La condanna ex art. 96 c.p.c., comma 3, applicabile d’ufficio in tutti i casi di soccombenza, configura una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., commi 1 e 2 e con queste cumulabile, volta al contenimento dell’abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, non richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo”, quale l’aver agito e resistito pretestuosamente e cioè nell’evidenza di non poter vantare alcuna plausibile ragione.

Tribunale Milano, Sezione Lavoro civile Sentenza 9 aprile 2019, n. 621

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Tribunale Ordinario di Milano

Sezione Lavoro

La dott.ssa Francesca Saioni, quale giudice del lavoro, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa promossa da

(…) S.P.A.,

con i proc. dom. avv.ti En.D.G.e F. V., domicilio eletto in Milano, via (…)

RICORRENTE

contro

(…),

con il proc. dom. avv.to Do.Ca., domicilio eletto in Milano, via (…),

RESISTENTE

OGGETTO: opposizione a precetto.

FATTO E DIRITTO

Nell’interesse di (…) è stato notificato ad (…) s.p.a. atto di precetto con contestuale atto esecutivo (verbale di conciliazione in sede sindacale del 29 luglio 2015), per l’importo di Euro 6.071,79 lordi, pari a n. 3 rate scadute (maggio, giugno e luglio 2018) e non corrisposte.

(…) ha interposto opposizione ai sensi degli art. 615 comma 1 e 618 bis c.p.c.

Si è costituito l’opposto, contrastando le pretese avversarie di cui ha chiesto l’integrale rigetto.

Fallita la conciliazione, la causa – vertente su questione di puro diritto – è stata discussa e decisa all’udienza del 12 marzo 2019.

Ciò posto, scarne considerazioni si impongono.

Sono pacifiche in causa le seguenti circostanze:

1) in data 16 febbraio 2015 è cessato il rapporto di lavoro subordinato in essere tra le parti;

2) in particolare, il signor (…) si è dimesso per giusta causa;

3) (…), non ritenendo le dimissioni supportate da giusta causa, ha trattenuto, dalle competenze spettanti al dipendente per l’ultimo mese di lavoro, l’indennità sostitutiva del preavviso, pari ad Euro 14.401,68 lordi.

Trattandosi di importo superiore al credito del signor (…), il cedolino paga del febbraio 2015 stato emesso con saldo negativo (Euro 5.400,44 a favore della società);

4) a seguito dell’instaurarsi di trattative, le parti, in data 29 luglio 2015, hanno sottoscritto verbale di conciliazione in sede sindacale il quale, ai fini che qui rilevano, così prevede:

“2. (…) e il dott. (…) confermano che il rapporto di lavoro è cessato ad ogni effetto contrattuale e di (…) in data 16 febbraio 2015 con reciproca rinuncia al preavviso e alla relativa indennità sostitutiva del preavviso stesso. Il Dott. (…) dichiara di avere restituito tutti i beni aziendali che gli sono stati assegnati e (…) dà atto di averli ricevuti;

3. (…) offre al dott. (…) che accetta, la restituzione della somma trattenuta a titolo di indennità sostitutiva del preavviso, pari ad Euro 14.401,68 – non soggetta quindi ad alcuna trattenuta fiscale e contributiva – nonché la somma di Euro 45.598,32… lordi al solo fine di rimuovere ogni limite legale e convenzionale alla facoltà di recesso, in stretta connessione e in occasione della cessazione del rapporto di lavoro a titolo di incentivo all’esodo.

Tale importo che non è soggetto al versamento dei contributi in conformità all’art. 4 paragrafo 2 bis del Decreto 30.5.1988, n. 173, convertito, come emendato, dalla L. 26 luglio 1988, n. 91, integrato dal D.Lgs. n. 314 del 2 settembre 1997 sarà soggetto a trattenuta fiscale determinata in base gli articoli 17 e 19 del TUIR…

4. (…), inoltre, senza che ciò possa costituire riconoscimento delle avverse pretese, e al solo scopo di porre fine ad ogni qualsiasi controversia, riconosce a titolo transattivo al dott. (…), che accetta, la somma lorda di Euro 5000,00…

5. L’ammontare netto delle somme di cui agli articoli 3 e 4 sarà corrisposto mezzo bonifico bancario sul conto corrente del dott. (…) ove era normalmente accreditata la sua retribuzione, in 33 rate mensili con decorrenza 10 dicembre 2015, le prime 8 di Euro 1800,21 ciascuna, a fronte della restituzione dell’indennità sostitutiva del preavviso trattenuta; le altre 25 rate di importo pari ad Euro 2023,93 lordi ciascuna;…

7. Convengono le parti che il mancato pagamento anche di una sola rata di quelle pattuite ai punti 3, 4 e 5 della scadenza concordata costituirà per (…) decadenza del beneficio del termine, per cui, alla data dell’inadempimento, il dott. (…) potrà chiedere il pagamento del residuo all’epoca dovuto in un’unica soluzione…

8. Con la sottoscrizione e la corretta esecuzione del presente accordo, fatta salva la verifica contabile del TFR e delle altre competenze di fine rapporto, il dott. (…) dichiara di rinunciare ogni proprio diritto, pretesa, credito nonché a qualsiasi azione giudiziaria, per qualsivoglia titolo derivante dall’esecuzione di o cessazione del rapporto di lavoro subordinato con (…), sia nei confronti di (…) che/o di qualsiasi altra società del Gruppo (…);

9. In particolare, il dott. (…) – rimossa sin d’ora in totale buona fede e in perfetta conoscenza e consapevolezza di ogni e qualsiasi eccezione riserva – a seguito della regolare esecuzione del presente accordo rinuncia a… indennità sostitutiva del preavviso…”.

Ciascuna delle parti propone una diversa interpretazione del predetto verbale di conciliazione secondo i criteri indicati dall’articolo 1362 e seguenti del codice civile.

Al riguardo, non può non osservarsi che il testo dell’accordo risulta connotato da previsioni, per taluni aspetti, anche contraddittorie.

E così mentre al punto 3 “(…) offre al dott. (…) che accetta la restituzione della somma trattenuta titolo di indennità sostitutiva del preavviso, pari ad Euro 14.401,68” e, coerentemente, al punto 4, viene espressamente rateizzata la restituzione della stessa indennità (“… Le prime 8 di Euro 1800,21 ciascuna fronte della restituzione dell’indennità sostitutiva del preavviso”) per l’esatto, intero importo (Euro 1800,21 x 8 = Euro 14.401,68), al punto n. 9, l’ex dipendente a fronte dell’esatto adempimento degli accordi conciliativi, si impegna a rinunciare, tra l’altro, proprio all’indennità sostitutiva del preavviso.

Peraltro, un’interpretazione spassionata, improntata ai criteri di correttezza e buona fede induce a ritenere che – pur in assenza di un’espressa previsione – che l’accordo abbia una valenza sostanzialmente novativa e che quindi (…) si sia impegnata restituire all’ex dipendente Euro 14.401,68 (oltre alle ulteriori somme ivi previste).

Suona, d’altra parte, paradossale che la società si sia accorta, dopo oltre tre anni di regolari pagamenti – di cui, i primi otto esplicitamente imputati proprio all’indennità sostitutiva del preavviso – e a sole tre rate dalla fine dell’adempimento, della pretesa erroneità del calcolo o della asserita presenza di un errore materiale nell’accordo.

Tesi, obiettivamente, priva di qualunque consistenza e difficile da sostenere in questa sede.

Depone poi addirittura a favore della posizione dell’ex dipendente la pretesa circostanza che (…) avrebbe pagato Euro 1.236,41 in eccesso in occasione della quart’ultima rata.

Le domande avanzate nel corso vanno quindi integralmente respinte.

Si reputa, inoltre, che il caso concreto ampiamente giustifichi l’applicazione dell’art. 96 comma c.p.c. in ragione dell’assoluta pretestuosità del contenzioso instaurato da (…).

Se già le Sezioni Unite della Suprema Corte -con ampia rassegna di altre fattispecie rinvenibili nell’ordinamento- avevano confermato la compatibilità con l’ordinamento giuridico italiano della nozione di “danno punitivo” (Cass. Sez. Un. 5.7.2017 n. 16601), in ciò invero conformandosi a quanto già ritenuto da parte di Corte Cost. 23 giugno 2016, n. 152), è la pronunzia di Cass. 12.6.2018 n. 15209 a sottolineare la funzione pubblicistica della norma, in chiave deflattiva di un contenzioso che non avrebbe ragione di essere coltivato.

Così infatti il Supremo Collegio: “questa Corte ha recentemente riesaminato la questione relativa alla funzione sanzionatoria della condanna per lite temeraria prevista dalla norma richiamata, in relazione sia alla necessità di contenere il fenomeno dell’abuso del processo sia alla evoluzione della fattispecie dei “danni punitivi” che ha progressivamente fatto ingresso nel nostro ordinamento.

Al riguardo, è stato affermato che

“la condanna ex art. 96 c.p.c., comma 3, applicabile d’ufficio in tutti i casi di soccombenza, configura una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., commi 1 e 2 e con queste cumulabile, volta al contenimento dell’abuso dello strumento processuale;

la sua applicazione, pertanto, non richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo”, quale l’aver agito e resistito pretestuosamente (Cass. 27623/2017) e cioè nell’evidenza di non poter vantare alcuna plausibile ragione”

A fronte di una transazione predisposta dai legali delle parti, preceduta da ampie trattative, come dimostra la dettagliata corrispondenza tra le stesse intercorsa, prodotta in causa e non contestata, tenuto conto dell’ampio arco di tempo in cui (…) ha onorato l’impegno assunto senza nulla obiettare, la questione “interpretativa” posta dalla ricorrente risulta del tutto pretestuosa e strumentale.

Si valuta quindi, in via equitativa, di condannare la ricorrente al pagamento di un importo pari ad 1/6 di quello precettato in favore del resistente (Euro 10.12,00, arrotondato).

Le spese di lite seguono la soccombenza.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando, così provvede:

1) rigetta integralmente le domande avanzate in ricorso;

2) condanna (…) s.p.a. al pagamento delle spese di lite sostenute da (…), liquidate in Euro 3.500,00 per compensi oltre al rimborso spese generali al 15%, IVA e CPA;

3) condanna (…) s.p.a., ai sensi dell’art. 96 comma 3 c.p.c., al pagamento, in favore di (…), dell’importo di Euro 1.012,00;

4) fissa termine di giorni 60 per il deposito della sentenza.

Così deciso in Milano il 12 marzo 2019.

Depositata in Cancelleria il 9 aprile 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.