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Corte di Cassazione, Sezione 6 3 civile Ordinanza 8 maggio 2018, n. 10938

ai sensi dell’articolo 2051 c.c., allorche’ venga accertato, anche in relazione alla mancanza di intrinseca pericolosita’ della cosa oggetto di custodia, che la situazione di possibile pericolo, comunque ingeneratasi, sarebbe stata superabile mediante l’adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, deve escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell’evento, e ritenersi, per contro, integrato il caso fortuito.

 

Corte di Cassazione, Sezione 6 3 civile Ordinanza 8 maggio 2018, n. 10938

Integrale
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24638-2016 R.G. proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in Roma, piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), e (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

COMUNE ANZIO, C.F. (OMISSIS), in persona del sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1863/2016 della Corte d’appello di Roma, depositata il 19/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 30/10/2017 dal Consigliere Dott. D’Arrigo Cosimo.

RITENUTO IN FATTO

(OMISSIS) ha convenuto in giudizio il Comune di Anzio deducendo di essere caduta per terra mentre percorreva un tratto di marciapiede comunale a causa di alcune disconnessioni della pavimentazione e chiedendo il ristoro del danno subito.

Nel contradditorio delle parti, il Tribunale di Velletri, sezione distaccata di Anzio, ha rigettato la domanda, compensando le spese di lite.

La (OMISSIS) ha quindi adito la Corte d’appello di Roma che, con la sentenza indicata in epigrafe, ha rigettato l’impugnazione condannando l’appellante alle spese del grado.

Tale decisione e’ stata fatta oggetto di ricorso per cassazione da parte della (OMISSIS) per due motivi. Il Comune di Anzio ha resistito con controricorso.

Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 380 – bis c.p.c. (come modificato dal Decreto Legge 31 agosto 2016, n. 168, articolo 1 – bis, comma 1, lettera e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197, articolo 1 – bis, comma 1, lettera e)), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.

Entrambe le parti hanno depositato successive memorie difensive.

CONSIDERATO IN DIRITTO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento puo’ essere redatta in forma semplificata.

Con il motivo primo (violazione e falsa applicazione degli articoli 2051 e 2697 c.c.) la ricorrente sostiene che la Corte d’appello avrebbe erroneamente escluso la pericolosita’ intrinseca dell’avvallamento della pavimentazione (nella quale sembra fossero mancanti due mattonelle) e quindi i presupposti per l’applicazione della presunzione di responsabilita’ di cui all’articolo 2051 c.c.. La censura e’ manifestamente infondata in quanto non coglie la ratio dedicendi della sentenza impugnata, che non esclude affatto l’applicabilita’ al caso di specie dell’articolo 2051 c.c., ma ritiene che la presunzione di responsabilita’ non opera quando la pericolosita’ della cosa in custodia e’ chiaramente individuabile con l’ordinaria diligenza.

Nel merito, la corte d’appello ha individuato nella disattenzione della (OMISSIS) una causa efficiente prossima e sufficiente ad elidere il rapporto di causalita’ con l’avvallamento della pavimentazione del marciapiede. Tale decisione si sottrae a censure di legittimita’.

Questa Corte ha gia’ chiarito che, ai sensi dell’articolo 2051 c.c., allorche’ venga accertato, anche in relazione alla mancanza di intrinseca pericolosita’ della cosa oggetto di custodia, che la situazione di possibile pericolo, comunque ingeneratasi, sarebbe stata superabile mediante l’adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, deve escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell’evento, e ritenersi, per contro, integrato il caso fortuito (Sez. 3, Sentenza n. 12895 del 22/06/2016, Rv. 640508; fattispecie in cui e’ stata rigettata la domanda di risarcimento dei danni conseguenti ad una caduta, ritenuta causalmente attribuibile alla disattenzione dello stesso danneggiato).

Infatti, in tema di responsabilita’ ex articolo 2051 c.c., il caso fortuito – inteso come fattore che, in base ai principi della regolarita’ adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno – e’ comprensivo della condotta incauta della vittima, che assume rilievo ai fini del concorso di responsabilita’ ai sensi dell’articolo 1227 c.c., comma 1, e deve essere graduata sulla base di un accertamento in ordine alla sua effettiva incidenza causale sull’evento dannoso, che puo’ anche essere esclusiva (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 30775 del 22/12/2017; fattispecie in cui e’ stato escluso che la vittima fosse caduta per un difetto di custodia del marciapiede comunale e fosse, invece, imputabile una sua disattenzione).

Il resto delle contestazioni svolte nell’ambito del primo motivo attengono alla ricostruzione della dinamica del sinistro in punto di fatto e sono inammissibili in questa sede.

Con il secondo motivo, a prescindere dall’intestazione, in sostanza si contesta nel merito la valutazione delle risultanze istruttorie. Si tratta di una censura, volta a sollecitare una riformulazione del giudizio di fatto, inammissibile in sede di legittimita’.

n conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e le spese del giudizio di legittimita’ vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’articolo 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.

Ricorrono altresi’ i presupposti per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, sicche’ va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfet-tarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

Motivazione Semplificata.

Per ulteriore giurisprudenza in merito alla responsabilità da cose in custiodia si segnalano le seguenti sentenze:

Cassazione n. 7926/2018Cassazione n. 10154/2018Cassazione n. 7527/2018

Cassazione n. 8393/2018Cassazione n. 4495/2018Cassazione n. 6703/2018

Cassazione n. 6141/2018Cassazione n. 6034/2018Cassazione n. 5957/2018 

Cassazione n. 3305/2018Cassazione n. 2478/2018Cassazione n. 2477/2018

Cassazione n. 2479/2018Cassazione n. 2481/2018  Cassazione n. 1561/2018

Cassazione n. 2480/2018Cassazione n. 861/2018Cassazione n. 1064/2018

Cassazione n. 2483/2018Cassazione n. 2482/2018Cassazione n. 1257/2018

Cassazione n. 29891/2017Cassazione n. 22839/2017Cassazione n. 25856/2017

Cassazione n. 25837/2017Cassazione n. 22419/2017Cassazione n. 18954/2017

Cassazione n. 18856/2017Cassazione n. 12027/2018 Cassazione n. 11785/2017

Cassazione n. 11526/2017Cassazione n. 11225/2017Cassazione n. 10916/2017

Cassazione n. 10520/2017Cassazione n. 7805/2017Cassazione n. 13262/2016

Cassazione n. 18317/2015Cassazione n. 999/2014

 

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.