gli obblighi di informazione previsti dal Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 21 (TUF). non riguardano soltanto la fase anteriore alla stipula del contratto di negoziazione, ma anche la fase successiva, e’ pur vero che gli obblighi relativi alla fase di esecuzione attengono allo svolgimento successivo del rapporto quale e’ predeterminato dallo stesso contratto quadro, che disciplina le modalita’ con cui devono essere impartiti gli ordini dal cliente ed eseguiti dall’intermediario i singoli ordini di investimento o disinvestimento; si devono invece escludere obblighi di informazione successivi alla concreta erogazione del servizio e relativi, quindi, all’investimento effettuato, quando non sia previsto nel contratto un servizio di gestione del portafoglio o un servizio di consulenza.

 

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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 6 giugno 2018, n. 14691

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria C. – Presidente

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere

Dott. VELLA Paola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23576/2014 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), la prima anche in proprio ed entrambe nella qualita’ di eredi di (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) – Credito Cooperativo – Societa’ Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1832/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 29/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/04/2018 dal cons. IOFRIDA GIULIA.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Bologna, con sentenza n. 1832/2014, pronunciata in giudizio promosso da (OMISSIS) e (OMISSIS) per sentire dichiarare la nullita’ ovvero l’annullamento ovvero la risoluzione per inadempimento di due operazioni di investimento in obbligazioni argentine, con ordini sottoscritti nel 1998, in attuazione del contratto quadro del 1994, e nel 2000, da parte della sola (OMISSIS) (figlia di Giuseppe), correlata ad un secondo contratto quadro del 2000, sottoscritto dalla stessa, per mancanza di un valido contratto di negoziazione, nonche’ violazione degli obblighi informativi da parte dell’intermediario, anche successivamente all’acquisto (con riferimento all’aumento di rischiosita’ intervenuto nella seconda meta’ del 2001) e violazione della normativa sul conflitto di interesse e sul dovere di best execution, con condanna della convenuta alla restituzione e/o al risarcimento del danno consistito nella perdita della somma investita, – ha, in riforma della decisione di primo grado (che aveva accolto la sola domanda di risoluzione per inadempimento dell’investimento in oggetto per violazione da parte dell’intermediario del dovere di informazione degli ordini di borsa “7.1.1998 e 24.5.2000”), respinto tutte le domande formulate dagli attori.

In particolare, la Corte d’appello, nell’accogliere il gravame principale della banca, respinta l’istanza di riunione della causa con altra, con parti diverse ed oggetto diverso, ma ritenuta ammissibile “in ragione delle preclusioni del primo grado” la produzione delle deposizioni testimoniali assunte in quel distinto giudizio, ha ritenuto che le disposizioni di cui all’articolo 21, lettera b), del TUB ed all’articolo 28 del Regol. Consob 11522 non implicano l’obbligo per l’intermediario di fornire “sistematiche e puntuali informazioni successive ad ogni operazione” di investimento, ma solo per determinate operazioni (“warrant, derivati e gestioni”), e che, in ogni caso, nella fattispecie, il teste (OMISSIS), indicato dalla banca, aveva dichiarato di avere avvisato l’investitore del deprezzamento dei titoli argentini in epoca successiva; inoltre, ad avviso della Corte distrettuale, non era stata fornita la prova circa il nesso di causalita’ tra la violazione dei suddetti obblighi informativi ed il danno.

La Corte d’appello ha poi respinto il gravame incidentale proposto dagli investitori, in riferimento al rigetto delle domande di nullita’ del contratto quadro del 1994 (anche stante la tardivita’ dell’eccezione di nullita’), per difetto di forma scritta, nonche’ delle domande correlate alla violazione degli obblighi informativi anteriormente all’ordine ed all’adeguatezza dell’operazione (essendo, nel 1998 ed anche nel 2000, i titoli argentini “speculativi” ma senza “sintomi significativi di default”, avvenuto nel 2001; avendo gli appellanti incidentali investito “non solo in sicuri titoli di stato italiani, ma in PCT, azioni, obbligazioni”, con un portafoglio diversificato nel quali i titoli in oggetto rappresentavano “solo una parte non preponderante”) ovvero all’ipotizzato conflitto di interessi.

Avverso la suddetta sentenza, (OMISSIS) e (OMISSIS), la prima anche in proprio ed entrambe quali eredi di (OMISSIS), propongono ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, nei confronti del (OMISSIS) Credito Cooperativo soc. coop., (che resiste con controricorso). Le parti hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Le ricorrenti lamentano: 1) con il primo motivo, ex articolo 360 c.p.c., n. 4, la nullita’ della sentenza, per violazione degli articoli 116 e 132 c.p.c., essendo la motivazione redatta con la tecnica del “copia ed incolla”, prescindendo totalmente sia dalle prove raccolte nella causa sia dagli argomenti posti a fondamento della decisione di primo grado; 2) con il secondo motivo, la violazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 4, dell’articolo 345 c.p.c., comma 3, in relazione alla ritenuta ammissibilita’ della produzione in appello “del verbale d’udienza 6/10/2008” tenutasi in diversa causa, svoltasi tra parti diverse ( (OMISSIS) e (OMISSIS) contro la medesima banca), avendo la Corte distrettuale fondato la propria decisione anche sulla deposizione resa, nel predetto giudizio, dal teste (OMISSIS); 3) con il terzo motivo, la violazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 21 e articoli 1337, 1338, 1374, 1375 e 1175 c.c., in relazione al dovere per l’intermediario di adempiere, nel corso dell’intero rapporto, alle obbligazioni collaterali di informazione e protezione e quindi nella specie di informare i clienti dei gravi e reiterati declassamenti dei rating che assistevano le obbligazioni argentine intervenuti nella seconda meta’ del 2001; 4) con il quarto motivo, la violazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 1453 e 2033 c.c., in relazione alle conseguenze della risoluzione del contratto di investimento per inadempimento dell’obbligo di informare dopo l’acquisto dei gravi declassamenti dei rating annuncianti il default; 5) con il quinto motivo, la violazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 1 del 1991, articolo 6, comma 1, lettera b e articolo 9, comma 2, lettera “i” Reg.Consob 5387/1991, nonche’ 1325, 1346, 1350 e 1418, in relazione all’eccepita mancanza di un valido contratto quadro per indeterminabilita’ delle prestazioni (compensi) dovuti dal cliente; 6) con il sesto motivo, la violazione del Decreto Legislativo n. 416 del 1996, articolo 18, comma 6, articolo 5, comma 3 e articolo 6 del Reg.Consob n. 10943/1997, nonche’ Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23 e articolo 28, comma 2 e articolo 29 Reg. Consob 11522/1998, vigenti all’epoca dei due investimenti, in relazione ai contestati inadempimenti agli obblighi informativi specifici ed alla inadeguatezza dell’operazione; 7) con il settimo motivo, la violazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 4, dell’articolo 132 c.p.c., in relazione alla motivazione della sentenza in tema di conflitti di interesse e di violazione del dovere di best execution, posti dagli articoli 3 e 4 Reg. Consob 10943/1997.

2. Preliminarmente, in ordine all’eccezione, sollevata dalla controricorrente, di inammissibilita’ del ricorso proposto da (OMISSIS), quale erede di (OMISSIS), avendo la stessa documentato di avere rinunciato espressamente all’eredita’ del de cuius, l’eccezione risulta fondata, previa compiuta verifica degli atti (Cass. 15352/2010; Cass. 2131/2014), essendovi la documentazione della rinuncia espressa all’accettazione dell’eredita’, cosicche’ il successivo comportamento della stessa, relativo alla proposizione della presente impugnazione, non puo’ essere inteso come implicante implicare una accettazione tacita della stessa.

3. La prima censura del ricorso e’ infondata.

Invero, costituisce, anzitutto, principio consolidato espresso da questo giudice di legittimita’ quello secondo il quale la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarita’ dell’attivita’ giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione, cosicche’ e’ inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito (Cass. 6330/2014; Cass. 26831/2014; Cass. 26338/2016).

Ora, in ordine alla declaratoria di tardivita’ dell’eccezione di nullita’ dell’investimento per mancanza di un valido contratto-quadro stante l’indeterminabilita’ della prestazione dei clienti, mai affermata neppure in primo grado, essendo stata la nullita’ dedotta sin dalla citazione introduttiva del giudizio, deve rilevarsi che, in ogni caso, la questione dell’eccepita nullita’ e’ stata esaminata anche nel merito dalla Corte d’appello, respingendo l’appello incidentale condizionato (e la disamina del motivo nel merito sara’ sviluppata in risposta alla censura n. 5).

In ordine poi alla questione attinente alla profilatura degli investitori, per avere la Corte d’appello ritenuto che, nella fattispecie, gli investitori avessero rifiutato di fornire informazioni all’intermediario, mentre i relativi moduli contrattuali erano “al riguardo, in bianco”, la decisione impugnata contiene un accertamento in fatto, su questione peraltro non pacifica tra le parti (avendo la banca dedotto che vi fosse una crocetta sia pure “non perfettamente centrata sull’apposito spazio previsto nel modulo contrattuale”).

Infine, quanto all’affermazione secondo la quale la Corte d’appello avrebbe statuito prescindendo totalmente dalle prove raccolte in giudizio e sulla base delle prove raccolte in altra e diversa causa (la n. 788/2010), deve rilevarsi che la parte avrebbe dovuto dimostrare che la deposizione del teste (OMISSIS) non era comunque stata acquisita al processo, nel contraddittorio delle parti, assumendo, anzi, la controricorrente di averne chiesto l’utilizzazione, producendo il verbale della relativa deposizione.

Il giudice di merito puo’ infatti utilizzare per la formazione del proprio convincimento anche le prove raccolte in un diverso processo tra le parti o altre parti, sempre che siano acquisite al giudizio della cui cognizione e’ investito, atteso che, nell’ordinamento processuale vigente, manca una norma di chiusura sulla tassativita’ dei mezzi di prova, sicche’ il giudice puo’ porre a base del proprio convincimento anche prove c.d. atipiche (cfr. Cass. Cass. 3102/2002; Cass. 20335/2004; Cass. 28855/2008; Cass. 11555/2013; Cass. 11114/2015; Cass. 840/2015; Cass. 17392/2015; Cass. 1593/2017; Cass. 8603/2017).

La sentenza risulta pertanto congruamente motivata e non nulla.

4. La seconda, la terza e la quarta censura sono infondate.

Occorre premettere che tra le parti risulta essere stato stipulato il c.d. contratto quadro (anzi la (OMISSIS) risulta averne sottoscritto due), avente ad oggetto il conferimento di incarico per la negoziazione, la sottoscrizione, il collocamento e la raccolta di ordini concernenti valori mobiliari, nonche’ il contratto, in pari data, di deposito di titoli in custodia ed amministrazione, non anche un contratto di gestione patrimoniale (un servizio di gestione del portafoglio o di consulenza), con la conseguente insussistenza di un obbligo in capo all’istituto di credito di segnalare al cliente anche il progressivo deterioramento delle condizioni economiche dell’emittente dei titoli acquisiti nel deposito. Se e’ infatti vero che “gli obblighi di informazione previsti dal Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 21 (TUF). non riguardano soltanto la fase anteriore alla stipula del contratto di negoziazione, ma anche la fase successiva, e’ pur vero che gli obblighi relativi alla fase di esecuzione attengono allo svolgimento successivo del rapporto quale e’ predeterminato dallo stesso contratto quadro, che disciplina le modalita’ con cui devono essere impartiti gli ordini dal cliente ed eseguiti dall’intermediario i singoli ordini di investimento o disinvestimento; si devono invece escludere obblighi di informazione successivi alla concreta erogazione del servizio e relativi, quindi, all’investimento effettuato, quando non sia previsto nel contratto un servizio di gestione del portafoglio o un servizio di consulenza” (Cass. 2185/2013; Cass. 4602/2017; Cass. 16318/2017; in tema Cass. 21890/2015, che ha ritenuto sussistente, sulla base degli obblighi di diligenza e trasparenza, gravanti sull’intermediario Decreto Legislativo n. 58 del 1998, ex articolo 21 ed articolo 28, comma 2, regolamento Consob n. 11522 del 1988, riguardanti anche il servizio di deposito titoli a custodia e amministrazione accessorio ad un contratto di negoziazione dei medesimi strumenti finanziari, una volta avvenuta la negoziazione, l’obbligo per l’intermediario di “acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che questi siano sempre adeguatamente informati”, ma non concernenti genericamente l’andamento dei titoli, come specificamente stabilito dal menzionato articolo 28 per i soli derivati e i “warrant”, per il diverso rapporto di gestione titoli, ma dipendenti unicamente da specifiche circostanze quali, ad esempio, la conoscenza, da parte della banca di notizie particolari e non riservate, o l’esito di analisi economiche, condotte dalla stessa banca, che l’obbligo di correttezza suggerisca di divulgare tra i clienti).

Correttamente pertanto la Corte d’appello ha negato l’inadempimento da parte della banca, atteso che i compiti gravanti sul depositario, si esauriscono nella sola conservazione dei titoli e nella loro amministrazione, consistenti, in particolare, nella riscossione dei dividendi e degli interessi, con esclusione percio’ di ogni obbligo ulteriore e, segnatamente, degli obblighi consultivi ed informativi sottesi alla gestione del portafoglio.

In ogni caso, quanto al secondo motivo, il documento (n. 21) prodotto dalla banca, per la prima volta in allegato all’atto di citazione in appello, non poteva essere prodotto in primo grado, per causa non imputabile alla parte, essendo stato lo stesso formato successivamente allo scadere delle preclusioni istruttorie relative al primo grado di giudizio, con conseguente sua ammissibile produzione in appello ex articolo 345 c.p.c., comma 3, nella formulazione applicabile ratione temporis; inoltre, il giudice di merito puo’ utilizzare per la formazione del proprio convincimento anche le prove raccolte in un diverso processo tra le parti o altre parti, sempre che siano acquisite al giudizio della cui cognizione e’ investito, potendo il giudice porre a base del proprio convincimento anche prove cd. atipiche (vedasi sopra, in ordine al primo motivo).

Quanto al terzo motivo, la Corte d’appello ha correttamente escluso la sussistenza di un obbligo della banca di fornire informazioni ai clienti successivamente all’investimento, in fattispecie nella quale non ricorreva un contratto di gestione del portafoglio, e, quanto al quarto motivo, la Corte d’appello, avendo escluso la sussistenza di un obbligo della banca di fornire informazioni ai clienti successivamente all’investimento, ha di conseguenza escluso un inadempimento imputabile fonte di risarcimento del danno, cosicche’ l’affermazione in ordine alla mancata prova di un nesso di causalita’ tra il dedotto inadempimento degli obblighi informativo ed il danno risulta anch’essa un’argomentazione ad abundantiam.

5. Il quinto motivo e’ infondato.

Invero, va premesso che questa corte a S.U. con la sentenza n. 898/2017 ha di recente affermato che “in tema d’intermediazione finanziaria, il requisito della forma scritta del contratto-quadro, posto a pena di nullita’ (azionabile dal solo cliente) dal Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23 va inteso non in senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalita’ di protezione dell’investitore assunta dalla norma, sicche’ tale requisito deve ritenersi rispettato ove il contratto sia redatto per iscritto e ne sia consegnata una copia al cliente, ed e’ sufficiente che vi sia la sottoscrizione di quest’ultimo, e non anche quella dell’intermediario, il cui consenso ben puo’ desumersi alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti”.

Ora, la Corte d’appello, confermando sul punto la statuizione di primo grado, ha comunque ritenuto infondata l’eccezione di nullita’ del contratto quadro per mancata determinazione del compenso dovuto dal cliente all’investitore, rilevando che la forma scritta, in ordine al suddetto requisito della previsione del compenso, poteva ritenersi assolta, stante il rinvio contenuto nel contratto “ad un allegato (che i clienti nel corpo dell’atto dichiarano di aver ricevuto)”. Le ricorrenti, attraverso il motivo, introducono la diversa allegazione fattuale in ordine alla mancata produzione in atti di una parte essenziale del contratto quadro, vale a dire il prospetto contenente l’indicazione delle “commissioni e spese”, senza documentare quando ed in quale sede esse si sarebbero doluti della mancata consegna del suddetto prospetto.

6. Il sesto motivo e’ inammissibile, in quanto volto a censurare, attraverso il vizio denunciato di violazione di legge, la valutazione compiuta dal giudice di merito su aspetti fattuali della causa, vale a dire il corretto adempimento da parte dell’intermediario dell’obbligo informativo specifico e sulla adeguatezza per l’investitore dell’operazione di investimento.

7. Il settimo motivo e’ del pari inammissibile, essendo volto ad introdurre un vizio, anziche’ di totale carenza di motivazione della decisione impugnata, di mera insufficienza motivazionale (su specifici punti della motivazione), ormai non piu’ denunciabile in sede di legittimita’, a seguito della riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5.

8. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna le ricorrenti, in solido, al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimita’, liquidate in complessivi Euro 6.000,00, a titolo di compensi, oltre 200,00 per esborsi, nonche’ rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte delle ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.