Le clausole di un contratto di assicurazione contro il furto subordinanti la garanzia assicurativa all’adozione di speciali dispositivi di sicurezza o all’osservanza di oneri diversi, non realizzano una limitazione della responsabilità dell’assicuratore, ma individuano e delimitano l’oggetto del contratto ed il rischio dell’assicuratore stesso. L’adozione di tali misure, pertanto, si configura come elemento costitutivo del diritto all’indennizzo, con la conseguenza che è onere dell’assicurato fornire la relativa prova.  Le clausole di un contratto di assicurazione contro il furto, che subordinano la garanzia assicurativa all’adozione di speciali dispositivi di sicurezza o all’osservanza di oneri diversi, non realizzano una limitazione della responsabilità dell’assicuratore, ma definiscono il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa, specificando il rischio garantito. Ne consegue che non è necessaria la loro specifica approvazione preventiva per iscritto ex art. 1341 cod. civ.

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di assicurazione si cosiglia la lettura dei seguenti articoli:

Il contratto di assicurazione principi generali

L’assicurazione contro i danni e l’assicurazione per la responsabilità civile.

L’assicurazione sulla vita (c.d. Polizza vita)

Tribunale Nuoro, civile Sentenza 25 marzo 2019, n. 181

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI NUORO

SEZIONE CIVILE

Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del giudice dott.ssa Federica Meloni, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I grado iscritta al n. r.g. 357/2012 promossa da:

(…) (c.f. (…)), con il patrocinio dell’avv. MA.AN., domiciliato presso il difensore con indirizzo telematico

(…) (c.f. (…)), con il patrocinio dell’avv. MA.AN., domiciliato presso il difensore con indirizzo telematico

– parte attrice –

nei confronti di:

(…) SPA (c.f. (…)), con il patrocinio dell’avv. FA.ID., domiciliata presso il difensore con indirizzo telematico

– parte convenuta –

CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Per quanto riguarda il completo svolgimento del processo, ai sensi del vigente art. 132 c.p.c., si fa rinvio agli atti delle parti e al verbale di causa.

Con atto di citazione ritualmente notificato (…) e (…) convenivano in giudizio (…) S.p.A. al fine di ottenere la liquidazione dell’indennizzo ai medesimi spettante, in virtù delle polizze stipulate tra le parti, in caso di furto del bestiame, nel caso specifico sottratto agli attori nella notte tra il 20 e il 21.11.2010.

Nello specifico, gli attori assumevano:

– di essere complessivamente proprietari di 49 capi bovini di razza bruno sarda (di cui 40 femmine e 9 maschi), tutti stanziati nel fondo sito presso la Loc. (…) di O.;

– che in data 21.11.2010, alle ore 7.00 del mattino circa, (…), che quotidianamente si recava nel predetto appezzamento, si avvedeva che la recinzione di accesso al terreno era stata divelta così come anche la catena di chiusura del cancello della stalla e, nel constatare il furto del bestiame, notava evidenti tracce di pneumatico di due differenti autocarri che si dirigevano verso (…);

– che gli attori contattavano immediatamente i Carabinieri di Orgosolo presso i quali sporgevano, il medesimo giorno, formale querela contro ignoti;

– che inoltravano richiesta di indennizzo alla (…), assicurazione con la quale avevano stipulato due polizze per la protezione da eventi delittuosi quale quello che ci occupa, delle quali onoravano regolarmente i relativi premi;

– che alcun riscontro positivo forniva la convenuta, la quale si sottraeva, altresì, a qualsiasi composizione stragiudiziale della vertenza non riscontrando la diffida a firma dello scrivente ed omettendo ingiustificatamente ogni partecipazione alla mediazione chiamata dall’attore al fine di dirimere in via bonaria la vicenda.

Si costituiva ritualmente in giudizio la convenuta citata, la quale confermava l’esistenza di due polizze “Furto” in capo agli odierni attori aventi massimale di Euro 40.000,00 ciascuna, ma negava i restanti assunti attorei. In particolare, contestava la veridicità dell’accadimento denunziato; in subordine sollevava l’eccezione contrattuale di mancato presidio e confutava altresì il quantum preteso, essendo il valore dei capi bovini – secondo la prospettazione della convenuta – nettamente inferiore, come da specifiche perizie estimative dalla stessa convenuta prodotte.

La causa veniva istruita con interrogatorio formale degli attori, prova testimoniale e CTU, mediante la quale il consulente incaricato veniva chiamato a rispondere del seguente quesito: “Esaminati gli atti e i documenti tempestivamente prodotti dalle parti o sottoposti concordemente al suo esame e compiuti i necessari accertamenti: 1. Accerti il ctu il valore di 49 capi bovini di razza bruno sarda al tempo del denunziato furto e ne quantifichi la stima” (cfr. conferimento incarico del 6.7.2016 al Dr. (…)).

Espletate le suddette prove e all’esito delle stesse il Giudice riteneva la causa matura per la decisione e rinviava, pertanto, all’udienza del 27.11.2018 per la precisazione delle conclusioni. Esperito il predetto incombente, il Giudice tratteneva la causa in decisione concedendo alle parti i termini per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Avendo la parte convenuta confermato l’esistenza di due polizze “Furto”, ma contestato la veridicità dell’accadimento denunziato, è necessario accertare il fatto di reato.

Preliminarmente si deve rilevare come tale accertamento non potrà che avvenire su base presuntiva, giacché neppure il procedimento penale incardinato, con i relativi strumenti ivi a disposizione dei magistrati requirenti, ha portato elementi utili all’odierna vertenza. D’altro canto si deve sottolineare che ciò che è necessario accertare oggi è se il fatto di furto si sia verificato o no, a prescindere dalla individuazione del colpevole e in base ad un grado di certezza qualificabile come “più probabile che non”, ossia pari al 51%, non essendo invece necessario che l’ipotesi delittuosa sia provata “al di là di ogni ragionevole dubbio”. Un accertamento presuntivo appare dunque pienamente ammissibile e, d’altronde, previsto dal legislatore agli artt. 2727 ss c.c.

Sulla base di tali parametri può dirsi raggiunta la prova, seppur in termini probabilistici, circa l’avvenuto furto del bestiame nell’azienda agricola degli attori.

Ciò in primo luogo in virtù della documentazione fotografica e del verbale di sopralluogo della Legione Carabinieri – Stazione di Orgosolo – prodotti dagli attori, dai quali si può ritenere pienamente provato che la mattina del 21 novembre 2010 la rete di recinzione del loro terreno era stata sradicata, così come anche la catena di chiusura del cancello della stalla. Tale circostanza è confermata dalle testimonianze rese da (…) e (…), ossia i due Carabinieri intervenuti sui luoghi.

In particolare, (…), all’udienza del 25.6.2015, dichiarava: “all’epoca prestavo servizio presso la Stazione Carabinieri di Orgosolo e nell’occasione intervenivo a seguito di richiesta del (…) e abbiamo appurato che a parte le condizioni climatiche pioveva sia il giorno che la notte prima quando è avvenuto il fatto abbiamo visto che c’è un cancello di ingresso all’azienda e la rete affianco sul lato sinistro rispetto alla strada era divelta e c’erano tracce di pneumatici in uscita dall’azienda e che proseguivano in azienda verso la strada vecchia che va verso (…). C’erano tracce di gomme di autocarro sia in uscita verso (…) sia nel piazzale antistante la stalla … Mi ricordo che il cancello di ingresso al podere era regolarmente chiuso era divelta la rete e poi c’è una mulattiera che conduce alla stalla dopo circa 200 metri dal cancello e la porta della stalla al nostro arrivo era spalancata e il (…) ci consegnò la catena con il lucchetto attaccato e per terra abbiamo trovato delle anelle in metallo presumibilmente riconducibili alla catena che ci ha consegnato il (…). … Chi ha asportato il bestiame è uscito dal varco che si era creato in precedenza per introdursi avendo divelto la rete. … Mi pare di ricordare che fossero tracce appartenenti a mezzi diversi”. Inoltre il teste riconosceva come da lui effettuato il repertorio fotografico accluso agli atti del p.p. 449/2011 contro ignoti che è presente agli atti di causa.

Anche il Carabiniere (…), intervenuto sui luoghi, affermava che “abbiamo appurato che la rete di recinzione vicino al cancello di ingresso era stata tagliata e nella stalla non c’erano animali e la porta della stalla era spalancata e a terra c’erano il lucchetto e la catena era rotta tranciata. … Abbiamo verificato che c’erano tracce di pneumatici sembravano due tipi diversi di tracce e sicuramente non di macchina ma di mezzo pesante per lasciare un solco così profondo rispetto a quello di una macchina” (ud. 25.6.2015).

Inoltre, tutti i testimoni sentiti nell’odierno procedimento, della cui attendibilità non vi sono motivi concreti e specifici per dubitare, hanno dichiarato di essere intervenuti prontamente sul luogo e di aver constatato la rimozione della rete di recinzione e la rottura della catena posto a chiusura della stalla in cui erano ricoverati i bovini, nonché la presenza di segni di pneumatici di autocarro.

In particolare, il teste (…), all’udienza del 25.6.2015, confermava le affermazioni degli agenti ed aggiungeva che in data 20.11.2010, il giorno prima del furto, accompagnò (…) a dare da mangiare ai bovini: “l’ho aiutato a scaricare il mangime nella stalla e gli animali c’erano”. E, anche in quella circostanza, il teste appurò che erano presenti esattamente 49 capi adulti di bovini di razza bruno sarda: “sì, li contiamo ogni giorno”. Analoghe dichiarazioni sono state fatte dal testimone (…).

Ancora, si evince dai documenti e dalle testimonianze la presenza di adeguate recinzioni per il bestiame e di cancelli vari, i quali anch’essi paiono corredati di meccanismi di chiusura, di cui uno pare essere stato manomesso.

La compagnia assicurativa ha da subito eccepito la inverosimiglianza degli accadimenti addotti dagli attori. In particolare, in sede di accertamenti ante causam disposti da (…) (documentati con le relazioni sub docc. 7 e 8 prodotti con la seconda memoria ex art. 183 c.p.c.), il perito della società ha evidenziato i seguenti dati di rilievo:

“- il trasporto di ben 49 capi bovini adulti (quali quelli per cui è causa), per quanto stipati in un cassone, richiederebbe uno spazio utile non inferiore a 45 metri quadrati per autocarro ed una portata di ben 120 q.li;

– automezzi con tali caratteristiche non sono né di facile reperimento né di facile manovrabilità sui luoghi di causa, sia sulla strada sterrata aziendale sia lungo i 3,5 Km della strada di collegamento tra il centro aziendale stesso e la provinciale che conduce all’abitato di (…), che se pur asfaltata ha una carreggiata massima di metri 4/5;

– anche per un attimo ipotizzando l’utilizzo di due mezzi di dimensioni inferiori, ciò implicherebbe, del tutto inverosimilmente, la seguente alternativa: o che gli autori del preteso furto abbiano fatto “la spola”, con gli ovvi rischi conseguenti; o che abbiano condotto i restanti capi rimasti a terra (almeno 25/30) attraverso le proprietà limitrofe oppure lungo la suddetta strada, con poco tempo a disposizione ed in orari inconsueti (presumibilmente durante ore notturne), senza destare il minimo allarme o sospetto”.

Tali argomentazioni, seppur in parte persuasive, escludono a priori tesi che, invero, non possono essere escluse. Non si può infatti scartare l’ipotesi che gli agenti avessero autocarri di dimensioni abbastanza grandi da contenere tutti i bovini e che non fossero in grado di manovrarli nella strada che conduce all’azienda agricola; così come non si può escludere l’ipotesi della spola o della conduzione degli animali a terra (circostanza che potrebbe forse destare dei sospetti a notte fonda, ma non nelle prime ore del mattino).

Ancora, l’assicurazione ha rilevato come non risultino tracce del bestiame, vuoi pur solo dalla stalla ai camion, né di uomini per condurre gli animali, nonostante il terreno bagnato e ammorbidito dalla pioggia avrebbe dovuto cedere più facilmente sotto il passaggio e il peso di autocarri, mandria e uomini e conservarne tutte le tracce profonde. Si deve tuttavia rilevare come il fatto che gli agenti non abbiano documentato attraverso fotografie le tracce degli animali e degli uomini non esclude che esse ci fossero.

Tutto quanto sopra esposto basterebbe per ritenere provato il furto.

Ad abundantiam, si aggiunge che, dovendosi ritenere provata la presenza dei bovini nel terreno la sera prima del presunto furto (cfr. testimonianza (…)), così come la distruzione della rete di recinzione e della catena, palesemente frutto di un’azione umana (cfr. tutte le testimonianze e le foto prodotte dagli attori), è consequenziale l’esclusione dell’ipotesi di fuga autonoma degli animali per una gravissima incuria nella loro custodia. L’odierno giudicante si trova dunque, di fatto, dinnanzi a due sole alternative:

1) o il furto c’è stato, con conseguente diritto all’indennizzo in capo agli attori,

2) o il furto non c’è stato e gli attori hanno simulato il furto al fine di frodare l’assicurazione.

Si devono a questo punto rilevare due ulteriori indizi, che possono contribuire a formare la prova presuntiva dell’avvenuto furto.

In primo luogo si osserva come non emerga dagli atti che la compagnia assicurativa abbia sporto querela nei confronti degli odierni attori. Nonostante si tratti di un atto completamente rimesso alla volontà della parte e non sussista alcun obbligo in tal senso, tale circostanza appare confortare – in via puramente indiziaria – l’ipotesi sub (…)), evidentemente non completamente negata neppure dalla compagnia assicurativa.

Inoltre, si nota come nel primo verbale di ricezione di denuncia orale, datato 21 novembre 2010 ore 17:38, (…) dichiari “il danno ammonta a circa 50.000 euro, per i quali non ho copertura assicurativa”. Solo in data 29 novembre 2010, ben 8 giorni dopo il fatto, (…), ripresentandosi dinnanzi alla Stazione dei Carabinieri di Orgosolo, ad integrazione della precedente denuncia ha dichiarato: “in questi giorni ho avuto modo di contattare la mia assicurazione, (…), Agenzia di Ozieri, in merito al furto dei 49 bovini (…) e la stessa mi riferiva che la copertura assicurativa garantiva il risarcimento anche in caso di furto”. Tale circostanza appare rilevante in quanto si ritiene presumibile che se gli attori avessero simulato il furto al fine di frodare l’assicurazione, avrebbero sin da subito dichiarato di avere la copertura assicurativa o – in un’ipotesi maggiormente cospirativa – avrebbero mantenuto il totale silenzio.

Viceversa, le dichiarazioni rese, così come le relative tempistiche, appaiono spontanee e sintomatiche di un rapporto genuino nei confronti dell’assicurazione.

Si deve a questo punto rilevare come la convenuta abbia eccepito che sul registro di scarico aziendale prodotto dagli attori almeno cinque tra i capi di bestiame elencati in denuncia e in atto di citazione quale oggetto di furto, attraverso l’enumerazione dei marchi auricolari, non risultino “scaricati” per furto nei registri, risultando invece o ceduti a terzi o ancora presenti in azienda. Si tratterebbe dei seguenti capi: il n. (…), dal registro aziendale destinato/trasferito a (…) il 23.04.2008 perciò non presente alla data del denunziato furto; e i nn. (…), (…), (…) e (…), dei quali il registro riporta destinazione/trasferimento da (…) a (…) il 14.05.2008, nessun successivo scarico per furto.

Si deve tuttavia rilevare come i testimoni (…) e (…), della cui attendibilità non vi sono motivi concreti e specifici per dubitare, hanno dichiarato che la sera del 20 novembre 2010 erano presenti presso l’azienda agricola dei (…) 49 bovini (in particolare, (…) ha dichiarato che i bovini vengono contati ogni sera). D’altro canto, una discordante indicazione sui registri può essere giustificata dalla negligenza o dal ritardo da parte dei (…) nel registrare correttamente gli eventi.

Accertato l’an, relativamente al quantum si deve rilevare che gli attori hanno sostenuto che il valore dei capi bovini oggetto di furto ammonterebbe nel complesso a Euro 80.000,00, invero senza particolari spiegazioni in merito a tale quantificazione. Hanno di fatto chiesto l’importo corrispondente alla somma dei massimali delle due polizze azionate (n. (…) e n. (…), stipulate, rispettivamente, da (…) e da (…)), ciascuno pari appunto a Euro 40.000,00. Infatti gli attori pretendono ognuno Euro 40.000,00, peraltro incongruamente anche dal punto di vista logico, stante il diverso numero di capi, stessa razza e tipologia, rispettivamente detti in proprietà di (…) (n. 30) e (…) (n. 19).

La convenuta ha da subito eccepito che il valore dei capi era nettamente inferiore agli importi vantati dagli attori e precisamente pari a Euro 14.650,00 quello dei 19 capi riferiti ad (…) ed Euro 18.500,00 quello dei 30 capi riferiti a (…).

Tali valutazioni hanno trovato riscontro nella consulenza tecnica d’ufficio, affidata al Dr. (…). Infatti il CTU, in base alle motivazioni e criteri esplicati nella sua relazione, i quali sono pienamente condivisi dal Giudice, in quanto appaiono sorretti da congrue indagini tecniche svolte nel contraddittorio tra le parti, oltre che da logica ed idonea motivazione, anche con riferimento alle risposte fornite dallo stesso CTU alle osservazioni critiche dei CTP, ha attestato che il più probabile valore di mercato dei 49 bovini de quibus è pari a complessivi Euro 35.447,50, di cui Euro 20.510,00 per i capi di (…) ed Euro 14.937,50 per i capi di (…). Tale stima è stata confermata dal CTU anche nelle risposte a chiarimenti (cfr ordinanza in udienza del 18.07.17), rese con ulteriore relazione del 30.01.2018, a fronte delle contrarie osservazioni svolte dagli attori, peraltro ribadite anche in sede di comparsa conclusionale.

Si deve a questo punto rilevare come la convenuta abbia eccepito che, in base alle Condizioni di polizza previste per la Garanzia “Furto” (cfr docc. 4, 5 e 6 convenuta) debba applicarsi nel caso in esame la detrazione pari al 20% per mancato presidio, ossia “per la mancanza di presenza continua in azienda dell’assicurato/contraente, di suoi familiari o di altre persone”.

Le Condizioni di assicurazione delle Polizze azionate (n. (…) e n. (…)), stabilite per la Garanzia “Furto e rapina” e con specifico riguardo al “Bestiame” (cfr Libretto di Polizza sub “Il furto e la rapina” – “Condizioni particolari (…) Ambito di operatività delle garanzie (…) “Bestiame” – pag. 25 di 56, doc. 6 convenuta), prevedono tra l’altro: “Relativamente alle voci richiamate, le garanzie sono operanti nei termini indicati: – Bestiame- la garanzia opera esclusivamente per il bestiame ricoverato negli appositi locali nell’ambito dell’azienda ed a condizione che nella stessa vi sia presenza continua dell’Assicurato/Contraente, di suoi familiari o di altre persone; in mancanza di presenza continua il pagamento dell’indennizzo sarà effettuato previa detrazione di un importo pari al 20% del danno liquidato a termini di polizza”.

Tale disposizione contrattuale è contenuta nel Libretto di polizza e relative Condizioni di assicurazione, parte integrante del contratto assicurativo e in esso richiamato, conosciuto dai contraenti e ad essi consegnato, come (…) e (…) hanno attestato con la sottoscrizione delle Polizze in atti, anche dagli attori medesimi prodotte.

Deve, per altro verso, ritenersi pienamente valida ed efficace, rilevato che non ha natura di clausola vessatoria che necessiti di specifica sottoscrizione ex art. 1341 c. 2 c.c., trattandosi piuttosto di una clausola che determina la prestazione delle parti.

Così si è espressa più volte anche la Corte di Cassazione, la quale ha precisato che

“Le clausole di un contratto di assicurazione contro il furto subordinanti la garanzia assicurativa all’adozione di speciali dispositivi di sicurezza o all’osservanza di oneri diversi, non realizzano una limitazione della responsabilità dell’assicuratore, ma individuano e delimitano l’oggetto del contratto ed il rischio dell’assicuratore stesso. L’adozione di tali misure, pertanto, si configura come elemento costitutivo del diritto all’indennizzo, con la conseguenza che è onere dell’assicurato fornire la relativa prova” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10290 del 27/07/2001);

“Le clausole di un contratto di assicurazione contro il furto, che subordinano la garanzia assicurativa all’adozione di speciali dispositivi di sicurezza o all’osservanza di oneri diversi, non realizzano una limitazione della responsabilità dell’assicuratore, ma definiscono il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa, specificando il rischio garantito. Ne consegue che non è necessaria la loro specifica approvazione preventiva per iscritto ex art. 1341 cod. civ.” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 22806 del 28/10/2014); conformi: Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2469 del 10/02/2015; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10194 del 28/04/2010.

La mancata presenza continua in azienda dell’assicurato/contraente, o di altre persone, si può evincere dall’interrogatorio formale, così come dalle testimonianze assunte.

In particolare, laddove si è chiesto agli attori se fosse vero che a) “la notte tra il 20.11.2010 e il 21.11.2010 e sino alle ore 7.00 del 21.11.2010, Lei era assente dalla sua azienda (ovile) sita in località (…) in agro di (…)”, (…) ha risposto “ero presente fino a mezzanotte o mezzanotte e mezza poi sono andato via e sono tornato la mattina dopo verso le sei e mezza”; mentre quando gli è stato chiesto se fosse vero che b) “nelle suddette circostanze di tempo e luogo la suddetta azienda e il bestiame ivi allocato erano incustoditi, assenti dall’ovile sia Lei sia suoi familiari sia persone da Lei incaricate” ha risposto “sì, è vero non c’ero io né i miei parenti e dipendenti”. Alle stesse domande, (…) ha risposto “io non ero presente, io come donna non mi occupo dell’ovile di notte, passavo la mattina magari non anche tutti i giorni (…) mi occupavo di più della contabilità o di lavori più leggeri, è sempre stato così in casa” (capo a); “(…) Quella notte c’era mio fratello che poi si è allontanato” (capo b).

Anche i testimoni (…) e (…) hanno dichiarato di non essere stati presenti la notte tra il tra il 20.11.2010 e il 21.11.2010 e sino alle ore 7.00 del 21.11.2010.

Pertanto, dagli interrogatori e dalle testimonianze assunte emerge come (…) non fosse in azienda, almeno dalla mezzanotte del 20.11.10 alle 6.30 del 21.11.10; né c’era (…), la quale ha dichiarato di non recarsi mai di notte in azienda; non c’erano né (…) (passato nei pressi l’ultima volta alle 20.30 del 20.11.10) né (…), i quali non dormono neanche nelle rispettive aziende, rientrano in paese. Ancora, gli attori non hanno dimostrato la presenza di ulteriori soggetti durante la notte de qua.

Deve dunque ritenersi provato il fondamento dell’eccezione contrattuale sollevata: la mancanza di presenza continua nell’azienda dell’Assicurato/Contraente, di suoi familiari o di altre persone.

Il quantum dell’indennizzo deve dunque essere ridotto nella misura del 20%, per un risultato di Euro 16.408,00 per i capi di (…) ed Euro 11.950,00 per i capi di (…).

Si deve a questo punto rilevare che l’obbligo in capo all’assicurazione, poiché assolve la funzione reintegrativa della perdita subita dal patrimonio degli assicurati, abbia natura di debito di valore.

Trattandosi di debito di valore, secondo il noto insegnamento della sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 1712 del 1995, alla motivazione della quale si fa rinvio, il risarcimento deve comprendere il danno, da liquidarsi con riferimento al valore della moneta all’epoca del fatto illecito; la rivalutazione monetaria intervenuta dalla data dell’evento dannoso al momento della pubblicazione della sentenza, ossia l’equivalente attuale del bene perduto; il danno derivante dal ritardato pagamento, ossia l’equivalente per il mancato godimento del bene o del suo controvalore monetario per tutto il tempo intercorrente tra il fatto e la liquidazione.

Con la citata nota sentenza n. 1712 del 1995, la Cassazione a Sezioni Unite aveva precisato che una modalità consentita di liquidazione equitativa può essere rinvenuta nell’attribuzione di interessi, che in via equitativa possono essere riconosciuti nella misura degli interessi legali calcolati sulla somma rivalutata anno per anno.

Nel caso odierno, considerato che gli importi relativi al danno sono già stati indicati al CTU in riferimento al valore che gli animali avevano al tempo del furto, sulle somme suddette, progressivamente rivalutate mese per mese sulla base degli indici ISTAT, devono calcolarsi gli interessi al tasso legale sino alla data della decisione. Operando i dovuti conteggi si perviene per (…) alla somma di Euro 19.437,73 e per (…) alla somma di Euro 14.156,56. Tali ultimi importi sono debiti di valuta e sui medesimi devono essere calcolati gli interesse legali, che decorrono dalla data di pubblicazione della decisione sino al saldo.

Si deve infine rilevare che la materia oggetto dell’odierno giudizio rientri tra quelle soggette alla mediazione obbligatoria ex D.lvo. n. 28 del 2010. (…) S.p.A., nonostante sia stata regolarmente citata a comparire dinnanzi all’organismo di mediazione, non ha partecipato alla mediazione senza giustificato motivo. Per tali ragioni deve essere condannata al pagamento della sanzione prevista dall’art. 8 c. 4 bis D.Lgs. n. 28 del 2010.

Invero, la compagnia assicurativa ha eccepito l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 co. 5 D.Lgs. n. 28 del 2010, per violazione dell’art. 24 Cost., formalmente sottoponendo la questione al Tribunale.

Sul punto, si deve rilevare che la giurisprudenza della Corte Costituzionale ritiene ammissibili nell’ordinamento ipotesi di giurisdizione c.d. condizionata, giacché “l’art.24 della Costituzione, laddove tutela il diritto di azione, non comporta l’assoluta immediatezza del suo esperimento, ben potendo la legge imporre oneri finalizzati a salvaguardare “interessi generali” con le dilazioni conseguenti” (Corte Cost., sentenza n. 276 del 2000, ove la Consulta era stata chiamata a decidere in ordine alla legittimità costituzionale del tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dall’art. 410 c.p.c. per le controversie in materia di lavoro). In particolare, in tale occasione e in riferimento ai citati “interessi generali”, anch’essi aventi tutela costituzionale, la Corte costituzionale aveva precisato che il tentativo obbligatorio di conciliazione “tende a soddisfare l’interesse generale sotto un duplice profilo: da un lato, evitando che l’aumento delle controversie attribuite al giudice ordinario in materia di lavoro provochi un sovraccarico dell’apparato giudiziario, con conseguenti difficoltà per il suo funzionamento; dall’altro, favorendo la composizione preventiva della lite, che assicura alle situazioni sostanziali un soddisfacimento più immediato rispetto a quella conseguita attraverso il processo”. La sussistenza di tale condizione di procedibilità della domanda, pertanto, rappresenta uno strumento attraverso il quale l’ordinamento assicura il buon andamento degli Uffici Giudiziari (art. 97 c. 2 Cost.) e, tramite ciò, il giusto processo (art. 111 Cost.) e lo stesso diritto di difesa (art. 24 Cost.).

Per tali ragioni non si ritiene opportuno sollevare la questione di legittimità costituzionale suggerita dalla parte convenuta.

Quanto alla domanda ex art. 96 c.p.c. avanzata dalla parte attrice, si osserva come in specie difetti il requisito della mala fede o della colpa grave richiesta dalla norma in parola; infatti non si ravvisano in causa elementi, anche secondo la prospettazione della convenuta, idonei a ravvisare la coscienza e volontà della convenuta di servirsi del processo per conseguire fini estranei ai suoi fini istituzionali.

Stante la reciproca soccombenza, le spese di lite vengono compensate nella misura di un mezzo; il restante mezzo è liquidato a favore degli attori in solido, come da dispositivo, considerato l’aumento del 30% per la presenza di più parti aventi stessa posizione processuale.

Esse vanno peraltro limitate all’attività processuale, atteso che quella svolta dal difensore prima dell’introduzione del giudizio non riveste le caratteristiche di autonomia rispetto al successivo giudizio richieste dall’art. 20 D.M. n. 55 del 2014.

Le spese relative alla CTU vengono poste a carico di tutte le parti in via solidale.

P.Q.M.

il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra domanda ed eccezione, così provvede:

1) Condanna (…) S.p.A. a pagare a (…) la somma di Euro 19.437,73 oltre interessi dalla data della sentenza al saldo;

2) Condanna (…) S.p.A. a pagare ad (…) alla somma di Euro 14.156,56 oltre interessi dalla data della sentenza al saldo;

3) compensa nella misura di un mezzo le spese di lite e condanna (…) S.p.A. alla rifusione del restante mezzo in favore di (…) e (…), spese che si liquidano in Euro 4.715,00 per compenso professionale, oltre al rimborso, nella misura di un mezzo, delle spese vive e delle spese generali al 15% ed oltre IVA e C.P.A.;

4) Condanna (…) S.p.A. al pagamento della sanzione prevista dall’art. 8 c. 4 bis D.Lgs. n. 28 del 2010;

5) Pone le spese relative alla CTU a carico solidale delle parti.

Così deciso in Nuoro il 25 marzo 2019.

Depositata in Cancelleria il 25 marzo 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.