nel caso di azione o impugnazione promossa dal difensore senza effettivo conferimento della procura da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire nel giudizio o nella fase di giudizio di che trattasi (sulla base, come nella specie, di una procura inesistente o, ad esempio, falsa, o rilasciata da soggetto diverso da quello dichiaratamente rappresentato o per processi o fasi di processo diverse da quello cui l’atto e’ speso), l’attivita’ del difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e resta attivita’ processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilita’ e, conseguentemente, e’ ammissibile la sua condanna a pagare le spese del giudizio.

 

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile Ordinanza 12 giugno 2018, n. 15305

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1505/2013 proposto da:

(OMISSIS), C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati (OMISSIS), giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7102/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 13/12/2011 R.G.N. 1782/2010.

FATTO E DIRITTO

RILEVATO CHE:

la Corte d’appello di Roma con la sentenza impugnata ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da (OMISSIS) (affermatasi titolare di pensione di reversibilita’ in regime internazionale) nei confronti dell’Inps, avverso la sentenza del Tribunale di Roma del 20.1.2010 che aveva rigettato (sulla base dell’esistenza di un giudicato preclusivo) il ricorso promosso dalla predetta per pretesi ratei di pensione di vecchiaia non erogati, sin dal 2001, dall’Inps;

la Corte territoriale ha accolto l’eccezione dell’INPS relativa alla nullita’ della procura alle liti, relativa al gravame, conferita all’estero, come doveva ritenersi nel caso di specie, essendo tale procura priva della legalizzazione della firma da parte di notaio o di altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge dello Stato estero;

avverso tale sentenza (OMISSIS) ricorre per cassazione con due motivi;

Che l’I.N.P.S. resiste con controricorso;

CONSIDERATO CHE:

la Corte reputa che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile;

in particolare, con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione degli articoli 112 e 182 cod. proc. civ. dovendosi ritenere vigente ma non applicato dalla Corte territoriale il principio della sanabilita’ del difetto di procura alle liti affermato da Cass. SS.UU. n. 9217/2010;

la tesi della ricorrente tendente ad affermare l’erroneita’ della sentenza impugnata per la mancata applicazione del disposto dell’articolo 182 c.p.c., con l’effetto di sanare la carenza accertata dai giudici di merito, e’ inammissibile in quanto intrisa di una insanabile contraddittorieta’ e priva di sufficiente specificita’, in difetto di una anche minima correlazione con la pronuncia che si intende impugnare;

invero, si deduce che la sentenza e’ erronea laddove ha dichiarato la nullita’ della procura, ritenuta rilasciata all’estero ma autenticata da procuratore italiano e priva di apostille, in quanto si trattava di procura “notarile” e, dunque, cio’ escludeva la necessita’ sia dell’apposizione della apostille che della legalizzazione dell’atto, ai sensi della Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961;

sulla base di tale premessa, pero’, si deduce la violazione dell’articolo 182 c.p.c., in quanto non si e’ concesso alla parte di sanare la nullita’ della procura e si postula la possibilita’ di provvedere a tale regolarizzazione, ora per allora, in questa sede di legittimita’ mediante la produzione di copia fotostatica di un documento intitolato “procura speciale” rilasciato in favore di vari soggetti, compresi gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), e riferito a svariati affari, oltre che alla generica rappresentanza nei giudizi che si sarebbe ritenuto di proporre o continuare, nonche’ autentica con traduzione a fronte del 24 maggio 2012 del notaio (OMISSIS) ed apostille del 25 maggio 2012, attestante l’autenticita’ della sottoscrizione;

e’ evidente che, anche a voler prescindere, dall’insostenibilita’ logica della contemporanea affermazione di regolarita’ ed irregolarita’ della procura alle liti esaminata dalla Corte d’appello, dovendosi, quindi, secondo le richieste, accogliere il motivo ritenendo valida la procura e consentire in questa sede la regolarizzazione ex articolo 182 c.p.c., nella formulazione del motivo, la ricorrente avrebbe dovuto – quanto meno – riprodurre il contenuto della procura apposta al ricorso in appello, ed allegarne copia, ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., n. 6, in modo da consentire al giudice di legittimita’ di verificare la correttezza del giudizio formulato dalla Corte di merito alla luce delle ragioni esposte;

invece, il motivo e’ privo di concretezza perche’ non riproducendo i contenuti e la forma della procura ritenuta invalida, non si confronta in alcun modo con la sentenza impugnata che e’ giunta alla declaratoria di inammissibilita’ dell’appello accertando le seguenti concrete circostanze: 1) l’autentica della sottoscrizione della procura non risultava effettuata da un difensore esercente in Italia; 2) quanto all’autentica effettuata dal funzionario (nella specie notaio straniero) non risultava ne’ la legalizzazione da parte della rappresentanza diplomatica o consolare italiana ivi esistente; 3) ne’ l’utilizzo della formalita’ dell’apostille;

la parte non trascrive il contenuto della procura cui la sentenza si riferisce, non deposita l’atto contestualmente al ricorso per cassazione, ne’ fornisce indicazioni per un facile reperimento dell’atto stesso nel presente giudizio, allo stesso modo non indica e non specifica con quale atto ed in quali termini avrebbe fatto rilevare al giudice d’appello le circostanze idonee a giustificare la mancata comparizione della parte a rendere l’interrogatorio formale, per contrastare le conseguenze di ordine probatorio che il giudice ne ha tratto a norma dell’articolo 232 c.p.c., (cfr. Cass., 8 febbraio 1963, n. 222), per cui il motivo difetta di specificita’;

il secondo motivo di ricorso che lamenta la violazione e o la falsa applicazione degli articoli 162, 83 e 91 c.p.c., nonche’ motivazione apparente in relazione alla condanna degli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) alla rifusione delle spese non ricorrendo i presupposti indicati dall’articolo 162 c.p.c., giacche’ non si era determinata l’ipotesi di inesistenza della procura ma semmai di nullita’ della stessa, e’ pure inammissibile per le stesse ragioni di cui al precedente motivo, non essendo possibile valutare il tipo di invalidita’ della procura ed avendo la Corte d’appello riferito di una totale inefficacia della procura medesima da equiparare alla sua inesistenza;

cio’, soprattutto, considerando quanto affermato da Cassazione 19266 del 2017 e n. 1759 del 2007, secondo cui nel caso di azione o impugnazione promossa dal difensore senza effettivo conferimento della procura da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire nel giudizio o nella fase di giudizio di che trattasi (sulla base, come nella specie, di una procura inesistente o, ad esempio, falsa, o rilasciata da soggetto diverso da quello dichiaratamente rappresentato o per processi o fasi di processo diverse da quello cui l’atto e’ speso), l’attivita’ del difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e resta attivita’ processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilita’ e, conseguentemente, e’ ammissibile la sua condanna a pagare le spese del giudizio (Cass. Sez. Unite n. 10706/2006);

in definitiva, il ricorso va rigettato e le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata ÃÆ’­n dispositivo in difetto di idonea dichiarazione di esonero sottoscritta dalla parte ai sensi dell’articolo 152 disp. att. c.p.c..

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, in favore del contro ricorrente, che liquida in complessivi Euro 2000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15 per cento e spese accessorie.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.