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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 26 novembre 2004, n. 22294

L’amministratore di condominio non è, nelle controversie non rientranti tra quelle che può autonomamente proporre ai sensi del primo comma dell’art. 1131 cod. civ., legittimato a resistere in giudizio per il condominio senza autorizzazione dell’assemblea, atteso che “ratio” del secondo comma dello stesso art. – che consente di convenire in giudizio l’amministratore per qualunque sazione concernente le parti comuni dell’edificio – è soltanto favorire il terzo il quale voglia iniziare un giudizio nei confronti del condominio, consentendogli di notificare la citazione al solo amministratore anziché citare tutti i condomini, mentre nulla, nella stessa norma, giustifica la conclusione secondo cui l’amministratore sarebbe anche legittimato a resistere in giudizio senza essere a tanto autorizzato dall’assemblea. Considerato, inoltre, che la cosiddetta autorizzazione dell’assemblea a resistere in giudizio in sostanza non è che un mandato all’amministratore a conferire la procura “ad litem” al difensore che la stessa assemblea ha il potere di nominare, onde, in definitiva, l’amministratore non svolge che una funzione di mero “nuncius”, tale autorizzazione non può valere che per il grado di giudizio in relazione al quale viene rilasciata.

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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 26 novembre 2004, n. 22294

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Mario Spadone – Presidente

Dott. Salvatore Bognanni – Consigliere

Dott. Roberto Michele Triola – Consigliere Relatore

Dott. Massimo Oddo – Consigliere

Dott. Francesca Trombetta – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Vi. del Go. S.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore Sig. Ni. Ne. elettivamente domiciliato in Ro. Via At. Re. 12/D, presso lo studio dell’Avvocato Ri. Za. che lo difende unitamente all’Avvocato Vi. Af., giusta delega in atti;

ricorrente

contro

Ad. Gu., Po. Es. Ge. S.a.s. di Ro. Me. & C. in liquidazione, in persona del Sig. Gi. D’Al., Co. Mu. Po. Es., in persona dell’amministratore pro tempore;

intimati

e sul II ricorso n. 31880/01 proposto da:

Condominio Mu. Po. Es. Ra., in persona del suo legale rappresentante pro tempore Avvocato Gi. Fo., che si difende da se stesso, elettivamente domiciliato in Ro. Via Co. 61/A, presso il suo studio, giusta delega in atti;

controricorrente e ricorrente incidentale

contro

Vi. del Go. S.r.l. in liquidazione, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, Ad. Gu., Po. Es. Ge. di Ro. Me. S.a.s. in liquidazione, in persona del liquidatore Sig. Gi. D’A.;

intimati

avverso la sentenza n. 666/00 della Corte d’Appello di Genova, depositata il 29/09/00;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/10/04 dal Consigliere Relatore Dott. Roberto Michele Triola;

udito l’Avvocato Da. Sc., con delega dell’Avvocato Gi. Fo., difensore del resistente che ha chiesto rigetto ricorso principale, accoglimento del ricorso incidentale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo Gambardella che ha concluso per integrazione del contraddittorio.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 6 ottobre 1995 Ad. Gu. conveniva davanti al Tribunale di Chiavari il Condominio Mu. Po. Es., chiedendo che venissero dichiarate nulle o annullate le deliberazioni assunte a maggioranza dall’assemblea condominiale il 3 agosto 1995 e relative, tra l’altro, alla “formalizzazione” della comunione e conseguente approvazione di un nuovo regolamento.

Il Condominio, costituitosi, resisteva alle domande.

Nel giudizio interveniva volontariamente la Vi. del Go. S.r.l., la quale, a quanto è dato comprendere, era la Società alla quale era stata affidata la gestione della multiproprietà.

Con sentenza in data 12 febbraio 1998 il Tribunale di Chiavari annullava le delibere impugnate.

Contro tale decisione proponeva appello il Condominio Mu. Po. Es..

Con sentenza in data 29 settembre 2000 la Corte di Appello di Genova rigettava il gravame.

I Giudici di secondo grado, premessa l’adesione alla tesi secondo la quale il diritto spettante al singolo partecipante alla multiproprietà è un diritto reale atipico, ritenevano che la multiproprietà può essere rappresentata giudizialmente (come nella comunione normale e nel condominio) da un amministratore, per cui non era necessaria l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei singoli multiproprietari.

Nella specie, essendo intervenuta nel giudizio la Vi. del Go. S.r.l., che aveva accettato il contraddittorio, ponendosi sostanzialmente come vera controparte, ogni questione in ordine alla correttezza della vocativo in ius doveva considerarsi superata.

Nel merito i Giudici di secondo grado ritenevano che il problema dell’intervento di tutti i multiproprietari si pone, invece, in tema di adozione di delibere assembleari che implichino modifiche basilari della struttura e del funzionamento dell’entità collettiva e nella specie l’assemblea aveva assunto a semplice maggioranza decisioni di tale importanza da costituire una sorta di “rifondazione” della multiproprietà.

Aggiungeva, poi, la Corte di Appello di Genova che comunque, come ritenuto dai Giudici di primo grado, vi era stata irregolare costituzione dell’assemblea con conseguente mancato raggiungimento del quorum, anche volendo ritenere che le delibere impugnate potessero essere adottate con la maggioranza di cui all’art. 1108 c.c..

Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi, la Vi. del Go. S.r.l..

Il Condominio Mu. Po. Es. resiste con controricorso ed ha anche proposto ricorso incidentale, con tre motivi.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso principale è inammissibile.

La Vi. de. Go. S.r.l., infatti, era stata ritenuta legittimata alla partecipazione al giudizio quale rappresentante del Condominio Mu. Po. Es., che attualmente ha un altro legale rappresentante, per cui non può proporre impugnazione nella veste riconosciutale dai Giudici di merito, né viene dedotta una legittimazione ad impugnare in proprio.

Anche per quanto riguarda il ricorso incidentale si pone in via preliminare una questione di ammissibilità dello stesso, risultando proposto dall’amministratore pro tempore senza riferimento ad una autorizzazione dell’assemblea, in una controversia che non rientra tra quelle per le quali l’amministratore sarebbe autonomamente legittimato a proporre ex art. 1131 comma 1, c.c., derivando la sua legittimazione passiva dal disposto dell’art. 1131, secondo comma, c.c..

Nella interpretazione di tale ultima disposizione questa S.C., sulla premessa che la legittimazione passiva dell’amministratore non incontra limiti, ha tratto la conclusione che egli non necessità di alcuna autorizzazione dell’assemblea per resistere in giudizio e per proporre le impugnazioni che si rendessero necessarie (sent. 15 marzo 2001 n. 3773; 17 maggio 2000 n. 6407; 2 dicembre 1997 n. 12204; 8 luglio 1995 n. 7544; 6 dicembre 1986 n. 7256), compreso il ricorso per cassazione (sent. 15 marzo 2001, cit.; 22 febbraio 1983 n. 1337; 26 agosto 1986 n. 5203), in quanto nella autorizzazione a resistere al giudizio deve ritenersi compresa, per regola generale, anche quella di proporre tutti i gravami che si rendono in seguito necessari (sent. 6 dicembre 1986, cit.).

Il collegio ritiene di non condividere tale orientamento, in quanto basato su una interpretazione dell’art. 1131 comma 2, c.c. che non tiene conto della ratio ispiratrice di tale norma, la quale è diretta a favorire il terzo il quale voglia iniziare un giudizio nei confronti del condominio, consentendogli, invece di citare tutti i condomini, di notificare la citazione all’amministratore.

Nulla, invece, nella norma in questione giustifica la conclusione secondo la quale l’amministratore sarebbe anche autorizzato a resistere in giudizio senza essere a tanto autorizzato dall’assemblea.

Una volta chiarito tale punto, va rilevato che, in considerazione del fatto che la c.d. autorizzazione della assemblea a resistere in giudizio in sostanza non è che un mandato all’amministratore a conferire la procura ad litem al difensore che la stessa assemblea ha il potere di nominare, per cui, in definitiva, l’amministratore non svolge che una funzione di mero nuncius, tale autorizzazione non può valere che per il grado di giudizio in relazione al quale viene rilasciata.

Ciò a prescindere dalla considerazione che sembra logico ritenere che, in linea di principio, il proseguimento del processo, in caso di esito sfavorevole in prima istanza, deve essere oggetto di una valutazione da parte di chi ha il potere deliberativo nell’ambito del condominio (l’assemblea) e non da parte di chi svolge compiti di natura essenzialmente esecutivi e gode di limitati poteri decisionali (l’amministratore).

Ne consegue che nella specie, il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile.

In considerazione della reciproca soccombenza, ritiene il collegio di compensare le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte riunisce i ricorsi e li dichiara inammissibili; compensa le spese del giudizio di cassazione.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.