è noto che in tema di contratto di mutuo, l’art. 1 della L. n. 108 del 1996, che prevede la fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti debbono essere considerati usurari, riguarda sia gli interessi corrispettivi che quelli moratori (Cass. 4 aprile 2003, n. 5324). Ha errato, allora, il tribunale nel ritenere in maniera apodittica che il tasso di soglia non fosse stato superato nella fattispecie concreta, solo perché non sarebbe consentito cumulare gli interessi corrispettivi a quelli moratori al fine di accertare il superamento del detto tasso.

 

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Tribunale Roma, Sezione 17 civile Sentenza 13 settembre 2018, n. 17236

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA

SEZIONE DICIASETTESIMA CIVILE

Il Giudice, in persona del dr. Tommaso MARTUCCI, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel procedimento civile di I grado iscritto al n. 16936/2015 del Ruolo Generale degli Affari Civili, posto in deliberazione all’udienza del 16/5/2018 e promosso da:

(…) (C.F. (…)), elettivamente domiciliata in Roma, via (…) presso lo studio dell’avv. Pi.Fa., che la rappresenta e difende in virtù di procura in calce all’atto di citazione

(…) (C.F. (…)), elettivamente domiciliata in Roma, via (…) presso lo studio dell’avv. Pi.Fa., che la rappresenta e difende in virtù di procura in calce all’atto di citazione

(…) (C.F. (…)), elettivamente domiciliata in Roma, via (…) presso lo studio dell’avv. Pi.Fa., che la rappresenta e difende in virtù di procura in calce all’atto di citazione

ATTORI

contro

(…) S.p.A. con sede legale in T., piazza (…), (C.F.: (…), P. IVA: (…)), elettivamente domiciliata in Roma, corso (…) presso lo studio dell’avv. St.Lu., che la rappresenta e difende in virtù di procura a margine della comparsa di risposta

CONVENUTA

(…) s.r.l. con sede legale in M., via (…), (C.F. e P. IVA: (…)), elettivamente domiciliata in Roma, corso (…) presso lo studio dell’avv. St.Lu., che la rappresenta e difende in virtù di procura a margine della comparsa di intervento

INTERVENUTA

MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione notificato in data 10/3/2015 (…), (…) e (…) convenivano in giudizio avanti all’intestato Tribunale la S.p.A. (…), già (…) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, chiedendone la condanna alla ripetizione delle somme indebitamente percepite in esecuzione del rapporto di mutuo inter partes, da liquidarsi in Euro 89.343,96, previa declaratoria di nullità ex art. 1815 c.c. delle clausole contrattuali concernenti il tasso d’interesse moratorio.

La parte attrice esponeva:

– di aver stipulato in data 13/4/2006 con la S.p.A. (…), già (…) S.p.A., il contratto di mutuo rep. n. (…), racc. n. (…), per la somma di Euro 236.700,00, da restituirsi in trent’anni mediante il pagamento di n. (…) rate mensili posticipate, oltre alla rata di preammortamento;

– che erano stati pattuiti il tasso contrattuale del 5,00% ed il tasso di mora del 7,70%, a fronte del tasso soglia antiusura, alla data della stipulazione del contratto (13/4/2006), del 7,71%;

– che la sommatoria tra i tassi d’interesse moratorio e corrispettivo era superiore alla soglia antiusura, quindi, considerato che, in virtù dell’art. 5 del mutuo, gli interessi moratori non si sostituivano ma si sommavano a quelli corrispettivi in caso di mora dei mutuatari, il contratto era da ritenersi gratuito.

Tanto premesso, gli attori concludevano come in epigrafe.

La S.p.A. (…) e la s.r.l. (…), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, costituitesi con comparsa del 9/9/2015, eccepivano preliminarmente la prescrizione ex art. 2948, comma I, n. 4 c.c. dell’avversa pretesa creditoria e, in subordine, ne chiedevano il rigetto; in via ulteriormente gradata, eccepivano la compensazione della pretesa attorea con il proprio maggior credito.

Le ridette società eccepivano in primis la carenza di legittimazione passiva della S.p.A. (…), dando atto che quest’ultima aveva ceduto alla s.r.l. (…) il credito relativo al mutuo per cui si procede, con efficacia a far tempo dal 30/4/2013; eccepivamo la prescrizione dei crediti vantati ex adverso risalenti ad oltre il quinquennio antecedente alla notificazione dell’atto di citazione e, in ogni caso, eccepivano che i tassi d’interesse pattuiti con il mutuo controverso erano inferiori al tasso soglia antiusura, contestando la sommatoria tra i tassi d’interesse corrispettivo e moratorio prospettata dalla controparte ai fini della determinazione del TEG.

Esperiti gli incombenti preliminari ed intervenuto lo scambio delle memorie ex art. 183, co. VI, c.p.c., il giudice fissava per la precisazione delle conclusioni l’udienza del 16/5/2018, al cui esito, sulle conclusioni rassegnate, tratteneva la causa in decisione, concedendo alle parti i termini per le memorie conclusive.

Con particolare riferimento alla causa petendi, (…), (…) e (…) chiedono la condanna della S.p.A. (…) alla ripetizione delle somme che, secondo la loro prospettazione, sarebbero state indebitamente percepite a titolo di interessi corrispettivi e moratori applicati con tassi usurari nel corso del contratto di mutuo inter partes secondo il previsto piano di ammortamento alla francese, previo accertamento della nullità parziale del contratto ex art. 1815 c.c.

La S.p.A. (…) eccepisce in primis la propria carenza di legittimazione passiva per effetto della cessione del credito derivante dal contratto di mutuo stipulato con la controparte.

L’eccezione è fondata.

Non è stata specificamente contestata l’asserzione attorea secondo cui la convenuta, a far tempo dal 30/4/2013, in attuazione del programma di emissioni di obbligazioni bancarie garantite dalla S.p.A. (…) regolato dall’art. 7-bis della L. n. 130 del 1999, ha ceduto il credito derivante dal contratto su cui si controverte all’intervenuta, la quale soltanto, quindi, è legittimata a resistere nel presente giudizio.

Invero, conformemente alla giurisprudenza prevalente, in tema di cessione di azienda in favore di una banca, l’art. 58 del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, nel prevedere il trasferimento delle passività al cessionario, in forza della sola cessione e del decorso del termine di tre mesi dalla pubblicità notizia di essa (secondo quanto previsto dal comma 2 dello stesso art. 58), e non la mera aggiunta della responsabilità di quest’ultimo a quella del cedente, deroga all’art. 2560 cod. civ., su cui prevale in virtù del principio di specialità (cfr. Cass. civ. n. 18258 del 26/08/2014; Cass. civ. n. 2523 del 31/01/2017).

La convenuta e l’intervenuta eccepiscono, inoltre, la prescrizione ex art. 2948, comma I, n. 4 c.c. dell’avversa pretesa creditoria.

L’eccezione è priva di pregio.

E’ appena il caso di osservare che, per consolidata giurisprudenza, la rateizzazione in più versamenti periodici dell’unico debito nascente da un mutuo bancario non ne determina il frazionamento in distinti rapporti obbligatori, neanche con riferimento agli interessi previsti nel piano di ammortamento, che del finanziamento costituiscono il corrispettivo, od a quelli moratori, fondati sul presupposto dell’inadempimento e privi di cadenza periodica imperativa, sicché deve escludersi, per tali tipologie di interessi, l’applicabilità dell’art. 2948, n. 4, cod. civ. sulla prescrizione quinquennale degli adempimenti periodici di singole obbligazioni autonome ed indipendenti (cfr. Cass. civ. n. 18951 del 08/08/2013); ed ancora, nel contratto di mutuo la prescrizione del diritto al rimborso della somma mutuata inizia a decorrere dalla scadenza dell’ultima rata, atteso che il pagamento dei ratei configura un’obbligazione unica ed il relativo debito non può considerarsi scaduto prima della scadenza dell’ultima rata.

Ne consegue l’infondatezza dell’eccepita prescrizione quinquennale del credito azionato dagli attori a titolo di interessi indebitamente corrisposti, stante l’inapplicabilità dell’art. 2948, n. 4 c.c. al caso di specie.

Nel merito, le domande attoree sono infondate.

Il rapporto controverso trae origine dal contratto di mutuo ipotecario a tasso fisso rep. n. (…), raccolta n. (…), stipulato in data 13/4/2006 tra la S.p.A. (…), cui è succeduta la S.p.A. (…), e gli odierni attori per la somma di Euro 236.700,00, da restituirsi a cura dei mutuatari in 30 anni mediante il pagamento di n. (…) rate mensili posticipate di Euro 1.270,66 ciascuna, al tasso di interesse corrispettivo del 5,00% e con la previsione, all’articolo 5) del contratto, che ogni somma dovuta dalla parte mutuataria a qualsiasi titolo in dipendenza del contratto e non pagata avrebbe prodotto di pieno diritto dal giorno della scadenza l’interesse di mora in favore della mutuante, al tasso pari al 7,700% al momento della stipulazione del contratto, con la previsione che, per il periodo successivo, sarebbe stato determinato aumentando del 50%, arrotondato allo 0,05% inferiore, il TAEG degli interessi corrispettivi pubblicato dal (…).

Orbene, in relazione al citato rapporto di mutuo, gli attori eccepiscono la nullità dei tassi di interesse pattuiti ab origine e dalla banca unilateralmente variati nelle more del contratto.

La doglianza è priva di pregio.

Osserva, invero, il giudicante che i tassi di interesse applicati dalla banca, singolarmente analizzati, sono inferiori al c.d. tasso soglia antiusura, né può ritenersi meritevole di accoglimento la prospettazione attorea, secondo cui sarebbe necessario cumulare i tassi d’interesse corrispettivo e moratorio ai fini della verifica della usurarietà del TEG.

Le questioni giuridiche rilevanti nel caso di specie attengono all’applicabilità della disciplina in materia di usura al tasso d’interesse moratorio ed al criterio di determinazione del TEG.

Giova premettere che, in tema di contratto di mutuo, con norma di interpretazione autentica, l’art. 1, comma 1, D.L. n. 394 del 2000, conv. da L. n. 24 del 2001, ha stabilito che si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento e, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, l’art. 1 della L. n. 108 del 1996, che prevede la fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti debbono essere considerati usurari, riguarda sia gli interessi corrispettivi che quelli moratori (cfr. Cass. civ. n. 5598 del 06/03/2017; Cass. civ. n. 5324 del 04/04/2003).

Rileva, tuttavia, il giudicante che il tasso di mora ha una funzione autonoma e distinta rispetto agli interessi corrispettivi, poiché mentre l’uno sanziona il ritardato pagamento, gli interessi corrispettivi costituiscono la effettiva remunerazione del denaro mutuato, pertanto, stante la diversa funzione ed il diverso momento di operatività, la verifica della usurarietà degli interessi moratori va effettuata in modo distinto ed autonomo da quella relativa agli interessi corrispettivi, con esclusione della loro sommatoria.

Si sono diffusi al riguardo due opposti orientamenti: il primo (Trib. Cremona 9.1.2015; Trib. Milano 29.1.2015; Trib. Roma 7.5.2015; Trib. Rimini 6.2.2015; Trib. Vibo Valentia; Trib. Brescia 24.11.2014; Trib. Salerno 27.7.1998; Trib. Macerata 1.6.1999; Trib. Napoli 5.5.2000; Trib. Treviso 12.11.2015; Cass. Pen. 5689/2012) esclude l’applicabilità agli interessi di mora della normativa antiusura sulla base dei seguenti rilievi: gli artt. 1815, comma 2, c.c. e 644, comma 1, c.p. si riferiscono, rispettivamente, agli interessi “convenuti” e “in corrispettivo”, dunque valorizzano la fase fisiologica del rapporto (Trib. Verona 12.9.2015); le Istruzioni della (…) per il calcolo del tasso effettivo globale medio (TEGM) non contemplano gli interessi di mora (c.d. principio di omogeneità di confronto), posto che la L. n. 108 del 1996 esige la rilevazione comparata di “operazioni della stessa natura”; la mancanza di un tasso soglia ad hoc degli interessi moratori (cfr. Trib. Varese 26.4.2016 e Trib. Milano 28.4.2016); la diversa funzione degli interessi moratori – peraltro eventuali – aventi natura risarcitoria/sanzionatoria, rispetto agli interessi corrispettivi, aventi natura remunerativa (cfr. Trib. Treviso 12.11.2015, secondo cui gli interessi moratori non remunerano affatto il creditore dell’erogazione del credito, ma lo ristorano per il protrarsi della perdita della disponibilità di somme di denaro che egli non ha accettato, ma che subisce per effetto dell’inadempimento del debitore e per un periodo di tempo non prevedibile); il TAEG di cui alle Direttive 2008/48/CE e 2014/17/UE non contempla gli interessi moratori.

Il secondo indirizzo ermeneutico esclude il tasso di mora dall’ambito di operatività della L. n. 108 del 1996, valorizzando il D.L. n. 132 del 2014, convertito in L. n. 162 del 2014, che all’art. 17, comma 1, ha novellato l’art. 1284, ult. co., c.c., prevedendo che il saggio degli interessi (di mora), dal momento in cui è proposta la domanda giudiziale, ove non sia pattuito dalle parti, è pari a quello previsto dal D.Lgs. n. 231 del 2002 in materia di transazioni commerciali e questo tasso, con riferimento a talune categorie di operazioni, quali i mutui, è spesso risultato superiore al tasso-soglia: ne consegue, secondo questo indirizzo giurisprudenziale, la liceità della pattuizione di un interesse di mora pari o anche superiore a quello di cui al D.Lgs. n. 231 del 2002, quindi superiore al tasso-soglia (Trib. Cremona 9.1.2015; Trib. Vibo Valentia 22.7.2015; Trib. Treviso 12.11.2015; Trib. Monza 3.3.2016; Trib. Varese 26.4.2016; Trib. Milano 28.4.2016).

Prevale, tuttavia, in dottrina ed in giurisprudenza l’orientamento secondo cui gli interessi moratori sono soggetti alle soglie d’usura (cfr. Cass. civ. nn. 4251/1992, 5286/2000, 14899/2000, 5324/2003, 350/2013, 602/2013, 603/2013 nonché Corte Cost. n. 29 del 2002, secondo cui è “plausibile l’assunto” che gli interessi di mora siano assoggettati al tasso – soglia): il principale argomento posto a sostegno di questo indirizzo è l’affermazione del “principio di omogeneità di trattamento degli interessi, pur nella diversità di funzione” e la circostanza che “il ritardo colpevole … non giustifica il permanere della validità di una obbligazione così onerosa e contraria alla legge” (così la Corte di cassazione nelle decisioni da ultimo citate).

Quest’ultimo orientamento, consolidatosi nella recente giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di contratto di mutuo, l’art. 1 della L. n. 108 del 1996, che prevede la fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti debbono essere considerati usurari, riguarda sia gli interessi corrispettivi che quelli moratori (cfr. Cass. civ. n. 5598 del 06/03/2017; Cass. civ. 23192/2017), si fonda anche sui seguenti ulteriori argomenti:

a) la L. 28 febbraio 2001, n. 24, di interpretazione autentica della L. n. 108 del 1996, testualmente disciplina gli “interessi … promessi o convenuti, a qualunque titolo”, quindi anche gli interessi moratori (depone in tale direzione anche la Relazione governativa al D.L. n. 394 del 2000);

b) l’art. 644 c.p. statuisce il “limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari” senza distinzioni tra tipologie di interessi;

c) i rischi dell’utilizzazione strumentale degli interessi moratori, se sottratti alla disciplina antiusura;

d) l’irrazionalità di sanzionare i vantaggi usurari nella fase fisiologica del rapporto e non in quella patologica (mora)

Orbene, l’adito giudicante condivide l’ultimo degli orientamenti sopra citati ed i principi su cui si fonda: nondimeno, la rilevazione dell’usurarietà degli interessi moratori postula l’analisi dei relativi tassi autonomamente rispetto agli interessi corrispettivi, con esclusione di ogni ipotesi di sommatoria tra gli stessi.

Invero, nei contratti di mutuo, ai fini della verifica del rispetto della L. n. 108 del 1996, l’interesse di mora non va sommato a quello convenzionale, poiché, qualora il debitore divenga moroso, il tasso di interesse moratorio non si aggiunge agli interessi convenzionali, ma si sostituisce agli stessi: gli interessi convenzionali si applicano sul capitale a scadere, costituendo il corrispettivo del diritto del mutuatario di disporre della somma capitale in conformità al piano di rimborso graduale (artt. 821 e 1815 c.c.), mentre gli interessi di mora si applicano solamente sul debito scaduto (art. 1224 c.c.). L’eventuale caduta in mora del rapporto non comporterebbe comunque la somma dei due tipi di interesse, venendo gli interessi di mora ad applicarsi unicamente al capitale non ancora restituito e alla parte degli interessi convenzionali già scaduti e non pagati qualora gli stessi fossero imputati a capitale.

Non vale in contrario richiamare la nota sentenza della Corte di cassazione n. 350 del 9/1/2013, che non contiene alcuna affermazione nel senso della necessità di cumulare il tasso moratorio al tasso corrispettivo, avendo invece semplicemente affermato che sono soggetti al tasso soglia anche gli interessi moratori; in tal senso si è espressa la più recente e maggioritaria giurisprudenza di merito.

In particolare, non è corretta la tesi secondo cui l’interesse di mora vada sommato a quello convenzionale e tale somma vada confrontata con il tasso soglia antiusura previsto per gli interessi convenzionali dalla L. n. 108 del 1996. Infatti, qualora il debitore divenga moroso, il tasso di interesse di mora non si aggiunge agli interessi corrispettivi, ma si sostituisce agli stessi: gli interessi corrispettivi si applicano sul capitale a scadere, costituendo appunto il corrispettivo del diritto del mutuatario di godere la somma capitale in conformità al piano di rimborso graduale (art. 1815 cod. civ.), mentre gli interessi di mora si applicano solamente sul debito scaduto (art. 1224 cod. civ.).

La clausola contenuta nel contratto di mutuo che prevede nell’ipotesi di ritardato pagamento, l’applicazione del tasso moratorio sull’intero importo delle rate scadute non comporta affatto una sommatoria di tassi, in quanto la base di calcolo, alla quale si applica il solo interesse moratorio, rimane cristallizzata nell’importo della singola rata.

Tale previsione peraltro è legittimata dall’art. 120 D.Lgs. n. 385 del 1993, come modificato dal D.Lgs. n. 349 del 1999, e dalla Delib. CICR del 9 febbraio 2000, il cui art. 3 così dispone: “Nelle operazioni di finanziamento per le quali è previsto che il rimborso del prestito avvenga mediante il pagamento di rate con scadenze temporali predefinite, in caso di inadempimento del debitore l’importo complessivamente dovuto alla scadenza di ciascuna rata può, se contrattualmente stabilito, produrre interessi a decorrere dalla data di scadenza e sino al momento del pagamento”. L’applicazione degli interessi moratori sull’importo delle rate scadute non solo non può essere reputata illegittima (in quanto conforme all’art. 3 della Delib. CICR del 9 febbraio 2000), ma nemmeno può influire sulla determinazione del tasso effettivo, essendo anatocismo ed usura fenomeni distinti ed autonomamente disciplinati. Al riguardo pare sufficiente osservare che i tassi medi che sono oggetto di rilevazione non comprendono interessi anatocistici e che sussiste una ovvia esigenza di uniformità fra dato in valutazione e parametro di riferimento.

L’eventuale caduta in mora del rapporto non comporterebbe, quindi, una somma dei due tipi di interesse, venendo gli interessi di mora ad applicarsi unicamente al capitale non ancora restituito e alla parte degli interessi corrispettivi già scaduti e non pagati qualora gli stessi fossero imputati a capitale.

Non rilevano, ai fini della verifica del superamento della soglia antiusura del tasso degli interessi moratori, le spese relative al contratto bancario, posto che l’interesse di mora non attiene alla remunerazione del capitale, bensì alla penalità per il ritardato adempimento del mutuatario, fatto imputabile a quest’ultimo e meramente eventuale, in una fase patologica del rapporto.

Osserva al riguardo la prevalente giurisprudenza di merito che è infondata la modalità di conteggio del “tasso effettivo di mora (T.E.MO.)”, posto che la previsione contrattuale di interessi moratori concerne la mera ipotesi, patologica ed eventuale, di un ritardo nel pagamento delle rate ed è, dunque, riferita a fattispecie che si discosta dal corso fisiologico del contratto, avendo tali oneri natura risarcitoria, diversamente dagli interessi corrispettivi, connessi all’erogazione del credito. Tanto premesso, se da un lato si reputa corretto computare, unitamente agli interessi corrispettivi, i restanti costi ed oneri connessi all’erogazione del credito ai fini della determinazione del tasso corrispettivo applicato al rapporto (conteggio del TEG), dall’altro pare incoerente replicare tale modalità di calcolo con riferimento agli interessi di mora, attesa la ribadita diversa natura di questi ultimi” (cfr. Trib. Milano, n. 11854 del 22 ottobre 2015; App. Milano, 20 gennaio 2015).

Ed ancora, pur rilevando, ai fini del tasso soglia, anche il tasso d’interesse moratorio, per verificare il superamento i due tassi d’interesse non si sommano, in quanto succedono l’uno all’altro; in particolare, il moratorio succede al corrispettivo in caso di inadempimento o ritardo (cfr. Trib. Roma, ord. 3 giugno 2015).

Non è in contrasto con tali principi la recente ordinanza della Suprema Corte n. 23192/2017, di cui si riporta il contenuto motivazionale: “Considerato che:1. l’art. 1815, co. 2, c.c. stabilisce che “se sono dovuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi” e ai sensi dell’art. 1 D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, convertito in L. 28 febbraio 2001, n. 24, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento; il legislatore, infatti, ha voluto sanzionare l’usura perché realizza una sproporzione oggettiva tra la prestazione del creditore e la controprestazione del debitore;

2. il ricorso è manifestamente infondato; come ha già avuto modo di statuire la giurisprudenza di legittimità “è noto che in tema di contratto di mutuo, l’art. 1 della L. n. 108 del 1996, che prevede la fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti debbono essere considerati usurari, riguarda sia gli interessi corrispettivi che quelli moratori (Cass. 4 aprile 2003, n. 5324). Ha errato, allora, il tribunale nel ritenere in maniera apodittica che il tasso di soglia non fosse stato superato nella fattispecie concreta, solo perché non sarebbe consentito cumulare gli interessi corrispettivi a quelli moratori al fine di accertare il superamento del detto tasso” (Cass. ord. 5598/2017; con principio già affermato da Cass. 14899/2000)”.

Ebbene, tale pronuncia, oltre a ribadire il principio ormai consolidatosi in dottrina ed in giurisprudenza, secondo cui gli interessi di mora soggiacciono alla disciplina antiusura, censura il ragionamento sotteso alla pronuncia del Tribunale nella parte in cui era stata apoditticamente esclusa l’usurarietà degli interessi per il solo fatto della non applicabilità della sommatoria dei relativi tassi, dovendosi ritenere che la Suprema Corte abbia evidenziato la necessità di verificare in concreto la usurarietà dei tassi d’interesse, ma ciò non implica che debba farsi luogo alla loro sommatoria ai fini della verifica del superamento del c.d. tasso soglia.

Corrobora l’orientamento sopra espresso il punto 4) dei “Chiarimenti in materia di applicazione della legge antiusura” del 2/7/2013, che costituisce un valido parametro interpretativo della disciplina antiusura e così dispone: “I TEG medi rilevati dalla (…) includono, oltre al tasso nominale, tutti gli oneri connessi all’erogazione del credito.

Gli interessi di mora sono esclusi dal calcolo del TEG, perché non sono dovuti dal momento dell’erogazione del credito ma solo a seguito di un eventuale inadempimento da parte del cliente. L’esclusione evita di considerare nella media operazioni con andamento anomalo. Infatti, essendo gli interessi moratori più alti, per compensare la banca del mancato adempimento, se inclusi nel TEG medio potrebbero determinare un eccessivo innalzamento delle soglie, in danno della clientela. Tale impostazione è coerente con la disciplina comunitaria sul credito al consumo, che esclude dal calcolo del TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale) le somme pagate per l’inadempimento di un qualsiasi obbligo contrattuale, inclusi gli interessi di mora. L’esclusione degli interessi di mora dalle soglie è sottolineata nei decreti trimestrali del Ministero dell’Economia e delle Finanze, in cui è precisato che “i tassi effettivi globali medi (…) non sono comprensivi degli interessi di mora contrattualmente previsti per i casi di ritardato pagamento.

Venendo al caso di specie, il tasso d’interesse corrispettivo, se correttamente analizzato con esclusione della sommatoria tra i tassi d’interesse corrispettivo e moratorio, è stato legittimamente pattuito nel rispetto del tasso soglia antiusura.

Relativamente al tasso d’interesse moratorio, conformemente alle indicazioni della (…), si rileva che gli interessi di mora sono stati sempre esclusi dal calcolo operato per addivenire alla media degli interessi convenzionali praticati dalle banche, proprio perché sono interessi che non attengono alla fisiologia del rapporto ma alla sua patologia. “Infatti, essendo gli interessi moratori più alti, per compensare la banca del mancato adempimento, se inclusi nel TEG medio potrebbero determinare un eccessivo innalzamento delle soglie, in danno della clientela” ((…), “Chiarimenti in materia di applicazione della legge antiusura” del 3 luglio 2013). I tassi soglia antiusura sono, infatti, determinati attraverso un automatismo stabilito dalla legge che prende in esame i tassi medi di mercato rilevati trimestralmente dalla (…) e pubblicati dal Ministero delle Finanze. Come indicato da queste medesime Autorità, le banche nel riportare i tassi di interesse medi applicati indicano i soli interessi convenzionali e non vi comprendono anche i tassi di mora: è ovvio che se fossero invece inclusi anche i tassi di mora, si avrebbe un innalzamento dei tassi medi applicati, con aumento anche del TEG periodico e dei tassi soglia antiusura. Scelta che è rispettosa sia della natura del rapporto, appunto perché i tassi di mora sono meramente eventuali e patologici, sia delle esigenze dei clienti dato che altrimenti si avrebbe un incremento dei tassi medi di interesse e un corrispondente innalzamento del tasso soglia antiusura. Se, quindi, i tassi convenzionali antiusura non comprendono gli interessi di mora, non è sostenibile, né logicamente né con fondamento normativo, che nell’esame di un contratto si debba procedere alla somma del tasso convenzionale con quello di mora per confrontare tale risultato con il tasso soglia antiusura (determinato senza gli interessi di mora).

Non è corretto, inoltre, il confronto indicato tra gli interessi di mora previsti in contratto e il tasso soglia antiusura previsto pro tempore per gli interessi corrispettivi, essendo questi ultimi inferiori a quelli di mora (previsti in misura superiore per la loro diversa funzione: non di corrispettivo per il godimento del denaro ma di risarcimento per il danno causato dall’inesatta restituzione della somma): ne consegue che il limite antiusura previsto all’epoca per gli interessi convenzionali non può essere acriticamente applicato agli interessi di mora, necessariamente maggiori rispetto a quelli convenzionali.

A conferma si evidenzia che, a partire dal Decreto del Ministero della Finanze del 25 marzo 2003 e in tutti quelli successivi, è stato chiarito che “i tassi effettivi globali medi di cui all’articolo l comma 1 del presente decreto non sono comprensivi degli interessi di mora contrattualmente previsti per i casi di ritardato pagamento”. In proposito i medesimi Decreti avevano rilevato che da un’indagine statistica allora condotta dalla (…), era risultato che i tassi di mora applicati dagli intermediari erano mediamente pari a 2,1 punti percentuali oltre il Tasso Effettivo Globale medio. La stessa (…) ha affermato che “in assenza di una previsione legislativa che determini una specifica soglia in presenza di interessi moratori”, si possa fare riferimento al “criterio in base al quale i TEG medi pubblicati sono aumentati di 2,1 punti per poi determinare la soglia su tale importo” ((…), Chiarimenti citato del 3.7.2013). Di conseguenza, nel caso di specie l’interesse di mora, in sé considerato e previsto contrattualmente non può essere considerato usurario, non superando il tasso soglia anti-usura calcolato secondo le modalità sopra indicate (TEG medio + 2,1 + aumento previsto dalla disciplina vigente ratione temporis) è conforme alla legge antiusura.

I tassi d’interesse corrispettivo e moratorio previsti dal contratto di mutuo inter partes si sottraggono, quindi, alle censure attoree, risultando inferiori al c.d. tasso soglia antiusura.

Ne consegue l’infondatezza delle domande attoree di accertamento della nullità parziale del contratto di mutuo e delle pretese restitutorie della parte attrice, strettamente connesse alle domande di accertamento.

Le spese processuali, liquidate come in dispositivo ed in unica soluzione, stante la difesa congiunta della convenuta e dell’intervenuta, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

visto l’art. 281-quinquies c.p.c.;

il Tribunale di Roma, definitivamente pronunziando sulle domande proposte con atto di citazione notificato in data 10/3/2015 da (…), (…) e (…) avverso la S.p.A. (…), con l’intervento della S.r.l. (…), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, contrariis reiectis:

RIGETTA le domande proposte da (…), (…) e (…) avverso la S.p.A. (…), con l’intervento della S.r.l. (…);

CONDANNA (…), (…) e (…) al pagamento in favore delle controparti delle spese processuali, che liquida in Euro 7.000,00 per compenso professionale, oltre al 15% per spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma il 10 settembre 2018.

Depositata in Cancelleria il 13 settembre 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.