qualora la messa in circolazione del veicolo in condizioni di insicurezza sia collegabile all’azione ed omissione non solo del trasportato, ma anche del conducente (che prima di iniziare o proseguire la marcia deve controllare che essa avvenga in conformità delle normali norme di prudenza e sicurezza), fra costoro si è formato il consenso alla circolazione medesima con consapevole partecipazione di ciascuno alla condotta colposa dell’altro ed accettazione dei relativi rischi; pertanto si verifica un’ipotesi di cooperazione nel fatto colposo, cioè di cooperazione nell’azione produttiva dell’evento (diversa da quella in cui distinti fatti colposi convergano autonomamente nella produzione dell’evento); in tale situazione, a parte l’eventuale responsabilità verso terzi, secondo la disciplina dell’art. 2054 c.c., deve ritenersi risarcibile, a carico del conducente del suddetto veicolo e secondo la normativa generale degli artt. 2043, 2056, 1227 c.c., anche il pregiudizio all’integrità fisica che il trasportato abbia subito in conseguenza dell’incidente, tenuto conto che il comportamento dello stesso, nell’ambito della indicata cooperazione, non può valere ad interrompere il nesso casuale fra la condotta del conducente ed il danno, né ad integrare un valido consenso alla lesione ricevuta, vertendosi in materia di diritti indisponibili.

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Corte d’Appello Napoli, Sezione 9 civile Sentenza 11 gennaio 2019, n. 61

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI

SEZIONE CIVILE NONA (ex QUARTA A)

riunita in camera di consiglio nelle persone dei seguenti magistrati:

dott. Eugenio FORGILLO Presidente

dott. Pasquale Maria CRISTIANO Consigliere

dott.ssa Natalia CECCARELLI Consigliere rel./est.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 2132/2016 R.G.A.C. riservata in decisione all’udienza collegiale del 25.09.2018 con termini sino al 17.12.2018 ai sensi dell’art. 190 c.p.c. e vertente

TRA

GI.ED. (…), rappresentato e difeso da sé medesimo e dall’Avv. ME.RO. (cf (…)), ed elett.te domiciliato presso il suo studio in Avellino al Corso (…)

APPELLANTE

E

BA.GA. (…), rappresentato e difeso dall’avv. PE.GI. (…), e dall’avv. LO.NI. (…), unitamente ai quali elett.te dom.lia in Napoli Centro Direzionale Isola A-7 (sesto Piano scala A int. 23) c/o Studio Legale Pi.

APPELLATO

NONCHÉ’

AM. S.p.A. (…), già CA. ASS.NI S.P.A., già LE. S.P.A., in persona del legale rapp.te p.t. rapp.ta e difesa dall’avv. BO.GI. (…), domiciliatario in Avellino Via (…)

APPELLATA

Oggetto: riassunzione a seguito della cassazione con rinvio della sentenza n. 627/2012 della Corte di Appello di Napoli del 23.2.2012 di rigetto della domanda di risarcimento danni proposta da Gi.Ed. e di conferma nel resto della sentenza n. 326/2008 emessa dal Tribunale di Avellino in data 3.3.2008.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E CONCLUSIONI

Con atto di citazione notificato il 24.10.2001 Gi.Ed. aveva adito, innanzi al Tribunale di Avellino, Ba.Ga. e la Compagnia Assicurativa Le. S.p.a., per conseguirne la condanna solidale al risarcimento dei danni patiti in conseguenza del sinistro occorsogli in data 11.6.2000, a bordo del natante da diporto (…) 2 tg (…) di proprietà del Ba., assicurato con la convenuta Compagnia, allorquando, trovandosi all’interno della cabina della citata barca, condotta in navigazione dal Ba., veniva violentemente sbalzato in aria, con conseguente forte ricaduta a terra, a causa di due grosse onde anomale, che facevano sobbalzare la barca, che viaggiava a forte velocità; che, in conseguenza del sinistro, aveva riportato lesioni personali con postumi permanenti nella misura del 15%; che l’incidente era da ascriversi alla colposa condotta del conducente, il quale viaggiava a velocità sostenuta e non si avvedeva delle onde anomale.

I convenuti, costituitisi in giudizio, resistevano alla domanda, chiedendone il rigetto, siccome infondata.

La causa veniva istruita mediante prova testimoniale e c.t.u. medico – legale e, all’esito, decisa con la sentenza n. 326/2008, di rigetto della domanda attorea, per non avere l’attore provato “l’imputabilità dell’evento dannoso al convenuto”.

Premessa la sussumibilità della fattispecie sub art. 414 cod. nav. – secondo il quale vi è responsabilità del conducente solo quando il danneggiato provi il dolo o la colpa grave del vettore – il primo giudice aveva ritenuto che, nella specie, siffatto onere non fosse stato adempiuto, essendo piuttosto emerso che il Ba. procedeva a “velocità normale”, mentre l’attore teneva un comportamento negligente e imprudente, in quanto si trovava sottocoperta ed in posizione di precario equilibrio.

Gi.Ed. impugnava la citata pronuncia con atto di appello notificato il 31.3.2008, chiedendone la riforma per i seguenti motivi: a) erroneo inquadramento della fattispecie sub art. 414 cod. nav.; b) erronea valutazione in ordine alla prova liberatoria offerta dal Ba.; c) inesistenza del caso fortuito.

Ba.Ga. e la Ca. S.p.A. (succeduta alla Le.) si costituivano tardivamente in lite, resistendo al gravame, del quale chiedevano il rigetto.

Acquisito il fascicolo di primo grado, la causa veniva decisa con sentenza n. 627 del 23/02/2012, con la quale la Corte, nell’accogliere il primo motivo di gravame, relativo all’inapplicabilità, al caso di specie, dell’art. 47 L. 50/1971 (per cui la domanda risarcitoria doveva essere valutata ai sensi dell’art. 2054 comma 1 c.c.), rigettava i restanti motivi di impugnazione, ritenendo vinta la prova liberatoria da parte del Ba. e provata la responsabilità del danneggiato “che si è combinata con il fortuito verificarsi di onde anomale”.

Avverso tale pronuncia il Gi. ha proposto ricorso per cassazione.

Con sentenza n. 8054 del 21.4.2016 la III Sezione Civile della Suprema Corte ha accolto il ricorso, e cassato la sentenza della Corte di Appello di Napoli n. 627/2012, rinviando al giudice di secondo grado, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Con atto di citazione in riassunzione del 27.4.2016, Gi.Ed. ha dato impulso al giudizio di rinvio, chiedendo il nuovo esame dell’appello proposto avverso la sentenza di primo grado.

Si sono costituiti tempestivamente Ba.Ga. e la Am. S.p.a, succeduta alla Ca., resistendo al gravame e chiedendone il rigetto.

La causa è stata rinviata per la precisazione delle conclusioni all’udienza del 25.09.2018, quindi riservata in decisione con concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’appello è fondato e deve trovare accoglimento.

Preliminarmente, va respinta l’eccezione di inammissibilità, per genericità, dell’atto di riassunzione, formulata da Ba.Ga. nella propria comparsa di costituzione.

In esso è adeguatamente specificata la domanda di merito mediante integrale richiamo dell’appello a suo tempo proposto avverso la sentenza di primo grado.

Parimenti inammissibile è la formulata istanza di riesame dell’applicabilità dell’art. 414 cod. nav. alla fattispecie al vaglio, trattandosi di questione coperta dal giudicato di legittimità.

Nel merito, in ossequio ai principi di diritto enunciati dalla Suprema Corte nella sentenza di rinvio, cui occorre uniformare la decisione ex art. 384 co. 2 c.p.c., va preliminarmente chiarito che, come evidenziato dai Supremi Giudici, il corretto inquadramento della fattispecie al vaglio sub art. 2054 c.c. importa la necessità di applicare i principi costantemente affermati in tema di circolazione stradale, certamente estensibili anche alla circolazione dei natanti, per cui:

“qualora la messa in circolazione del veicolo in condizioni di insicurezza sia collegabile all’azione ed omissione non solo del trasportato, ma anche del conducente (che prima di iniziare o proseguire la marcia deve controllare che essa avvenga in conformità delle normali norme di prudenza e sicurezza), fra costoro si è formato il consenso alla circolazione medesima con consapevole partecipazione di ciascuno alla condotta colposa dell’altro ed accettazione dei relativi rischi; pertanto si verifica un’ipotesi di cooperazione nel fatto colposo, cioè di cooperazione nell’azione produttiva dell’evento (diversa da quella in cui distinti fatti colposi convergano autonomamente nella produzione dell’evento); in tale situazione, a parte l’eventuale responsabilità verso terzi, secondo la disciplina dell’art. 2054 c.c., deve ritenersi risarcibile, a carico del conducente del suddetto veicolo e secondo la normativa generale degli artt. 2043, 2056, 1227 c.c., anche il pregiudizio all’integrità fisica che il trasportato abbia subito in conseguenza dell’incidente, tenuto conto che il comportamento dello stesso, nell’ambito della indicata cooperazione, non può valere ad interrompere il nesso casuale fra la condotta del conducente ed il danno, né ad integrare un valido consenso alla lesione ricevuta, vertendosi in materia di diritti indisponibili” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 4993 dell’11 marzo 2004; conf.: Sez. 3, Sentenza n. 11947 del 22 maggio 2006; Sez. 3, Sentenza n. 18177 del 28 agosto 2007; Sez. 3, Sentenza n. 23851 del 18 settembre 2008; Sez. 3, Sentenza n. 10526 del 13 maggio 2011; Sez. 3, Sentenza n. 11698 del 26 maggio 2014).

Va esclusa, poi, contrariamente a quanto statuito nella sentenza cassata, l’applicabilità alla fattispecie della disposizione di cui al secondo comma dell’art. 1127 c.c. (a tenore del quale “Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza”), sia perché inconferente rispetto all’accertamento del nesso di causalità materiale tra condotta del danneggiante ed evento (“mentre si tratta di una disposizione che riguarda il nesso di causalità giuridica tra l’evento lesivo e i danni riportati dalla vittima”: così nella sentenza di rinvio), sia perché, trattandosi di eccezione in senso stretto, essa non è applicabile in assenza di eccezione di parte, quivi non proposta (né proponibile, attesa la tardiva costituzione delle parti appellate nel giudizio definito con la sentenza cassata).

In ossequio all’indirizzo interpretativo tracciato dalla Suprema Corte, vanno, dunque, verificati, in concreto, la sussistenza ed i termini della responsabilità del conducente e del trasportato per la loro cooperazione colposa nell’azione produttiva dell’evento, non potendosi attribuisce all’esperienza del danneggiato nel campo della navigazione (ipotizzata dalla Corte nella sentenza cassata “con sillogismo privo di ogni plausibile logica e ragionevolezza”: così la sentenza di rinvio) un rilievo esimente della responsabilità del conducente, per non aver imposto al trasportato l’osservanza delle ordinarie norme di prudenza e sicurezza prima di affrontare la navigazione stessa.

Tale indagine va condotta sulla base del complessivo corredo istruttorio del giudizio di primo grado, tenendo conto, cioè, oltre che delle risultanze della prova testimoniale raccolta (sicuramente favorevole al convenuto Ba. in merito alle circostanze della navigazione a velocità non elevata e alla mancanza di certezza in ordine all’impatto della barca con onde anomale: cfr. la deposizione, sul punto, della teste Cu., che non ricorda la circostanza, come riportata nella sentenza di primo grado), anche delle risultanze della prova documentale offerta dall’attore, la cui analisi è stata pressoché pretermessa nelle precedenti pronunce di merito.

Ed invero, va, senza dubbio, riconosciuto valore confessorio al documento sottoscritto da Ba.Ga. (che non ha reso l’interrogatorio deferito nel corso del giudizio di primo grado), mai disconosciuto dal medesimo, inviato alla propria compagnia assicurativa in data 20 giugno 2000 (doc. 5 in produzione attorea di primo grado), nel quale si legge testualmente: “… in data 11/06/2000 verso le ore 16.00, al largo del Porto di Salerno, improvvisamente si imbatteva in grosse onde anomale le quali facevano fortemente sobbalzare l’imbarcazione.

Nell’impatto della barca con le onde una persona trasportata subiva lesioni alla colonna vertebrale”.

La circostanza che l’imbarcazione abbia sobbalzato “fortemente” nell’impatto con le “onde anomale” può dunque ritenersi pacifica, e, peraltro, nemmeno contestata dalla compagnia assicurativa nelle proprie articolazioni istruttorie (si confrontino i capitoli di prova articolati dalla Le. nella memoria istruttoria II termine art. 184 c.p.c.: in atti del primo grado).

Deve osservarsi, in diritto, che il 1 comma dell’art. 2054 c.c. pone a carico del conducente di un veicolo senza guida di rotaie l’obbligo di risarcire il danno cagionato, salvo provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.

La norma ribadisce, dunque, che l’illecito che sanziona è colposo ma, rispetto all’ordinario regime della responsabilità aquilana, è il danneggiante che deve dimostrare l’assenza di colpa; inoltre, la dimostrazione gli è consentita unicamente offrendo la prova liberatoria specifica che la disposizione contempla.

E’ pacifico che il caso fortuito, per vincere la presunzione di responsabilità dell’art. 2054 c.c., debba rappresentare un fattore causale dell’evento che esula completamente dalla condotta in facendo od omettendo dell’agente.

Come già rammentato, qualora la messa in circolazione del veicolo in condizioni di insicurezza sia ricollegabile all’azione od omissione non solo del trasportato, ma anche del conducente, tra costoro si è formato il consenso alla circolazione medesima, con consapevole cooperazione nel fatto colposo.

In tale situazione, il comportamento del trasportato, nell’ambito della indicata cooperazione, non può valere ad interrompere il nesso causale tra la condotta del conducente ed il danno, né ad integrare un valido consenso alla lesione ricevuta, vertendosi in materia di diritti indisponibili (Cass. 11/3/2004 n. 4993 Foro It. 2004, I, 3129 relativa al mancato uso delle cinture di sicurezza da parte del trasportato).

Il conducente del veicolo è, infatti, obbligato, in base alla regole della comune diligenza e prudenza, ad esigere che il passeggero indossi la cintura di sicurezza (rectius: non sosti sottocoperta in navigazione) e, in caso di sua renitenza, a rifiutarne il trasposto o ad omettere l’intrapresa della marcia (Cass. Pen. 27/9/1996 n. 9904, Foro IT. rep. 1997).

Nella specie, il Ba., in quanto conducente/proprietario dell’imbarcazione, è responsabile del sinistro ex art. 2054 c.c., in primis perché il buon governo del natante non può essere pregiudicato dall’impatto con onde anomale, che costituisce evenienza non eccezionale nella prassi della navigazione; cosicché il forte sobbalzo subito dalla barca nel caso di specie è senz’altro indicativo dell’imperizia del conducente nell’affrontare e superare le predette onde. Il Ba. non si è avveduto della presenza di grosse onde anomale, non ha ridotto la velocità e/o la direzione del natante per ammortizzare l’impatto, e ne ha, così, provocato il forte sobbalzo con conseguente spinta verso l’alto e contraccolpo dei passeggeri.

La responsabilità del Ba. discende, poi, dall’inosservanza dell’obbligo giuridico di non intraprendere la navigazione in condizione di insicurezza, senza avere, cioè, previamente verificato che tutti i trasportati, a prescindere dalla loro personale esperienza nautica, non si trovassero in coperta. Egli non aveva ottemperato all’obbligo di invitare il Gi. a salire in coperta, e, in caso di rifiuto di costui, di evitare di intraprendere la navigazione.

La responsabilità del Ba. rispetto alla causazione dell’evento lesivo non è, peraltro, esclusiva.

Sussiste, invero, una cooperazione colposa del danneggiato nell’azione produttiva dell’evento, ravvisabile nell’imprudente condotta, da costui consapevolmente tenuta, di stazionare in coperta durante la navigazione, con conseguente ragionevole aggravio delle conseguenze lesive dell’impatto dell’imbarcazione con le onde anomale, stimabile in misura non inferiore al 50%.

Tanto deve argomentarsi in virtù della considerazione che tutti gli altri passeggeri, che si trovavano all’esterno del natante, non subirono alcuna conseguenza lesiva per effetto del sobbalzo.

Circa il quantum debeatur, dalla c.t.u. espletata in primo grado – corretta dal punto di vista logico e tecnico e, pertanto, pienamente condivisibile – è emerso che il Gi., a seguito del sinistro, ha riportato “frattura con schiacciamento della prima vertebra lombare, un uno ad una riferita frattura parziale dell’incisivo centrale inferiore sinistro” (cfr. CTU).

Le lesioni accertate hanno determinato una temporanea invalidità pari ad un totale di giorni 90, dei quali giorni 30 di I.T.T. al 100%, giorni 30 di I.T.P. al 50% e giorni 30 di I.T.P. al 25%.

In conseguenza del trauma sofferto al danneggiato è residuato un pregiudizio all’integrità psico – fisica (danno biologico permanente) stimato nella misura del 10%, senza compromissione della capacità lavorativa specifica (di avvocato).

Pertanto, tenuto conto delle accertate invalidità, dell’età al momento del fatto, del periodo di convalescenza e di immobilizzazione, applicate – attesa l’entità del pregiudizio accertatole Tabelle del Tribunale di Milano aggiornate all’anno 2018, stimasi equo liquidare, per il complessivo risarcimento del danno non patrimoniale biologico, il complessivo importo di Euro 30.956,50, così suddiviso:

a) per danno biologico da I.T.T. per giorni 30 Euro 2.940,00;

b) per danno biologico da I.T.P. al 50% per giorni 30 Euro 1.470,00;

c) per danno biologico da I.T.P. al 25 % per giorni 30 Euro 735,00;

c) per 10 punti percentuali di danno biologico permanente Euro 23.465,00, aumentati del 10% per la personalizzazione – in ragione del periodo di riabilitazione affrontato (cfr. c.t.u. pag.

3) e della verosimile incidenza dei postumi sulla capacità lavorativa generica, così per un totale di Euro 25.811,50.

Le spese mediche documentate e giustificate ammontano ad Euro 160,00.

Nulla spetta per le spese preventivate dal c.t.u. per la protesi dentaria, in assenza di prova certa sia della riconducibilità della lesione all’evento per cui è lite (cfr. c.t.u. pag.

5) sia del loro effettivo, successivo, esborso.

Nulla spetta, infine, a titolo di rimborso per le spese di collaborazione professionale asseritamente sostenute durante il periodo di inabilità, in assenza di prova del loro effettivo esborso.

Le somme indicate vanno decurtate del 50%, in ragione della argomentata cooperazione colposa del danneggiato nella produzione dell’evento, ai sensi dell’art. 1227 co. 1 c.c..

Vanno, poi, attribuiti al Gi. gli interessi al saggio legale in vigore anno per anno dalla data del fatto lesivo (11.6.2000) sino alla data di pubblicazione della presente sentenza sull’importo di Euro 15.478,25 (risultante dalla riduzione del 50% dell’importo liquidato per il risarcimento del danno non patrimoniale biologico), svalutato in base agli indici Istat fino alla data dell’accadimento lesivo ed ogni anno rivalutato secondo i medesimi indici (quale lucro cessante consistente nel pregiudizio subito dal danneggiato per la ritardata corresponsione dell’importo dovuto a titolo risarcitorio e secondo i criteri di liquidazione di cui alla sentenza delle S.U. della Suprema Corte 17.2.1995 n. 1712).

Vanno attribuiti gli interessi al saggio legale sull’importo di Euro 80,00 (risultante dalla riduzione del 50% dell’importo liquidato a titolo di rimborso spese mediche) dall’epoca dell’esborso alla data di pubblicazione della sentenza.

Dalla data di pubblicazione della sentenza sulle somme complessivamente determinate decorreranno gli interessi al saggio legale e fino all’effettivo soddisfo, in quanto dalla pronuncia della sentenza, con la trasformazione dell’obbligazione di valore in debito di valuta, sono dovuti gli ulteriori interessi al saggio legale (Cass. 1999/13463 e 1998/4030).

Le spese di lite del primo grado, del secondo grado, del giudizio di cassazione e del presente giudizio di rinvio, compensate per metà in ragione della accertata cooperazione colposa rispetto alla produzione dell’evento lesivo, seguono per il residuo la soccombenza, e vanno liquidate come da dispositivo a carico delle parti appellate in solido, con attribuzione.

Le spese della c.t.u. espletata in primo grado, liquidate dal primo giudice, vanno poste definitivamente a carico delle parti appellate in solido, con onere di rimborso a controparte di quanto eventualmente anticipato a tale titolo.

P.Q.M.

La Corte di Appello, definitivamente pronunciando, sull’appello proposto avverso la sentenza n. 326/2008 del Tribunale di Avellino del 3.3.2008, così provvede:

– accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, condanna Ba.Ga. e la Am. Ass.ni S.p.a., in solido, al pagamento, in favore di Gi.Ed., della somma di Euro 15.478,25 a titolo di indennizzo per il danno non patrimoniale subito in conseguenza del sinistro occorsogli in data 11.6.2000, oltre gli interessi al saggio legale in vigore anno per anno dalla data del fatto lesivo sino alla data di pubblicazione della presente sentenza sull’importo svalutato in base agli indici Istat fino alla data dell’accadimento lesivo ed ogni anno rivalutato secondo i medesimi indici, nonché della somma di Euro 80,00, a titolo di rimborso spese mediche sostenute, oltre interessi al saggio legale dall’epoca dell’esborso alla data di pubblicazione della presente sentenza, oltre ulteriori interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino all’effettivo soddisfo;

– compensa per metà le spese processuali reciprocamente sostenute, e condanna le parti appellate, in solido, a rifondere a Gi.Ed. le residue spese processuali, che liquida, già decurtate della metà: in Euro 300,00 per esborsi ed Euro 1.300,00 per onorari per il primo grado; in Euro 422,00 per esborsi ed Euro 2.200,00 per onorari per il secondo grado; in Euro 538,00 per esborsi ed Euro 1.500,00 per onorari per il giudizio di legittimità, ed Euro 422,00 per esborsi ed Euro 2.200,00 per onorari per il presente giudizio di rinvio, oltre rimborso spese forfetarie in misura del 15%, oltre ulteriori accessori come per legge, con attribuzione ai procuratori anticipatari, avv.ti Ed.Gi. e Ro.Me.;

– pone definitivamente a carico delle parti appellate, in solido, le spese della c.t.u. espletata in primo grado, con onere di rimborso a controparte di quanto eventualmente anticipato a tale titolo.

Così deciso in Napoli l’8 gennaio 2019.

Depositata in Cancelleria l’11 gennaio 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.