in materia di limitazioni legali della proprietà di fondi c.d. a dislivello, la disciplina prevista dall’art. 887 c.c. in tema di regime delle spese relative al muro di confine, non trova applicazione né quando la creazione di un dislivello ex novo sia opera del proprietario del fondo inferiore, incombendo su quest’ultimo, in tal caso, l’onere della realizzazione e manutenzione del muro di sostegno della scarpata da lui stesso creata, né qualora il muro sia stato costruito esclusivamente sul suolo di uno dei due fondi, superiore o inferiore, nel qual caso sussiste la proprietà esclusiva del muro in capo al proprietario del relativo fondo, né quando il muro sia stato costruito dal solo proprietario del fondo inferiore, di propria iniziativa, allo scopo di realizzare una struttura necessaria, o anche solo utile, per il proprio fondo, nel qual caso resta a suo carico, con l’onere della costruzione, anche quello della manutenzione del muro. In altri termini, la fattispecie prevista dall’art. 887 c.c. presuppone che il dislivello tra i due fondi sia di origine naturale, mentre se il dislivello è stato causato dal proprietario del fondo inferiore, rendendo indispensabile la costruzione di un muro di sostegno, l’obbligo della relativa conservazione incombe su quest’ultimo.

Tribunale|Vibo Valentia|Civile|Sentenza|6 marzo 2020| n. 181

Data udienza 4 marzo 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Vibo Valentia, Sezione civile, in composizione monocratica, nella persona del Giudice, Dr.ssa Giuseppina Passarelli, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. 367/2009 R.G.A.C.,

TRA

Ia.Ni. (C.F. (…)), rappresentato e difeso dall’Avv.to Gi.Pu., in virtù di procura a margine dell’atto di citazione ed elettivamente domiciliato presso il suo Studio, sito in Triparni (VV), alla via (…),

– Attore –

NEI CONFRONTI DI

Pr.Ge. (C.F. (…)), rappresentato e difeso, dall’Avv.to Vi.Gr., in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta ed elettivamente domiciliato presso il suo Studio, sito in Sant’Onofrio (VV), in via (…),

– Convenuto –

OGGETTO: azione di risarcimento danni ai sensi dell’art. 2043 c.c.

MOTIVI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Parte attorea con apposito atto di citazione ha dedotto di essere proprietario di un appezzamento di terreno sito in Vibo Valentia, alla Frazione Triparni, in via (…), Traversa Chiusa, censito al NCT del Comune, al foglio (…), sul quale insiste il fabbricato per civile abitazione dello stesso e della sua famiglia.

Tale terreno confina con il lotto di proprietà di Pr.Ge., sul quale insiste un fabbricato di 4 piani fuori terra, posto ad una quota inferiore rispetto al proprio fabbricato.

L’attore ha chiarito che la differenza di quota è stata generata da uno scavo di sbancamento e risulta pari a circa 5,50 metri con la parete libera quasi perfettamente verticale, senza tuttavia provvedere alla costruzione di un valido muro di sostegno.

Lo stesso ha precisato che lo sbancamento ha determinato un dissesto della compattezza del terreno, minando la stabilità del proprio immobile, poiché il terreno ha perduto la sua consistenza e produce smottamenti pericolosi per la stabilità e la sicurezza del fabbricato dell’attore, sul quale si stanno producendo lesioni a causa dello scivolamento del terreno verso valle, visibili sui muri di vari ambienti della propria casa. Tale situazione di fatto costituisce un grave pericolo per l’incolumità dell’attore e della propria famiglia e provoca seri danni anche economici all’attore quantificati in Euro 10.000,00, pari alle spese da sostenere per ripristinare lo stato del proprio fabbricato.

Sulla scorta di tali assunti, parte attorea ha chiesto la condanna del convenuto alla messa in sicurezza della scarpata dallo stesso artificialmente prodotta mediante la costruzione di un muro di contenimento e/o ogni altra opera necessaria al ripristino dello stato dei luoghi, oltre al risarcimento dei danni quantificati in Euro 10.000,00, da accertarsi anche mediante CTU.

Il tutto con vittoria di spese e competenze di lite.

2. Si è costituito ritualmente in giudizio Pr.Ge., il quale ha eccepito,

che nel 1982 egli ha acquistato il lotto di terreno sito in Triparni di Vibo Valentia di 360 mq. da Ro.Fr. e Ro.Gi. e vi ha costruito un fabbricato a più piani, previo sbancamento eseguito a regola d’arte di una parte del terreno posta al confine con l’attuale proprietà di Ia.Ni..

Il convenuto ha precisato di aver realizzato lungo tutto il perimetro interessato dallo sbancamento un adeguato muro di contenimento in cemento armato.

Lo stesso ha chiarito che solo un piccolo tratto del confine tra le due proprietà e largo circa cinque metri non fu interessato da opera di sbancamento, poiché in base agli accordi trasfusi nell’atto notarile del 3 Maggio 1982, rep. n. 19032, “la parte acquirente si obbliga a non recingere una strada già tracciata larga quattro metri e centimetri venti, salvo l’allargamento iniziale di cinque metri, compresa nella superficie trasferita, in modo tale da consentire l’accesso sia alla parte venditrice che ai coniugi Ia./De. e i loro aventi causa”.

Pertanto, ha precisato il convenuto che i venditori del terreno, all’epoca, avevano ipotizzato il completamento di una strada, già parzialmente tracciata in terra battuta e denominata via Chiusa, che fiancheggiando i lotti alienati sia a Pr.Ge. che a Ia.Ni. e ad altri acquirenti, congiungesse due vie comunali (quella a monte denominata via Tevere e quella a valle, denominata via (…)), strada che non è stata mai completata.

Per tali ragioni, ha precisato il convenuto che nessuna opera dell’uomo all’epoca ha interessato tale tratto del confine, sicché lo stato dei luoghi in quel punto rimase immutato ossia con la presenza di una scarpata naturale avente un dislivello rispetto al fondo superiore di circa 5.5 metri.

Il convenuto ha chiarito che solo negli anni successivi il tracciato della strada denominata via (…) e sovrastante la proprietà del Pr., è stato interessato presumibilmente ad iniziativa del Comune da opere dell’uomo che hanno modificato in modo sensibile lo stato dei luoghi.

Si è trattato di lavori di interramento di tubature e di successiva bitumazione della strada fino al ciglio della scarpata con deposito sulla stessa di una coltre detritica derivante da tali lavori. Siffatte opere hanno aggravato lo scolo delle acque piovane verso il sottostante fondo del convenuto, poiché dopo la bitumazione del tracciato e a causa dell’inadeguatezza delle stesse, dal momento che non è stato mai previsto un sistema di drenaggio, le acque si sono riversate liberamente a valle in assenza di adeguata regimentazione, precipitando verso il fondo sottostante attraverso la scarpata.

11 convenuto ha, dunque, sottolineato che i proprietari dei fondi sovrastanti e i lavori di scavo e di bitumazione eseguiti dall’Ente hanno cagionato un mutamento dello stato dei luoghi, consentendo che le acque piovane si riversassero liberamente a valle.

Di tal guisa, si palesa una fattispecie illecita di cui al combinato disposto degli artt. 2043 e 913 c.c.

Inoltre, ha chiarito il convenuto, laddove dovesse essere accertato il pericolo di uno smottamento, per come sostenuto dall’attore, questo può dipendere solo dall’abnorme ed artificiale deflusso delle acque piovane in relazione alle quali il Pr. non ha alcuna responsabilità, essendosi anzi attivato per alleviarne gli effetti negativi, seppur con mezzi rudimentali.

Per tali ragioni, è da escludersi qualsiasi nesso causale tra lo sbancamento del 1982 e il presunto attuale pericolo di smottamento in ragione del notevole arco temporale intercorrente tra il primo evento, ossia lo sbancamento del 1982, e l’evento ora temuto che è il pericolo di smottamento.

Sulla scorta di tali assunti, la parte convenuta ha chiesto il rigetto della domanda, con vittoria di spese e competenze di lite da distrarsi in favore del procuratore antistatario che ne ha fatto richiesta.

3.1. La causa è stata istruita a mezzo di produzione documentale, di prova testimoniale e con apposita CTU. Dopo una serie di rinvii per la precisazione delle conclusioni disposti dai Giudici in precedenza titolari del ruolo, sono state disposte due rimessioni su ruolo, la prima dal Giudice onorario che medio tempore ha trattato il fascicolo, con ordinanza del 20-27 Marzo 2018, e la seconda da questo Giudice in ragione della necessità di ottenere chiarimenti sulla causa, atteso che l’intera fase istruttoria è stata condotta da altri Giudicanti.

A seguito della rimessione su ruolo, all’udienza del 4 Ottobre 2019, la causa è stata trattenuta in decisione senza termini, una volta ottenuti i chiarimenti necessari.

3.1.1. In comparsa conclusionale depositata il 18 Dicembre 2017, parte attorea ha chiesto l’accoglimento della domanda che risulta provata in ogni suo elemento grazie all’esito della prova testimoniale e della CTU espletata.

In particolare, ha ribadito che i testi hanno confermato l’effettuazione dello sbancamento e la conseguente creazione di una situazione di pericolo la quale viene riconosciuta dal CTU, laddove accerta l’esistenza di una scarpata frutto dell’opera dell’uomo realizzata su terreno sottoposto ad erosione per come previsto dalla carta delle frane superficiali del Comune di Vibo Valentia. Sulla scorta di tali assunti ha concluso: “Pertanto, la combinazione delle risultanze delle prove orali e delle CTU rende provata la domanda attorea. Anche la CTU va letta in effetti alla luce della CTP versata in atti ed allegata al fascicolo diparte attrice e confermata in udienza dell’ingegnere Santacroce. Tutto quanto sopra premesso si rassegnano le seguenti Conclusioni: Voglia l’On.le Tribunale adito, contrariis rejectis condannare il convenuto alla messa in sicurezza della scarpata dallo stesso

artificialmente prodotta mediante la costruzione di un muro di condimento e/o ogni altra opera necessaria che sarà stabilita in corso di causa, nonché condannare esso convenuto al risarcimento del danno quantificato in Euro 10.000,00”.

3.1.2. In comparsa conclusionale depositata in data 15 Dicembre 2017, la parte convenuta ha, invece, insistito per il rigetto della domanda alla luce dell’istruttoria espletata.

In particolare, ha richiamato gli esiti della CTU in cui “evidenzia convincentemente che la mancata regimentazione delle acque, per lo più di origine meteorica, provenienti in gran parte dalla traversa Chiusa dà luogo a una continua erosione della superficie della scarpata per effetto del ruscellamento delle acque sulla stessa e all’insorgere del fenomeno dello scaldamento al piede dell’anzidetta scarpata; tali acque dovrebbero, a suo giudizio, essere convogliate in una cunetta e poi in altre opere da realizzarsi nella parte sommitale della scarpata. Ovviamente, soggiunge questa difesa, a cura e spese dei proprietari dei fondi sovrastanti (cioè di chi si serve della strada asfaltata).

Sottolinea altresì il CTU la mancata salvaguardia dell’incolumità delle persone e delle cose per effetto dell’assenza di una idonea recinzione di cui dotare la parte sommitale di detta scarpata, considerata anche l’altezza significativa della stessa. Opere che, ovviamente, soggiunge questa difesa, dovrebbero realizzarsi a cura e spese dei proprietari dei fondi sovrastanti (cioè di chi si serve della strada asfaltata).

E l’eventuale muro di contenimento in c.a., ipotizzato dal CTU quale “prudente” opera, essendo utile a tutti i proprietari dei fondi, dovrebbe anch’esso essere realizzato a cura e spese di tutti gli interessati. Insomma è da escludersi qualunque nesso causale tra lo sbancamento eseguito nel lontano anno 1982 ed il presunto attuale pericolo di smottamento, in base alla principale (ma, come si vede, non unica) considerazione del lunghissimo iato temporale intercorrente tra il primo evento (lo sbancamento) e l’evento ora temuto (lo smottamento). Quanto alla causa delle lesioni esistenti sui muri del fabbricato Ia.. Si ribadisce che non è credibile che le lamentate lesioni siano eziologicamente collegabili a cedimenti del terreno, peraltro finora mai verificatisi: appare assai più realistico, a parere di questa difesa, ritenere che le stesse siano conseguenza di un anomalo ed evidente “sovraccarico” edilizio rispetto alle fondazioni dell’originario fabbricato Ia. (c.d. “crepe da ristrutturazione”).

Sulla scorta di tali assunti ha chiesto il rigetto delle domande attoree, il tutto con vittoria di spese e competenze di lite da distrarsi ai sensi dell’art. 93 c.p.c.

4. Ciò posto, la domanda è infondata e, come tale, è insuscettiva di accoglimento per le ragioni che seguono.

4.1. Giova preliminarmente e sinteticamente richiamare i disposti normativi applicabili ratione materiae.

In particolare, l’art. 887 c.c., tenendo in adeguata considerazione la natura spesso non pianeggiante dei terreni vicini nei centri abitati, disciplina opportunamente gli obblighi di contribuzione per i c.d. fondi a dislivello. Nello specifico, qualora di due fondi posti negli abitati uno è superiore e l’altro inferiore, il proprietario del fondo superiore deve sopportare per intero le spese di costruzione e conservazione del muro dalle fondamenta all’altezza del proprio suolo, ed entrambi i proprietari devono contribuire per tutta la restante altezza.

In tale ipotesi, il proprietario di quello superiore è tenuto a costruire a proprie spese il muro di sostegno sul confine, quando tale costruzione si renda necessaria per contenere il franamento del terreno che arrechi pregiudizio al fondo inferiore, con la conseguenza che egli deve anche rispondere dei danni derivati a tale fondo per non avere provveduto tempestivamente ed efficacemente all’anzidetta costruzione, o per avere trascurato di mantenere in efficienza il muro preesistente. La norma di cui all’art. 887 non individua un diritto diverso da quello, previsto dall’art. 886, di costringere il vicino a contribuire alle spese di costruzione del muro di cinta, ma specifica soltanto che tali spese devono essere sostenute per intero dal proprietario del fondo superiore.

Si specifica, infine, che il suddetto muro debba essere costruito per metà sul terreno del fondo inferiore e per metà sul terreno del fondo superiore; pertanto, anche quando la spesa per il muro di sostegno sia a carico esclusivo del proprietario del fondo superiore – come, ad esempio, nel caso in cui il muro si arresti a livello di questo – il vicino dovrà in ogni caso contribuire con la quota di suolo, per una metà dello spessore del muro.

La giurisprudenza ha avuto modo di chiarire l’ambito di applicazione della norma di cui sopra, circoscrivendone l’operatività allorquando lo stato dei luoghi che la giustifica sia originata da fenomeni naturali e non connessi ad attività edificatorie dell’uomo.

Si è affermato, pertanto, che, in materia di limitazioni legali della proprietà di fondi c.d. a dislivello, la disciplina prevista dall’art. 887 c.c. in tema di regime delle spese relative al muro di confine, non trova applicazione né quando la creazione di un dislivello ex novo sia opera del proprietario del fondo inferiore, incombendo su quest’ultimo, in tal caso, l’onere della realizzazione e manutenzione del muro di sostegno della scarpata da lui stesso creata, né qualora il muro sia stato costruito esclusivamente sul suolo di uno dei due fondi, superiore o inferiore, nel qual caso sussiste la proprietà esclusiva del muro in capo al proprietario del relativo fondo, né quando il muro sia stato costruito dal solo proprietario del fondo inferiore, di propria iniziativa, allo scopo di realizzare una struttura necessaria, o anche solo utile, per il proprio fondo, nel qual caso resta a suo carico, con l’onere della costruzione, anche quello della manutenzione del muro (cfr. Cass. Civ., sent. n. 13685 del 2017).

In altri termini, la fattispecie prevista dall’art. 887 c.c. presuppone che il dislivello tra i due fondi sia di origine naturale, mentre se il dislivello è stato causato dal proprietario del fondo inferiore, rendendo indispensabile la costruzione di un muro di sostegno, l’obbligo della relativa conservazione incombe su quest’ultimo (cfr. Cass. Civ., sez. VI, n. 8522/2016; Cass. II, n. 4031/2007).

Nella stessa ottica, qualora l’esigenza di rifacimento di un muro di recinzione posto tra due fondi a dislivello, di proprietà esclusiva di uno solo dei confinanti per essere interamente compreso sul suo fondo, sia determinata da condotte concorrenti di entrambi i proprietari, le relative spese di ricostruzione e consolidamento vanno poste a carico degli stessi in relazione alle rispettive responsabilità per il mutamento dello stato dei luoghi, ai sensi degli artt. 2043 e 1227, restando in ogni caso esclusa l’applicabilità dell’art. 887, il quale attiene al regime delle spese nella diversa ipotesi di comunione del muro a dislivello (cfr. Cass. Civ. sent. n. 17305 del 2015). Nel caso di specie, è emerso dall’istruttoria espletata e come ammesso in via preliminare dallo stesso convenuto, che lo sbancamento è avvenuto nel 1982 ad opera di Pr.Ge., pertanto, il dislivello creatosi è riconducibile all’opera dell’uomo e non a fattori naturali, con conseguente esclusione dell’applicazione dell’art. 887 c.c.

Per tali ragioni, la condotta delle parti deve essere scrutinata ai sensi dell’art. 2043 c.c. con conseguente valutazione della responsabilità da illecito extracontrattuale e del relativo riparto dell’onere probatorio in capo alle parti.

4.2. Orbene, l’istruttoria espletata non consente, a parere di questo Giudicante, di ritenere esaustivamente assolto da parte dell’attore l’onere della prova circa il nesso eziologico tra condotta del convenuto e danno risentito dall’attore e di cui ha chiesto il ristoro.

In particolare, contrariamente a quanto affermato dall’attore in comparsa conclusionale, l’esito della prova testimoniale dà solo atto della risalenza nel tempo dello sbancamento effettuato dal convenuto e delle dimensioni del medesimo, circostanze queste non contestate da controparte e pertanto da considerarsi, allo stato, pacificamente ammesse.

Nello specifico, risulta una circostanza incontestata l’effettuazione di uno sbancamento, che è lo stesso convenuto a richiamare in comparsa costitutiva indicandone la data di realizzazione nel 1982 a seguito dell’acquisto del terreno posto al confine con la proprietà dell’attore e non solo.

I testimoni escussi, tra cui Ia.Gi., il titolare dell’impresa di costruzioni Fl.Fr., Ma.Fr. e Cu.Do. all’udienza del 23 Settembre 2010, hanno confermato tale circostanza.

II narrato testimoniale quanto alle dimensioni dello sbancamento e del relativo dislivello venutosi a creare risulta concordante.

In particolare, il teste Fl.Fr. ha ribadito di aver costruito “un muro di contenimento a monte e a sinistra, mentre a destra vi era la stradetta”.

Della realizzazione da parte del Pr. di due muri di contenimento hanno riferito anche il teste Ma.Fr. e Cu.Do..

L’accertamento del fatto ossia dello sbancamento nella sua dimensione storico-fattuale non equivale a contestuale dimostrazione del nesso eziologico tra lo stesso e il danno risentito dall’attore.

Anzi, gli esiti della prova orale, valutati unitamente alle risultanze della CTU in atti cui questo Giudicante intende aderire poiché metodologicamente corretti e ben argomentati nei passaggi logici e ricostruttivi dei fatti di causa, inducono a concludere che i danni subiti dall’immobile di proprietà dell’attore non siano affatto riconducibili allo sbancamento effettuato nel 1982.

Sul punto, giova richiamare quanto osservato dal CTU, che sul punto risulta assolutamente plausibile e condivisibile.

In primis, con riguardo alla riconducibilità delle lesioni o dei problemi alla stabilità del fabbricato dell’attore, il Consulente precisa che nel corso del sopralluogo effettuato nel 2012, ha avuto modo di appurare che le lesioni riscontrate sul fabbricato dell’attore sono da ricondurre a lavori di riassetto; ad espansione di parti

interne fra cui anche tubi non ben isolati dell’impianto di riscaldamento e dell’impianto idrico; a fenomeni di dilatazione termica dovuta a specifiche condizioni climatiche del luogo e a fenomeni di ritiro o di viscosità dei materiali.

Il CTU ha escluso che siano dovuti a cedimenti differenziali della fondazione causati proprio dalla diminuita resistenza del terrapieno, contrariamente a quanto affermato dal CT di parte attorea.

Proprio con riguardo ai problemi che potrebbero scaturire dalla scarpata posta vicino al fabbricato dell’attore, il Consulente ha chiarito che l’intero sviluppo della stessa e gran parte della superficie occupata dal fabbricato di Pr.Ge. ricadono in un’area dall’alto grado di suscettibilità di frana superficiale.

A ciò ha aggiunto che la mancata regimentazione delle acque meteoriche provenienti in gran parte dalla Traversa Chiusa darebbe luogo ad una costante erosione della superficie della scarpata per effetto del ruscellamento delle acque sulla stessa e all’insorgere del fenomeno di scalzamento al piede della scarpata stessa. Inoltre, la mancata salvaguardia dell’incolumità delle persone e delle cose deriva dalla mancanza di una idonea recinzione di cui dotare la parte sommitale della scarpata, considerata la sua significativa altezza.

Il Consulente ha quantificato in Euro 10.000,00 il costo delle opere da realizzare che consistono nella regimentazione delle acque e nel consolidamento dell’intera scarpata.

Orbene, dalla relazione tecnica si evince che la causa delle lesioni riscontrate sull’immobile dell’attore non sono riconducibili a cedimenti differenziali della fondazione e dalla diminuita resistenza del terrapieno. Anzi, nella perizia emerge che lo stato di conservazione del muro di sostegno in cemento armato e dall’altezza di metri 4,40 che si interrompe nei pressi della scarpata, si presenta in un buono stato di conservazione, privo di segni di umidità o di infiltrazione di acqua che potrebbero innescare il processo di ossidazione del ferro annegato nel calcestruzzo e di conseguenza compromettere la funzione di contenimento svolta dall’opera.

Nello stesso muro di sostegno non si intravede nessun tipo di lesione riconducibile all’instabilità del terreno retrostante soggetto anche al carico derivante dal fabbricato di parte attorea.

Orbene, dagli esiti dell’istruttoria espletata è emerso che la cagione delle lesioni lamentate dall’attore non sono riconducibili eziologicamente allo sbancamento effettuato dal convenuto nel 1982, il quale anzi si è adoperato anche per la costruzione di apposito muro di contenimento in cemento armato ritenuto dal CTU in buono stato di manutenzione, nonostante il decorso di un lungo periodo di tempo. Differentemente la scarpata dalla quale si verifica un violento deflusso delle acque meteoriche e che in assenza di regimentazione delle stesse può provocare un aggravamento della situazione con alterazione dello stato dei luoghi e che necessita dell’apposizione di adeguata recinzione da collocare nella zona soprastante i terreni oggetto di causa non è stata interessata dallo sbancamento.

Infatti, l’esclusione della c.d. traversa chiusa dai lavori di sbancamento e di conseguente realizzazione di apposito muro di contenimento sono da rinvenirsi nella contratto di compravendita stipulato nel 1982 allegato al fascicolo di parte attorea ove al punto 3) emerge che il venditore ha concesso agli acquirenti il diritto di passo pedonale e carrabile su di una striscia di terreno larga quattro metri che, costeggiando il confine dei lotti acquistati congiunge fra di loro le due strade comunali più vicine; si conviene, inoltre, che lungo il confine con tale striscia ove gli acquirenti avessero costruito, avrebbero dovuto lasciare uno spazio di isolamento di un metro.

Tale assunto viene confermato dallo stesso CTU, il quale nella relazione richiama il contenuto dell’atto notarile del 1982, in virtù del quale il convenuto ha acquistato da Ro.Fr. e Ro.Gi. il proprio terreno, ove si ribadisce che solo un piccolo tratto del confine tra le due proprietà, largo circa metri cinque, non fu interessato da opere di sbancamento poiché, in base agli accordi intercorsi con i venditori e trasfusi nel rogito notarile di compravendita del 3 maggio 1982 – rep. n. 19032, notar Miceli di Vibo Valentia – e nella relativa nota di trascrizione: “La parte acquirente si obbliga a non recingere una strada già tracciata larga metri quattro e centimetri venti, salvo l’allargamento iniziale di cinque metri, compresa nella superficie trasferita, in modo tale da consentire l’accesso sia alla parte venditrice che ai coniugi Ia./De. e loro aventi causa”.

Il CTU ha chiarito, infatti, che il Pr. ha effettuato un notevole sbancamento che ha interessato la superficie del lotto su cui sorge il fabbricato di sua proprietà, ma che nulla si può dire circa l’interessamento o meno della superficie rimanente dello stesso lotto, anche perché la ricerca effettuata presso l’Ufficio tecnico del Comune di Vibo Valentia non ha prodotto il ritrovamento di nessun documento attestante lo stato dei luoghi alla data di acquisto, né sul punto parte attorea ha fornito adeguata prova che consentisse di comparare i luoghi nel corso del tempo attestandone la modificazione. Pertanto, dal tenore degli impegni negoziali assunti nei rispettivi atti di compravendita si è appurato che occorreva lasciare il passaggio pedonale e carrabile dei tratti di strada laterali alle proprietà acquistate, stante la prospicienza su due distinte strade comunali. Sul punto, il teste Fl.Fr., all’udienza del Settembre 2010, ha chiarito che: “La stradella è stata successivamente asfaltata dal Comune che ha provveduto anche all’interramento di tubature”. Lo stesso teste ha, poi, soggiunto che: “Credo con l’asfalto si sia modificato lo scolo delle acque piovane che poi, credo vadano a finire nel fondo del Pr., ma su via Roma. Posso dire che la stradella è stata chiamata via (…)””.

Orbene, gli esiti dell’istruttoria espletata non consentono di ritenere pienamente assolto da parte dell’attore l’onere della prova dei fatti costitutivi delle pretese azionate, la CTU ha del resto escluso che le lesioni presenti sull’immobile dell’attore siano da ricondurre allo sbancamento effettuato dal convenuto nel lontano 1982 e, dunque, a cedimenti differenziali della fondazione causati proprio dalla diminuita resistenza del terrapieno, quanto semmai all’alto grado di suscettibilità da frana superficiale della zona ove sono ubicati i terreni dell’attore e del convenuto, per come accertato dal Consulente.

Il mancato assolvimento dell’onere della prova da parte dell’attore in ordine alle singole pretese azionate ed al nesso eziologico tra condotta del convenuto ed evento dannoso dedotto, non solo preclude di delibare in termini positivi sulla pretesa risarcitoria azionata, ma nello stesso tempo non può condurre neppure ad una pronuncia dall’effetto costitutivo in merito alle opere da realizzare per regimentare le acque meteoriche e salvaguardare l’incolumità di persone e di cose.

Ciò anche in ragione del fatto che la strada ossia la Traversa Chiusa successivamente asfaltata presumibilmente dal Comune, non è mai stata completata e il suo percorso finisce tuttora sul ciglio della scarpata di cui trattasi che allo stato non possono essere poste a carico del convenuto in ragione degli esiti dell’attività istruttoria espletata la quale esclude che il nocumento arrecato all’attore sia riconducibile eziologicamente all’attività posta in essere dal convenuto.

Le sovraesposte argomentazioni determinano questo Giudicante al rigetto della domanda attorea poiché non sufficientemente provata.

5. Le spese per il presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate, come in dispositivo, ai sensi del D.M. n. 55/2014 (così come mod. dal D.M. n. 37/2018), nella somma complessiva di Euro 4.835,00, di cui Euro 875,00 per la fase di studio; Euro 740,00 per la fase introduttiva; Euro 1.600,00 per la fase istruttoria; Euro 1.620,00 per quella decisionale, con la precisazione che in base al valore della controversia è stato applicato lo scaglione compreso tra gli Euro 5.200,00 e gli Euro 26.000,00, nei valori medi.

Sono poste definitivamente a carico di parte attorea le spese di CTU per come già liquidate con separato decreto e con detrazione dell’acconto ove già versato.

P.Q.M.

Il Giudice, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, difesa ed eccezione, così provvede:

– rigetta la domanda proposta da Ia.Ni. nei confronti di Pr.Ge.;

– condanna Ia.Ni. a rifondere, in favore di Pr.Ge., le spese del presente giudizio che si liquidano, come in parte motiva, nella complessiva somma di Euro 4.835,00, oltre al rimborso forfettario delle spese generali al 15 per cento, IVA e CPA come per legge, da distrarsi ai sensi dell’art. 93 c.p.c., in favore del procuratore antistatario;

– pone definitivamente in capo all’attore le spese di CTU, per come già liquidate con separato decreto.

Così deciso in Vibo Valentia il 4 Marzo 2020.

Depositata in Cancelleria il 6 marzo 2020.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.