Si e’ detto, infatti, che in tema di assicurazione contro i danni, l’obbligo dell’assicuratore di pagare l’indennizzo, assolvendo una funzione di reintegrazione della perdita subita del patrimonio dell’assicurato, ha natura di debito di valore, con la conseguenza che esso deve essere necessariamente rivalutato con riferimento al periodo intercorso tra il sinistro e la liquidazione, pur se non vi sia inadempimento o ritardo colpevole dell’assicuratore, rilevando la condotta del debitore solo dal momento in cui, con la liquidazione, il debito indennitario diventa obbligazione di valuta, e tanto ai fini del riconoscimento, da tale momento, a titolo di risarcimento, degli interessi moratori o del maggior danno ai sensi dell’articolo 1224 cod. civ. (cosi’, fra le altre, le sentenze 30 marzo 2001, n. 4753, 11 gennaio 2007, n. 395, e 7 maggio 2009, n. 10488). In sostanza, il debito originariamente di valore diventa di valuta solo nel momento in cui e’ e’ la liquidazione, eventualmente anche per il tramite di una perizia contrattuale (sentenza 12 febbraio 2008, n. 3268).

 

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di assicurazione si cosiglia la lettura dei seguenti articoli:

Il contratto di assicurazione principi generali

L’assicurazione contro i danni e l’assicurazione per la responsabilità civile.

L’assicurazione sulla vita

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 28 luglio 2015, n. 15868

Integrale

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RUSSO Libertino Alberto – Presidente

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23352-2012 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SPA, in persona dei suoi legali rappresentanti Dott. (OMISSIS) e Dott. (OMISSIS), (OMISSIS) SPA, in persona del suo legale rappresentante signor (OMISSIS) elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giuste procure speciali a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

(OMISSIS) SPA, (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 4587/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 02/11/2011, R.G.N. 10473/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/05/2015 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO; udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega non scritta;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE AUGUSTINIS Umberto che ha concluso per l’accoglimento p.q.r. del ricorso principale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La s.r.l. (OMISSIS) convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, la (OMISSIS) s.p.a., la (OMISSIS) s.p.a. e la (OMISSIS) s.p.a. chiedendo il pagamento della somma di lire 386.000.000 in conseguenza di un furto subito ad opera di ignoti nei locali di sua proprieta’, evento per il quale aveva stipulato la relativa polizza.

Il Tribunale rigetto’ la domanda e compenso’ le spese, e la Corte d’appello di Roma confermo’ la pronuncia di primo grado, condannando la societa’ appellante al pagamento delle spese del secondo giudizio.

Con sentenza 13 giugno 2002, n. 14434, la Corte di cassazione casso’ la sentenza della Corte d’appello rilevando un vizio nella interpretazione del contratto; in particolare, questa Corte osservo’ che – essendo stato consumato il furto in due casseforti tramite l’utilizzazione di chiavi vere rinvenute all’interno della cassaforte temporizzata, che i ladri avevano scassinato – il furto era da ritenere avvenuto con violenza sulle cose e non con un mezzo fraudolento.

2. Il giudizio e’ stato riassunto da (OMISSIS), nella qualita’ di cessionario della s.r.l. (OMISSIS), e la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 2 novembre 2011, in riforma della pronuncia di primo grado emessa dal Tribunale di Roma, ha accolto la domanda ed ha condannato l’ (OMISSIS) s.p.a. (gia’ (OMISSIS)), la (OMISSIS) s.p.a. e l’ (OMISSIS) s.p.a. al pagamento della complessiva somma di euro 199.352,36 (pari a lire 386.000.000), ciascuna per la propria quota di rischio, con gli interessi legali dalla data di maturazione fino al saldo, nonche’ alle spese del giudizio di rinvio e del giudizio di cassazione.

Ha osservato la Corte territoriale che, alla luce della sentenza di cassazione, doveva ritenersi che il furto fosse stato commesso con violenza sulle cose e non con un mezzo fraudolento, e cio’ ai fini della operativita’ della polizza ai sensi dell’articolo 11 delle condizioni generali di assicurazione. Poiche’, nella specie, l’importo originariamente richiesto non era stato contestato, la domanda doveva essere accolta nei termini suindicati. Doveva invece essere respinta la domanda di risarcimento del maggior danno, essendo mancata una qualsiasi prova sul punto.

3. Avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma propone ricorso (OMISSIS), con atto affidato a tre motivi.

Resistono l’ (OMISSIS) s.p.a. e l’ (OMISSIS) s.p.a. con un unico controricorso.

Le parti hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo del ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli articoli 1223, 1905 e 1908 cod. civ. e dei criteri di liquidazione del danno.

Rileva il ricorrente che la Corte d’appello, liquidando il danno nella misura originariamente richiesta in primo grado, non avrebbe tenuto presente che il debito dell’assicuratore e’ di valore e non di valuta; da cio’ consegue che la somma che e’ risultata pari al valore della merce rubata nel momento del furto avrebbe dovuto essere rivalutata fino al soddisfo, e sulla somma rivalutata avrebbero dovuto conteggiarsi gli interessi.

1.1. Il motivo e’ fondato.

Il debito dell’assicuratore nei confronti dell’assicurato costituisce un debito di valore. Tale affermazione, che trae origine direttamente dal dettato degli articoli 1905 e 1908 cod. civ., e’ stata ribadita piu’ volte dalla giurisprudenza di questa Corte.

Si e’ detto, infatti, che in tema di assicurazione contro i danni, l’obbligo dell’assicuratore di pagare l’indennizzo, assolvendo una funzione di reintegrazione della perdita subita del patrimonio dell’assicurato, ha natura di debito di valore, con la conseguenza che esso deve essere necessariamente rivalutato con riferimento al periodo intercorso tra il sinistro e la liquidazione, pur se non vi sia inadempimento o ritardo colpevole dell’assicuratore, rilevando la condotta del debitore solo dal momento in cui, con la liquidazione, il debito indennitario diventa obbligazione di valuta, e tanto ai fini del riconoscimento, da tale momento, a titolo di risarcimento, degli interessi moratori o del maggior danno ai sensi dell’articolo 1224 cod. civ. (cosi’, fra le altre, le sentenze 30 marzo 2001, n. 4753, 11 gennaio 2007, n. 395, e 7 maggio 2009, n. 10488). In sostanza, il debito originariamente di valore diventa di valuta solo nel momento in cui e’ e’ la liquidazione, eventualmente anche per il tramite di una perizia contrattuale (sentenza 12 febbraio 2008, n. 3268).

La sentenza impugnata non si e’ attenuta a questi principi, in quanto si e’ limitata a riconoscere la spettanza di una somma, liquidata in base al danno verificatosi al momento del fatto, senza prevedere la rivalutazione ma senza neppure dare conto del perche’, eventualmente, il danno doveva ritenersi liquidato e, quindi, trasformato in debito di valuta. Ne’ puo’ essere sufficiente, a questo riguardo, la generica affermazione contenuta nel controricorso (v. p. 10) secondo cui vi sarebbe stato un accordo tra le parti ed una liquidazione concordata del danno, circostanze queste delle quali la Corte d’appello, come si e’ detto, non ha fornito alcuna conferma.

2. Col secondo motivo del ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’articolo 1224 c.c., comma 2 e articoli 2697 e 2729 cod. civ., in relazione alla natura di obbligazione pecuniaria.

Osserva il ricorrente che la Corte d’appello avrebbe errato nel negare il riconoscimento del maggior danno, in quanto la qualita’ del creditore – commerciante al minuto e all’ingrosso di pietre e metalli preziosi – doveva essere ritenuta di per se’ sufficiente a far ritenere raggiunta la prova di tale maggior danno.

2.1. Questo motivo rimane assorbito dall’accoglimento del precedente, perche’ e’ fondato sull’assunto – residuale anche nella prospettazione del ricorrente – che il debito in questione abbia natura di debito di valuta; una volta riconosciuta la natura di debito di valore, e’ evidente che il secondo motivo di ricorso viene a cadere.

3. Col terzo motivo del ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione degli articoli 91, 112 e 116 cod. proc. civ., oltre ad omesso esame sulla richiesta di liquidazione delle spese dei due gradi di merito.

Si rileva che la Corte d’appello ha condannato le societa’ di assicurazione al pagamento delle spese del giudizio di rinvio e del giudizio di cassazione, mentre ha omesso di liquidare quelle relative al giudizio di primo grado ed al primo giudizio di appello, che pure erano state formalmente richieste.

3.1. Il motivo e’ fondato.

L’attuale ricorrente e’ risultato vincitore all’esito della precedente sentenza pronunciata da questa Corte e, di conseguenza, avrebbe avuto diritto alla liquidazione delle spese di giudizio anche in relazione ai precedenti due gradi di merito nei quali era rimasto soccombente. La Corte d’appello, invece, dopo aver accolto la domanda nel giudizio di rinvio, ha riconosciuto la liquidazione delle spese soltanto quanto a quel giudizio e a quello di cassazione; il che configura una sicura omissione in considerazione dell’esistenza di una formale richiesta in tal senso, come ammette la stessa parte controricorrente nel riportare le conclusioni assunte in sede di rinvio (v. p. 7 del controricorso). Ne’ vi puo’ essere, su questo punto, un rigetto implicito.

4. In conclusione, sono accolti il primo ed il terzo motivo di ricorso, mentre il secondo rimane assorbito.

La sentenza impugnata e’ cassata e il giudizio rinviato alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione personale, la quale decidera’ attenendosi ai principi di diritto sopra enunciati, colmando anche l’omissione di pronuncia di cui al terzo motivo.

Al giudice di rinvio e’ demandato anche il compito di provvedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione personale, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.