in caso di concordato fallimentare ad iniziativa del terzo, occorre evitare “un ingiustificato sacrificio per le ragioni del debitore, il quale, non essendo parte dell’accordo intervenuto tra il proponente ed i creditori, puo’ vedersi sottrarre i suoi beni sulla base di una valutazione che, pur idonea a soddisfare i crediti in misura ritenuta conveniente dalla maggioranza dei creditori, risulti insufficiente rispetto al valore reale dell’attivo fallimentare.

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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 8 febbraio 2019, n. 3859

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere

Dott. VELLA Paola – Consigliere

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 123/2015 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);

– intimati –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositato il 14/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 27/09/2018 dal Cons. Dott. DI MARZIO MAURO;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE RENZIS Luisa, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. – Con decreto del 14 novembre 2014 la Corte d’appello di Catanzaro ha accolto il reclamo proposto dalla fallita (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) contro il decreto del Tribunale di Vibo Valentia di omologazione del concordato fallimentare da quest’ultima proposto.

Ha ritenuto la Corte territoriale che la proposta concordataria, la quale prevedeva la corresponsione da parte della (OMISSIS) della somma complessiva di Euro 150.000,00 fosse caratterizzata da un divario eccessivo rispetto al valore dei beni immobili costituenti l’attivo fallimentare, stimato inizialmente in Euro 465.400,00, quantunque abbattuto a Euro 270.000,00 per effetto di tentativi di vendita andati deserti e della conseguente progressiva riduzione del prezzo base d’asta.

2. – Per la cassazione del decreto ha proposto ricorso per quattro mezzi illustrati da memoria.

(OMISSIS) ha resistito con controricorso.

Gli altri intimati non hanno spiegato difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – La ricorrente ha depositato con la memoria nuovi documenti (concernenti una sua istanza volta alla restituzione di somme liquidate al curatore fallimentare e ad altri ausiliari) inammissibili in quanto esulanti dalla previsione di cui all’articolo 372 c.p.c..

2. – Il giorno dell’adunanza e’ inoltre pervenuta istanza di rinvio proposta dalla (OMISSIS) sull’assunto che il giorno precedente sarebbero state intraprese concrete trattative per una soluzione stragiudiziale e bonaria della vertenza, trattative tuttavia non documentate in alcun modo, neppure avendo la (OMISSIS) aderito all’istanza, sicche’ essa non puo’ essere accolta.

3. – Il ricorso contiene quattro motivi.

Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. Fall., articolo 124, censurando il decreto impugnato per aver omesso di considerare che la proposta di concordato fallimentare della (OMISSIS) era inammissibile per decorrenza del termine biennale previsto dalla norma citata, sicche’, essendo la stessa decaduta dal diritto di proporre il concordato fallimentare, la sua proposta non poteva essere preferita a quella avanzata da essa (OMISSIS), sull’assunto dell’eccessiva sproporzione esistente tra le somme offerte per il concordato ed il valore dei beni.

Il secondo motivo denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, costituito dalla presentazione della proposta di concordato dalla stessa debitrice per il medesimo importo di Euro 150.000,00, sicche’ la (OMISSIS) avrebbe di fatto accettato la valutazione dei cespiti immobiliari.

Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. Fall., articolo 129, lamentando che la Corte d’appello avesse ritenuto assorbita la questione in quella sede sollevata dalla reclamante (OMISSIS) in ordine all’integrita’ del contraddittorio.

Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. Fall., articoli 108, 124 e 182, nonche’ dell’articolo 586 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto che l’esigenza di assicurare un ragionevole rapporto di proporzionalita’, nell’ambito del concordato fallimentare, tra l’entita’ dei beni e la consistenza della proposta potesse essere desunta dal citato articolo 108, invece applicabile al concordato preventivo.

3. – Il ricorso e’ infondato.

3.1. – E’ inammissibile il primo motivo, con il quale si sostiene che “la sua (della fallita (OMISSIS): n.d.r.) proposta di concordato fallimentare non puo’ essere preferita a quella avanzata dalla ricorrente”, giacche’ privo di correlazione con la ratio decidendi posta dalla Corte d’appello a fondamento del decreto impugnato.

A fronte dell’omologazione del concordato fallimentare proposto dalla (OMISSIS), la fallita (OMISSIS) ha presentato reclamo deducendo, tra l’altro, “la ingiustizia sostanziale del provvedimento, che poneva nel nulla l’interesse della (OMISSIS) alla conservazione del suo patrimonio, da cui restava espropriata per l’accordo intercorso tra il terzo proponente e i creditori” (cosi’ a pagina 2 del decreto impugnato).

La Corte d’appello ha in proposito richiamato l’affermazione di questa Corte secondo cui, in caso di concordato fallimentare ad iniziativa del terzo, occorre evitare “un ingiustificato sacrificio per le ragioni del debitore, il quale, non essendo parte dell’accordo intervenuto tra il proponente ed i creditori, puo’ vedersi sottrarre i suoi beni sulla base di una valutazione che, pur idonea a soddisfare i crediti in misura ritenuta conveniente dalla maggioranza dei creditori, risulti insufficiente rispetto al valore reale dell’attivo fallimentare” (Cass. 29 luglio 2011, n. 16738).

E’ stato difatti chiarito che l’eventualita’ di una sproporzione tra l’entita’ della proposta concordataria e l’effettivo valore dell’attivo fallimentare puo’ determinare un “contrasto con i principi ispiratori del sistema della responsabilita’ patrimoniale e con le norme che disciplinano il processo di esecuzione forzata, individuale o collettiva, in virtu’ dei quali la sottrazione al debitore del potere di amministrare i propri beni e di disporne trova giustificazione soltanto nei limiti risultanti dalla finalita’, cui essa e’ preordinata, di soddisfacimento delle pretese dei creditori, dovendosi realizzare un giusto equilibrio tra gl’interessi di questi ultimi e quello del debitore al rispetto dei propri beni”.

Richiamato il pertinente indirizzo della giurisprudenza di questa Corte di legittimita’, il giudice di merito ha osservato, in fatto, che il Tribunale non aveva compiuto alcuna valutazione di congruenza tra il valore della proposta e quello dell’attivo fallimentare, ed ha aggiunto che nel provvedimento impugnato si riferiva “come il valore dei beni immobili costituenti l’attivo fallimentare, pur stimato in Euro 465.400,00… si sia in realta’ abbattuto ad Euro 270.000, in forza delle vendite andate deserte e della progressiva riduzione del prezzo a base d’asta. Ciononostante il divario rispetto alla proposta concordataria del 21 giugno 2013 (che ammonta ad Euro 150.000, inclusiva di ogni onere e spesa…) appare sicuramente importante e non osservante del parametro desumibile dall’articolo 504 c.p.c., articolo 495 c.p.c., comma 1. Il reclamo va dunque accolto sotto tale profilo, rivelandosi inaccoglibile la proposta concordataria del terzo in forza della eccessiva sproporzione esistente tra le somme offerte per il concordato ed il valore dei beni che il terzo andrebbe ad acquistare, tale da realizzare una sostanziale, ed illegittima, espropriazione senza una contropartita rispettosa di una relativa sinallagmaticita’ tra gli interessi delle parti”.

Quanto alla diversa proposta concordataria della fallita, la Corte d’appello ha preso atto che non era “mai stato reclamato il decreto del G.D. che ha dichiarato tardiva la proposta concordataria della (OMISSIS)”, tardivita’ che la Corte ha confermato pur nel prospettare l’opinione che, nella fattispecie considerata, il termine biennale in proposito applicabile dovesse essere computato dall’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 169 del 2007 e, dunque, dal 1 gennaio 2008.

E dunque palese che la censura spiegata si appunta contro argomenti che il decreto impugnato non contiene affatto, non avendo la Corte d’appello ne’ omesso di considerare che la proposta concordataria della (OMISSIS) era inammissibile per decorrenza del termine, ne’ tantomeno preferito tale proposta a quella avanzata dalla (OMISSIS).

3.2. – Anche il secondo motivo e’ inammissibile.

Dal decreto impugnato non risulta affatto che la (OMISSIS) avesse formulato una proposta concordataria per l’importo di Euro 150.000.

Sicche’ trova applicazione il principio secondo cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata (in questo caso nel decreto), e’ onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilita’ per novita’ della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicita’ di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675).

Nel caso di specie, non solo dal decreto, ma neppure dal ricorso risulta la proposta di un concordato per Euro 150.000 da parte della (OMISSIS), mentre e’ genericamente menzionata una proposta di concordato fallimentare con garanzia da parte della stessa (OMISSIS), il cui contenuto rimane ignoto e riguardo alla quale non e’ osservato il precetto di cui all’articolo 366 c.p.c., n. 6.

Cio’ esime dall’osservare che il fatto, come prospettato, non sarebbe per nulla decisivo, non potendosi evidentemente ravvisare nella formulazione di una proposta concordataria della fallita, successiva alla proposta della (OMISSIS), e dello stesso tenore economico, il riconoscimento della proporzione tra valore del concordato e dei beni, e non, piuttosto, il mero intento di paralizzare a proprio vantaggio l’iniziativa della terza proponente.

3.3. – I terzo motivo e’ inammissibile per carenza di interesse.

La (OMISSIS), nel reclamare contro l’omologazione del concordato fallimentare proposto dalla (OMISSIS), ha tra l’altro lamentato “la violazione del contraddittorio, poiche’ nella precedente fase di valutazione del concordato fallimentare non erano stati citati due dei soggetti dichiarati falliti insieme alla (OMISSIS)”: eccezione che la Corte d’appello ha ritenuto assorbita.

Ed e’ palese che l’odierna ricorrente non ritrarrebbe alcun vantaggio dal rigetto dell’eccezione in luogo della dichiarazione di assorbimento.

3.4. – E quarto motivo e’ infondato.

La Corte d’appello, lungi dal basare la propria decisione sulla L. Fall., articolo 108, ha fatto riferimento alla giurisprudenza di questa Corte, della quale si e’ gia’ in parte dato conto, che, a propria volta, tiene in considerazione il citato articolo 108, quale mero indice normativo rilevante, in ben un piu’ ampio contesto, alla stregua del quale il fallito e’ come chiunque titolare di un diritto al “rispetto dei propri beni”, garantito dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, diritto il quale trova riscontro nei codici civile e di procedura civile che riconoscono al debitore il diritto a non subire un’esecuzione ridondante rispetto alla soddisfazione dei crediti (arg. ex articoli 2740 e 2910 c.c. ed ex articoli 483, 496 e 586 c.p.c.).

Cosi’ facendo, la Corte territoriale e’ correttamente pervenuto a ritenere che il giudice delegato possa impedire il perfezionamento della vendita quando il prezzo offerto risulti notevolmente inferiore a quello giusto, tenuto conto delle condizioni di mercato, cosi’ confermando l’esistenza di un diritto soggettivo del fallito riguardo alla tendenziale proporzionalita’ dell’espropriazione.

4. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimita’, liquidate in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dando atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.