in tema di condominio negli edifici, la deliberazione di approvazione delle spese, adottata dall’assemblea e divenuta inoppugnabile, fa sorgere l’obbligo dei condomini di pagare al condominio i contributi dovuti, rimanendo indipendenti l’obbligazione del singolo partecipante verso il condominio e le vicende delle partite debitorie del condominio verso i suoi creditori. Ne consegue che il condomino non può ritardare il pagamento delle rate di spesa, in attesa dell’evolversi delle relazioni contrattuali del condominio. In aderenza al medesimo principio, deve ritenersi che, approvata una spesa dall’assemblea dei condomini per l’effettuazione di lavori sulle parti comuni dell’edificio, con delibera divenuta ormai inoppugnabile, non sia consentito al condomino rifiutare il pagamento delle quote di contribuzione determinate sulla base della delibera stessa, adducendo contestazioni sullo svolgimento del rapporto di appalto di cui è parte il condominio, vieppiù nel caso in cui, come nella fattispecie, i lavori risultino essere stati già terminati e integralmente saldati dal condominio.

Per una più completa ricerca di giurisprudenza in materia di condominio, si consiglia invece  la Raccolta di massime delle principali sentenze della Cassazione  che è consultabile on line oppure scaricabile in formato pdf

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La responsabilità dell’amministratore di condominio in conseguenza del potere – dovere di curare l’osservanza del regolamento condominiale.

La responsabilità (civile) dell’amministratore di condominio.

Tribunale|Frosinone|Civile|Sentenza|28 gennaio 2020| n. 81

Data udienza 27 gennaio 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE CIVILE DI FROSINONE

nella persona del giudice unico dott. PAOLO MASETTI ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 4158 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2014 trattenuta in decisione all’udienza del 29.1.2019 con i termini ex art. 190, 1 comma, c.p.c., vertente

TRA

NE.FI., rappresentata e difesa dall’Avv. An.Na.;

attrice-opponente

E

CONDOMINIO Ic., in persona dell’amministratore p.t. Em. s.a.s. di, rappresentata e difesa dall’Avv. Ri.Ma.

convenuto-opposto

OGGETTO: opposizione a d.i.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Fi.Ne., con atto di citazione notificato il 4.12.2014, proponeva opposizione al decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 1164/2014 del 9.10.2014 emesso nei suoi confronti dal Tribunale di Frosinone su ricorso ed a favore del Condominio Ic., sito in Frosinone, Via (…), per il pagamento della somma di Euro 12.725,71, riferita a canoni condominiali relativi a quota lavori di manutenzione dello stabile, oltre interessi al tasso legale dalla domanda al saldo. Premetteva le seguenti eccezioni in rito:

– inesistenza/nullità dell’atto passato per la notifica in data 22.10.2014, in quanto nel plico ricevuto dall’opponente, in data 17.11.2014, era stata rinvenuta una copia non autentica del ricorso, della procura e del provvedimento monitorio, unita all’originale di un atto di precetto;

– inesistenza/nullità della procura alle liti, in quanto la procura ad litem allegata al ricorso, oltre che apparentemente conferita dalla società Em. e c. nella qualità di amministratore del condominio “Ia.”, non recava l’indicazione dell’identità del soggetto firmatario ed era stata sottoscritta con firma illeggibile;

– nullità del ricorso per ingiunzione per carenza dello ius postulandi in capo all’avvocato stabilito redigente lo stesso, attesa l’inosservanza delle disposizioni di cui all’art. 8, comma 2, D.Lgs. 96/2001.

Deduceva poi in linea di fatto:

– di non avere mai ricevuto la convocazione per l’assemblea del 2.8.2013 (sulle cui decisioni si era basata la richiesta di d.i.);

– che non risultava depositata l’approvazione da parte dell’assemblea del piano di riparto preventivo e finale della spesa relativa ai lavori;

– che l’amministratore non avrebbe potuto agire senza l’approvazione dell’assemblea, trattandosi di somme pretese per lavori di straordinaria manutenzione;

– che l’amministratore avrebbe dovuto “verificare con la dovuta diligenza qualificata l’affidamento dei lavori mediante la promozione dell’efficienza termica anche in attività libera edilizia”;

– che il “capitolato di spesa” risultava “”errato in alcuni prodotti matematici”;

– che vi era una “difformità dei serramenti (portoncini d’ingresso e finestre vano scala) rispetto a quanto previsto nelle specifiche tecniche del computo metrico”;

– che “non” risultava “acquisito il certificato di regolare esecuzione dei lavori”;

– che “non” risultava “inviata la raccomandata per la verifica ed accettazione dell’opera come da punto 18 del contratto di appalto”;

– che l’amministratore “non” aveva “prodotto il piano di smaltimento dell’amianto cemento”;

– che per tali questioni si riservava “di agire in separata sede, valendo la presente quale formale atto di diffida e messa in mora nei confronti dell’Amministratore del Condomino Ic.”.

Aggiungeva quindi nella prima memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c. che “l’amministratore avrebbe dovuto farsi rilasciare” la “certificazione energetica contestualmente alla dichiarazione di fin lavori”, ciò che non aveva fatto, con conseguente perdita di agevolazioni fiscali per i singoli condomini; che inoltre “le opere per le quali si chiedeva il pagamento” non erano “conformi al computo metrico ed al contratto di appalto”.

Concludeva pertanto per la revoca del decreto ingiuntivo.

Si costituiva in giudizio il Condominio Ic. chiedendo il rigetto dell’opposizione. Sospesa ex art. 649 c.p.c. la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, la causa, dopo l’infruttuoso esperimento della procedura di mediazione e dopo la concessione dei termini ex art. 183, sesto comma, c.p.c., veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni ed infine trattenuta in decisione all’udienza indicata in epigrafe, con termini per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. L’opposizione può trovare accoglimento solo in limitata parte, con riferimento al quantum della pretesa di pagamento del condominio, mentre per il resto deve essere respinta.

Va premesso che l’eccepito difetto di procura è da ritenere superato e sanato in quanto alla comparsa conclusionale di parte opposta è stata allegata una nuova procura, corretta nell’individuazione del soggetto conferente (condominio “Ic.”), recante l’indicazione delle generalità del firmatario (Ca.Pi., socia accomandataria della Em. S.a.s.) e contenente espresso riferimento alla controversia di cui al presente giudizio.

Giova rammentare che la sanatoria del difetto di procura può intervenire in ogni stato e grado del giudizio (cfr. Cass. 28824/2019, che, già con riferimento al vecchio testo dell’art. 182 c.p.c., ha avuto modo di precisare che “l’art. 182, secondo comma, c.p.c. (nel testo, applicabile “ratione temporis”, anteriore alle modifiche introdotte dalla L. n. 69 del 2009), secondo cui il giudice che rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione “può” assegnare un termine per la regolarizzazione della costituzione in giudizio, deve essere interpretato, anche alla luce della modifica apportata dall’art. 46, comma 2, della L. n. 69 del 2009, nel senso che il giudice “deve” promuovere la sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio ed indipendentemente dalle cause del predetto difetto, assegnando un termine alla parte che non vi abbia già provveduto di sua iniziativa, con effetti “ex tunc”, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali”).

Deve poi rilevarsi che in sede di precisazione delle conclusioni l’opponente ha espressamente rinunciato all’eccezione relativa al difetto di ius postulandi del difensore dell’opposta. Peraltro occorre osservare che la dichiarazione di intesa ex art. 8 D.Lgs. 96/2001, sottoscritta anche dall’avvocato affrancante, nel caso di specie si trova contenuta nella procura ad litem.

Anche l’ulteriore eccezione preliminare di nullità/inesistenza dell’atto notificato all’opponente deve essere disattesa.

Difatti, è la stessa attrice ad affermare di avere ricevuto, in data 17.11.2014, un secondo plico contenente copia conforme del ricorso e del decreto ingiuntivo, sicché – una volta prodotta in giudizio anche la procura – eventuali vizi inerenti alle copie degli atti precedentemente inoltrate per la notifica restano assorbiti.

Nel merito, giova considerare quanto segue.

La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 10621/2017, ha evidenziato che “per il disposto degli artt. 1130 e 1131 cod. civ., l’amministratore del condominio ha la legittimazione ad agire in giudizio nei confronti del condomino moroso per la riscossione dei contributi, senza necessità di autorizzazione da parte dell’assemblea, mentre l’esistenza o meno di uno stato di ripartizione delle spese approvato dall’assemblea rileva soltanto in ordine alla fondatezza della domanda, con riferimento all’onere probatorio a suo carico (Cass. 2452/1994; 14665/1999)”.

Ed invero – prosegue la Corte – “l’obbligo del condomino di pagare al condominio, per la sua quota, le spese per la manutenzione e l’esercizio dei servizi comuni dell’edificio deriva dalla gestione stessa e quindi preesiste all’approvazione da parte dell’assemblea dello stato di ripartizione, che non ha valore costitutivo, ma solo dichiarativo del relativo credito del condominio”.

Conseguenza di ciò è quella per cui “il verbale di assemblea condominiale, contenente l’indicazione delle spese occorrenti per la conservazione o l’uso delle parti comuni, ovvero, come nel caso di specie, la delibera di approvazione del “preventivo” di spese straordinarie, costituisce “prova scritta idonea per ottenere decreto ingiuntivo pur in mancanza dello stato di ripartizione delle medesime, necessario al solo fine di ottenere la clausola di provvisoria esecuzione del provvedimento ai sensi dell’art. 63 disp. Att. c.c. (Cass. 15017/2000)”.

Deve dunque escludersi che la delibera di approvazione assembleare del piano di ripartizione costituisca un presupposto processuale o una condizione dell’azione, posto che “la legittimazione ad agire dell’amministratore per il pagamento della quota condominiale trova fondamento direttamente nelle disposizioni di cui agli artt. 1130 e 1131 c.c.. A seguito dell’opposizione al decreto dunque, si dà luogo ad un giudizio di cognizione ordinaria, con onere, in assenza della delibera di approvazione del piano

di riparto, per l’amministratore di provare gli elementi costitutivi del credito nei confronti del condomino anche avuto riguardo ai criteri di ripartizione delle spese relative alle parti comuni dell’edificio e facoltà di quest’ultimo di contestare sussistenza ed ammontare del credito medesimo azionato nei suoi confronti”.

In sostanza, dunque, l’assenza di approvazione del riparto non fa venire meno la legittimazione ad agire dell’amministratore di condominio per ottenere un decreto ingiuntivo, ben potendo in caso di opposizione essere fornita prova, da parte del condominio, della corretta applicazione dei criteri di ripartizione.

Ora, in proposito, dagli atti di causa si desume che in data 2.8.2013 l’assemblea del condominio Ic., facendo evidentemente seguito a quanto deliberato nella precedente riunione dell’8.2.2013, decideva all’unanimità dei presenti (8 condomini su 10) di appaltare i lavori da compiere per la manutenzione del fabbricato condominiale alla ditta “Movimenta il futuro” per un importo complessivo di Euro 119.000, determinando anche le modalità e scadenze di pagamento della cifra suindicata, così approvando la spesa complessiva degli interventi (cfr. doc. 5 e 6 allegati alla memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c. di parte opposta).

Non consta, al riguardo, che tali delibere assembleari – pur se conosciute in ritardo e viziate da irregolarità delle convocazioni, come sostenuto dall’opponente – siano state impugnate dalla Ne. nei termini di legge con apposite azioni di annullamento, sicché la loro efficacia va ritenuta incontestabile (cfr. Cass. 3302/1993). Deve ricordarsi, infatti, che “in tema di impugnazione delle deliberazioni delle assemblee condominiali, l’omessa convocazione di un condomino costituisce motivo di annullamento delle deliberazioni assunte dall’assemblea, che può ottenersi solo con l’esperimento di un’azione ad hoc e nei termini di legge, mentre non può essere oggetto di eccezione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo chiesto per conseguire il pagamento delle spese deliberate dall’assemblea” (Cass. 17487/2006; cfr., altresì, Cass. 22573/2016).

È stato altresì prodotto in giudizio dal condominio uno schema di riparto della spesa, sulla base delle tabelle millesimali, nel quale è indicata la quota a carico dell’odierna opponente in Euro 12.262,64 in relazione a 90,700 millesimi di pertinenza (doc. 27 allegato alla suddetta memoria, già prodotto in sede monitoria).

Sono stati prodotti, ancora, il contratto di appalto stipulato con l’impresa selezionata, per il corrispettivo a corpo di Euro 119.000 oltre IVA al 10%, il computo metrico estimativo delle opere sottoscritto dalla stessa ditta, redatto dal geom. Da.Cr., nominato nel contratto quale Direttore dei Lavori, nonché, infine, le fatture emesse dall’appaltatrice con la prova dei relativi pagamenti (doc. all. da 10 e 21).

Unica peculiarità è che l’importo totale delle fatture ammonta ad Euro 115.500 IVA compresa e non ad Euro 135.200 come si legge nello schema di riparto di cui sopra.

Ora, in merito ai criteri di ripartizione della spesa sottostanti alla richiesta di pagamento nessuna contestazione di tipo sostanziale è stata avanzata dall’opponente, in particolare circa la correttezza della modalità di determinazione delle singole quote di partecipazione dei condomini all’esborso relativo ai lavori e/o dei valori millesimali esposti.

Il calcolo della quota gravante sull’attrice deve quindi ritenersi, nel metodo, correttamente eseguito, dovendosi semmai rettificare il dato di partenza ( Euro 115.500 anziché Euro 135.200) con conseguente riduzione dell’ammontare dovuto ad Euro 10.475,85, in base ai millesimi di pertinenza.

L’attrice ha mosso piuttosto una serie di contestazioni sui lavori appaltati (in specie attraverso il deposito di una perizia di parte, allegata alla seconda memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c.), al fine di sottrarsi al pagamento delle somme.

Tuttavia, come già precisato dalla giurisprudenza di legittimità, in tema di condominio negli edifici, la deliberazione di approvazione delle spese, adottata dall’assemblea e divenuta inoppugnabile, fa sorgere l’obbligo dei condomini di pagare al condominio i contributi dovuti, rimanendo indipendenti l’obbligazione del singolo partecipante verso il condominio e le vicende delle partite debitorie del condominio verso i suoi creditori. Ne consegue che il condomino non può ritardare il pagamento delle rate di spesa, in attesa dell’evolversi delle relazioni contrattuali del condominio (cfr. Cass. 2049/2013).

In aderenza al medesimo principio, deve ritenersi che, approvata una spesa dall’assemblea dei condomini per l’effettuazione di lavori sulle parti comuni dell’edificio, con delibera divenuta ormai inoppugnabile, non sia consentito al condomino rifiutare il pagamento delle quote di contribuzione determinate sulla base della delibera stessa, adducendo contestazioni sullo svolgimento del rapporto di appalto di cui è parte il condominio, vieppiù nel caso in cui, come nella fattispecie, i lavori risultino essere stati già terminati e integralmente saldati dal condominio (cfr., altresì, il principio espresso da Cass. Sez. Un. 10492/1996 e Cass. 12956/2006).

Peraltro, oltre ad investire le contestazioni dell’attrice solo una limitata parte delle opere realizzate (non giustificando, così, in ogni caso, la mancanza di qualsiasi versamento da parte della condomina), non può farsi a meno di notare che le censure riguardano, in parte, lo stesso computo metrico estimativo sulla cui base l’assemblea – con delibera ormai definitiva, a quanto consta – ha proceduto all’affidamento dei lavori, richiamato altresì nel contratto stipulato dal condominio e come tale non più suscettibile di essere messo in discussione (vedasi le considerazioni sul giusto e congruo prezzo dei lavori indicati al punto 17 del computo).

Altre censure riguardano asserite difformità tra le quantità di opere effettivamente eseguite e quelle indicate nel computo metrico, trascurandosi tuttavia di considerare che era stato previsto un corrispettivo a corpo (peraltro poi apparentemente ridotto all’esito dei lavori, alla luce delle fatture prodotte).

Anche i rilievi mossi sull’operato dell’amministratore nella gestione dei lavori appaltati (in particolare per la mancanza di adempimenti che avrebbero dato diritto a benefici fiscali) non possono avere qui rilievo, potendo, semmai, costituire la base per azioni di diversa natura (ossia di tipo risarcitorio) da espletare in separata sede, come peraltro si riservava espressamente di fare l’attrice a pag. 4, punto 20, dell’atto di citazione.

In definitiva, la domanda di pagamento del condominio deve trovare accoglimento, sebbene per una somma inferiore a quella ingiunta. Come già detto, infatti, l’importo della spesa definitiva per i lavori appaltati risulta, dagli atti, essere pari ad Euro 115.500. Inoltre nella somma richiesta con l’ingiunzione sono stati fatti confluire gli oneri di direzione lavori, rispetto ai quali, tuttavia, manca una corrispondente delibera assembleare di approvazione. Ne consegue che la quota a carico della Ne. va rideterminata, secondo i millesimi, in Euro 10.475,85.

In definitiva, il decreto ingiuntivo deve essere revocato e la Ne. va condannata al pagamento in favore del condominio della somma di Euro 10.475,85, oltre interessi legali dalla domanda al saldo.

In considerazione dell’avvenuta regolarizzazione solo in corso di causa della procura afferente al ricorso per d.i. e del non integrale accoglimento della domanda di pagamento, sussistono idonei motivi per dichiarare irripetibili le spese della fase monitoria e per compensare per 1/5 le spese del giudizio di opposizione, ponendo la restante quota, liquidata come in dispositivo secondo i parametri di cui al D.M. 55/2014, a carico di parte opponente per la prevalente soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:

1) revoca il decreto ingiuntivo opposto;

2) condanna Fi.Ne. al pagamento in favore del Condominio Ic. della somma di Euro 10.475,85, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;

3) dichiara irripetibili le spese del procedimento monitorio;

4) compensa per 1/5 le spese del giudizio di opposizione tra le parti e condanna l’opponente a rifondere all’opposto la restante quota, che liquida in Euro 3.868,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15%, CPA ed IVA come per legge.

Così deciso in Frosinone il 27 gennaio 2020.

Depositata in Cancelleria il 28 gennaio 2020.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.