in tema di compravendita, l’obbligazione di garanzia gravante sul venditore discende dal fatto (oggettivo) del trasferimento di un bene affetto da vizi che lo rendano inidoneo all’uso cui e’ destinato o ne diminuiscano in misura apprezzabile il valore, mentre eventuali profili di colpa dell’alienante rilevano, ex articolo 1490 c.c., ai soli, eventuali (e diversi) fini risarcitori. Cosicche’, in caso di immissioni, eccedenti o meno la normale tollerabilita’, la preesistenza del vizio rispetto alla conclusione del contratto di compravendita rende responsabile il venditore per aver alienato un bene oggettivamente affetto da un determinato difetto, senza che rilevi, in contrario, ne’ l’astratta possibilita’ della coesistenza di tale profilo di responsabilita’ con quello, concorrente (ma a diverso titolo), del vicino, ai sensi dell’articolo 844 c.c., ne’ il mancato superamento della soglia di normale tollerabilita’ delle immissioni, poiche’ il predetto limite e’ specificamente stabilito per la proponibilita’ della sola azione ex articolo 844 c.c.

 

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 26 settembre 2018, n. 22909

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 22737 – 2014 R.G. proposto da:

(OMISSIS) s.r.l., – p.i.v.a. (OMISSIS) – in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che congiuntamente e disgiuntamente all’avvocato (OMISSIS) la rappresenta e difende in virtu’ di procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) – c.f. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza della corte d’appello di Trento n. 263 dei 9.7/4.9.2013;

udita la relazione nella camera di consiglio del 3 maggio 2018 del consigliere dott. Luigi Abete.

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

Con atto in data 13.12.2007 (OMISSIS) citava a comparire dinanzi al tribunale di Trento la ” (OMISSIS)” s.r.l.

Esponeva che con rogito del 15.12.2006 aveva acquistato dalla societa’ convenuta un miniappartamento – con annessi garage e cantina – al primo piano di un edificio in (OMISSIS); che l’immobile era affetto da vizi e difetti che ne riducevano il valore.

Chiedeva che la societa’ convenuta fosse condannata a corrisponderle l’importo di Euro 20.000,00 ovvero l’importo maggiore o minore ritenuto di giustizia a titolo di riduzione del prezzo della compravendita o, in alternativa, a titolo di risarcimento del danno; il tutto con gli interessi.

Si costituiva la ” (OMISSIS)” s.r.l..

Instava per il rigetto dell’avversa domanda.

Espletata la c.t.u., acquisito il supplemento peritale, con sentenza n. 666/2012 l’adito tribunale acclarava i lamentati vizi e condannava la societa’ convenuta a corrispondere all’attrice a titolo di riduzione del prezzo la somma di Euro 57.333,55 oltre accessori.

Proponeva appello la ” (OMISSIS)” s.r.l..

Resisteva (OMISSIS).

Con sentenza n. 263/2013 la corte d’appello di Trento accoglieva in parte il gravame e, per l’effetto, in parziale riforma dell’appellata sentenza, in ogni altra parte confermata, condannava la s.r.l. appellante a pagare all’appellata la minor somma di Euro 29.635,62; compensava fino a concorrenza di 1/4 le spese del doppio grado e condannava l’appellante ai residui 3/4.

Evidenziava la corte che non aveva rilievo l’inapplicabilita’, addotta dall’appellante s.r.l., ai rapporti tra privati della L. n. 447 del 1995 e del D.P.C.M. 1 marzo 1991, giacche’ di tale disciplina il primo giudice non aveva fatto applicazione; in ogni caso che siffatta disciplina non era da applicare alla fattispecie; altresi’ che il tribunale correttamente aveva dato atto che nel caso de quo non si faceva questione di immissioni ex articolo 844 c.c., “bensi’ di vizio costruttivo dell’immobile (…)” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 21); dunque che per nulla rilevava riscontrare che le lamentate immissioni di rumore superassero il limite della normale tollerabilita’, limite invero specificamente stabilito per la sola azione ex articolo 844 c.c..

Evidenziava ancora che l’attrice aveva nell’iniziale citazione domandato la condanna della s.r.l. al pagamento di Euro 20.000,00, facendo comunque salva “la maggiore o minore somma che risultera’ di giustizia”, con formula senza dubbio non di stile, giacche’ l’ammontare liquidando era tutt’altro che certo.

Evidenziava ulteriormente che, onde ovviare almeno in parte alle immissioni, il consulente aveva previsto la possibilita’ di un intervento, il cui costo aveva stimato in Euro 4.994,34, oltre i.v.a., sicche’ tale importo era senz’altro da riconoscere all’appellata.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la ” (OMISSIS)” s.r.l.; ne ha chiesto sulla scorta di cinque motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.

(OMISSIS) non ha svolto difese.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’allegato “D”, punto 8, del D.P.G.P. 4 agosto 1992, n. 12.65/Leg., del combinato disposto degli articoli 8, punto 5, e 4 dello Statuto della Regione Trentino – Alto Adige, dell’articolo 9, punto 10, dello stesso Statuto, dell’articolo 117 Cost., commi 3 e 6.

Deduce che la normativa vigente, allorche’ i lavori di ristrutturazione dell’edificio in cui e’ ricompreso il compendio immobiliare alienato alla (OMISSIS) hanno avuto inizio (2005) ed ultimazione (2006), era quella di cui al D.P.G.P. 4 agosto 1992, n. 12.65/Leg., costituente il regolamento di esecuzione della L.P. 18 marzo 1991, n. 6; che a tale complesso normativo occorreva far riferimento onde verificare il rispetto degli indici fonoisolanti.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il vizio di ultra ed extrapetizione, la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, la non applicabilita’ dell’articolo 844 c.c., la violazione del principio di interpretazione estensiva ed analogica di cui all’articolo 12 preleggi; ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 447 del 1995, articolo 2, comma 1, lettera b) e articolo 3, comma 1, lettera e) e dell’articolo 2 e della tabella “B” del D.P.C.M. 5 dicembre 1997; ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dell’articolo 111 Cost., comma 6 per omessa motivazione.

Deduce che l’iniziale attrice non ha esercitato l’azione inibitoria ex articolo 844 c.c.; che viceversa la corte di Trento ha risolto la controversia facendo applicazione dell’articolo 844 c.c., applicazione da essa ricorrente sistematicamente contrastata.

Deduce in pari tempo che la disciplina del caso di specie e’ da rinvenire nella L. n. 447 del 1995 e nel D.P.C.M. 5 dicembre 1997, decreto non piu’ sospeso a seguito ed in dipendenza della sentenza con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale della L. n. 96 del 2010, articolo 15, comma 1, lettera c).

Deduce in ogni caso, con riferimento al rumore proveniente dal vano scala dal passaggio delle persone, che alla stregua della L. n. 447 del 1995 e del D.P.C.M. 5 dicembre 1997 il vano – scala non e’ qualificabile come “ambiente abitativo”, sicche’ il “delta” di rumore contestato puo’ essere ritenuto “intra soglia”; con riferimento al rumore proveniente dallo scarico wc dell’adiacente appartamento, che, da un canto, nessuna immissione “ultra soglia” e’ stata rilevata rispetto alla camera da letto, reale ed effettivo “ambiente abitativo”, dall’altro, che la cucina non costituisce “ambiente abitativo”; con riferimento al rumore proveniente dalla ventola del wc dell’adiacente appartamento, per un verso, che ha errato il c.t.u. a qualificare la ventola in guisa di “impianto continuo”, tanto piu’ che gli adiacenti locali – bagno e cucina – dell’appartamento di (OMISSIS) non possono essere qualificati come “ambienti abitativi”, e, per altro verso, che in corso di causa – come da documentazione acquisita soltanto in data 19.6.2013 e quindi in appello appieno ammissibile – nel bagno adiacente alla cucina della (OMISSIS) e’ stata installata una ventola meno rumorosa che ha “risolto in radice il problema” (cosi’ ricorso, pag. 35).

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 1218, 1226, 1494, 2041 e 2042 c.c.; ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e articolo 111 Cost., comma 6 per omessa motivazione.

Deduce che dal complessivo costo – Euro 4.994,34 – degli interventi prospettati dal c.t.u. vanno espunti l’importo di Euro 1.826,34, per la realizzazione del controsoffitto, e l’importo di Euro 382,00, per l’apposizione di feltri in lana di vetro, trattandosi di precauzioni ad abundantiam, nonche’ l’importo di 500,00, per la eliminazione delle infiltrazioni, per nulla attinenti alle problematiche acustiche.

Deduce che l’impugnata sentenza ha ingiustificatamente duplicato il risarcimento accordato all’originaria attrice; che invero “qualora (…) l’intervento riparatore e’ possibile, il danno non potra’ che essere commisurato al costo dell’intervento stesso” (cosi’ ricorso, pag. 41); che percio’ non si giustifica la riduzione del prezzo in misura pari al 5% del corrispettivo in origine pattuito.

Con il quarto motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 1538, 2041 e 2042 c.c.; ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e n. 4, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e articolo 111 Cost., comma 6 per omessa motivazione.

Deduce che, ancorche’ la vendita sia avvenuta “a corpo”, il valore del garage deve essere scorporato, sicche’ la decurtazione del 5% va eseguita su Euro 173.104,18 e non gia’ su Euro 212.667,75; che l’implicito riferimento all’articolo 1538 c.c. operato dalla corte d’appello non e’ pertinente.

Con il quinto motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il vizio di ultra ed extra petizione, la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, la violazione dell’articolo 112 c.p.c.; ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e articolo 111 Cost., comma 6, per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

Deduce che il c.t.u. ha fornito tutti gli elementi utili perche’ controparte determinasse esattamente il quantum della sua domanda; che dunque la circostanza per cui in sede di precisazione delle conclusioni e’ stato omesso qualsiasi riferimento a specifici importi, rende evidente che la formula utilizzata dalla (OMISSIS) per la quantificazione e’ mera clausola di stile.

Deduce quindi che, in difetto assoluto di domanda, a motivo dell’omesso richiamo all’udienza – del 7.3.2012 – di precisazione delle conclusioni dell’iniziale quantificazione, ovvero, al piu’, a motivo dell’iniziale quantificazione di Euro 20.000,00, la pretesa attorea andava o respinta o, in subordine, accolta nei limiti di Euro 20.000,00.

Il primo ed il secondo motivo di ricorso sono strettamente connessi.

Se ne giustifica pertanto la disamina contestuale.

Ambedue i motivi comunque sono destituiti di fondamento.

Si osserva innanzitutto che i motivi de quibus si risolvono nella sollecitazione all’applicazione di disciplina normativa di cui sia il tribunale sia la corte di merito hanno disconosciuto ineccepibilmente l’applicabilita’ (cfr. Cass. 27.1.2003, n. 1151, secondo cui alla materia delle immissioni sonore o da vibrazioni o scuotimenti atte a turbare il bene della tranquillita’ nel godimento degli immobili adibiti ad abitazione non e’ applicabile la L. 26 ottobre 1995, n. 477, sull’inquinamento acustico, poiche’ tale normativa, come quella contenuta nei regolamenti locali, persegue interessi pubblici, disciplinando, in via generale ed assoluta, e nei rapporti cd. verticali fra privati e la pubblica amministrazione, i livelli di accettabilita’ delle immissioni sonore al fine di assicurare alla collettivita’ il rispetto di livelli minimi di quiete; cfr. Cass. (ord.) 1.2.2011, n. 2319, secondo cui il D.P.C.M. 1 marzo 1991, che, nel determinare le modalita’ di rilevamento dei rumori ed i limiti di tollerabilita’ in materia di immissioni rumorose, al pari dei regolamenti comunali limitativi dell’attivita’ rumorosa, fissa, quale misura da non superare per le zone non industriali, una differenza rispetto al rumore ambientale pari a 3 db in periodo notturno e in 5 db in periodo diurno, persegue finalita’ di carattere pubblico ed opera nei rapporti tra i privati e la P.A.).

E di cui, in verita’, siccome la corte distrettuale ha dato atto, la stessa ” (OMISSIS)” s.r.l. ha prospettato “l’inapplicabilita’ ai rapporti tra privati” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 19; cfr. sentenza d’appello, pag. 21).

Evidentemente, in relazione a tal ultimo profilo, i motivi de quibus non si correlano in forma puntuale alla ratio decidendi.

Si osserva altresi’, con precipuo riferimento al secondo motivo, che e’ da escludere recisamente che la corte territoriale abbia fatto applicazione dell’articolo 844 c.c..

Piuttosto la corte di Trento ha rimarcato – e ben vero in tal guisa ha recepito l’assunto del primo giudice – che nel caso per cui e’ controversia, “non si fa questione di immissioni ex articolo 844 c.c., bensi’ di vizio costruttivo dell’immobile, realizzato in assenza di specifiche barriere per contrastare la trasmissione del rumore” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 21).

Del tutto ingiustificata e’ percio’ la prefigurazione del vizio di ultra ovvero di extra petizione, quale (asseritamente) inficiante l’impugnata sentenza.

Si osserva comunque che la statuizione censurata e’ perfettamente in linea con l’elaborazione – invero puntualmente richiamata dalla corte d’appello – di questa Corte.

Questo Giudice del diritto spiega difatti che in tema di compravendita, l’obbligazione di garanzia gravante sul venditore discende dal fatto (oggettivo) del trasferimento di un bene affetto da vizi che lo rendano inidoneo all’uso cui e’ destinato o ne diminuiscano in misura apprezzabile il valore, mentre eventuali profili di colpa dell’alienante rilevano, ex articolo 1490 c.c., ai soli, eventuali (e diversi) fini risarcitori. Cosicche’, in caso di immissioni, eccedenti o meno la normale tollerabilita’, la preesistenza del vizio rispetto alla conclusione del contratto di compravendita rende responsabile il venditore per aver alienato un bene oggettivamente affetto da un determinato difetto, senza che rilevi, in contrario, ne’ l’astratta possibilita’ della coesistenza di tale profilo di responsabilita’ con quello, concorrente (ma a diverso titolo), del vicino, ai sensi dell’articolo 844 c.c., ne’ il mancato superamento della soglia di normale tollerabilita’ delle immissioni, poiche’ il predetto limite e’ specificamente stabilito per la proponibilita’ della sola azione ex articolo 844 c.c. (cfr. Cass. 22.8.1998, n. 8338).

Nel solco del teste’ riferito insegnamento inappuntabile e’ dunque la specificazione della corte di seconde cure secondo cui “i riferimenti (…) ai livelli differenziali sono stati fatti dal C.Testo Unico ad abundantiam e solo a conferma obiettiva di quella che era indicata come sensazione soggettiva dell’esistenza di un problema di isolamento” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 22).

Nel solco del medesimo insegnamento inoltre non ha rilievo la prospettazione della ricorrente a tenor della quale “il c.t.u. ha poi confermato che se il confronto viene spostato sulla piu’ permissiva normativa provinciale (…) i dati sopra riportati sono conformi anche per le strutture divisorie verticali” (cosi’ ricorso, pag. 15).

Si osserva infine che gli ulteriori profili di censura veicolati segnatamente dal secondo mezzo di impugnazione afferiscono al “giudizio di fatto” cui la corte trentina ha atteso.

Sicche’ si qualificano in relazione al disposto dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, siccome e’ propriamente il motivo di ricorso ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054).

Ovviamente gli asseriti vizi motivazionali rivestono valenza ratione temporis nei limiti della novella formulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (la sentenza impugnata e’ stata depositata il 4.9.2013) e nei termini enunciati dalle sezioni unite di questa Corte con la pronuncia n. 8053 del 7.4.2014.

In quest’ottica si osserva ulteriormente quanto segue.

Da un canto, che e’ da escludere recisamente che taluna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla stregua della teste’ menzionata pronuncia delle sezioni unite – figure tra cui non e’ annoverabile il puro e semplice difetto di “sufficienza” della motivazione – possa scorgersi in relazione alle motivazioni cui la corte d’appello ha ancorato il suo dictum.

In particolare, con riferimento al paradigma della motivazione “apparente” – che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) – la corte distrettuale ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo (la corte ha specificato che i riferimenti di cui agli elaborati del c.t.u. “hanno effettivamente confermato (…) l’esistenza di tal problema, la’ dove si e’ osservato, su sei misurazioni eseguite, il superamento della soglia giurisprudenziale (…) in tutte le situazioni, ad esclusione dello scarico presente al terzo piano (…)”: cosi’ sentenza d’appello, pag. 22).

Dall’altro, che la corte ha sicuramente disaminato il fatto storico dalle parti discusso, a carattere decisivo, connotante la res litigiosa ovvero la sussistenza (o meno) del lamentato vizio.

In ogni caso l’iter motivazionale che sorregge il dictum della corte di merito, risulta ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congruo e esaustivo sul piano logico – formale.

D’altronde la ricorrente censura la pretesa distorta ed erronea valutazione delle risultanze di causa (“la sentenza impugnata e’ errata in quanto avrebbe dovuto vagliare le risultanze del c.t.u. (…)”: cosi’ ricorso, pag. 36).

E tuttavia il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non da’ luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1 co., n. 5, ne’ in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’articolo 132 c.p.c., n. 4, – da’ rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892).

Destituito di fondamento e’ pur il terzo motivo di ricorso.

E’ innegabile che le ragioni di censura in primo luogo veicolate dal mezzo di impugnazione in disamina – il riferimento e’ alla sollecitata espunzione di talune voci dal complessivo costo di Euro 4.994,34 – analogamente afferiscono al “giudizio di fatto” cui la corte territoriale ha atteso, sicche’ similmente si qualificano in relazione al disposto dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

In questi termini esplicano valenza i rilievi tutti svolti in sede di esame specificamente del secondo motivo di ricorso.

Cosicche’ anche in parte qua e’ da disconoscere e qualsivoglia “anomalia motivazionale” e la mancata disamina del fatto decisivo caratterizzante la res litigiosa.

E’ da escludere poi che la corte di Trento abbia duplicato il risarcimento accordato alla (OMISSIS).

La corte trentina, propriamente in dipendenza del riconoscimento all’appellata dell’importo di Euro 4.994,34, ha correttamente opinato nel senso che doveva “per conseguenza congruamente ridursi l’importo per perdita di valore del bene, giacche’ gli interventi predetti sono appunto in grado di ridurre in buona parte la rumorosita’ lamentata, cosicche’ la riduzione di valore dell’immobile risultera’, ad interventi fatti (…), largamente inferiore a quella valutata dal c.t.u., il quale ha calcolato tale riduzione (…) nel (…) 20%, riduzione che puo’ essere invece fissata (…) nel 5%” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 24).

Il quarto motivo di ricorso e’ infondato.

E difatti e’ da condividere, siccome aderente alla volonta’ delle parti, le quali ebbero a stipulare “a corpo” la compravendita, l’affermazione della corte d’appello secondo cui la riduzione del prezzo deve operarsi sull’importo globale versato dalla (OMISSIS), “senza distinzione di importi per appartamento, cantina e garage” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 25).

Del resto il riscontrato vizio menoma il valore complessivo dell’intero compendio immobiliare compravenduto e quindi pur del garage e della cantina, indubitabili pertinenze del miniappartamento, siccome destinate in modo durevole al servizio di tale unita’ abitativa.

Parimenti e’ infondato il quinto motivo di ricorso.

E’ da escludere innanzitutto che (OMISSIS) in sede di precisazione – in prime cure – delle conclusioni definitive abbia addirittura abbandonato l’iniziale domanda in origine quantificata in Euro 20.000,00 ovvero nell’importo maggiore o minore ritenuto di giustizia.

Rileva al riguardo esaustivamente la circostanza – debitamente posta in risalto dalla corte d’appello – per cui “in sede di precisazione delle conclusioni parte attrice chiese la liquidazione della somma che risultera’ di giustizia” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 23).

E’ da escludere inoltre che la “formula” surriferita adottata dalla (OMISSIS) in sede di precisazione delle conclusioni costituisca mera clausola di stile.

Questo Giudice del diritto spiega che la formula “somma maggiore o minore ritenuta dovuta” o altra equivalente, che accompagna le conclusioni con cui una parte chiede la condanna al pagamento di un certo importo, non costituisce una clausola meramente di stile quando vi sia una ragionevole incertezza sull’ammontare del danno effettivamente da liquidarsi (cfr. Cass. 21.6.2016, n. 12724).

Su tale scorta si rimarca che la corte di merito ha al riguardo congruamente ed esaustivamente rappresentato che la formula “somma che risultera’ di giustizia” appieno si giustificava “a fronte del fatto che anche all’esito dell’esperita C.Testo Unico l’importo da riconoscere in favore della attrice restava incerto, essendo stati forniti, pure dal C.T.U., diversi parametri di valutazione” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 23).

(OMISSIS) non ha svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione va pertanto assunta in tema di spese del presente giudizio.

Il ricorso e’ datato 18.9.2014. Si da’ atto della sussistenza dei presupposti perche’, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, la ricorrente s.r.l. sia tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del medesimo D.P.R., articolo 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ” (OMISSIS)” s.r.l., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, dell’articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.