Corte d’Appello Milano, Sezione 4 civile Sentenza 7 novembre 2017, n. 4597

in caso di premorienza del beneficiario del contratto di assicurazione sulla vita rispetto alla persona contraente non si verifica, in mancanza – come nel caso in esame – della specifica indicazione di un altro beneficiario o di elementi i quali rivelino la volontà di designarne senz’altro un altro e consentano di individuarlo, il trasferimento del diritto di credito concernente l’indennizzo agli eredi del beneficiario ma tale diritto di credito rimane destinato a sorgere nel patrimonio del contraente concretizzandosi in capo ai di lui eredi al momento della sua morte o in capo a chi venga dal contraente indicato come nuovo beneficiario.

 

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Il contratto di assicurazione principi generali

L’assicurazione contro i danni e l’assicurazione per la responsabilità civile.

L’assicurazione sulla vita

Corte d’Appello Milano, Sezione 4 civile Sentenza 7 novembre 2017, n. 4597

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI MILANO

SEZIONE QUARTA CIVILE

composta dai magistrati

dr.ssa Marina Marchetti Presidente

dr Giuseppe Blumetti Consigliere rel.

dr Valter Colombo Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al numero di ruolo generale sopra indicato, promossa con atto di citazione in data 17.11.2015 e decisa con sentenza in data 17.5.2017

Tra

Va.Ma. (…) e Co.Lu. (…), rappresentati e difesi dall’avvocato An.Ca. e dall’avvocato St.Sa. per procura in margine all’atto di citazione in giudizio in primo grado e presso il secondo domiciliati in Milano, Corso (…)

– appellanti –

e

S.p.A. Cn. (…) rappresentata e difesa dall’avvocato Pa.Da. per procura in calce alla comparsa di costituzione nel giudizio in grado d’appello e presso di lui domiciliata in Milano, Via (…)

– appellata –

e

Va.An. (…) rappresentata e difesa dall’avvocato Ra.De. per procura in margine alla comparsa di costituzione nel giudizio di primo grado e domiciliata presso l’avvocato Gl.Si. in Milano, Viale (…)

– appellata –

avente ad oggetto l’appello proposto contro la sentenza del Tribunale di Milano n. 11387/2015 in data 12.10.2015

sulle conclusioni delle parti come formulate in atti.

MOTIVI DELLA DECISIONE.

I signori Mi.Va. e Lu.Co. hanno proposto appello contro la sentenza del Tribunale di Milano in data 12.10.2015 con la quale è stata dichiarata inammissibile la domanda di condanna al pagamento di somme di denaro da loro proposta contro la S.p.A. Cn. “per carenza di legittimazione attiva” degli stessi.

Avevano i signori Mi.Va. e Lu.Co. affermato essere loro dovute le somme al cui pagamento avevano appunto richiesto fosse condannata la S.p.A. Cn. in forza di un contratto di assicurazione sulla vita denominato “Un.Sp.” con quest’ultima concluso dal signor Gi.Va., sacerdote cattolico, con l’indicazione della beneficiaria nella signora Pa.Ma. della quale essi signori Mi.Va. e Lu.Co. erano divenuti eredi.

Con la sentenza così impugnata ha il Tribunale di Milano rilevato essere stata individuata nella signora Pa.Ma. la persona beneficiaria della assicurazione sulla vita contratta dal signor Gi.Va. ma essere stato da quest’ultimo legittimamente indicato un altro beneficiario una volta deceduta la signora Pa.Ma. così da aver dovuto essere pagato a tale beneficiario l’indennizzo previsto nel contratto di assicurazione quando il signor Gi.Va. era poi deceduto.

E’ stato dal Tribunale di Milano ritenuto che “in caso di premorienza del beneficiario in una polizza vita quale quella per cui è causa, quand’anche vi sia stata dichiarazione di rinuncia alla facoltà di revoca del beneficiario, il diritto alla prestazione assicurativa non possa trasferirsi agli eredi del beneficiario ma resti nel patrimonio dello stipulante ed abbia trasferirsi agli eredi dello stipulante ovvero ad altro soggetto che lo stesso, con nuova indicazione, abbia designato come beneficiario (senza che, a tale riguardo, debba parlarsi di “revoca” di una indicazione in precedenza fatta nei confronti di un beneficiario ormai deceduto)”.

Affermano i signori Mi.Va. e Lu.Co. essere stato attuato, con la conclusione del contratto di assicurazione, un investimento da parte del signor Gi.Va. mediante l’utilizzazione di denaro prelevato dal conto corrente bancario dei quali erano cointestatari il medesimo signor Gi.Va. e la signora Pa.Ma. ed aver dovuto trovare applicazione, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale di Milano, il principio per cui “Il diritto all’Indennizzo, essendo un diritto proprio del beneficiario, alla morte di questi si trasmette ai di lui eredi”. Evidenziano a questo proposito con l’atto di appello i signori Mi.Va. e Lu.Co. essere stato inviato da parte del signor Gi.Va. alla S.p.A. Cn., dopo la conclusione del contratto di assicurazione, un documento nel quale egli aveva reso manifesta la volontà di rinunciare alla facoltà di revoca del beneficiario e negano l’avvenuta sottoscrizione da parte del signor Gi.Va. delle lettere successivamente inviate alla S.p.A. Cn. con le quali appare volersi negare quanto nel predetto documento esposto.

Sostengono i signori Mi.Va. e Lu.Co. essere stato onere della S.p.A. Cn., da parte della quale tale onere non è stato invece assolto, dare la prova della autenticità della sottoscrizione apposta al documento nel quale appare manifestata la volontà del signor Gi.Va. di designare un beneficiario diverso dalla signora Pa.Ma. e solo nel caso in cui la prova fosse stata data sarebbe divenuto onere di essi signori Mi.Va. e Lu.Co. provare l’autenticità della sottoscrizione apposta al documento nel quale appare manifestata la volontà del signor Gi.Va. di rinunciare alla facoltà di revoca del beneficiario.

Chiedono quindi che, in riforma della impugnata sentenza, venga riconosciuta in capo ad essi signori Mi.Va. e Lu.Co. la titolarità dei diritti di credito derivanti dal contratto di assicurazione e venga la S.p.A. Cn. condannata al pagamento delle somme secondo tale contratto da quest’ultima dovute.

Si è costituita la S.p.A. Cn. chiedendo venga respinto l’appello proposto dai signori Mi.Va. e Lu.Co. e confermata quindi la sentenza oggetto dell’appello con la quale sono state respinte tutte le domande dai signori Mi.Va. e Lu.Co. proposte.

Chiede la S.p.A. Cn., nel caso in cui sia accolto l’appello e trovino quindi accoglimento le domande nei suoi confronti proposte dai signori Mi.Va. e Lu.Co., venga la signora An.Va., chiamata nel processo di primo grado, a pagare ad essa S.p.A. Cn. le somme pari a quelle al cui pagamento fosse condanna a favore dei signori Mi.Va. e Lu.Co.

Si è costituita anche in grado d’appello la signora An.Va. chiedendo la reiezione dell’appello proposto dai signori Mi.Va. e Lu.Co. e proponendo, nel caso in cui trovasse accoglimento tale appello, sia riconosciuta l’intempestività della richiesta in accoglimento della quale la sua chiamata nel giudizio di primo grado ha avuto luogo.

Va innanzi tutto posto in evidenza, per quanto riguarda l’eccezione sollevata dalla S.p.A. Cn. circa l’inammissibilità dell’appello, che ai fini delle specificità dei motivi d’appello richiesta dall’art. 342 c.p.c., l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno del gravame, possono sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, purché ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire, con certezza, il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice.

Pertanto l’appello è ammissibile se esso, pur sostanziandosi essenzialmente in una riproposizione delle argomentazioni sviluppate in primo grado, delinea in modo chiaro e preciso i motivi di doglianza nei confronti della sentenza impugnata con l’indicazione delle parti di essa che si intendono censurare, le modifiche che dovrebbero essere apportate con riguardo alla ricostruzione del fatto, l’indicazione delle ragioni per le quali si ritiene violata la legge da parte del primo giudice nella valutazione e nella interpretazione delle prove o dei fatti e la giustificazione del rapporto causa effetto tra la violazione dedotta e l’esito della lite, con ciò assolvendo al dettato dell’art. 342 c.p.c.

Nel caso in esame tali requisiti devono riconoscersi ricorrere per l’appello proposto dai signori Mi.Va. e Lu.Co. risultando con esso specificamente individuate le norme di cui non avrebbe avuto luogo la corretta applicazione da parte del giudice di primo grado e gli errori logici in cui tale giudice sarebbe incorso.

Giova poi sottolineare che con le domande in merito alle quali è stata dal Tribunale di Milano emessa la sentenza ora fatta oggetto dell’appello proposto dai signori Mi.Va. e Lu.Co. risultano questi ultimi avere inteso conseguire la condanna della S.p.A. Cn. al pagamento della somma costituita dall’indennizzo previsto in un contratto di assicurazione sulla vita con la medesima S.p.A. Cn. concluso dal signor Gi.Va. poiché affermano spettare loro tale indennizzo in quanto eredi della signora Pa.Ma. indicata nel contratto come beneficiaria dell’indennizzo stesso.

Deve quindi riconoscersi la legittimazione attiva dei signori Mi.Va. e Lu.Co. in relazione alle domande da essi proposte nei confronti della S.p.A. Cn. comportando la prospettazione dei fatti da essi formulata e l’applicazione delle norme da essi richiamate, secondo l’interpretazione da essi fornitane, la titolarità in capo ai medesimi signori Mi.Va. e Lu.Co. del diritto di credito fatto valere con le domande stesse.

Invero, la legittimazione consiste nella coincidenza soggettiva dal lato attivo tra chi propone la domanda e chi nella domanda stessa è affermato titolare del diritto fatto valere e dal lato passivo tra colui nei confronti del quale la domanda è proposta e colui il quale è soggetto passivo dell’obbligazione cui la domanda stessa si riferisce; pertanto al fine di verificare la sussistenza nel singolo caso concreto della legittimazione attiva e passiva, quale condizione dell’azione, si deve avere riguardo esclusivamente a quanto affermato dall’attore nella domanda e prescindere del tutto dalla relativa veridicità o fondatezza il cui accertamento infatti costituisce oggetto dei giudizio di merito.

Per quanto riguarda il merito delle domande proposte dai signori Mi.Va. e Lu.Co. deve però riconoscersi che tali domande sono infondate e conseguentemente deve essere confermata la sentenza del Tribunale di Milano con la quale è stato negato l’accoglimento di esse.

Con tale sentenza, pur con una formulazione del dispositivo in cui appare richiamata la carenza di legittimazione degli attori relativamente alle domande dagli stessi proposte, vengono in definitiva le domande disattese per la riconosciuta mancanza dei presupposti dell’affermato diritto di credito con esse fatto valere.

Va a questo proposito considerato che risulta dimostrata l’avvenuta conclusione tra il signor Gi.Va. e la S.p.A. Cn. di un contratto sulla vita del medesimo signor Gi.Va. con il quale è stato previsto il pagamento di una somma di denaro a favore della signora Pa.Ma. al momento del verificarsi della morte del signor Gi.Va.: risulta quindi essere stato stabilito il pagamento da parte della S.p.A. Cn. dell’indennizzo, corrispondente ad una somma versata dal signor Gi.Va. alla S.p.A. Cn., a favore della signora Pa.Ma. quando il signor Gi.Va. fosse morto.

Pertanto, in conseguenza della conclusione del contratto tra il signor Gi.Va. e la S.p.A. Cn. si è configurato un diritto di credito concernente l’ammontare dell’indennizzo previsto nel contratto in capo alla signora Pa.Ma., diritto di credito destinato a sorgere nel momento in cui si fosse verificato l’evento costituito dalla morte del signor Gi.Va. che pur con certezza destinato a verificarsi rimaneva evidentemente incerto circa il momento della sua realizzazione.

Prima della morte del signor Gi.Va. non risulta quindi la signora Pa.Ma. essere divenuta titolare di un diritto di credito concernente l’indennizzo verso la S.p.A. Cn. ma risulta essere stata posta nella condizione di poter far valere nei confronti di quest’ultima il diritto di credito avente ad oggetto l’indennizzo che era destinato a sorgere al momento della morte del signor Gi.Va.

Invero, quando nel contratto di assicurazione sulla vita sia designato un terzo come beneficiario dell’indennizzo risulta dalle disposizioni dell’ultimo comma dell’art. 1920 c.c. stabilito specificamente che “Per effetto della designazione il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione”, vantaggi tra i quali è appunto in principalità compreso il diritto di credito destinato a sorgere relativamente all’indennizzo.

Poiché dunque in mancanza dell’evento costituito dalla morte del signor Gi.Va. non risulta esservi stato un diritto di credito della signora Pa.Ma. verso la S.p.A. Cn. concernente l’indennizzo previsto nel contratto con quest’ultima concluso dal signor Gi.Va., la morte della signora Pa.Ma. sopravvenuta prima della morte del signor Gi.Va. non può avere determinato il trasferimento di alcun diritto di credito concernente tale indennizzo in capo a chi alla signora Pa.Ma. è succeduto.

Invero, il diritto di credito concernente l’indennizzo non risultava essere ancora sorto in capo alla signora Pa.Ma. al momento della di lei morte e non risulta essere stata configurabile l’avvenuta realizzazione del trasferimento di tale diritto di credito dalla signora Pa.Ma. a chi sia a lei succeduto.

Nemmeno risulta essersi reso configurabile il trasferimento agli eredi della signora Pa.Ma. della situazione della stessa relativa ai vantaggi dell’assicurazione con la conseguente configurabilità del successivo trasferimento anche agli eventuali eredi degli eredi, stante appunto l’inesistenza di un diritto di credito della signora Pa.Ma. relativo all’indennizzo e la impossibilità di individuare nella designazione da parte del signor Gi.Va. del beneficiario dell’indennizzo nella signora Pa.Ma. la volontà di rendere beneficiario chi a lei fosse succeduto.

A questo proposito deve considerarsi che con l’indicazione del beneficiario risulta individuato da parte di chi il contratto di assicurazione ha concluso il soggetto in capo al quale il diritto di credito concernente l’indennizzo è destinato a sorgere e non può ritenersi l’individuazione estesa a chi in seguito alla morte del beneficiario allo stesso succeda.

Risulterebbe infatti priva del benché minimo fondamento su alcun aspetto della manifestazione della volontà di chi il contratto di assicurazione sulla propria vita ha stipulato l’interpretazione per cui si ammettesse non venga meno l’individuazione del beneficiario con la morte della persona indicata come tale quando appunto manchi per questo caso la previsione di un meccanismo sussidiario di designazione del beneficiario, potendo con siffatta interpretazione essere fatte divenire beneficiarie persone del tutto sconosciute al contraente e da lui non considerate e potendosi giungere a dover individuare come beneficiario – quando manchino altri successibili – lo Stato.

Né la rinuncia consentita al contraente alla revoca della nomina del beneficiario risulta poter essere interpretata come una conferma del fatto che quali beneficiari dell’indennizzo possa essere dal contraente accettato divengano anche persone a lui del tutto estranee, riguardando la rinuncia alla revoca appunto una persona specificamente identificata e non implicando la sostituzione ad essa di altre persone quando sia stata fatta mancare alcuna indicazione in proposito.

Deve quindi confermarsi che, come ritenuto dal Tribunale di Milano, in caso di premorienza del beneficiario del contratto di assicurazione sulla vita rispetto alla persona contraente non si verifica, in mancanza – come nel caso in esame – della specifica indicazione di un altro beneficiario o di elementi i quali rivelino la volontà di designarne senz’altro un altro e consentano di individuarlo, il trasferimento del diritto di credito concernente l’indennizzo agli eredi del beneficiario ma tale diritto di credito rimane destinato a sorgere nel patrimonio del contraente concretizzandosi in capo ai di lui eredi al momento della sua morte o in capo a chi venga dal contraente indicato come nuovo beneficiario.

Ne consegue che, come stabilito dalla sentenza del Tribunale di Milano ora fatta oggetto dell’appello proposto dai signori Mi.Va. e Lu.Co., in seguito alla morte della signora Pa.Ma. beneficiaria dell’indennizzo previsto nel contratto di assicurazione sulla vita concluso dal signor Gi.Va. con la S.p.A. Cn., il diritto concernente i vantaggi dell’assicurazione non si è trasferito in capo agli erediti della signora Pa.Ma. ma è rimasto nel patrimonio del signor Gi.Va. il quale ha così potuto indicare un nuovo beneficiario di esso o rimanere egli stesso il beneficiario con il conseguente trasferimento alla sua morte ai suoi eredi.

Pertanto è irrilevante stabilire la ammissibilità o meno della revoca della indicazione della signora Pa.Ma. come beneficiaria dell’indennizzo che è stata affermata compiuta dal signor Gi.Va. in quanto dopo la morte della signora Pa.Ma. ella non risulta essere più stata individuabile come beneficiaria né risultano essere stati individuabili come beneficiari, in mancanza appunto di alcuna previsione in tal senso, i suoi eredi così da non esservi più stato alcun beneficiario alla cui nomina la revoca possa essere stata riferita.

Quindi l’appello proposto dai signori Mi.Va. e Lu.Co. contro la sentenza del Tribunale di Milano data 12.10.2015 non può, come si è detto, trovare accoglimento e tale sentenza deve essere confermata con la sola correzione della statuizione di essa – conformemente a quanto riconosciuto anche dagli appellati – nel senso che le domande dei signori Mi.Va. e Lu.Co. vengono respinte. L’appello proposto dai signori Mi.Va. e Lu.Co. deve essere respinto anche nella parte in cui viene con esso censurata la pronuncia di condanna dei medesimi signori Mi.Va. e Lu.Co. alla rifusione delle spese del giudizio di primo grado a favore della signora An.Va. e quindi la sentenza deve anche per quanto riguarda tale pronuncia essere confermata.

Infatti la chiamata della signora An.Va. nei giudizio instaurato dai signori Mi.Va. e Lu.Co. nei confronti della S.p.A.

Cn. ha avuto luogo ad opera di quest’ultima ma tale chiamata ha trovato origine nelle domande dei signori Mi.Va. e Lu.Co. poi risultate infondate e di conseguenza, in applicazione del principio di causalità, l’onere della rifusione delle spese sostenute dalla signora An.Va., la quale risulta avere chiesto nelle conclusioni formulate nel giudizio di primo grado di conseguire la “vittoria di spese e compenso professionale da porsi a carico di chi di giustizia”, compete ai signori Mi.Va. e Lu.Co.

Deve altresì confermarsi, in base al principio dettato dall’art. 91 c.p.c., la pronuncia di condanna dei signori Mi.Va. e Lu.Co. alla rifusione delle spese del giudizio di primo grado a favore della S.p.A. Cn., essendo state appunto respinte le domande contro quest’ultima proposte dai signori Mi.Va. e Lu.Co.

La reiezione dell’appello proposto dai signori Mi.Va. e Lu.Co. comporta, in base al suddetto principio generale al riguardo stabilito dall’art. 91 c.p.c., per gli stessi l’obbligo della rifusione a favore della S.p.A. Cn. delle spese sostenute per questo grado del giudizio.

Per il medesimo motivo sopra richiamato i signori Mi.Va. e Lu.Co. vanno condannati alla rifusione anche delle spese del giudizio di secondo grado a favore della signora An.Va.

Si liquidano le spese per questo grado del giudizio alla cui rifusione vengono quindi condannati i signori Mi.Va. e Lu.Co. a favore della S.p.A. Cn. in complessivi Euro 17.153,40, di cui Euro 2.237,40 per spese generali, e le spese alla cui rifusione essi vengono condannati a favore della signora An.Va. in complessivi Euro 15.904,38, di cui Euro 2.073,18 per spese generali.

P.Q.M.

la Corte d’Appello, ogni contraria istanza disattesa,

respinge l’appello proposto da Va.Ma. e Co.Lu. contro la sentenza del Tribunale di Milano in data 12.10.2015 (sentenza n. 11387/2015) confermando tale sentenza con la sola modificazione del dispositivo nel senso che le domande proposte da Va.Ma. e Co.Lu. nei confronti della S.p.A. Cn. vengono respinte;

condanna Va.Ma. e Co.Lu. alla rifusione delle spese di questo grado del giudizio a favore della S.p.A. Cn., spese liquidate in complessivi Euro 17.153,40, ed a favore Va.An., spese liquidate in complessivi Euro 15.904,38;

dà atto della ricorrenza dei presupposti della obbligazione di Va.Ma. e Co.Lu. avente ad oggetto il versamento dell’ulteriore importo quale contributo unificato secondo le disposizioni dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. 30.5.2002 n. 115.

Così deciso in Milano il 17 maggio 2017.

Depositata in Cancelleria il 7 novembre 2017.

 

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.