l’aliud pro alio si configura sia quando la cosa consegnata appartenga ad un genus diverso rispetto a quello pattuito, sia quando essa manchi delle specifiche qualità necessarie per assolvere alla funzione economico sociale naturale ovvero a quella assunta dalle parti nel programma negoziale; in particolare, quindi,  non è necessario che la cosa consegnata sia completamente difforme da quella prevista dal contratto, in quanto appartenente ad un genere del tutto diverso, ma è sufficiente che essa sia priva delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell’acquirente o abbia difetti che la rendano inservibile, o ancora che risulti compromessa la destinazione del bene all’uso che abbia costituito elemento determinante per l’offerta di acquisto.

Tribunale Pavia Sezione 3 Civile Sentenza 27 aprile 2019 n. 752

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di PAVIA

SEZIONE TERZA CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Renato Cameli

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. r.g. 7954/2015 promossa da:

(…) (P.I. (…)), in persona del legale rappresentante sig.ra (…), e la medesima personalmente (c.f. (…)) elettivamente domiciliati in Pavia Achille (…) presso lo studio dell’avv. Fa.Ar. che li rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avv. Le.Gu. come da procura a margine dell’atto di citazione e che hanno dichiarato di voler ricevere comunicazioni come in atti

ATTORE/OPPONENTE

contro

(…) (C.F. (…)), elettivamente domiciliato in (…), presso lo studio dell’avv. Gi.Ro., che lo rappresenta e difende giusta delega in calce della comparsa di costituzione e risposta, e che ha dichiarato di volere ricevere comunicazioni come in atti

CONVENUTO/OPPOSTO

Svolgimento del processo

Con atto di citazione ritualmente notificato, la (…) s.r.l. semplificata e (…), convenivano in giudizio (…) proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso da Tribunale di Pavia nell’ambito del procedimento r.g. 6553/2015 in data 30.10.2015 e depositato l’11.11.2015, con cui era stato ingiunto di pagare alla predetta società e alla sig.ra (…) la somma di Euro 93.000,00 oltre interessi, e spese a titolo di residuo di un corrispettivo per un contratto di acquisto di azienda commerciale.

Gli attori a fondamento della propria domanda, evidenziavano in particolare che: la società (…) aveva acquistato l’azienda di proprietà del sig. (…) in data 28.11.2014 al prezzo convenuto di Euro110.000, di cui Euro50.000 per l’avviamento ed Euro 60.000 per il valore delle attrezzature; aveva già corrisposto Euro17000; le attrezzature erano tuttavia gravemente viziate e in particolare, nelle celle frigorifere mancava una porta, la friggitrice a gas, la lavastoviglie e la cappa di aspirazione non erano funzionanti; si era resa necessaria una profonda pulizia del locale; sussistevano i presupposti per formulare eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c.; i vizi integravano l’ipotesi di aliud pro alio e quindi erano idonei a giustificare una pronuncia di risoluzione ex art. 1453 c.c., ovvero, in via alternativa a configurare una violazione della garanzia per vizi ex artt. 1490 e 1497 c.c.; in ogni caso, non era stata formalizzata la decadenza del beneficio del termine nei confronti della sig.ra (…) e pertanto il decreto ingiuntivo doveva essere revocato, almeno nei suoi confronti; a causa dell’inadempimento del sig. (…), gli attori aveva subito un mancato guadagno per l’importo di Euro30.000 e, pertanto, formulavano domanda riconvenzionale sul punto.

Si costituiva il sig. (…) contestando quanto ex adverso dedotto eccependo preliminarmente la decadenza e la prescrizione dell’azione ex art. 1495 c.c. e, nel merito, deducendo che: i vizi delle celle frigorifere non erano imputabili al titolare dell’azienda ma al proprietario dell’immobile; le ulteriori attrezzature erano comunque funzionanti né era configurabile aliud pro alio; il locale era rimasto aperto fino ad aprile 2015; il mancato guadagno era conseguente all’inesperienza dell’alienante ; la sig.ra (…), quale fideiussore, era stata correttamente avvertita del mancato pagamento della (…) e comunque era consapevole della gravità della situazione economica.

All’esito della prima udienza era rigettata l’istanza di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo ed erano assegnati i termini ex art. 183 sesto comma c.p.c.; all’esito dell’udienza ex art. 184 c.p.c. era emessa ordinanza ex art. 186 ter c.p.c. nei confronti della (…) e della sig.ra (…) per l’importo ridotto di Euro30.600,00

Depositate le memorie ex art. 183 sesto comma c.p.c., la causa era istruita mediante acquisizione della documentazione prodotta dalle parti, esame dei testimoni ed interrogatorio formale; dopo un rinvio dovuto alla necessità di consentire la costituzione eventuale di nuovo difensore, all’udienza del 28 febbraio 2019, i difensori delle parti insistevano nelle rispettive conclusioni; e il giudice tratteneva la causa in decisione assegnando termini ridotti ai sensi dell’art. 190 secondo comma comma c.p.c. per il deposito delle memorie conclusionali e delle repliche.

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

In via generale ai sensi dell’art. 2697 c.c. “Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda.”; secondo l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato sull’interpretazione di tale articolo, ” il creditore dovrà provare i fatti costitutivi della pretesa, cioè l’esistenza della fonte negoziale o legale del credito e, se previsto, il termine di scadenza, e non anche l’inadempimento, mentre il debitore dovrà eccepire e dimostrare il fatto estintivo dell’adempimento” (in termini Cass. Sez. Unite 30.10.2001 n. 13533).

Alla luce dell’orientamento in tema di onere probatorio, gravava anzitutto sul sig. (…), convenuto ma attore in senso sostanziale, provare in sede di giudizio il contenuto del rapporto negoziale instaurato con (…) e la sig.ra (…).

Il convenuto ha assolto al proprio onus probandi: segnatamente, anzitutto, costituisce circostanza pacifica, oltre che debitamente documentata, che, in data 28.11.2014 , con atto a rogito (…) (rep. (…) racc. (…)) il sig. (…) cedeva alla (…) s.r.l. semplificata l’azienda commerciale corrente sotto la ditta “(…) di (…)” per l’importo complessivo di Euro110.000 (doc. 1 parte attrice opponente e doc.1 fascicolo monitorio) ; parimenti pacifico e non contestato, e quindi da considerarsi provato ex art. 115 c.p.c., che la (…) provvedeva al pagamento parziale di Euro17.000, residuando pertanto un debito pari a Euro93.000,00

Premessa pertanto la prova del rapporto negoziale nonché dell’importo ancora astrattamente dovuto a carico dell’acquirente e della sig.ra (…), quale coobbligata in solido, a fronte delle reciproche deduzioni ed eccezioni, questione preliminare risulta essere l’inquadramento giuridico dei vizi dedotti da parte attrice e segnatamente, la configurabilità o meno degli stessi quali fattispecie di aliud pro alio.

In via generale e in punto di diritto, come rilevato nella recente giurisprudenza, l’aliud pro alio si configura sia quando la cosa consegnata appartenga ad un genus diverso rispetto a quello pattuito, sia quando essa manchi delle specifiche qualità necessarie per assolvere alla funzione economico sociale naturale ovvero a quella assunta dalle parti nel programma negoziale; in particolare, quindi, ” non è necessario che la cosa consegnata sia completamente difforme da quella prevista dal contratto, in quanto appartenente ad un genere del tutto diverso, ma è sufficiente che essa sia priva delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell’acquirente o abbia difetti che la rendano inservibile, o ancora che risulti compromessa la destinazione del bene all’uso che abbia costituito elemento determinante per l’offerta di acquisto” (in termini Cass. 26.09.2014, n. 20376; recentemente Cass. 24.4.2018 n. 10045; cfr. Cass.,13.9.2013, n. 20996; Cass.11.11.2008, n. 26953; Cass.5.3.2007, n. 5066)

Nel particolare settore della vendita di azienda, la giurisprudenza ha individuato ipotesi di cessione aliud pro alio in caso, ad esempio, di difetto di autorizzazione commerciale per l’attività economica oggetto dell’azienda stessa ovvero di deficit del processo produttivo particolarmente grave da pregiudicare l’ordinaria funzionalità della stessa azienda; parimenti si ritengono integrati i presupposti di tale fattispecie allorquando i beni consegnati e costituenti il complesso aziendale sono non soltanto “difformi”, ma anche assolutamente privi delle capacità funzionali a soddisfare i bisogni dell’acquirente e, quindi, “radicalmente diversi” da quelli pattuiti (in quest’ultimo senso cfr. Cass., 20.02.2004, n.3370) ovvero qualora i beni non siano di fatto commerciabili, ovvero qualora il valore per le riparazioni dei vizi sia notevolmente superiore rispetto a quello dei beni oggetto di cessione ; analogamente, nel settore degli immobili, la medesima giurisprudenza ha qualificato, come ipotesi tipica di aliud pro alio, la cessione di una casa priva del certificato di agibilità ovvero dei requisiti strutturali previsti in sede legislativa per il rilascio del relativo certificato: soltanto in tali casi, ovvero quando difetti il requisito dell’abitabilità, il bene immobile scambiato non assolve alla propria funzione economico-sociale e, quindi, risulta esperibile un’azione di risoluzione del contratto di compravendita ex art. 1453 c.c. , soggetta a termine decennale di decadenza (ex multis Tribunale Lucca,. 10/07/2015, n.1284; Trib. Taranto 4.1.2016; Trib. Arezzo 10.1.2014; Trib. Milano sez. XIII 31.7.2013; Trib. Salerno 18.3.2013)

Premesso tale orientamento giurisprudenziale, nel caso di specie, i vizi dedotti da parte attrice, pur laddove dimostrati, non risulterebbero comunque idonei a configurare, neanche astrattamente, la fattispecie di aliud pro alio.

In primo luogo, i presunti difetti allegati e individuati nella relazione tecnica prodotta sono relativi ad elementi particolari e specifici del complesso aziendale che, sia pure rilevanti, purtuttavia non precludono la complessa funzionalità dell’azienda stessa: segnatamente, la cappa di aspirazione fumi, presenterebbe soltanto un problema concernente il motore elettrico, dovuto alla presenza di grasso, risolvibile, secondo la stessa perizia dell’opponente, in 4 ore di intervento e due operai ; in secondo luogo, la friggitrice a gas e la lavastoviglie, secondo la comune esperienza, risultano essere beni mobili facilmente e tempestivamente sostituibili mediante reperimento di prodotti analoghi sul mercato; in terzo luogo, in relazione alle celle frigorifere, la dedotta assenza di una porta (pur volendola ritenere imputabile al titolare dell’azienda e non al proprietario dell’immobile) non preclude ex se la refrigerazione (almeno in relazione a tutte le celle frigorifere) e non implica, sic et simpliciter la difformità rispetto alla normativa vigente; tale difetto comunque, risulta facilmente superabile mediante predisposizione di nuovo infisso in tempi brevi ; alcun rilievo assume, infine sul punto, la sporcizia dei locali, in quanto elemento tipicamente transeunte e non rappresentativo di alcun vizio strutturale o funzionale(doc. 3 parte attrice).

In secondo luogo, sotto ulteriore profilo, non è allegato né dedotto alcun problema specifico particolarmente grave tale da essere preclusivo o, quanto meno, pregiudizievole in modo determinante in merito all’esercizio dell’attività commerciale oggetto dell’azienda (ristorazione) quale ad esempio, il difetto di autorizzazione commerciale ovvero la non salubrità degli ambienti; a quest’ultimo proposito, nella relazione peritale allegata , è dedotta la non conformità alla normativa vigente delle celle frigorifere: tale deduzione è tuttavia formulata in modo estremamente generico (non essendo specificata né la normativa violata né in cosa consista detta violazione), difettando altresì documentazione amministrativa a supporto (verbali A., certificazione delle autorità amministrative competenti etc.); parimenti generica l’eccezione circa l’assenza o comunque il minore avviamento rispetto a quello pattuito (“La stessa attività del locale si era dimostrata sensibilmente inferiore alle aspettative” sic comparsa conclusionale pag.2), senza alcuna puntuale allegazione circa l’andamento dell’attività economica, e quindi inidonea a fondare una fattispecie di aliud pro alio.

In terzo luogo, sul piano strictu sensu economico, in base alle stesse deduzioni di parte attrice, i costi per la riparazione dei vizi e difetti sono stimati in Euro 7.700, oltre IVA a cui aggiungere il prezzo di una porta per cella frigorifera nonché i costi per la pulizia (pari a Euro2000,00) a voler ritenere quest’ultimo aspetto elemento viziante l’azienda ; al contrario, il valore economico complessivo delle attrezzature, come individuato nel contratto di cessione, risulta pari a Euro60.000: la notevole differenza tra il quantum dedotto a titolo di costi di riparazione e il valore effettivo complessivo dei beni costituisce ulteriore elemento per escludere il carattere di aliud pro alio in relazione ai vizi dedotti; in altri termini, costi di riparazione risultano sensibilmente inferiori all’importo dei beni come dedotti in contratto e pertanto, non sono sufficienti ad integrare fattispecie di aliud pro alio.

In quarto luogo, sul piano fattuale, all’esito del giudizio, è dimostrato l’esercizio di attività economica imprenditoriale di ristorazione almeno fino ad aprile 2015 e quindi per circa sei mesi dall’acquisto: tale circostanza risulta confermata da plurime e concordanti dichiarazioni testimoniali ((…) “l’attività era funzionante: si evince dalla pagina (…)” (…) “non ricordo un particolare crollo del fatturato dopo l’acquisizione del ristorante da parte della (…). Confermo che lavorò anche la sera del 31.12.2014) nonché dalle pagine pubblicitarie su (…) (doc. 6 e doc. 9 parte convenuta): parte attrice non ha disconosciuto il contenuto degli estratti internet.

In ragione di quanto esposto si esclude la configurabilità, nel caso in esame, della fattispecie di aliud pro alio: risulta viceversa applicabile la disciplina giuridica prevista per la garanzia dei vizi e difetti del bene oggetto di compravendita; pertanto ex art. 1495 c.c. terzo comma, secondo periodo “il compratore che sia convenuto per l’esecuzione del contratto, può sempre far valere la garanzia, purchè il vizio della cosa sia stato denunciato entro otto giorni dalla scoperta e prima del decorso da un anno dalla consegna”

Nel particolare settore della compravendita di aziende, secondo la giurisprudenza di legittimità, l’onere di tempestiva denuncia acquisisce un particolare rilievo al fine di consentire al venditore il controllo del fondamento della contestazione nell’immediatezza del manifestarsi del vizio stesso ed il sollecito e tempestivo apprestamento delle opportune difese ovvero del dovuto rimedio sia allorquando il vizio o difetto incida sul valore del complesso aziendale, sia quando viceversa influisca sul normale processo produttivo o economico (Cass. 9.7.2003 10767).

Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità con riferimento alla fattispecie art. 1495 c.c., qualora sia eccepita la decadenza in relazione al rispetto del termine di denuncia dei vizi , l’onus probandi circa la tempestiva denuncia grava sull’acquirente trattandosi di una condizione per l’esercizio dell’azione redibitoria, risarcitoria o quanti minoris (Cass. 14.05.2008, n.12130 Cass., 12.06.2007, n.13695 Cass. 10.6.1994 n. 5677).

Pertanto, a fronte della formulazione di specifica eccezione di decadenza sul punto da parte del convenuto / venditore, sig. (…), era onere di parte attrice/acquirente (…), dimostrare l’avvenuta denuncia del vizio entro otto giorni dalla scoperta e, comunque prima di un anno dalla consegna.

All’esito del giudizio non risulta dimostrato il rispetto dei termini previsti ex lege, né fini di decadenza (otto giorni) né a fini di prescrizione (un anno).

A riguardo, in via preliminare, gli attori opponenti hanno genericamente allegato una comunicazione telefonica al venditore “dopo tre giorni dalla consegna dell’immobile sito in P. Del (…) (P.), Fraz. (…) n. 30 (e quindi a fine novembre 2014 primi di dicembre 2015″ (sic cap. 1 memoria ex art. 183 sesto comma n2. c.p.c. dichiarato inammissibile per genericità)” senza puntuale specificazione né della data della presa in consegna dell’immobile stesso e dell’azienda né di quella della telefonata: a quest’ultimo proposito la deduzione di pone altresì in parziale contraddizione con la ricostruzione contenuta in atto di citazione in cui viene dedotto come “l’esponente…comunicava immediatamente dopo la consegna, ovvero appena cinque giorni dopo…” (sic atto di citazione pag.3).

In secondo luogo, tale telefonata e il contenuto della medesima non risultano in alcun modo provati: la circostanza è stata espressamente negata dalla teste (…) (“non ricordo alcuna telefonata da parte loro; ADR ricordo solo le telefonate di mio marito per chiedere il pagamento”), oltre che dalla parte personalmente sig. (…) in sede di interrogatorio (“non ho mai ricevuto una telefonata di lamentele tre giorni dopo”); inoltre, il contenuto della telefonata non è stato confermato né da (…) , padre della stessa sig.ra (…) legale rappresentante della (…) e né dal sig. (…), commercialista della (…): entrambi tali soggetti, secondo una valutazione di ragionevolezza, stante il legame con la rappresentante della società, sig.ra (…), avrebbero dovuto essere a conoscenza della denuncia effettuata da quest’ultima ovvero da altro soggetto per suo conto; analogamente, lo stesso sig. (…), autore della relazione indicativa dei presunti vizi dei beni, ha affermato di ignorare la circostanza della telefonata; la sola dichiarazione in senso affermativo è stata resa dal sig. (…): essa tuttavia non risulta attendibile sia in quanto minoritaria, sia in quanto proveniente da soggetto comunque appartenente al medesimo nucleo famigliare dell’attrice (coniuge) sia in quanto priva di riscontri documentali.

In terzo luogo, a quest’ultimo proposito, non è stato prodotto alcun documento (anche solo di valore indiziario, quale lettera, mail o raccomandata) attestante la denuncia dei vizi entro il termine di otto giorni o comunque in prossimità della consegna; parimenti non risulta dimostrato l’invio della perizia contenente l’elencazione dei difetti allegati nell’atto di citazione, anche in fase successiva rispetto agli otto giorni rispetto all’avvenuta consegna.

In altri termini, sul piano documentale, non è dimostrata in fase stragiudiziale alcuna puntuale e formale contestazione in ordine ai presunti e difetti presenti nei beni costituenti il complesso aziendale né nell’immediatezza della consegna e, invero, neanche in fase successiva alla stessa: particolarmente significativo che, pur a fronte di due diffide stragiudiziali formulate dal legale del sig. (…), in data 5.3.2015 e 7.10.2015 (cfr. doc. 3 e 4 fascicolo monitorio) gli attori non abbiano formulato alcuna contestazione formale né richiamato la telefonata di denuncia.

Sotto ulteriore profilo, risulta altresì pacificamente decorso anche il termine annuale previsto dall’art. 1495 c.c.; sul punto è circostanza pacifica che la vendita dell’azienda avveniva in data 28.11.2014 e che la presa di consegna si concretizzava “a fine novembre 2014 primi di dicembre 2015”, come dedotto nella stessa memoria ex art. 183 sesto comma n2 di parte attrice

Al contrario l’atto di citazione, contenente la prima puntuale elencazione dei vizi, era notificato il 22.12.2015: la notifica dell’atto introduttivo del giudizio pertanto avveniva pacificamente oltre il termine annuale previsto ex art. 1495 c.c. senza peraltro aver dimostrato alcuna contestazione formale dei vizi in fase precedente.

In definitiva, in ragione di quanto esposto, risulta fondata l’eccezione di decadenza e prescrizione formulata dal convenuto e pertanto il motivo principale dell’opposizione risulta infondato.

Parte attrice formula ulteriore eccezione in via subordinata circa la presunta mancata escussione del debitore principale, (…), e la mancata dichiarazione di decadenza dal beneficio del termine nei confronti della sig.ra (…): anche tale eccezione risulta infondata.

Nella fattispecie in esame è circostanza pacifica oltre che debitamente documentata come in data 28.11.2014 la sig.ra (…) si obbligava , personalmente e in solido con la società, ad assolvere alle obbligazioni della (…) mediante sottoscrizione di scrittura privata(doc.2 allegato al fascicolo monitorio); la sottoscrizione non è stata disconosciuta e quindi, si considera riconosciuta ex art. 215 c.p..c; risulta altresì infondata e comunque irrilevante la deduzione circa il difetto di data certa in quanto si fa espresso riferimento al contratto di cessione dell’azienda, stipulato per atto pubblico in data 28.11.2014.

In via generale e in punto di diritto, il beneficio della previa escussione del debitore principale deve essere esplicitamente previsto in sede contrattuale ex art. 1944 secondo comma c.c.

Nella scrittura privata, viceversa, non era espressamente previsto il beneficium excussionis a vantaggio della (…) e pertanto, stante il carattere speciale di tale disciplina, deve escludersi la sussistenza di un obbligo a carico del (…) di procedere ad escussione nei confronti della (…).

In ogni caso, anche a voler accedere alla ricostruzione di parte attrice, secondo la disciplina contenuta nell’art. 1944 secondo comma c..c “il fideiussore, che sia convenuto dal creditore e intenda valersi del beneficio dell’escussione, deve indicare i beni del debitore principale da sottoporre ad esecuzione. Salvo patto contrario, il fideiussore è tenuto ad anticipare le spese necessarie.”

Al contrario, nel caso in esame, la sig.ra (…) non ha indicato alcun bene , mobile o immobile, di proprietà della debitrice principale su cui avviare l’esecuzione da parte del convenuto sig. (…).

Parimenti infondata l’ulteriore deduzione circa la mancata comunicazione di decadenza del beneficio del termine; al contrario è dimostrato per tabulas che il (…), inviava una raccomandata in data 05.03.2015 (doc. 3 della fase monitoria), sia alla società (…) S.r.l., sia personalmente alla sig.ra (…), in cui dopo aver evidenziato l’inadempimento dell’obbligo di corrispondere il prezzo, avvertiva che “Il mancato pagamento di cui sopra costituisce grave inadempimento da parte Vostra che, se dovesse persistere con riferimento alle successive scadenze, potrà comportare una decadenza del beneficio del termine e … si agirà nei confronti della sig.ra (…), alla quale la presente è altresì diretta”. ; tale raccomandata, ritualmente trasmessa, non era ritirata dalla sig.ra (…) (doc. 7)

A tale missiva, in data 07.10.2015, seguiva la trasmissione di PEC, dove si evidenziava nuovamente la decadenza dal beneficio del termine dell’opposta (doc. 4)

In definitiva, l’ulteriore motivo di opposizione risulta infondato.

In ragione di quanto esposto la domanda di parte attrice opponente risulta infondata e il decreto ingiuntivo n. 2794/2015 N.R.G. 6553/2015 emesso dal Tribunale di Pavia viene confermato e dichiarato definitivamente esecutivo

Le spese seguono la soccombenza e sono addebitate sugli attori opponenti rimasta soccombente ex art. 91 c.p.c.

I compensi sono liquidati come da nota spese depositata dal procuratore di parte convenuta in quanto conforme al D.M. n. 55 del 2014 tenuto conto del valore , della complessità della controversia risultando quindi pari a Euro13430,00 oltre spese generali al 15% iva e c.p.a.

P.Q.M.

Il Tribunale di Pavia, in persona del dott. Renato Cameli definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

I) Accoglie, perché fondata, l’eccezione preliminare di decadenza e prescrizione formulata da parte convenuta (…) (c.f. (…)) e , per l’effetto, conferma il decreto ingiuntivo n. 2794/2015 N.R.G. 6553/2015 emesso il 30.10.2015 e depositato l’11.10.2015 dal Tribunale di Pavia, dichiarandolo definitivamente esecutivo;

II)Condanna altresì gli attori in solido (…) (P.I. (…)), in persona del legale rappresentante sig.ra (…), e la medesima personalmente (c.f. (…)) a rimborsare al convenuto (…) le spese di lite, che si liquidano in Euro 13430,00 per compensi, oltre rimborso spese gen. al 15%, c.p.a. e iva.

Così deciso in Pavia il 23 aprile 2019.

Depositata in Cancelleria il 27 aprile 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.