grave quando aveva delle crisi che erano frequenti era come se rimanesse incapace di comprendere; ricordo che veniva seguita, la accompagnavo personalmente, la dottoressa (…) del II Policlinico di Napoli e dal dottore (…); posso altresì aggiungere che la signora (…) non poteva uscire da sola proprio per le crisi di cui soffriva e perché non era capace di ritornare a casa. Ricordo altresì la valutazione della dottoressa (…) che la definiva “una bimbetta di dodici anni”.

La medesima testimone precisa: “ho avuto un contatto assiduo con mia cugina sia quando ero piccola perché andavamo a trovarla sia quando è venuta a Napoli ospite da mia madre che nel frattempo si era trasferita. Posso immaginare che i (…) fossero a conoscenza delle condizioni di salute di (…) in quanto vicini di casa”.

6.3. – Il testimone (…), escusso alla udienza del 28 aprile 2010, riferiva: “ho conosciuto la signora (…) poiché lei era in casa di (…), la zia; la signora (…) è la suocera di mio figlio, frequentando la casa di mio figlio a Napoli ho avuto modo di vedere ed incontrare la de cuius (…) … l’ho conosciuta negli anni 2003 e 2004, se non ricordo male, che la signora (…) non riusciva a compiere un ragionamento compiuto; la parlata era accompagnata da delle risatine, una sorta di autoironia, rideva delle stesse affermazioni che pronunciava; dall’atteggiamento che notavo non dava l’impressione di sanità mentale, anzi – quando la incontravo nella casa della zia – mentre era intenta a parlare accendeva una radio ed alzava il volume; posso altresì riferire che non era in grado di seguire un discorso compiuto”.

6.4. – Il già indicato maresciallo capo (…), comandante della Stazione dei Carabinieri di Dentecane, nelle sommarie informazioni del 20 novembre 1995 inviate alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Benevento in sede di indagini preliminari svolte con riguardo alla sottoscrizione del contratto stipulato con i (…) il 2 ottobre 1995, scrive in conclusione che “si è dell’avviso che basterebbe colloquiare con la (…) anche per pochi minuti e rendersi conto del suo stato infantile” (allegato alle memorie istruttorie della difesa dei (…) in primo grado; dep. 24 settembre 2008).

6.5. – Di eguale interesse quanto riferito nel medesimo procedimento penale all’udienza de 10 ottobre 2020 da altro testimone, (…), all’epoca dei fatti brigadiere dei Carabinieri in servizio presso la stazione del Comune in cui risiedeva la de cuius, che, in risposta alla domanda se fosse a conoscenza delle difficoltà psichiche della (…), ha dichiarato: “Sono a conoscenza che non sta bene al 100%” (verbali dell’udienza penale R.G. 265/1997 Trib. Pen. Benevento prodotto dalla difesa dei (…) in primo grado con le memorie istruttorie; dep. 24 settembre 2008).

7.- Dalla ricostruzione delle prove orali raccolte emerge una sostanziale convergenza nel confermare la diffusa consapevolezza dello stato di salute di (…) nell’ambito – peraltro abbastanza ristretto – delle sue conoscenze nelle quali rientrano sicuramente – e ben prima della stipula del contratto preliminare il 1° ottobre 1995 – gli odierni appellanti.

7.1. – D’altronde nella produzione documentale dei (…) (relativa al primo grado) risulta allegato il contratto di fitto di fondo rustico stipulato proprio da (…) (e da (…), presumibilmente il padre degli odierni appellanti) il 20 agosto 1994 che conferma una pregressa conoscenza personale con (…).

7.2. – Ma dalle dichiarazioni testimoniali traspare anche la consapevolezza dei (…) (si veda in particolare quanto dichiarato dalla teste (…)) secondo cui “Posso immaginare che i (…) fossero a conoscenza delle condizioni di salute di (…) in quanto vicini di casa”. Ed effettivamente, considerati i pregressi rapporti (fitto di fondo rustico) e la vicinanza delle abitazioni, appare ragionevole ritenere secondo quanto acquisito nel complesso delle dichiarazioni raccolte sembra difficile ipotizzare che i (…) non avessero consapevolezza diretta e indiretta sul fatto che (…) agisse in maniera infantile e, quindi, con una capacità di autodeterminazione non sufficiente (“una bimbetta di 12 anni” la definiva il medico che la teneva in cura).

7.3. – Tuttavia, questo quadro indiziario circa la consapevolezza della menomazione nella sfera intellettiva e volitiva di (…) da parte degli odierni appellati trova conferma ulteriore nella deposizione resa nel suindicato procedimento penale proprio da (…).

7.4. – Infatti, alla domanda del giudice che chiedeva “perché questo preliminare di vendita è firmato anche da (…)” il predetto rispondeva che “È firmato da (…) perché secondo me (…) da sola non era in grado di potere”; alla domanda della parte civile che chiedeva se gli risultasse che “di fatto la gestione del patrimonio di tutti gli affari di (…) avveniva ad opera dei parenti, esattamente da (…), la nonna e della zia (…), che poi è diventata la tutrice”, rispondeva che “Erano sempre loro che gestivano” (verbali dell’udienza penale R.G. 265/1997 Trib. Pen. Benevento prodotto dalla difesa dei (…) in primo grado con le memorie istruttorie; dep. 24 settembre 2008).

7.5. – D’altronde, proprio la sottoscrizione del preliminare da parte della nonna, (…), costituisce ulteriore e grave indizio del fatto non solo che la (…) non fosse capace, ma della consapevolezza di tale stato da parte degli acquirenti che con la sottoscrizione della (…) miravano evidentemente (e comprensibilmente dal loro punto di vista) a garantirsi in qualche modo la stabilità e la regolarità della stipulazione in vista del definitivo.

7.6. – A conferma della fondatezza di siffatta ricostruzione va altresì evidenziato che il preliminare del giorno dopo (2 ottobre 1995) con i (…) non è stato sottoscritto anche dalla (…) (ma soltanto dalla (…)) e che, dunque, il procedimento penale in questione è scaturito in seguito alla denuncia-querela proposta proprio della (…) per circonvenzione di incapace (soltanto) nei confronti di tale ultima stipulazione (e non di quella del 1° ottobre 1995 sottoscritta anche dalla medesima (…)).

8. – Alla luce di quanto esposto, l’appello è fondato e la sentenza di primo grado deve essere riformata; di conseguenza, deve essere accolta la domanda volta all’annullamento del contratto preliminare stipulato il 1° ottobre 1995 da (…), da una parte, e (…), dall’altra.

8.1. – Infatti, dalle relazioni mediche e dalle prove orali traspare un quadro convergente e coerente circa lo stato di incapacità (naturale) della venditrice (…) al momento della stipula; stato che evidentemente si protraeva da tempo (avendo origini dalla nascita ed essendosi evidenziata già nell’infanzia e poi anche nell’adolescenza) e che si era stabilizzato (divenendo permanente) tanto da essere dichiarata poi l’inabilitazione. Sussiste, inoltre, come già posto in luce, anche la mala fede (ai sensi di quanto previsto dall’art. 428, comma 2, c.c.) di (…).

8.2. – Il secondo motivo di impugnazione essendo relativo al rigetto in prime cure dell’eccezione di inadempimento del contratto preliminare proposta dagli eredi della (…), deve ritenersi subordinato al rigetto del primo motivo, per cui resta assorbito proprio in virtù dell’accoglimento del motivo principale di appello (non sussistendo alcun interesse ad ottenere una pronuncia relativa alla fondatezza o meno dell’eccezione di inadempimento di un contrato che viene annullato).

9. – Anche soltanto con la parziale riforma della sentenza impugnata il collegio è tenuto a procedere (d’ufficio), quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale, sicché violerebbe il principio di cui all’art. 91 c.p.c., il giudice di merito che ritenesse la parte soccombente in un grado di giudizio e, invece, vincitrice in un altro grado (Cass. civ. Sez. VI – 3 Sent., 23/03/2016, n. 5820; Cass. civ. Sez. VI – 3 ord., 28/09/2015, n. 19122; Cass. civ. Sez. VI – Lavoro ord., 18/03/2014, n. 6259; in senso conforme, v. già Cass. n. 23226/2013, Cass. n. 18837/2010, Cass. n. 15483/2008).

9.1. – La liquidazione delle spese è dovuta, per tutti i gradi del giudizio, secondo i parametri previsti dal D.M. 10 marzo 2014 n. 55 (in vigore dal 3 aprile 2014), non essendosi la prestazione professionale resa dal predetto difensore completamente esaurita alla data di entrata in vigore del citato decreto (cfr., sull’argomento, con specifico riguardo al giudizio di rinvio, Cass. civ. Sez. II Sent., 19/12/2017, n. 30529; nello stesso senso, in termini generali, Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 04/07/2018, n. 17577; Cass. civ. Sez. III, Ord., 19/07/2018, n. 19181; Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 26/10/2018, n. 27233; Cass. civ. Sez. VI – Lavoro Ord., 10/12/2018, n. 31884) in base allo scaglione di valore individuato secondo il criterio del decisum (Cass. civ. Sez. Unite Sent., 11/09/2007, n. 19014); liquidazione che deve tenere conto in particolare dei criteri di cui all’art. 4, comma 1, del decreto citato e specialmente delle caratteristiche e del pregio dell’attività prestata, oltre che dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate (con esclusione della fase di “istruttoria/trattazione” per il grado d’appello).

P.Q.M.

La Corte di Appello di Napoli definitivamente pronunciando nel giudizio civile iscritto al n. 3356 dell’anno 2013, disattesa ogni contraria istanza deduzione ed eccezione così decide:

a) accoglie l’appello e per l’effetto, in riforma della sentenza n. 92/2013 del Tribunale di Benevento, annulla ex art. 428, comma 2, c.c. il contratto preliminare di vendita immobiliare stipulato il 1° ottobre 1995 per scrittura privata tra (…) (da un lato) e (…) (dall’altro), avente ad oggetto il fondo rustico, con annesso fabbricato rurale di nuova costruzione e relative pertinenze agricole contraddistinto al N.T.C. del Comune di Pietradefusi alla partita n. (…), fol. 5, p.lle (…), di ettari 11.75.09;

b) condanna (…), in solido tra di loro, al pagamento delle spese del presente giudizio in favore di (…), che liquida come segue: per il primo grado in Euro 4.600,00 (di cui Euro 4.000,00 per compenso ed Euro 600,00 per spese generali al 15%); per il secondo grado in Euro 5.879,07 (di cui Euro 704,07 per spese esenti, Euro 4.500,00 per compenso ed Euro 675,00 per spese generali al 15%); oltre agli accessori fiscali e previdenziali come per legge.

Cosi deciso il 23 luglio 2020.

Depositata in Cancelleria il 22 settembre 2020.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.