Ne consegue che di onere probatorio sull’entita’ dei danni evitabili col tempestivo avviso o sulla inevitabilita’ degli stessi ha senso parlare nel solo caso di inadempimento colposo, atteso che, in ipotesi di inadempimento doloso, l’indennizzo non e’ comunque dovuto, a prescindere dagli effetti – di esclusione o riduzione del danno – che sarebbero potuti derivare dall’adempimento dell’obbligo di avviso.

 

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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 19 febbraio 2016, n. 3264

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11494/2013 proposto da:

SOCIETA’ (OMISSIS) SPA (OMISSIS), in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante pro tempore Sig. (OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso unitamente dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) SPA (gia’ (OMISSIS) SPA), in persona del suo Procuratore speciale Avv. (OMISSIS) elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso, (OMISSIS) SPA quale societa’ incorporante (OMISSIS) SPA (gia’ (OMISSIS) SPA), in persona dei legali rappresentanti Avv. (OMISSIS) e Dott. (OMISSIS) elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del controricorso, (OMISSIS) SPA (gia’ (OMISSIS) SPA) quale societa’ incorporante la (OMISSIS) SPA, in persona del suo Procuratore Speciale Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale del Dott. Notaio (OMISSIS) in MILANO 11/06/2013, Rep. N. 27004;

– controricorrenti –

e contro

(OMISSIS) SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 5409/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 30/10/2012, R.G.N. 611/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/12/2015 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La soc. (OMISSIS) s.r.l. – cessionaria del credito di (OMISSIS) s.r.l. – convenne in giudizio l’ (OMISSIS) s.p.a. e le coassicuratrici (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS) per sentirle condannare al pagamento dell’indennizzo dovuto per il deterioramento di merci conservate in celle frigorifere cui, a causa di un corto circuito, era venuta a mancare l’energia elettrica e, quindi, la necessaria refrigerazione.

Il Tribunale di Roma condanno’ le compagnie assicuratrici al pagamento di oltre 909 milioni di lire, con sentenza che venne confermata dalla Corte di Appello.

Pronunciando sul ricorso per cassazione proposto dalle soccombenti, questa Corte casso’ la sentenza per vizio di motivazione e rinvio’ alla Corte territoriale.

In sede di rinvio, la Corte di Appello di Roma ha rigettato la domanda di indennizzo rilevando, fra l’altro, che l’ (OMISSIS) non aveva provato che, se anche avesse dato tempestivo avviso del guasto elettrico agli assicuratori, il danno si sarebbe verificato egualmente.

Ricorre per cassazione la societa’ (OMISSIS) s.p.a. (incorporante della (OMISSIS), cessionaria del credito della (OMISSIS)), affidandosi ad un unico motivo; resistono, a mezzo di unico controricorso, l’ (OMISSIS) s.p.a. (gia’ (OMISSIS) s.p.a.), la (OMISSIS) s.p.a. e la (OMISSIS) s.p.a..

(OMISSIS) e (OMISSIS) s.p.a. (gia’ (OMISSIS)) hanno depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza n. 29209/2008, questa Corte ha affermato che i giudici di appello avevano accertato – con congrua ed incensurabile motivazione – che la clausola che obbligava l’assicurato ad avvertire la compagnia assicuratrice dell’anomalia dell’impianto di refrigerazione entro sei ore non valeva a sancire la decadenza dalla garanzia contrattuale, potendo giustificare unicamente la riduzione della indennita’ dovuta dall’assicuratore in ragione dei danni sofferti per il ritardo, ed ha ribadito che “le disposizioni degli articoli 1913 e 1915 c.c., le quali pongono a carico dell’assicurato un onere di tempestivo avviso del sinistro, fanno derivare dalla inosservanza colposa la perdita soltanto parziale dell’indennizzo”.

Cio’ premesso, questa Corte ha ritenuto “fondate … le censure … con le quali si denunciano carenze e contraddittorieta’ di motivazione, per avere la sentenza impugnata escluso che le compagnie di assicurazione avessero fornito la prova del pregiudizio subito per effetto della omissione o ritardo nell’invio della segnalazione del sinistro”, sottolineando che “un tempestivo avviso di sinistro avrebbe, con ogni probabilita’, consentito nel caso di specie di adottare misure atte a limitare – se non ad escludere completamente – i danni”.

Ha osservato, al riguardo, questa Corte che “la motivazione della sentenza appare del tutto insufficiente e contraddittoria, non avendo la stessa tenuto in alcun conto quanto accertato dal consulente tecnico nominato dall’ufficio, il quale aveva stabilito che il guasto dell’impianto di refrigerazione si era verificato non meno di 35 ore prima della segnalazione e che, inoltre, erano occorse tra le 35 e le 57 ore perche’ potesse prodursi lo scongelamento integrale della merce’ contenuta nelle celle frigorifere”, cosicche’ appariva di tutta evidenza che “un avviso tempestivo avrebbe potuto consentire di apprestare mezzi idonei ad evitare, in tutto o in parte, il verificarsi del danno accertato dallo stesso consulente di ufficio, prima che divenisse operativa la garanzia assicurativa per il decorso del termine (di 24 ore) previsto dall’appendice di polizza”; ha, infine, richiamato la giurisprudenza di legittimita’ secondo cui, “affinche’ l’assicurato possa ritenersi dolosamente inadempiente all’obbligo di dare avviso non si richiede lo specifico e fraudolento intento di recare danno all’assicuratore, essendo sufficiente la consapevolezza dell’indicato obbligo e la cosciente volonta’ di non osservarlo”.

Provvedendo in sede di rinvio, trascritta quasi integralmente la motivazione della sentenza di cassazione, la Corte territoriale ha rilevato che “la lettura, da parte del Supremo Collegio, dell’articolo 1915 c.c., comma 1… e’ nel senso … che affinche’ l’assicurato possa ritenersi dolosamente inadempiente all’obbligo di dare avviso non si richiede lo specifico e fraudolento intento di recare danno all’assicuratore, essendo sufficiente la consapevolezza dell’indicato obbligo e la cosciente volonta’ di non osservarlo”; ha aggiunto che “in questo quadro – ha osservato la Suprema Corte – se l’assicurato non avesse serbato una condotta omissiva tanto ingiustificata quanto prolungata sarebbe stato possibile ricondurre l’impianto di refrigerazione al normale funzionamento in guisa tale da scongiurare il danno poi verificatosi (v. C.T.U.)”.

Su queste premesse, ha concluso che “una volta accertato l’inadempimento di (OMISSIS) s.r.l., su di essa (e quindi sui di essa aventi causa) gravava l’onere di dimostrare – e cio’ non e’ stato fatto – che, se anche essa (OMISSIS) avesse dato tempestivo avviso agli assicuratori, il danno si sarebbe verificato egualmente”, con la conseguenza che la domanda attorea andava rigettata.

Con l’unico motivo, la ricorrente prospetta “violazione degli articoli 1914 e 1915 c.c.” e deduce che “la Corte di Appello e’ incorsa in palese violazione di legge, perche’ in caso di inadempimento dell’obbligo di salvataggio … la conseguenza legale non e’ l’imposizione al soggetto assicurato dell’onere di provare che, a fronte di un tempestivo avviso, il danno non si sarebbe verificato, … ma e’ soltanto la conseguenza prevista espressamente dall’articolo 1915 cit., cioe’ l’esclusione dell’indennita’ in caso che quell’inadempimento risulti doloso ed invece una riduzione della stessa in caso di inadempimento colposo”, per cui “l’inadempimento dell’obbligo di salvataggio non espone l’assicurato ad alcun onere probatorio, il cui mancato soddisfacimento determini il venir meno della prova del danno e quindi della pretesa risarcitoria, ma lo assoggetta solo alla verifica dell’elemento psicologico che ha accompagnato l’inadempimento”; assume, pertanto, che, “in sede di giudizio di rinvio sarebbe stato necessario indagare esclusivamente in merito alla natura dell’elemento soggettivo dell’assicurato”, fermo restando che spettava all’assicuratore di provare che l’inadempimento era doloso e, altresi’, di dimostrare il “pregiudizio subito per effetto della omissione o ritardo nell’invio della segnalazione del sinistro”.

Sostiene, in altri termini, la ricorrente che “il nuovo esame cui nel nostro caso la Suprema Corte aveva chiamato il giudice di rinvio, una volta rilevato l’inadempimento dell’obbligo di salvataggio come imputabile all’odierna ricorrente, avrebbe dovuto comportare: 1) la valutazione del comportamento omissivo dell’assicurato, onde accertarne il carattere doloso ovvero colposo, cio’ integrando un giudizio di fatto devoluto al giudice di merito, nonche’ 2) l’entita’ del pregiudizio sofferto dall’assicuratore, in quanto su di essa si commisura la riduzione dell’indennita’ assicurativa nel caso in cui detto comportamento omissivo fosse stato ritenuto colposo”.

Il ricorso va disatteso.

La previsione dell’articolo 1915 c.c., distingue due ipotesi, l’una dolosa e l’altra colposa, di inadempimento dell’obbligo di avviso o di salvataggio e fa conseguire alla prima la perdita dell’indennizzo e alla seconda la riduzione dell’indennita’, in ragione del pregiudizio sofferto dall’assicuratore.

Per la prima ipotesi, l’onere probatorio (dell’assicuratore) si esaurisce nella dimostrazione della natura dolosa dell’inadempimento, con la precisazione che per ritenere integrato il dolo non e’ richiesto lo specifico e fraudolento intento di arrecare danno all’assicuratore, ma e’ sufficiente la consapevolezza dell’obbligo previsto dalla norma e la cosciente volonta’ di non osservarlo (ex multis, da ultimo, Cass. n. 13355/2015); per l’ipotesi dell’inadempimento colposo (da presumersi in difetto della dimostrazione del carattere doloso, come ritenuto da Cass., S.U. n. 3749/1980 e Cass. n. 1196/1989), l’onere probatorio dell’assicuratore deve concernere invece l’entita’ del pregiudizio sofferto per effetto del mancato avviso ed e’ funzionale alla riduzione dell’indennita’ da corrispondere all’assicurato.

Ne consegue che di onere probatorio sull’entita’ dei danni evitabili col tempestivo avviso o sulla inevitabilita’ degli stessi ha senso parlare nel solo caso di inadempimento colposo, atteso che, in ipotesi di inadempimento doloso, l’indennizzo non e’ comunque dovuto, a prescindere dagli effetti – di esclusione o riduzione del danno – che sarebbero potuti derivare dall’adempimento dell’obbligo di avviso.

Fatta questa premessa, deve ritenersi che la sentenza impugnata abbia introdotto senza ragione il tema dell’onere probatorio sull’inevitabilita’ del danno, affermando erroneamente che, una volta accertato l’inadempimento, spettava all’assicurata dimostrare che il danno si sarebbe verificato egualmente anche in caso di tempestivo avviso.

Tale affermazione e’ errata e superflua, ma comunque inidonea a viziare la sentenza.

Errata, perche’ – come si e’ detto – l’onere di dimostrare l’incidenza che un tempestivo avviso avrebbe potuto avere sull’entita’ dei danni (nel senso della loro riduzione o della esclusione) compete – per la sola ipotesi prevista dell’articolo 1915 c.c., comma 2 – all’assicuratore, interessato a provare il pregiudizio sofferto in funzione della riduzione o dell’esclusione dell’indennizzo dovuto all’assicurato.

Superflua, in quanto nel caso in esame non si poneva la necessita’ di compiere alcun accertamento sulla evitabilita’ dei danni, dal momento che l’indennizzo era comunque escluso per avere la Corte territoriale ritenuto che l’inadempimento fosse stato doloso: in tal senso depone (nell’ambito di una motivazione in verita’ non perspicua e che si esaurisce quasi per intero nella trascrizione della sentenza di cassazione) il richiamo (contenuto a pag. 8, secondo capoverso) all’orientamento secondo cui ad integrare il dolo e’ sufficiente la consapevolezza dell’obbligo e la cosciente volonta’ di non osservarlo, richiamo che vale – evidentemente – a fare applicazione di tale orientamento al caso specifico (e di cio’ e’ ben consapevole la stessa ricorrente che, nella memoria ex articolo 378 c.p.c., si duole del fatto che la sentenza impugnata abbia presunto il carattere doloso della condotta omissiva).

Questa essendo la ratio della decisione, l’affermazione dell’onere probatorio oggetto dell’unico motivo di ricorso risulta – come detto – erronea, ma al tempo stesso inidonea a viziare la sentenza, che trova sufficiente fondamento nell’esclusione dell’indennizzo per la ritenuta natura dolosa dell’inadempimento e che resiste, dunque, alla censura.

Le spese di lite seguono la soccombenza.

Trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, ricorrono le condizioni per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alla parte controricorrente le spese di lite, liquidate in euro 18.200,00 (di cui euro 200,00 per esborsi), oltre rimborso delle spese forfettarie e degli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

 

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.