ai fini della proponibilità di un’azione di arricchimento ex art. 2041 c.c. nei confronti della Pubblica Amministrazione è stata ritenuta necessaria la sussistenza di un elemento ulteriore rispetto ai requisiti previsti dalla disciplina generale. Si tratta del c.d. riconoscimento, da parte della stessa Amministrazione, dell’utilità della prestazione effettuata in suo favore.Il riconoscimento, che sostituisce il requisito dell’arricchimento previsto dall’art. 2041 c.c. nei rapporti tra privati, può avvenire sia in maniera esplicita, cioè con un atto formale, oppure può risultare in modo implicito da atti o comportamenti dell’Amministrazione dai quali si desuma inequivocabilmente un effettuato giudizio positivo circa il vantaggio o l’utilità della prestazione. Siffatto giudizio positivo, in ragione dei limiti posti dall’art. 4 della L. n. 2248 del 1865, All. E) del 1865, è riservato esclusivamente alla Pubblica Amministrazione e non può essere effettuato dal Giudice ordinario, il cui ruolo deve arrestarsi all’accertamento della intervenuta utilitas e della misura in cui l’opera o la prestazione del terzo siano state effettivamente utilizzate.

Tribunale Milano, Sezione 6 civile Sentenza 13 marzo 2019, n. 2467

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Tribunale di Milano

SESTA

Il Tribunale, nella persona del giudice unico Dott. Adriana Cassano Cicuto

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al N. 15132/2015 R.G. promossa da:

(…) C.F. (…) assistito e difeso dall’avv. OS.AL. e dall’avv. DI.CA. ((…)) VIA (…) 09047 SELARGIUS; SE.AN. ((…)) VIA (…) 09047 SELARGIUS; elettivamente domiciliato in VIA (…) 20123 MILANO presso avv. OS.AL.

OPPONENTE

contro:

(…) S.P.A. C.F. (…), assistito e difeso dall’avv. PA.UM. e dall’avv. elettivamente domiciliato in VIA (…) 20052 MILANO presso avv. PA.UM.

OPPOSTA

Oggetto: Somministrazione

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Allegazioni delle parti e trattazione

(…) Spa, con ricorso per decreto ingiuntivo, ha sostenuto di essere creditrice dell’Azienda (…) per l’importo complessivo di Euro 119.942,35 quale cessionaria di crediti vantati da molteplici società – fornitrici cedenti nei confronti dell’odierna Opponente.

Con decreto ingiuntivo n. 3973/15, del 9 gennaio 2015, il Tribunale di Milano ha quindi ingiunto alla Azienda (…) il pagamento della somma indicata, oltre interessi legali e spese processuali.

La Azienda (…) ha proposto tempestiva opposizione ed ha impugnato l’ingiunzione ricevuta, deducendo:

– in via preliminare, la carenza di legittimazione attiva dell’odierna Opposta per non avere questa dato prova dell’avvenuta notifica degli atti di cessione relativi ai crediti ingiunti che, ai fini della opponibilità alla Amministrazione debitrice, avrebbero dovuti essere da questa espressamente accettati ex art. 9, L. n. 2248 del 1865;

– nel merito, il difetto di prova scritta del credito azionato, non avendo l’Opposta dimostrato documentalmente l’esistenza del credito, né l’esecuzione della fornitura e neppure la fonte convenzionale della propria pretesa;

– il difetto della forma scritta richiesta ad substantiam per i contratti sottostanti le forniture i cui crediti sono stati ingiunti, essendo contraente una Pubblica Amministrazione ai sensi degli artt. 16 e 17 del R.D. n. 2440 del 1923;

– l’intervenuta prescrizione quinquennale di alcune fatture azionate;

– la mancata registrazione presso il Servizio Bilancio dell’Ente Sanitario di alcune fatture, la contestazione di altre fatture per le quali l'(…) avrebbe richiesto note di credito, l’intervenuto storno e l’intervenuto pagamento di altra parte delle fatture azionate, la sospensione parziale del credito azionato perché relativo a doppia fatturazione per la medesima fornitura oppure perché in attesa di chiarimenti.

(…) Spa si è tempestivamente costituita in giudizio, resistendo all’opposizione, ed ha assunto in particolare:

– la propria legittimazione attiva, ritenendo che non fosse necessaria alcuna accettazione delle intervenute cessioni da parte della (…) debitrice, non applicandosi alle Aziende S. le norme sulla Contabilità Pubblica, in quanto ad oggi da intendere come soggetti privati.

L’Opposta ha aggiunto che, anche a voler ritenere applicabili alle (…) i principi di contabilità dello Stato, nel caso di specie non si verserebbe in ipotesi di contratti in corso, requisito richiesto dall’art. 9, L. n. 2248 del 1865 e dall’art. 70, R.D. n. 2440 del 1923. In ogni caso, gli atti di cessione dei crediti azionati sono stati predisposti nelle forme di legge (scrittura autenticata da un notaio) e ritualmente notificati all’Ente Sanitario;

– quanto poi all’eccepito difetto di prova scritta del credito azionato, di aver provato la propria posizione creditoria avendo versato in atti copia delle cessione di credito, copia dei solleciti di pagamento e copia delle fatture;

– in merito invece all’eccepita carenza della forma scritta richiesta ex lege ad substantiam per i contratti di fornitura sottostanti le fatture azionate perché stipulati con una Pubblica Amministrazione, che i suddetti contratti non dovevano rispettare alcun requisito formale poiché a seguito della Riforma del S.S., ad opera del D.Lgs. n. 502 del 1992, le (…) possono concludere contratti secondo le norme di diritto privato e che, in ogni caso, il requisito della prova scritta può considerarsi soddisfatto anche dallo scambio della corrispondenza commerciale versato in atti;

– quanto alle ulteriori contestazioni, né ha denunciato la assoluta genericità non avendo l’Opponente fornito prova dei fatti estintivi del credito allegati.

Il Giudice originariamente assegnatario della causa, all’esito della prima udienza, ha rigettato le istanze dell’Opposta di concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, nonché di emissione dell’ordinanza ex art. 186 ter c.p.c. Concessi invece i termini di cui all’art. 183 comma 6 c.p.c., all’udienza successivamente fissata del 13 ottobre 2016, il Got delegato ha rinviato l’udienza affinché la causa venisse trattata dal nuovo Giudice titolare del ruolo.

Alla successiva udienza del 20 giugno 2017, vista la natura documentale, la causa è stata rinviata per la precisazione delle conclusioni al 26 settembre 2018.

Subentrato il nuovo Giudice, dott.ssa Adriana Cassano Cicuto, ha fissato per la precisazione delle conclusioni innanzi a sé l’udienza del 12 dicembre 2018 e ivi ha trattenuto la causa in decisione assegnando alle parti termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

Va anzitutto rilevato che (…) Spa ha progressivamente ridotto la propria pretesa, avendo dato atto, nel corso del giudizio di Opposizione, dell’intervento di diversi pagamenti in proprio favore da parte dell’Azienda (…), quantificando da ultimo la propria domanda nell’importo residuo di Euro 96.395,09 oltre interessi di mora.

Tale circostanza imporrebbe di per sé la revoca del decreto ingiuntivo oggetto di opposizione.

Passando poi all’esame del merito, l’opposizione proposta dalla Azienda (…) è parzialmente fondata e merita accoglimento, nei limiti di séguito esposti.

2. Sulla prescrizione del credito di (…) Spa

Tra le eccezioni di merito svolte dall’Azienda (…), che è Convenuta sostanziale della presente causa, deve essere esaminata con priorità, per ragioni di ordine logico giuridico, l’eccezione preliminare di prescrizione.

Il Tribunale ritiene che l’eccezione in parola sia inammissibile perché genericamente formulata, oltreché infondata.

L’Opponente si è invero limitata ad asserire che il credito vantato da (…) fosse prescritto relativamente a “talune fatture” tra quelle azionate dall’Opposta, senza tuttavia specificare di quali e quante fatture si trattasse, né l’ammontare di credito asseritamente estinto.

Come noto, in punto di prescrizione estintiva, l’elemento costitutivo dell’eccezione sta nell’inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio e nella manifestazione della volontà di profittare dell’effetto giuridico ad essa ricollegato, mentre la determinazione della durata della predetta inerzia rappresenta una “quaestio juris” la cui identificazione spetta al potere dovere del Giudice (Cass., Sez. II, n. 20493/2015).

Una rigorosa applicazione dell’art. 167 comma 1 c.p.c. e dell’art. 2697 comma 2 c.c. impone a chi solleva un’eccezione di allegare e provare i fatti su cui l’eccezione stessa si fonda. Nel caso di eccezione in senso stretto poi, essa deve necessariamente fondarsi su fatti allegati dalla parte, quand’anche suscettibili di diversa qualificazione da parte del Giudice.

Ne deriva che il debitore, ove eccepisca la prescrizione del credito, ha l’onere di allegare e provare puntualmente il fatto che, permettendo l’esercizio del diritto, avrebbe determinato l’inizio della decorrenza del termine (Così, Cass. 11843/07; Cass. 16326/09 e Cass. 3465/2013).

Più in radice e rispetto alla disciplina di settore, si ritiene che chi contesta l’intervenuta prescrizione di un credito derivante da un contratto di fornitura non possa limitarsi ad allegare il trascorrere del tempo richiesto dalla legge per la prescrizione del diritto, ma è necessario che fornisca altresì la prova del momento a partire dal quale il fornitore (nel caso di specie la B.C.) avrebbe potuto esigere il credito, sulla base della disciplina contrattuale che regola i rapporti tra le parti.

Parte Opponente nell’invocare l’intervenuta prescrizione viola i descritti oneri assertivi, prima ancora che probatori, essendosi limitata ad invocare l’estinzione del credito di (…) portato da “alcune fatture”, senza tuttavia aver fornito al Giudice alcuna indicazione che avrebbe consentito di chiarire a quali fatture si riferisse, nonché quale “parte del credito azionato” reputasse prescritto, d’altronde non avendo neppure indicato il dies a quo ai fini della decorrenza del termine.

Ne segue, l’assoluta genericità dell’eccezione svolta.

Ad abundantiam, si rileva che la stessa è anche infondata atteso che per i crediti delle società farmaceutiche relativi a forniture di farmaci (crediti ceduti all’odierna Opposta e oggetto del provvedimento monitorio) la prescrizione è ordinaria e quindi decennale.

L’Opponente ha invece eccepito la prescrizione quinquennale, ma le norme che prevedono una prescrizione quinquennale, artt. 2947 e 2948 c.c., non contengono alcun riferimento ai crediti per il corrispettivo di farmaci.

A ciò si aggiunga che, in ogni caso, l’invocata prescrizione è stata più volte interrotta dall’invio a mezzo di raccomandata a/r da parte di (…) Spa dei solleciti di pagamento versati in atti (almeno dal 2007 sino al 2014), oltre che con la notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario degli atti di cessione.

Il Tribunale ritiene pertanto l’eccezione di prescrizione svolta dall’Opponente inammissibile perché formulata in modo del tutto generico e comunque infondata.

3. Sul difetto di legittimazione passiva di (…) Spa

Altra eccezione di merito svolta dall’Opponente, che l’Azienda S. ha indicato quale difetto di legittimazione della Banca – odierna Opposta – attiene alla inefficacia delle cessioni di credito per la mancata accettazione da parte dell’Amministrazione ceduta.

Il Tribunale ritiene che anche tale eccezione sia infondata e che vada pertanto rigettata.

L’Azienda (…) lamenta la violazione della normativa che prescrive la necessaria adesione alle cessioni di credito da parte delle Pubbliche Amministrazioni, L. n. 2248 del 1865 all. E, art. 9 (c.d. Legge sul Contenzioso Amministrativo) che così recita “Sul prezzo dei contratti in corso non potrà avere effetto alcun sequestro, né convenirsi cessione, se non vi aderisca l’amministrazione interessata”.

Tale normativa va poi letta in relazione all’art. 70, R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 (cd. Legge di contabilità generale dello Stato) secondo cui “Per le somme dovute dallo Stato per somministrazioni, forniture ed appalti, devono essere osservate le disposizioni dell’art. 9, allegato E, della L. 20 marzo 1865, n. 2248, e degli articoli 351 e 355, allegato F, della legge medesima”.

In diritto, è bene premettere che il menzionato divieto di cessione senza l’adesione della Pubblica Amministrazione ceduta si applica, in deroga al principio generale della cedibilità dei crediti anche senza il consenso del debitore ex art. 1260 c.c., ai rapporti di durata come l’appalto, la somministrazione o la fornitura, rispetto ai quali il Legislatore ha ravvisato l’esigenza di garantire la regolare esecuzione dei contratti, con l’obiettivo di evitare che, durante la medesima, le risorse finanziarie del soggetto obbligato venissero meno e potesse risultare così compromessa la regolare prosecuzione del rapporto con l’Amministrazione (Così, Cass. 268/2006).

Ebbene, tale impianto normativo pone due ordini di questioni, peraltro oggetto di espressa contestazione dell’Opposta, che attengono: anzitutto, all’applicabilità alle Azienda S. delle norme e dei principi in materia di contabilità pubblica; ed in secondo luogo, all’eventuale operatività della deroga alla libera cedibilità dei crediti nei casi di contratti stipulati dalla Pubblica Amministrazione, ma non più in corso di esecuzione.

Quanto al primo profilo, è noto che a seguito del D.Lgs. n. 502 del 1992 art. 3 comma 1 bis (introdotto dal D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229) le Aziende S. abbiano perso il legamene strutturale che ne determinava la natura di organo della Regione ed acquisito una propria soggettività giuridica con un’autonomia che ormai ha assunto carattere imprenditoriale “in funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, le unità sanitarie locali si costituiscono con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale” sul punto, v. Cass. n. 8823/2007, n. 25402/2009, n. 18377/2010, con cui si è rilevato che i principi del codice civile sono richiamati nel D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 3, comma 1 bis, e art. 5, comma 5, nel testo risultante dalle interpolazioni e dalle modifiche rispettivamente apportate dal D.Lgs. n. 229 del 1999 e dal D.Lgs. n. 254 del 2000, come criteri informatori dell’atto aziendale di diritto privato col quale le unità sanitarie locali sono state chiamate ad autoregolamentare la propria organizzazione e il proprio funzionamento (art. 3, comma 1 bis), nonché delle norme con le quali le regioni andranno a disciplinare la gestione economico finanziaria e patrimoniale dei predetti enti e delle aziende ospedaliere (art. 5, comma 5), ma che è rimasta ferma la natura di persone giuridiche pubbliche delle unità sanitarie ai sensi dell’art. 3, comma 1 bis D.Lgs. n. 502 del 1992 cit..

Sulla base di tale evoluzione normativa, non mancano in giurisprudenza diversi arresti che, anche recependo spunti dottrinali nel medesimo senso, ne propugnano la natura giuridica di Ente Pubblico Economico, escluso dal novero della Pubblica Amministrazione e che esercita la propria attività come un soggetto di diritto privato.

Da tale nuova veste, seguirebbe la inapplicabilità alle Aziende S. della normativa sulla contabilità statale (in tal senso, Cfr. tra le altre Cass. Ord. n. 270/2015 “le (…) sono enti pubblici che agiscono iure privatorum, per cui i contratti di fornitura di beni e servizi devono essere regolati dai principi di diritto privato”).

Ciò in quanto, l’art. 70 del R.D. n. 2240 del 1923, nel rimandare all’art. 9 della L. n. 2248 del 1865, All. E, prevede che l’adesione della Pubblica Amministrazione alla cessione del credito sia parte integrante dei principi di contabilità pubblica e pertanto si applichi solo allo Stato e agli Enti Pubblici che, per espressa disposizione di legge, siano tenuti all’osservanza delle norme di contabilità pubblica.

Tali norme e principi, peraltro, dato il loro carattere eccezionale, non sono suscettibili di interpretazione analogica nei riguardi delle neo-Aziende (…) (in questo senso, cfr. anche Cass. 30658/2017).

Pertanto, alla luce dell’orientamento sinteticamente riepilogato, peraltro fatto proprio dalla (…) Spa nelle proprie difese, le Aziende (…) – essendo ad oggi escluse dal novero della Pubblica Amministrazione – non vedrebbero l’applicazione della più rigorosa disciplina sulla cessione dei crediti vantati verso la PA, ritenendosi di contro applicabile ai crediti verso le (…) la disciplina privatistica della cessione, con riespansione del principio generale della libera cedibilità del credito senza il consenso del debitore ceduto ex art. 1260 c.c.

Il Tribunale, pur non condividendo le conclusioni proposte dall’impianto ermeneutico descritto quanto alla natura giuridica delle (…), ritiene tuttavia di doversi allineare, nel caso di specie, agli approdi in punto di cedibilità del credito vantato nei confronti della Azienda (…) e di efficacia della cessione, nonostante la mancanza di espressa adesione della (…) interessata.

Ciò in quanto, pur considerando le Aziende (…) quali persone giuridiche pubbliche e destinatarie delle norme sulla contabilità pubblica, giacché rientranti nella Pubblica Amministrazione “in senso lato”, questo Giudice ritiene che un attento esame del dato normativo invocato dalla stessa Opponente per contestare l’efficacia della cessione dei crediti vantati nei suoi riguardi, in realtà finisca col sostenere la tesi opposta.

Sul punto, è bene anzitutto precisare che, secondo quanto prospettato da entrambe le parti, non vi è contestazione in merito all’intervenuta esecuzione delle forniture nei confronti dell’azienda Opponente da parte delle società cedenti.

Ebbene, anche prescindendo dal diverso rilievo che è stato attribuito alla manifestazione di volontà della Pubblica Amministrazione dalla più recente normativa (artt. 117 D.Lgs. n. 163 del 2006), si evidenzia che la deroga al principio generale della cedibilità dei crediti, sancita originariamente dall’art. 9 della L. n. 2248 del 1865, all. E, e la conseguente necessità della previa adesione dell’Amministrazione interessata, essendo intesa – come detto – ad evitare che, durante l’esecuzione del contratto, possano venire a mancare i mezzi finanziari al soggetto obbligato alla prestazione in favore della Pubblica Amministrazione e possa risultare così compromessa la regolare prosecuzione del rapporto, opera solo fino a quando il contratto è in corso e cessa alla conclusione del rapporto contrattuale.

Ne consegue che, nel caso in cui il contratto abbia esaurito i suoi effetti con l’esecuzione della prestazione del contraente privato troverà applicazione la disciplina generale, con conseguente irrilevanza dell’accettazione da parte della Pubblica Amministrazione ceduta (così, Cass., 6 febbraio 2007 n. 2541; ma nello stesso senso, Cass., 8 maggio 2008 n. 11475; Cass., 1 febbraio 2007 n. 2209; Cass., 11 gennaio 2006 n. 268).

Nel caso di specie, è pacifico e documentale che all’atto della cessione dei crediti oggetto del decreto opposto, era già avvenuta l’esecuzione di tutte le forniture da parte delle società farmaceutiche cedenti in favore dell’Azienda (…), residuando solo il pagamento del prezzo; l’interesse pubblico che giustifica la deroga al principio generale della cedibilità dei crediti risulta soddisfatto e nulla osta quindi a che tutte le cessione dei crediti menzionate producano effetti anche nei riguardi della (…) ceduta.

Pertanto, il Tribunale ritiene anche tale eccezione svolta dall’Azienda (…) infondata.

3. Sulla nullità dei contratti di fornitura sottoscritti dalla Azienda (…)

Quanto invece all’eccepito difetto di forma scritta dei contratti sottostanti le fatture azionate, il Tribunale ritiene che l’eccezione sia fondata e che meriti accoglimento per le ragioni che seguono.

Ebbene, gli artt. 16 e 17 del R.D. n. 2440 del 1923 stabiliscono che tutti i contratti stipulati dalla Pubblica Amministrazione, anche quando questa agisca iure privatorum, la forma scritta ad substantiam. Tali norme sono da intendere tuttora valide, in quanto non rientranti tra le disposizioni abrogate dall’entrata in vigore del Codice dei Contratti Pubblici, come elencate all’art. 256 del D.Lgs. n. 163 del 2006.

In conformità con il dettato normativo, nella tradizionale giurisprudenza è pacifico il principio secondo cui per i contratti nei quali sia parte una Pubblica Amministrazione è richiesto il rispetto della forma scritta, da intendere quale strumento di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa, sia nell’interesse del cittadino coinvolto che della collettività tutta.

Con ciò, si mira altresì ad agevolare l’espletamento della funzione di controllo, quale espressione dei principi di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione.

Di qui, il contratto deve necessariamente tradursi nella redazione di un documento sottoscritto dal contraente/fornitore privato e dal titolare dell’organo avente la rappresentanza dell’Ente interessato, dal quale possa desumersi: la concreta instaurazione del rapporto, la specifica indicazione del compenso dovuto, nonché le prestazioni che l’Amministrazione è tenuta a rendere.

Nel caso in esame, non risulta che l’Opposta, quale Attrice sostanziale, abbia versato in atti i contratti di fornitura stipulati tra le diverse società cedenti e l’Azienda (…).

(…) Spa ha invero eccepito, come già fatto per contestare l’eccezione del proprio difetto di legittimazione attiva, la non applicabilità agli enti del (…) della Legge di contabilità dello Stato.

Parte Opposta ha inoltre precisato – in ogni caso – di avere soddisfatto il requisito della forma scritta, giacché i contratti di fornitura risulterebbero conclusi mediante scambio di corrispondenza commerciale tra le parti e avendo peraltro versato in atti gli ordinativi scritti di fornitura predisposti dall’Azienda (…).

Come già accennato, secondo l’orientamento cui ha aderito (…), la nuova veste di Ente Pubblico Economico assunta dalle Aziende (…), a seguito della riforma del (…) e del processo di aziendalizzazione iniziato col D.Lgs. n. 502 del 1992 e conclusosi col D.Lgs. n. 229 del 1999, varrebbe ad escludere la assoggettabilità dei contratti da queste stipulati alla disciplina di cui agli artt. 16 e 17 R.D. n. 2440 del 1923.

Le Amministrazioni Sanitarie ben potrebbero quindi concludere contratti di fornitura di beni e servizi secondo le comuni norme di diritto privato senza essere costrette al rispetto degli oneri formali prescritti dalla Legge di Contabilità Pubblica.

Il Tribunale non condivide le argomentazioni difensive svolte dalla Banca.

E invero, nonostante la suddetta riforma del (…), le Aziende (…) non hanno perso la essenziale natura di persone giuridiche pubbliche.

Ne segue che, come in più occasioni precisato anche dalla Suprema Corte, si ritiene maggiormente condivisibile l’orientamento che richiede la cristallizzazione della volontà contrattuale in un atto scritto, che consenta di identificare con precisione il contenuto del programma negoziale stipulato tra l’Amministrazione ed il contraente privato (Cfr., tra gli altri, Cass., 24640/2016; Cass. 21477/2013).

Ciò comporta non solo l’esclusione della possibilità di desumere l’intervenuta stipulazione del contratto da una manifestazione di volontà implicita, o da comportamenti meramente attuativi, ma la necessità che l’intera volontà negoziale venga consacrata in un unico documento, contente tutte le clausole destinate a disciplinare il rapporto (Cass. Sez. Un., 6827/2010; Cass. 6555/2014).

Nel caso in esame, non risultano prodotti in giudizio i contratti di fornitura (redatti per iscritto) stipulati con l’Azienda (…), né appare condivisibile la prospettazione di parte Opposta secondo cui il requisito della forma sarebbe comunque rispettato dalla presenza in atti degli ordini di fornitura predisposti per iscritto dalla (…).

Si ritiene al contrario che gli ordini di fornitura costituiscano, nella pratica, una mera richiesta di erogazione che, a sua volta, deve trovare fondamento in un contratto di fornitura avente forma scritta.

La presenza dei soli ordini di fornitura non consente pertanto di ritener rispettata la forma, non potendo conseguentemente trovare applicazione l’art. 1327 c.c. (Sul punto, Cass., 15 marzo 2004, n. 5234; Cass., 14 dicembre 2006 n. 26826 secondo cui la disposizione dell’art. 1327 c.c. non può essere utilmente invocata in relazione ai contratti stipulati dalla Pubblica Amministrazione, anche quando agisca iure privatorum, richiedendo gli stessi la forma scritta ad substantiam).

Il complesso normativo e giurisprudenziale così tracciato concorre a costituire un corpus non derogabile dalla volontà delle parti, perché sotteso al perseguimento dell’interesse pubblico alla corretta regolazione ed al virtuoso svolgimento dell’attività negoziale degli Enti Pubblici.

Ne consegue che la loro evidente violazione nel caso di specie per non avere concluso i contratti di fornitura con l’Azienda (…) nelle forme prescritte e non ammettendo equipollenti, comporta la nullità dei contratti ex art. 1418 c.c..

Gli altri motivi di opposizione articolati dall’Azienda (…) risultano assorbiti dalla presente pronuncia di nullità e risultano in ogni caso formulati in modo del tutto generico (mancata registrazione di alcune fatture, erronea intestazione di altre fatture, intervenuti storni, emissione di note di credito, doppia fatturazione).

4. Sull’ingiustificato arricchimento della Azienda (…)

Quanto poi alla domanda ex art. 2041 c.c. svolta dall’Opposta, il Tribunale ritiene sia fondata e che vada pertanto accolta.

Come noto, ai fini della proponibilità di un’azione di arricchimento ex art. 2041 c.c. nei confronti della Pubblica Amministrazione è stata ritenuta necessaria la sussistenza di un elemento ulteriore rispetto ai requisiti previsti dalla disciplina generale. Si tratta del c.d. riconoscimento, da parte della stessa Amministrazione, dell’utilità della prestazione effettuata in suo favore.

Evidentemente, il riconoscimento dell’utilitas esprime l’esigenza di evitare che l’Amministrazione sia esposta al rischio di indebite imposizioni di una responsabilità da arricchimento, soprattutto in quelle ipotesi in cui la responsabilità conseguirebbe alla fraudolenta iniziativa di privati che, al solo fine di trarne un vantaggio economico, agiscono deliberatamente contro il volere o all’insaputa delle autorità competenti.

Il riconoscimento, che sostituisce il requisito dell’arricchimento previsto dall’art. 2041 c.c. nei rapporti tra privati, può avvenire sia in maniera esplicita, cioè con un atto formale, oppure può risultare in modo implicito da atti o comportamenti dell’Amministrazione dai quali si desuma inequivocabilmente un effettuato giudizio positivo circa il vantaggio o l’utilità della prestazione. Siffatto giudizio positivo, in ragione dei limiti posti dall’art. 4 della L. n. 2248 del 1865, All. E) del 1865, è riservato esclusivamente alla Pubblica Amministrazione e non può essere effettuato dal Giudice ordinario, il cui ruolo deve arrestarsi all’accertamento della intervenuta utilitas e della misura in cui l’opera o la prestazione del terzo siano state effettivamente utilizzate (Cass. 25156/2008).

Nel caso in esame, è pacifico e documentale che la Azienda (…) abbia ricevuto le forniture di medicinali e di altri prodotti sanitari oggetto dei contratti stipulati con le varie società cedenti. Il riconoscimento, seppure “implicito”, dell’utilitas andrebbe quindi ravvisato non solo nella circostanza che la (…) abbia effettivamente incamerato i prodotti ed utilizzato gli stessi, collocandoli presso terzi e procurando innegabilmente a sé stessa un vantaggio patrimoniale, ma anche nel fatto che ella abbia richiesto e rinnovato gli ordini di fornitura, inoltrandoli tramite i propri responsabili operativi alla ditta fornitrice.

Quanto poi all’assenza di causa dell’arricchimento, questa è data proprio dalla circostanza dall’aver eseguito prestazioni in favore della Pubblica amministrazione, sulla base di contratti di fornitura poi dichiarati nulli per difetto di forma scritta ad substantiam.

Il Tribunale ritiene dunque che sussista il requisito del riconoscimento implicito dell’utilitas da parte dell’Azienda (…) della prestazione compiuta in suo favore dai contraenti privati e pertanto accerta l’arricchimento indebito in capo alla (…), condannandola ad indennizzare (…) Spa della corrispondente diminuzione patrimoniale, che quantifica in misura corrispondente ad Euro 96.395, 09 pari alla somma ancora dovuta dall’Azienda (…) a pagamento delle fatture azionate con il decreto ingiuntivo opposto.

Tale somma va maggiorata di interessi legali decorrenti dalla presente decisione al saldo.

Le spese di lite seguono la soccombenza reciproca tra le parti che ne giustifica l’integrale compensazione.

P.Q.M.

Il Tribunale, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, definitivamente pronunciando sull’opposizione proposta dall’AZIENDA (…) avverso il decreto ingiuntivo n. 3973/15, emesso in favore di (…) SPA, così provvede:

– In parziale accoglimento della predetta opposizione, revoca il decreto ingiuntivo n. 3973/15;

– Accerta e dichiara la nullità dei contratti di fornitura stipulati con AZIENDA (…) ex art. 1418 c.c.;

– Accerta l’indebito arricchimento conseguito da AZIENDA (…) e per l’effetto condanna l’Opponente a corrispondere all’Opposta la complessiva somma pari ad Euro 96.395, 09 oltre accessori come da motivazione;

– Compensa le spese di lite integralmente tra le parti.

Così deciso in Milano il 12 marzo 2019.

Depositata in Cancelleria il 13 marzo 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.