Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile Sentenza 16 aprile 2018, n. 9321

Lo svolgimento di un’attivita’ lavorativa autonoma, come, nella specie, quella di amministratore di societa’ per azioni, produttiva di redditivita’, fa cessare lo stato di bisogno connesso alla disoccupazione involontaria e comporta il venir meno tanto del diritto all’indennita’ di disoccupazione quanto del diritto all’indennita’ di mobilita’.

 

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile Sentenza 16 aprile 2018, n. 9321

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere

Dott. BOPGHETICH Elena – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29001-2012 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati (OMISSIS), giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1250/2011 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 19/12/2011 R.G.N. 1334/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/01/2018 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’ Stefano, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 1250 dei 2011, la Corte d’appello di Torino ha respinto l’appello proposto dall’INPS contro la sentenza resa dal Tribunale di Novara che aveva accolto, per i soli periodi in cui non erano state espletate attivita’ remunerate, la domanda di (OMISSIS) tesa ad ottenere la corresponsione dell’indennita’ di mobilita’ e l’accredito della contribuzione figurativa, negati dall’INPS a decorrere dal 5 ottobre 2006, in ragione (OMISSIS)Alessi (OMISSIS)

(OMISSIS)

(OMISSIS) resiste con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso l’Inps denuncia la violazione e/o la falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, articolo 7, commi 9 e 12, del R.Decreto Legge n. 1827 del 1935, articolo 77, del Regio Decreto n. 2270 del 1924, articoli 52 e ss e Decreto Legislativo n. 181 del 2000, articolo 4 ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Lamenta che l’assunto da cui muove la Corte d’appello, secondo cui sussisterebbe una lacuna normativa nella disciplina speciale dell’indennita’ di mobilita’, e’ infondato alla luce della decisione di questa Corte di cassazione, a Sezioni Unite, 6 dicembre 2002, n. 17389, secondo cui il richiamo contenuto nella cit. L. n. 223 del 1991, articolo 7, comma 12, alle disposizioni sull’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione, deve intendersi non gia’ come un mero rinvio a tale disciplina, in quanto applicabile, bensi’ come un inserimento a tutti gli effetti formali e sostanziali della stessa nella L. n. 223 del 1991, con la conseguenza che le norme in tema di disoccupazione involontaria possono intervenire solo se ed in quanto le fattispecie non siano gia’ regolate dalla stessa Legge del 1991.

2. Inoltre, rileva il ricorrente che la giurisprudenza di questa Corte di legittimita’ (Cass. n. 6463 del 2004) citata dalla sentenza impugnata ha espresso il principio secondo il quale pur essendo possibile l’erogazione dell’indennita’ di mobilita’ nel corso dell’espletamento di una attivita’ autonoma va rispettata la condizione che non si superi una certa soglia di reddito in ragione della riconducibilita’ della prestazione al genere comune dell’assicurazione contro la disoccupazione ed alle norme contenute nel relativo sistema (R.Decreto Legge 4 ottobre 1935, n. 1827, articolo 77, convertito in L. n. 1155 del 1936 e Regio Decreto 7 dicembre 1924, n. 2270, articolo 52 e segg.).

3. Il motivo e’ fondato alla luce dei principi espressi dalla sentenza di questa Corte del 14 agosto 2004, n. 15890, cui hanno fatto seguito piu’ recentemente Cass. nn. 20827 del 2014, 20826 del 2014; 20520 del 2015 e 2497 del 2018, dai quali non vi e’ ragione di discostarsi.

4. Dall’orientamento ora citato si sono tratte indicazioni sistematiche nel senso che:

– il trattamento di mobilita’, di cui alla L. 23 luglio 1991, n. 223, articolo 7, riconosciuto in favore dei lavoratori dipendenti di imprese rientranti nel campo di applicazione dell’integrazione salariale straordinaria che, in possesso di una determinata anzianita’ aziendale, si trovino ad essere disoccupati in conseguenza dell’impossibilita’ da parte dell’impresa, che si sia avvalsa dell’intervento straordinario delle Cassa integrazione guadagni, di reimpiegare tutti i lavoratori sospesi, ovvero siano stati licenziati, indipendentemente dall’intervento di integrazione salariale, per riduzione o trasformazione di attivita’ o di lavoro, sostituisce ogni altra prestazione di disoccupazione (articolo 7, comma 8 L. cit.) ed e’ erogata dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), con il concorso finanziario del datore di lavoro;

– la L. n. 223 del 1991, articoli 7, 8 e 9, disciplina l’istituto dell’indennita’ di mobilita’, spettante ai lavoratori collocati in mobilita’ ed iscritti nelle apposite liste di cui all’articolo 6, presso le quali i medesimi lavoratori vengono iscritti e cancellati a seconda che si tratti di cancellazioni per cosi’ dire sanzionatorie (articolo 9, comma 1) o di cancellazioni c.d. fisiologiche (articolo 9, comma 6) (Cass., 1 settembre 2003, n. 12757);

– tali norme non si sono occupate espressamente della compatibilita’ della indennita’ con lo svolgimento di altre attivita’ subordinate od autonome (e della cumulabilita’ della indennita’ con i redditi provenienti da questa attivita’), se non in determinati casi: 1) per stabilire la sospensione della indennita’ per le giornate di lavoro svolte dai lavoratori assunti a tempo parziale o a tempo determinato (articolo 8, comma 7); 2) per stabilire la corresponsione di un assegno integrativo mensile, per un periodo complessivo massimo di dodici mesi, per i lavoratori che abbiano accettato un lavoro inquadrato in un livello retributivo inferiore (articolo 9, comma 5); 3) per stabilire il diritto, per i lavoratori di cui all’articolo 7, comma 6, che svolgano attivita’ di lavoro subordinato od autonomo, di cumulare l’indennita’ di mobilita’ con il reddito derivante da tali attivita’, entro il limite della retribuzione spettante al momento della messa in mobilita’ (articolo 9, comma 9) (per quest’ultima ipotesi, v. Cass., 9 agosto 2005, n. 16762);

– emerge, dalle citate disposizioni, che la permanente iscrizione nelle liste non si lega, necessariamente, al diritto a percepire l’indennita’ di mobilita’ (in tal senso, v. pure Cass., 1 aprile 2004, n. 6463) e che l’articolo 7, comma 5, il quale, – nel prevedere la possibilita’ per il lavoratore che intenda intraprendere un’attivita’ autonoma o associarsi in cooperativa, di richiedere la corresponsione anticipata dell’indennita’ di mobilita’, nella misura di cui al primo e secondo comma della stessa disposizione, detraendone il numero di mensilita’ gia’ godute, non riconosce implicitamente la compatibilita’ tra il diritto alla indennita’ e lo svolgimento di lavoro autonomo, giacche’ la diversa interpretazione, sostenuta anche nella sentenza impugnata, non tiene conto dell’effettiva ratio della disposizione di cui all’articolo 7, comma 5 L. cit. e trascura di considerare il richiamo contenuto nell’articolo 7, comma 12 L. cit., a norma del quale l’indennita’ di mobilita’ e’ regolata dalla normativa che disciplina l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, in quanto applicabile, nonche’ dalle disposizioni di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, articolo 37.

4. Questa Corte si e’ gia’ espressa circa le finalita’ perseguite dall’articolo 7, comma 5, le quali devono ravvisarsi nello scopo di indirizzare ed incentivare il disoccupato in mobilita’ verso attivita’ autonome, al fine di ridurre la pressione sul mercato del lavoro subordinato, risolvendosi in un contributo finanziario, destinato a sopperire alle spese iniziali di un’attivita’ che il lavoratore in mobilita’ svolgera’ in proprio” (cfr., ex plurimis, Cassazione Sezioni Unite n. 19338/2007; Cass., 21 luglio 2004, n. 13562; Cass., 28 gennaio 2004, n. 1587; Cass., 10 settembre 2003, n. 13272; Cass., 20 giugno 2002, n. 9007; e da ultimo, Cass., 25 maggio 2010, n. 12746).

5. In sostanza, secondo la riferita, condivisibile giurisprudenza l’erogazione in un’unica soluzione ed in via anticipata dei vari ratei dell’indennita’ non e’ piu’ funzionale al sostegno dello stato di bisogno che nasce dalla disoccupazione, cosicche’ l’indennita’ perde la connotazione tipica – che le e’ propria – di prestazione di sicurezza sociale, per assumere la natura di contributo finanziario, destinato a sopperire alle spese iniziali di un’attivita’ che il lavoratore in mobilita’ svolgera’ in proprio (ovvero associandosi a una cooperativa) nell’obiettivo perseguito dalla citata disposizione legislativa (configurante un’ipotesi tipica di legislazione promozionale) di creare i presupposti affinche’ nuovi soggetti assumano l’iniziativa di attivita’ di natura imprenditoriale o professionale riducendo, in tal modo, l’eventualita’ di un intervento del sistema previdenziale in forma meramente assistenzialistica e, sotto altro profilo, sollecitando una partecipazione “attiva” da parte del lavoratore nella ricerca di una nuova occupazione (cfr., ex plurimis, Cass., 20 giugno 2002, n. 9007).

6. Dato il carattere di specialita’ della citata previsione non e’ consentito farne applicazione al di fuori dei casi in essa previsti non trattandosi di un principio generale, per cui va esclusa la compatibilita’ della percezione dell’indennita’ in esame con lo svolgimento di lavoro autonomo.

7. Inoltre, alla luce dell’articolo 7, comma 12 L. cit., deve rammentarsi che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza del 6 dicembre 2002, n. 17389 hanno chiarito che il richiamo al testo della normativa che disciplina l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, dimostra che la medesima deve considerarsi inserita a tutti gli effetti formali e sostanziali nella nuova norma istitutiva dell’indennita’ di mobilita’, con la conseguenza che, piu’ che di “rinvio” da una norma ad un’altra, deve parlarsi di applicazione diretta di una norma nel suo effettivo contesto letterale e sostanziale, avente per contenuto tutta la disciplina idonea a regolare l’indennita’ di mobilita’. Posto che l’indennita’ di disoccupazione e l’indennita’ di mobilita’ presentano, nella finalita’ e nella struttura, evidenti analogie, rientrando entrambe nel piu’ ampio genus degli ammortizzatori sociali contro lo stato di bisogno dovuto alla disoccupazione (v. Corte Cost, 9 giugno 2000, n. 184, Corte Cost., 19 luglio 2011, n. 234).

8. Dunque, la disciplina della compatibilita’ e cumulabilita’ della indennita’ di mobilita’ con lo svolgimento di attivita’ lavorativa subordinata od autonoma, al di fuori delle limitate, e speciali, ipotesi normative sopra evidenziate, deve essere ricercata – gi’usta la chiara previsione dell’articolo 7, comma 12, secondo cui: “L’indennita’ prevista dal presente articolo e’ regolata dalla normativa che disciplina l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, in quanto applicabile, nonche’ dalle disposizioni di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, articolo 37” – nei principi fissati in linea generale dal R.Decreto Legge 4 ottobre 1935, n. 1827, articolo 77 (sul “controllo della disoccupazione”) e, in dettaglio, dal Regio Decreto 7 dicembre 1924, n. 2270, articolo 52 e segg., i quali, ratione temporis, sanciscono la cessazione del godimento della indennita’ di disoccupazione nel caso in cui l’assicurato abbia trovato una nuova occupazione, o la sospensione della stessa in caso di svolgimento di lavori precari che non superino una determinata durata; con la conseguenza, trattane dalla giurisprudenza di questa Corte (vedi, in particolare, Cass., 14 agosto 2004, n. 15890, 1 settembre 2003, n. 12757) che anche lo svolgimento di un’attivita’ lavorativa autonoma, suscettibile di redditivita’, fa cessare lo stato di bisogno connesso alla disoccupazione involontaria e comporta il venir meno tanto del diritto all’indennita’ di disoccupazione quanto del diritto all’indennita’ di mobilita’.

9. L’attivita’ di cui si discute nel caso controverso, quella di presidente del consiglio di amministrazione di una s.p.a., seppure a partecipazione pubblica, e’ stata remunerata con un reddito mensile di Euro 2583,33 (superiore alla soglia prevista dal Decreto Legislativo n. 161 del 2000, articolo 4) e costituisce attivita’ che per essere prestata nell’esercizio della propria funzione da organo di amministrazione della societa’ non puo’ che immedesimarsi nell’attivita’ economica della societa’ medesima, perdendo i caratteri della personalita’ (Cassazione Sezioni Unite n. 1545/2017, superando le diverse ricostruzioni della natura della relazione giuridica esistente tra amministratori e societa’ per azioni); l’attivita’ di cui si discute, peraltro, e’ certamente soggetta all’obbligo di iscrizione nella gestione separata L. n. 335 del 1995, ex articolo 2, comma 26 e, qualora il socio amministratore partecipi personalmente al lavoro aziendale, e’ anche soggetta all’obbligo di ulteriore iscrizione presso la gestione commercianti (da ultimo vd. Cass. n. 8613 del 2017) e l’ordinamento previdenziale non consente (vedi Cass. 18 gennaio 2012, n. 9205) di cumulare contribuzione effettiva (nella specie connessa all’attivita’ di amministratore di societa’) figurativa (nella specie quella da accreditare, secondo la L. n. 223 del 1991, per i periodi di godimento dell’indennita’ di mobilita’).

10. La norma contenuta nella L. n. 223 del 1991, articolo 7, comma 5, in conclusione, data la sua specialita’ non costituisce principio generale e persegue la finalita’ di indirizzare ed incentivare il disoccupato in mobilita’ verso attivita’ autonome, al fine di ridurre la pressione sul mercato del lavoro subordinato e l’indennita’ di mobilita’ assume la funzione di un contributo finanziario destinato a sopperire alle spese iniziali di un’attivita’ che il lavoratore in mobilita’ svolgera’ in proprio, perdendo la sua connotazione di tipica prestazione di sicurezza sociale.

Lo svolgimento di un’attivita’ lavorativa autonoma, come, nella specie, quella di amministratore di societa’ per azioni, produttiva di redditivita’, fa cessare lo stato di bisogno connesso alla disoccupazione involontaria e comporta il venir meno tanto del diritto all’indennita’ di disoccupazione quanto del diritto all’indennita’ di mobilita’.

11. Alla luce di queste considerazioni, il ricorso deve essere accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa va decisa nel merito con il rigetto della domanda proposta da (OMISSIS).

12. Il consolidarsi dell’orientamento sopra richiamato in epoca successiva alla proposizione del ricorso, anche di primo grado, giustifica la compensazione delle spese dell’intero processo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da (OMISSIS); dichiara compensate le spese dell’intero processo.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.