E’ nozione di base, elementare (cfr., comunque, la norma dell’articolo 2702 c.c.) che la validita’ – come anche l’utilizzabilita’ probatoria – di una scrittura privata prescinda, in se’, dalla presenza o meno di una data apposta sul relativo documento (che’ cio’, ovviamente, non preclude la possibilita’ di provare, ove occorra, l’effettiva collocazione temporale delle dichiarazione portate dal documento). A questa regola generale non si sottrae l’assegno bancario laddove lo stesso venga utilizzato non gia’ come titolo di credito, bensi’ come semplice scrittura privata, secondo quanto puo’ avvenire tra le parti dirette del rapporto causale, che e’ sottostante all’emissione del titolo. Del resto, la stessa norma dell’articolo 2, comma 1, legge ass. dichiara in modo espresso che il “titolo”, su cui non risulta vergata la data di emissione, “non vale come assegno bancario”. In coerenza con tali principi, si ritiene che l’assegno bancario privo di data di emissione ben possa essere ritenuto come espressivo di una promessa di pagamento ex articolo 1988 c.c., che il traente rivolge al prenditore, a mezzo dell’ordine di pagamento impartito alla banca trattaria.

 

Corte di Cassazione, Sezione 6 1 civile Ordinanza 3 ottobre 2018, n. 24144

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13851/2017 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 2577/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/05/2018 dal Consigliere Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

FATTO E DIRITTO

1.- (OMISSIS) ricorre per cassazione nei confronti di (OMISSIS), articolando un motivo avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Roma in data 22 aprile 2016, in via di conferma di quella resa nel primo grado del giudizio dal Tribunale di Roma, n. 13188/08.

2.- Con tale pronuncia, la Corte territoriale ha rilevato, prima di tutto, che la sottoscrizione di traenza di un assegno bancario vale, ai sensi dell’articolo 1988 c.c., come promessa di pagamento nei confronti del prenditore. Si’ che e’ onere del traente fornire la prova della mancanza di titolo, sul piano del rapporto causale, della richiesta di pagamento formulata dal prenditore.

La Corte romana ha poi aggiunto che questa conclusione deve rimanere ferma anche nel caso in cui il traente sostenga che la data di emissione presente sul titolo sia stata apposta dal prenditore “absque pactis”.

3.- Sulla base di questi rilievi di carattere generale, la Corte di Appello ha confermato il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Roma su richiesta di (OMISSIS), che lo aveva richiesto sulla base di un assegno bancario tratto a suo favore da (OMISSIS).

In proposito, essa ha in specie rilevato che quest’ultimo – che aveva fondato la propria opposizione su una asserita falsita’ della data apposta e sul fatto che l’assegno era stato emesso in garanzia di pregresse obbligazioni, in prosieguo di tempo onorate – non aveva poi in alcun modo assolto l’onere di provare di aver gia’ corrisposto la somma portata dal titolo.

4.- L’intimato (OMISSIS) non svolto difese nel presente grado di giudizio.

5.- Il motivo di ricorso presentato da (OMISSIS) e’ intestato “violazione e falsa applicazione di norme di diritto ovvero, nel caso de quo, dell’articolo 1988 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Travisamento dei fatti e della realta’ delle cose, motivazione insufficiente in ordine a un punto decisivo”.

Nel merito, il motivo e’ articolato in due distinti segmenti.

Il primo e’ costituito dalla rilevazione che, quando “il titolo contiene delle incertezze… ad esempio su modalita’ e tempi di consegna, il beneficiario, che lo presenta in giudizio come prova, non e’ esonerato dall’obbligo di dimostrare la sussistenza del rapporto fondamentale”. A conforto di tale tesi il motivo richiama, in specie, la pronuncia di Cass., 30 settembre 2008, n. 24325.

La seconda parte del motivo assume che la Corte romana e’ andata in contrario avviso su questo punto decisivo della controversia perche’ e’ caduta in un “travisamento di fatti”. La Corte ha respinto l’opposizione presentata dall’attuale ricorrente – cosi’ si spiega – perche’ questi non ha presentato querela di falso, nonostante abbia asserito che l’apposizione della data sia avvenuta absque pactis. Sennonche’ – prosegue il motivo -, il ricorrente ben aveva proposto, nel corso del giudizio di primo grado, la querela di falso, “che tuttavia era stata ritenuta non esperibile dal Tribunale di Roma sull’opposto convincimento che… l’apposizione della data… non fosse avvenuta absque pactis, bensi’ contra pacta”.

6.- Il motivo di ricorso non puo’ essere accolto.

7.- In proposito, va prima di ogni altra cosa rilevato che la questione sollevata dal ricorrente sulla necessita’, o meno, della querela di falso puo’ ben dirsi ultronea e dunque irrilevante per l’esito del presente giudizio.

In effetti, la Corte territoriale ha basato la propria decisione essenzialmente su una diversa ratio, in se’ stessa assorbente. “In ogni caso” – cosi’ ha puntualizzato la sentenza – nessuna rilevanza assume, nell’ipotesi in esame, la mancanza ovvero l’apposizione di una data diversa sull’assegno di cui si discute, ove si consideri da un canto che la data non costituisce elemento essenziale della promessa di pagamento, dall’altro che il (OMISSIS) non ha agito nel presente giudizio… mediante la c.d. azione cartolare, ma invece con l’ordinaria azione di pagamento”.

8.- Cio’ posto, non pare dubbio che la motivazione appena riferita venga a sottrarsi a ogni censura.

E’ nozione di base, elementare (cfr., comunque, la norma dell’articolo 2702 c.c.) che la validita’ – come anche l’utilizzabilita’ probatoria – di una scrittura privata prescinda, in se’, dalla presenza o meno di una data apposta sul relativo documento (che’ cio’, ovviamente, non preclude la possibilita’ di provare, ove occorra, l’effettiva collocazione temporale delle dichiarazione portate dal documento).

A questa regola generale non si sottrae l’assegno bancario laddove lo stesso venga utilizzato non gia’ come titolo di credito, bensi’ come semplice scrittura privata, secondo quanto puo’ avvenire tra le parti dirette del rapporto causale, che e’ sottostante all’emissione del titolo. Del resto, la stessa norma dell’articolo 2, comma 1, legge ass. dichiara in modo espresso che il “titolo”, su cui non risulta vergata la data di emissione, “non vale come assegno bancario”.

In coerenza con tali principi, il consolidato orientamento di questa Corte ritiene che l’assegno bancario privo di data di emissione ben possa essere ritenuto come espressivo di una promessa di pagamento ex articolo 1988 c.c., che il traente rivolge al prenditore, a mezzo dell’ordine di pagamento impartito alla banca trattaria. Si vedano cosi’, tra le piu’ recenti pronunce, Cass., 11 ottobre 2016, n. 20449; Cass., 16 maggio 2014, n. 10806; Cass., 10 novembre 2008, n. 26913.

Non devia da questi principi la sentenza di Cass., n. 24325/2008, che il ricorrente invoca a proprio sostegno. Questa pronuncia non esprime, in effetti, nessun principio di diritto in proposito, limitandosi a ritenere congruamente motivata la decisione del giudice del merito che – sulla base di una serie di specifiche circostanze di fatto – ha ritenuto che, in quel caso, la dichiarazione di traenza dell’assegno non poteva essere considerata come una valida promessa di pagamento ex articolo 1988 c.c.. Si tratta, di conseguenza, di una fattispecie non sovrapponibile a quella oggetto del presente giudizio (nonche’, piu’ in generale, a quelle rispetto alle quali si e’ formato l’indicato orientamento giurisprudenziale).

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso.

Da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, posta la previsione del comma 1 bis, di detto articolo.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.