ai fini dell’utile esercizio sia delle azioni di cui all’art. 1492 c.c. che della domanda di risarcimento dei danni per responsabilità contrattuale ex art. 1494 c.c. l’acquirente è tenuto ad allegare in maniera specifica nonché a dimostrare che il bene venduto, già al momento del contratto, era affetto da “imperfezioni”, inerenti al relativo processo di produzione, fabbricazione o conservazione, ed atte a diminuirne il valore ovvero a renderlo inidoneo ad assolvere alla funzione sua propria; e non par superfluo precisare che la prova dei vizi redibitori e della relativa preesistenza al contratto deve essere particolarmente rigorosa nei casi in cui la cosa venduta sia soggetta a successiva lavorazione, essendo evidente che un’attività di trasformazione ben può essere causa di vizi originariamente assenti.

Tribunale|Latina|Sezione 2|Civile|Sentenza|27 marzo 2020| n. 644

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI LATINA

SEZIONE SECONDA CIVILE

Il Tribunale, in persona del Giudice monocratico, dott. GAETANO NEGRO, ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I grado iscritta al n. 6182 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2014, trattenuta in decisione all’udienza del 06.02.2020 e vertente

TRA

CI. s.r.l. – p. iva (…) – in persona del l.r.p.t., elettivamente domiciliata presso il domicilio digitale dell’avv. Ar.Ca., giusta procura alle liti allegata alla costituzione di nuovo difensore in atti dell’8.6.17;

OPPONENTE

E

SA. s.r.l. – p. iva (…) – in persona del l. r.p.t. elettivamente domiciliata in Latina, alla via (…), presso lo studio dei difensori avv.ti Be. e Fr.Pa., come da procura in atti;

OPPOSTA

E

Fi. s.p.a. – p. iva (…) – in persona del l.r.p.t.

elettivamente domiciliata in Latina, alla via (…), presso lo studio dell’avv. Pi.Ri., come da procura alle liti allegata alla comparsa di costituzione telematica del 20.1.2015

TERZA CHIAMATA

NONCHE’

GR. s.p.a. – p. iva (…) – in persona del l. r.p.t., elettivamente domiciliata in Latina, corso (…), presso lo studio dei difensori avv.ti Fe. e Lu.Ci., per procura in atti

TERZA CHIAMATA

OGGETTO: Inadempimento contrattuale e/o vizi fornitura

PREMESSO IN FATTO CHE:

Con ricorso monitorio, la SA. S.r.l. – premesso di essere creditrice della CI. Srl. della somma di Euro 6.261,76, a titolo di corrispettivo per la vendita e la installazione di un compressore a vite airblok 80 e accessori, contabilizzata con l’emissione di n. 1 fattura del 28.2.2013 – chiedeva al Tribunale di ingiungere il pagamento della somma suindicata, oltre interessi ex D.Lgs. 231/02 e rivalutazione.

– In data 04.7.2014, il Tribunale adito emetteva il decreto ingiuntivo n. 1351/14, così come richiesto.

– Con atto di citazione, ritualmente notificato, la CI. srl. proponeva opposizione al suddetto decreto ingiuntivo, del quale chiedeva la revoca esponendo che:

– il compressore (oggetto della fornitura in questione) veniva installato senza la compilazione del modulo di collaudo, né della dichiarazione di messa in servizio ex art. 6 coma 1 lett. c) DM 1/12/2004 n. 329, e inoltre omettendo la consegna dei predetti documenti al produttore Fi. per attivare le garanzie biennali di legge;

– presentava difetti legati al cd. “allarme temperature” nonché perdite di olio e rottura della ventola dell’inverter, tempestivamente segnalati telefonicamente e a mezzo e.mail del 18.4.2013, poi seguita da formale raccomandata a/r con cui avanzava istanza risarcitoria, e da successiva missiva al produttore Fi. del 6.2.2014;

– allegava il diritto alla risoluzione del contratto per grave inadempimento avversario, con restituzione della parte di prezzo corrisposto, e, in subordine, chiedeva la riduzione del prezzo;

– ciò, inoltre, aveva causato un ulteriore danno al ciclo produttivo della società, a seguito dell’inservibilità del macchinario, quantificabile in Euro 26.000,00;

– Si costituiva in giudizio la SA. s.r.l., la quale chiedeva il rigetto dell’opposizione, atteso che:

– la macchina oggetto della fornitura era pienamente corrispondente alla fornitura richiesta, sia per la qualità che per la quantità e non v’era prova né della riconducibilità dei lamentati difetti a vizi strutturali del macchinario o di montaggio, e peraltro si allegava che la manutenzione ordinaria e straordinaria del macchinario non erano oggetto di contratto, né della tempestiva denuncia degli stessi;

– in ogni caso, la società opponente era decaduta dal diritto di azionare la garanzia per vizi ai sensi dell’art. 1495 c.c.;

– nella corrispondenza intercorsa con la deducente, in particolare, si evinceva la tardività della denuncia.

– Si costituivano, quali terze chiamate, sia la Fi., deducendo la tardività della denuncia, sia la Gr., la quale ultima deduceva la tardiva denuncia di sinistro, la prescrizione del diritto di garanzia, nonché la mancata copertura del rischio riconnesso ai danni alle cose installate e/o alla responsabilità civile professionale ai sensi degli artt. 77 n) e 82 della polizza assicurativa.

OSSERVA IN DIRITTO

1 – L’opposizione proposta dalla Ci. s.r.l. è fondata solo nei limiti appresso evidenziati.

Prima di procedere all’esame della fattispecie concreta, giova ricordare che il giudizio di cognizione che si apre in conseguenza dell’opposizione ex artt. 645 e ss. c.p.c. è governato dalle ordinarie regole in tema di riparto dell’onere della prova, come enucleabili dal disposto dell’art. 2697 c.c. Pertanto, anche in seno a tale procedimento, il creditore è tenuto a provare i fatti costitutivi della pretesa, cioè l’esistenza ed il contenuto della fonte negoziale o legale del credito e, se previsto, il termine di scadenza – e non anche l’inadempimento, che deve essere semplicemente allegato – mentre il debitore ha l’onere di eccepire e dimostrare il fatto estintivo del diritto, costituito dall’avvenuto adempimento, ovvero ogni altra circostanza dedotta al fine di contestare il titolo posto a base dell’avversa pretesa o, infine, gli eventi modificativi del credito azionato in sede monitoria.

Invero, dall’art. 2697 c.c. – che richiede all’attore la prova del diritto fatto valere ed al convenuto la prova della modificazione o dell’estinzione dello stesso – si desume il principio della presunzione di persistenza del diritto: in forza di tale principio, pacificamente applicabile all’ipotesi della domanda di adempimento, ove il creditore dia la prova della fonte negoziale o legale della propria pretesa, la persistenza del credito si presume ed è, dunque, sul debitore che grava l’onere di provare di aver provveduto alla relativa estinzione ovvero di dimostrare gli altri atti o fatti allegati come eventi modificativi o estintivi del credito di parte avversa (in tal senso, Cass. Civ. Sezioni Unite, 30 ottobre 2001, n. 13533; cfr, ex plurimis, Cass. Civ., Sez. I, 13 giugno 2006, n. 13674; Cass. Civ., Sez. III, 12 aprile 2006, n. 8615).

2 – Orbene, nella presente sede, la società opposta ha chiesto l’emissione del decreto ingiuntivo opposto, al fine di ottenere il pagamento del corrispettivo pattuito per la fornitura di 1 bene strumentale alla produzione della società opponente, consistente in un compressore di potenza maggiore rispetto a quello preesistente e di un nuovo essiccatore.

Per contro, la società opponente – pur non contestando di aver ordinato i beni presenti nelle fatture azionate – sostiene che le somme richieste non sarebbero dovute, a causa dei vizi che questi presentavano. In particolare deduce che il compressore avrebbe presentato un vizio legato al frequente superamento della temperatura massima consentita, oltre che nella perdita di olio e nella rottura di un ventilatore interno al macchinario, che per ciò solo aveva determinato ritardi nella produzione a causa della interruzione dell’attività nei mesi da aprile ad agosto 2013, fino alla sostituzione del macchinario con altro compressore noleggiato in data 31.5.14

3 – In punto di qualificazione occorre definire il rapporto contrattuale oggetto di giudizio posto che il termine fornitura evoca il contratto di subfornitura. Sul punto l’all. 4 al fascicolo monitorio reca la dicitura “contratto di fornitura e posa in opera”. Deve tuttavia escludersi la sussistenza di un rapporto di subfornitura nel caso di specie, sia per l’assenza della dipendenza tecnologica della opposta rispetto alla opponente (cfr. sul punto Trib. Torino 19.11.1999 in Contratti 00, 614), sia perché nel caso di specie l’opposta ha installato un macchinario prodotto da terzo rispetto al quale manca la subordinazione tecnologica predetta, sia perché è mancata la sequela di cognizioni tecniche, conoscenze industriali o progetti esecutivi forniti dalla committente e/o dal produttore (cfr. artt. 1, 7 legge 192/98).

3.1 – Il contratto che, come quello per cui è causa, preveda, tra l’altro, l’obbligo di costruzione (nella fattispecie assemblaggio) e di consegna di un bene, viene ricondotto dalla giurisprudenza ora alla fattispecie della vendita di cosa futura da costruire ora a quella dell’appalto. I dubbi interpretativi sorgono dal fatto che entrambe le figure contrattuali, astrattamente ben distinte, producono, seppure con gradazioni e modalità differenti, effetti sia reali che obbligatori.

La dottrina e la giurisprudenza hanno elaborato tre fondamentali criteri discretivi: il criterio oggettivo, il criterio soggettivo ed il criterio dell’ordinaria produzione. I sostenitori del primo, partendo dalla considerazione che la vendita produce in via primaria un obbligo di dare e l’appalto un obbligo di facere, ritengono che si debba far riferimento al peso economico delle due prestazioni: si avrà compravendita quando il valore del materiale superi il costo della lavorazione e un appalto nel caso contrario.

Anche i sostenitori del criterio soggettivo ritengono che si debba accertare la preponderanza delle due prestazioni, ma in termini soggettivi, ossia si debba stabilire, attraverso la lettura del disposto contrattuale, se le parti abbiano attribuito maggiore importanza al prodotto finito o alla lavorazione. Il criterio dell’ordinaria produzione si applica a quei casi in cui il soggetto tenuto alla fornitura produca in serie il relativo bene. Secondo l’orientamento in questione si ha una vendita qualora il processo produttivo non abbia subito rilevanti modifiche ed il prodotto finale non si distacchi significativamente da quelli ordinariamente realizzati. In dottrina vi è anche chi fa riferimento alla facoltà di verifica, prevista dall’art. 1662, 1° co., c.c., quale elemento peculiare del contratto d’appalto, la cui presenza all’interno della concreta pattuizione negoziale ne renderebbe sicura l’identificazione.

Il criterio oggettivo trova un possibile riferimento normativo nell’art. 3, 2 co., della Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di beni mobili, che esclude dalla sfera di applicazione della Convenzione quei contratti nei quali l’obbligo di facere sia preponderante rispetto a quello di dare: secondo certa dottrina tale preponderanza sarebbe da misurare in termini economici. Tale criterio trovava un supporto nella legislazione nazionale nell’art.1, 1 co., L. 19.7.1941, n. 771, successivamente abrogato dall’art. 2, 1° co., d.l. 22.12.2008, n. 200. Il criterio soggettivo trova un sicuro appoggio nel necessario rispetto della volontà negoziale, rettamente interpretata secondo i criteri stabiliti dall’art. 1362 c.c., che impone di non limitarsi al dato letterale ma d’indagare l’intento dei contraenti. Il criterio dell’ordinaria produzione è sostenuto da un consolidato orientamento giurisprudenziale, ma sembrerebbe oggi sfornito di possibili riferimenti normativi.

Tali indici raramente vengono utilizzati in modo aprioristico ed esclusivo. In giurisprudenza si è, infatti, affermato il ricorso al metodo soggettivo unitamente a quello dell’ordinaria produzione, il quale, rispetto al primo, riveste spesso un ruolo ausiliario e secondario, mentre risulta pressoché abbandonato il criterio oggettivo.

Facendo applicazione di tali criteri ermeneutici si rileva, in primo luogo, che il contratto intercorso tra le parti non si presta, per l’ampiezza del suo contenuto dispositivo e per la varietà delle prestazioni in esso programmate, alla sussunzione in uno dei modelli contrattuali indicati, atteggiandosi, piuttosto, come contratto misto in cui accanto all’impegno traslativo, sicuramente in posizione preminente, coesistono obbligazioni collaterali come quelle aventi ad oggetto l’installazione e la messa in servizio del macchinario e l’istruzione.

E’ noto come il negozio misto sia caratterizzato da una sintesi di elementi propri di più contratti nominati in cui, tuttavia, prevalgono quelli di una determinata figura negoziale; la disciplina giuridica applicabile deve, pertanto, essere individuata in quella risultante dalle norme del contratto tipico nel cui schema sono riconducibili gli elementi prevalenti (cosiddetta teoria dell’assorbimento o della prevalenza), senza escludere ogni rilevanza giuridica degli altri elementi, che sono voluti dalle parti e concorrono a fissare il contenuto e l’ampiezza del vincolo contrattuale, ai quali si applicano le norme proprie del contratto cui essi appartengono, in quanto compatibili con quelle del contratto prevalente (Cass. sez. un., n. 11656/2008).

Ciò posto, si ritiene che il tipo contrattuale prevalente nel contratto di cui al preventivo del 20.1.2004 sia rappresentato dalla vendita di cosa da costruire. In tal senso depongono non solo indici letterali come l’impiego della denominazione “vendita” e del termine “fornitura”, ma anche elementi di carattere contenutistico, come il fatto che l’ordine di consegna (cfr. doc. 2 fascicolo parte opposta) nonché le operazioni di smontaggio del vecchio compressore (cfr. all 5) contengano la descrizione dell’opus oggetto di consegna e dei materiali necessari da fornire e installare. Non risulta, infine, che la fabbricazione del macchinario ordinato dal terzo Fi. si distacchi significativamente da quelli ordinariamente realizzati.

3.2 Premesso che ogni contratto implica un requisito di fiducia reciproca tra le parti legata al convincimento che la controparte eseguirà puntualmente le prestazioni a proprio carico in conformità agli impegni assunti, solo in alcuni assume, tuttavia, rilievo particolare l’identità della controparte. Ciò può accadere per le caratteristiche obiettive legate al contratto e, in particolare, al tipo di prestazione che da esso deriva oppure per la particolare affidabilità che una parte ripone nell’altra. Tali contratti sono quelli personali, in cui la considerazione del contraente di sue qualità personali è determinante del consenso perché la posizione che egli assume nel contratto ovvero per il tipo di prestazione che deve eseguire devono essere assistite per loro natura da un particolare connotato di fiducia nella sua idoneità e serietà. Si tratta di contratti che implicano una prestazione o un’attività diretta del contraente (si pensi al mandato, all’agenzia, alla società di persone, al comodato, al contratto di opera intellettuale, ad alcune ipotesi di appalto). Cionondimeno tale eventuale caratteristica, nel caso di specie ravvisabile per il fatto che i vizi del macchinario sono stati contestati al fornitore anziché al produttore, non costituiscono serio elemento identificativo del contratto di appalto, per tutte le ragioni prima evidenziate, posto che la fornitura del compressore acquistato da terzi costituisce l’obbligo principale deducibile tra gli atti di causa.

3.3. Le precedenti riflessioni consentono pertanto di escludere la disciplina analogica dell’appalto e di applicare invece quelle della vendita, con preliminare accertamento che il venditore non è tenuto al collaudo, se non nei limiti derivanti dalle coperture assicurative eventualmente collegate o alle garanzie offerte per legge all’acquirente rispetto al produttore.

4. Tutto ciò premesso, giova ricordare che – ai sensi degli artt. 1490 e ss. c.c. – il venditore è gravato da un obbligo di diligenza relativo allo stato ed alle caratteristiche della merce oggetto del trasferimento, dovendo consegnare, all’acquirente, beni che siano immuni da vizi che li rendano inidonei all’uso cui sono destinati o che ne riducano in maniera apprezzabile il valore.

Ove, dunque, il bene oggetto di vendita presenti vizi e difetti di qualità del tipo di quelli contemplati dall’art. 1490 c.c. (cd. vizi redibitori), l’acquirente ha a propria disposizione non solo le azioni di garanzia di cui all’art. 1492 c.c. (riduzione del prezzo o risoluzione del contratto), ma anche il rimedio contemplato dall’art. 1494 c.c e volto ad ottenere il risarcimento del danno per responsabilità contrattuale. In particolare, mentre i rimedi di cui all’art. 1492 c.c. sono tra loro alternativi, il risarcimento del danno per responsabilità contrattuale può essere richiesto in ogni caso, essendo cumulabile sia con la domanda di risoluzione che con la richiesta di riduzione del prezzo (nel quale ultimo caso, naturalmente, il ristoro può essere accordato nei limiti del pregiudizio non coperto dalla riduzione del prezzo) e potendo essere azionato anche indipendentemente dai rimedi di cui all’art. 1492 c.c., rispetto ai quali si pone in posizione di autonomia in ragione della diversità di presupposti e finalità.

Resta, naturalmente, fermo che – ai fini dell’utile esercizio sia delle azioni di cui all’art. 1492 c.c. che della domanda di risarcimento dei danni per responsabilità contrattuale ex art. 1494 c.c. – l’acquirente è tenuto ad allegare in maniera specifica nonché a dimostrare che il bene venduto, già al momento del contratto, era affetto da “imperfezioni”, inerenti al relativo processo di produzione, fabbricazione o conservazione, ed atte a diminuirne il valore ovvero a renderlo inidoneo ad assolvere alla funzione sua propria; e non par superfluo precisare che la prova dei vizi redibitori e della relativa preesistenza al contratto deve essere particolarmente rigorosa nei casi in cui la cosa venduta sia soggetta a successiva lavorazione, essendo evidente che un’attività di trasformazione ben può essere causa di vizi originariamente assenti (cfr da ultimo Cass. Sezioni Unite 11748/2019).

Quanto, poi, all’onere della prova gravante sul compratore, va rammentato che in caso di esercizio dell’azione di riduzione del prezzo (actio quanti minoris), l’acquirente è tenuto non solo a dimostrare che il bene oggetto di vendita, al momento del contratto, era affetto da vizi tali da diminuirne il valore in maniera apprezzabile, ma, anche, ad offrire parametri e criteri sulla scorta dei quali procedere alla riduzione del prezzo.

E la necessità che al Giudice investito dell’actio quanti minoris siano offerti elementi sulla scorta dei quali ritenere che i vizi denunciati abbiano effettivamente inciso sul valore del bene venduto e procedere alla quantificazione di tale minor valore si comprende appieno ove si consideri che l’azione estimatoria tende a stabilire il rapporto di corrispettività economica tra prestazione e controprestazione, in funzione dei vizi della cosa venduta e del prezzo pattuito, facendo conseguire all’acquirente una somma corrispondente alla differenza di valore della cosa, rispetto al prezzo pattuito, in dipendenza dei vizi, si da porlo nella situazione economica in cui si sarebbe trovato qualora, al momento della contrattazione, fosse stato a conoscenza dei vizi del bene acquistato.

Ove, poi, unitamente ad uno dei rimedi di cui all’art. 1492 c.c., venga esperita anche l’azione contrattuale di risarcimento del danno, l’acquirente ha l’onere di allegare e provare, nell’an e nel quantum, il pregiudizio sofferto (e non coperto, naturalmente, dall’operata riduzione del prezzo) nonché il nesso di causalità tra lo stesso ed i vizi del bene venduto.

4 – Deve, a questo punto, rammentarsi che tanto con riferimento ai rimedi contemplati dall’art. 1492 c.c., quanto relativamente all’azione contrattuale di ristoro dei danni per vizi della cosa venduta, opera il disposto di cui all’art. 1495 c.c., che – come noto – assegna al compratore termini brevi di decadenza (giorni otto dalla scoperta dei vizi) e di prescrizione (un anno dalla consegna della merce), rispettivamente, per la denuncia dei vizi e per l’esercizio delle azioni di garanzia, con l’evidente duplice fine di assicurare, da un lato, la sollecita certezza dei rapporti negoziali, e consentire, dall’altro, al venditore la possibilità di un più agevole accertamento della natura, della causa e dell’entità dei vizi della cosa venduta.

In particolare, la denuncia dei vizi della cosa venduta, prevista dall’art. 1495 c.c., oltre allo scopo di far conoscere detti vizi al venditore che li abbia eventualmente ignorati, ha anche la funzione di consentire sollecitamente l’accertamento dell’entità e della causa degli stessi, onde l’onere del compratore di denunciare i vizi implica anche quello di non utilizzare la merce e di tenerla a disposizione del venditore per il tempo minimo necessario a realizzare lo scopo della denuncia.

Sempre con riferimento alla denuncia di cui all’art. 1495 c.c., giova rammentare che è ben vero che per la stessa non sono richieste particolari formalità e neppure è prescritto che essa si sostanzi in una esposizione dettagliata dei vizi che presenta la resvenduta. Tuttavia, affinché la denuncia possa assolvere alla funzione sua propria, è pur sempre necessario che le indicazioni in essa contenute valgano a rendere il venditore edotto del fatto che il compratore ha riscontrato,

seppur in maniera non ancora chiara e completa, che la cosa venduta è affetta da vizi che la rendono inidonea all’uso cui è destinata o ne diminuiscono in modo apprezzabile il valore.

Posto, poi, che l’intempestività della denuncia dei vizi della cosa venduta, in quanto integra una causa di decadenza del compratore dal diritto alle garanzie contemplate per la vendita, va eccepita dalla parte interessata e non può essere rilevata d’ufficio, va osservato che, a fronte della rituale e tempestiva eccezione di decadenza sollevata dal venditore, è sull’acquirente che grava l’onere di provare di aver, invece, effettuato una tempestiva ed adeguata denuncia, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1495 c.c. E ciò in considerazione del fatto che la denuncia dei vizi della cosa venduta e la tempestività della stessa costituiscono condizioni necessarie delle azioni di garanzia accordate al compratore (cfr. Cass. 6 febbraio 1987, n. 1182; Cass. 12 marzo 1994, n. 2394; Cass. 28 gennaio 1997, n. 844; Cass. 10 settembre 1998, n. 8963).

In particolare, a fronte dell’eccezione di decadenza sollevata dal venditore, l’acquirente – anche ove faccia valere il diritto alla garanzia in via di mera eccezione, ed al solo fine di contrastare la pretesa di pagamento del corrispettivo, azionata dalla parte avversa – è tenuto ad allegare e provare tanto la data di scoperta dei vizi lamentati (ove la doglianza concerna vizi occulti, conosciuti dal compratore in epoca successiva alla consegna della merce) quanto la circostanza dell’avvenuta denuncia degli stessi nel termine di otto giorni dalla relativa scoperta.

5 – Passando all’esame del merito, deve osservarsi che la società opposta – fin dalla fase monitoria – ha dato adeguata prova del titolo a fondamento della pretesa di pagamento azionata.

Ed infatti, a dimostrazione dell’avvenuta esecuzione delle prestazioni per cui è richiesto il pagamento del corrispettivo, nonché dell’esigibilità del credito azionato, la società opposta ha prodotto sia le fatture emesse per la vendita dei macchinari in questione sia i relativi documenti di consegna.

Con riferimento, poi, ai lamentati vizi accertati dalla atp in atti, si deve innanzitutto evidenziare che tale vizio risulta dedotto nell’atto introduttivo del giudizio, non essendo stato tuttavia specificato l’esatto momento in cui la società opponente avrebbe avuto contezza dello stesso.

Va, tuttavia, rilevato che, nel formulare i capitoli per la prova testimoniale, la parte opponente – nell’evidente intento di provare tempi e modi della sua scoperta degli asseriti vizi della merce fornitale dall’opposta – ha in ogni caso provato la sussistenza di un vizio occulto la cui percezione è avvenuta progressivamente.

Sul punto, invero, la Corte di Cassazione, in tema di vizi occulti, ha avuto l’occasione di precisare che allorquando il vizio sia stato percepito nella sua interezza per gradi, il dies a quo per la denuncia dei vizi decorre “dal momento in cui il compratore ne ha acquisito certezza obiettiva e completa, sicché, ove la scoperta del vizio avvenga gradatamente ed in tempi diversi e successivi, in modo da riverberarsi sulla consapevolezza della sua entità, occorre far riferimento al momento in cui si sia completata la relativa scoperta” (in questi termini Cass. civ. 11046/16).

Su questo punto, le prove orali espletate appaiono sufficienti, infatti, anche se il teste di parte opponente Vo.An. ha riferito di circostanze apprese dal legale rappresentante della CI. (cfr. verbale del 16.11.2017 al cap. 7); ella ha tuttavia dato adeguato riscontro dei danni ricollegati dalle frequenti interruzioni nel funzionamento del compressore. Invece il teste della opponente ZI.AL. ha dichiarato all’udienza del 1.2.2018 che il compressore ha avuto il suo primo malfunzionamento un mese dopo l’installazione. Tale asserzione appare documentata dalla mail del 18.4.2013 prodotta dalla opponente, che tuttavia non appare, nel suo tenore letterale, come una denuncia rilevante ai sensi dell’ar.t 1495 comma 2 c.c. ma piuttosto come invito a un controllo. Il teste in esame, e per vero i suoi predecessori, hanno tutti dato conto di diverse telefonate tra le parti di causa in ordine alle problematiche del compressore. Al riguardo giova rammentare che la denuncia dei vizi non deve necessariamente essere formalizzata per iscritto, essendo sufficiente una contestazione/denuncia effettuata per telefono (cfr. sul punto Cass. civ. 5142/03).

Ed, ancora, la contestata prescrizione annuale della garanzia non può operare in quanto comunque la contestazione scritta della denuncia è stata trasmessa a mezzo fax in data 6.2.14, quindi entro l’anno dalla installazione del macchinario.

Deve ritenersi, dunque, infondata l’eccezione di decadenza sollevata dalla Sa. s.r.l., non così invece nei rapporti tra il committente e il produttore, ed anche tra il fornitore e il produttore, come si vedrà appresso.

6. Quanto alla riconducibilità dei vizi risultanti dalle prove testimoniali in atti a difetti di fabbricazione e/o ad anomalie costruttive dell’impianto di aria compressa, la atp in atti ha ipotizzato che le cause di malfunzionamento del compressore fossero in primis la mancanza di olio sufficiente a refrigerare l’impianto; ha inoltre evidenziato difetti nel sistema di refrigerazione dell’impianto e/o il malfunzionamento della ventola. Ha infatti distinto i difetti ricollegabili agli allarmi di temperatura lanciati dalla macchina, oggetto di prova testimoniale, rispetto ai difetti ricollegati agli allarmi denominati “alarm inverter” (cfr. pag. 7 della relazione tecnica in atti).

Se i problemi legati all'” allarme temperatura” possono essere conseguiti a deficit di manutenzione, i difetti legati all'”allarm inverter” appaiono invece, sempre secondo la prefata ctu, vizi veri e propri dell’impianto.

La definitiva in utilizzabilità dell’impianto ad appena 7 mesi dall’acquisto appare pertanto riconducibile per un verso a difetti di manutenzione e per altro a vizi propri dell’impianto.

Quanto all’obbligo manutentivo in capo alla opposta, pur in assenza di un contratto di manutenzione tra le parti, è emerso in sede testimoniale che in ogni caso la SA. ebbe ad effettuare alcuni interventi di manutenzione (cfr. teste della medesima parte opposta CA.EM. in risposta al cap. 8 avversario – vedi verbale di udienza del 20.4.17). A ciò consegue che la cessazione dell’utilizzo dell’impianto nel settembre successivo costituisce la riprova che tale manutenzione non è stata eseguita regolarmente.

Tuttavia, all’ordine di esibizione sul contenuto degli interventi manutentivi condotti dalla società Ri. successivamente incaricata dalla committente, odierna opponente, non è stato dato riscontro mediante la esibizione documentale degli interventi dell’agosto 2013, eseguiti dal terzo Ri. come confessato dalle medesima opponente, e in parte riscontrati dalla prova testimoniale in atti. Pertanto non può definitivamente accertarsi che il macchinario oggetto di fornitura sia stato viziato per esclusiva responsabilità del venditore o piuttosto per concorrente colpa del committente, per non aver attivato i dovuti interventi manutentivi nei tempi richiesti, invece continuando ad utilizzare il macchinario, o, ancora, per colpa del nuovo manutentore Ri.. Sul punto la stessa atp a pag. 7 conclude, all’esito del sopralluogo compiuto nel maggio 2014, infatti, che “la mancanza di interventi tempestivi sulle anomalie sopra citate ha sicuramente accentuato il collasso della macchina”.

Con tale espressione il ctu non ha per questo escluso i predetti vizi, utilizzando infatti il termine “accentuato” rispetto ai non tempestivi interventi; in altri termini i vizi hanno costituito una concausa del collasso del macchinario come evidenziato allorquando ha ritenuto che “i continui segnati di allarme inverter erano probabilmente dovuti all’elevata temperatura, causata da un malfunzionamento della ventola o comunque dal sistema di raffreddamento dell’inverter”. Alla presenza di tali vizi si sarebbe potuto ovviare in ogni caso eseguendo tempestivi interventi che avrebbero certamente evitato il collasso della macchina.

Ne deriva l’applicazione dell’art. 1227 comma 2 c.c. per quel che concerne la domanda risarcitoria avanzata dalla opponente.

7. Quanto alla domanda risolutoria, invece, il cennato concorso di colpa del committente consistito nella intempestività degli interventi manutentivi richiesti non consente di ravvisare la gravità dell’inadempimento necessaria per la risoluzione invocata.

8. Quanto alla aedo quanti minoris, introdotta come subordinata, essa può essere accolta in considerazione del fatto che in ogni caso sussistevano vizi nell’impianto di refrigerazione e/o nella ventola della macchina, che, seppure evitabili con tempestivo intervento di manutenzione anche straordinaria, cionondimeno determinavano una riduzione del prezzo complessivo del bene. Appare equo sul punto riconoscere la diminuzione del prezzo nell’importo di un 1/3 del prezzo finale, in considerazione del fatto che gli interventi sul macchinario e il prezzo dei componenti da sostituire possono equitativamente ragguagliarsi entro tale limite di prezzo (cfr. sul punto Cass. civ. 5297/78, Cass. civ. 13332/00).

9. Deve sul punto, siccome richiesto, rigettarsi la domanda di manleva della opposta sulla produttrice Fi. S.p.A. in quanto rispetto all’eccezione di inadempimento da quest’ultima sollevata in ordine alla mancata trasmissione del verbale di installazione e garanzia alla Fi., la opposta non ha dato riscontro documentale in diverso senso, in definitiva non provando l’adempimento degli obblighi contrattuali tra produttore – fornitore – acquirente, non documentati, anzi ha omesso del tutto di replicare alla predetta eccezione entro i termini perentori ex art. 183 comma 6 c.p.c. In ogni caso non risultano documentate ulteriori contestazioni scritte tra la fornitrice e la produttrice a difesa della sollevata eccezione di tardività ex art. 1495 comma 1 c.c.

10. Va disattesa anche la domanda di garanzia svolta nei confronti di Gr. per non aver contrastato nei predetti termini ex art. 183 comma 6 c.p.c. le eccezioni svolte dalla compagnia in ordine all’esclusione del rischio di causa dalle condizioni di polizza e alla omessa tempestiva denuncia di sinistro (cfr. art. 93, 82 della polizza)., eccezioni che in definitiva sono rimaste provate ex art. 115 c.p.c.

11 – Sulla base di tutte le suesposte considerazioni, l’opposizione proposta dalla Sa. s.r.l. va accolta nei soli limiti della domanda subordinata, mentre vanno rigettate la domanda risolutoria, quella risarcitoria e quella di restituzione del minor prezzo corrisposto.

12. Le spese seguono la soccombenza reciproca delle parti del solo giudizio monitorio, essendo state la domanda risolutoria e risarcitoria principale disattese, mentre le spese di lite delle terze chiamate vanno addossate per il principio della causalità ricompreso nell’art. 91 c.p.c. ai predetti soccombenti in solido. Ed, infatti, committente e fornitore non hanno documentato la denuncia tempestiva dei vizi nei confronti della chiamata Fi., e, al contempo, parte opponente ha inutilmente causato la chiamata della terza assicuratrice in ragione delle riconvenzionali principali rigettate, mentre l’accoglimento della domanda di riduzione del prezzo non può essere oggetto di indennizzo per le eccezioni contrattuali prima esaminate (cfr. sul tema in generale Cass. civ. 12301/05). Le spese di lite da liquidare ai terzi chiamati sono determinate come da dispositivo, ai sensi del DM 55/14, tenuto conto del valore medio dello scaglione di riferimento, tranne la fase di studio, istruttoria e conclusionale da liquidare secondo i valori minimi, attesa in particolare la sostanziale estraneità della fase descritta alle deduzioni di parte.

Con la compensazione integrale vanno invece regolamentate le spese del giudizio di atp per le parti ivi costituite, in relazione all’esito della ctu evidenziata in parte motiva, che se da un lato ha attestato la presenza di vizi del macchinario, dall’altro ha documentato l’incompletezza della attività del fornitore in ordine ai collaudi e all’attivazione delle garanzie di legge in capo al produttore, ed infine ha evidenziato una incuria manutentiva in capo all’utilizzatore finale.

Si precisa, infine, che il valore della causa nella fattispecie in esame è determinata dal cumulo della domanda monitoria con quella riconvenzionale dell’opponente (cfr. Cass. civ. 24002/04).

P.Q.M.

Il Giudice monocratico del Tribunale di Latina, definitivamente pronunciando, così provvede:

a) ACCOGLIE, nei soli limiti della domanda subordinata,

l’opposizione proposta da CI. s.r.l e, per l’effetto, REVOCA il decreto ingiuntivo opposto n. 1351/14, emesso dal Tribunale di Latina in data 4.7.2014;

b) RIGETTA tutte le ulteriori domande proposte dalla società opponente;

c) CONDANNA la CI. S.r.l. e la SA. s.r.l. in solido alla rifusione, in favore della Fi. S.p.A. e della GR. S.p.A. delle spese di lite del presente giudizio, che liquida, in Euro 4.545,00 cadauna per compensi ex DM. 55/14, oltre accessori come per legge.

d) COMPENSA integralmente le spese di lite del presente giudizio nei rapporti tra opponente ed opposta.

e) COMPENSA integralmente le spese di lite per il giudizio ex art. 696/696 bis c.p.c. recante rg. 1112/14 tra tutte le parti che vi hanno partecipato;

Cosi deciso in Latina il 23 marzo 2020.

Depositata in Cancelleria il 27 marzo 2020.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.