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l’eccezione di inadempimento è un sistema di “autotutela” della parte, che le consente di “sospendere” la propria prestazione per sollecitare la controparte all’adempimento, ma non implica che le due prestazioni si intendano risolte o inesigibili, ma solo sospese in attesa di una eventuale risoluzione o di un adempimento. Ove tuttavia il contratto sia già sciolto per intervenuto fallimento, non vi è più spazio per il perdurare di tale “sospensione” e le eventuali pretese del committente dovranno essere esaminate nella opportuna sede fallimentare, con la conseguenza che al curatore spetta il corrispettivo maturato per le opere già eseguite, salvo il risarcimento dei danni conseguenti al ritardo e al non corretto adempimento dell’appaltatore; il committente non può, invece, invocare la disciplina prevista dall’art. 1460 cod. civ. in materia di eccezione di inadempimento, la quale, implicando la sospensione della prestazione della parte non inadempiente, presuppone un contratto non ancora risolto.

 

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Tribunale Firenze, Sezione 3 civile Sentenza 20 settembre 2018, n. 2419

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI FIRENZE

TERZA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Giovanna Colzi ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 5468/2016 promossa da:

Co. S.p.A. (…), con il patrocinio dell’avv. SA.EL. e dell’avv. SA.GA. (…) VIA (…) 50123 FIRENZE;, elettivamente domiciliato in presso il difensore avv. SA.EL.

PARTE ATTRICE OPPONENTE

contro

FALLIMENTO Lo. S.r.l. (…), con il patrocinio dell’avv. PE.AN., elettivamente domiciliato in VIA (…) 50124 FIRENZE presso il difensore avv. PE.AN.

PARTE CONVENUTA OPPOSTA

FATTO

La società Co. S.p.A. oppone il decreto ingiuntivo n. 940/2016 RG 17481/2016 con il quale è ingiunto il pagamento della somma di Euro 11.800,00 oltre interessi moratori e spese al FALLIMENTO SOC. Lo. S.r.l. a fronte delle fatture n. 122/2012 e n. 185/2012. L’opponente eccepisce l’esistenza di clausola arbitrale di cui ai contratti di appalto 10/4/2012 e 28/9/2012, art. 14 condizioni generali, e la conseguente incompetenza del Tribunale di Firenze. Eccepisce altresì il difetto di legittimazione attiva del Fallimento per avvenuta cessione del credito portato dalle fatture in questione alla Banca Un., come da cessione notificata il 14/12/2012; eccepisce altresì l’inadempimento della Lo. S.r.l. ai contratti di appalto, aventi ad oggetto la realizzazione di impianti elettrici, impianti speciali e di telefonia nell’ambito di due cantieri della società Co.Sp. spa: sul primo cantiere di Tirrenia, la Lo.Im. S.r.l. avrebbe emesso la fattura n. 122/2012, relativa alle ritenute a garanzia, prima del collaudo delle opere e senza autorizzazione, mentre in fase di collaudo emergevano dei difetti che venivano riparati ed eliminati da altre ditte per un costo di Euro 2.300,00; sul cantiere di Pontassieve la Lo. S.r.l. non avrebbe completato le opere appaltate ed avrebbe abbandonato il cantiere. L’opponente afferma anche la inesigibilità del credito per non essere le fatture azionate nel ricorso corredate dalla documentazione relativa all’assolvimento degli obblighi contributivi.

Si costituisce l’opposto FALLIMENTO Lo. SRL, affermando la inoperatività ed inapplicabilità della clausola arbitrale al Fallimento, giusto l’art. 83 L. F., stante l’intervenuto scioglimento del contratto di subappalto e la natura di sostituto processuale – non di successore nel rapporto contrattuale – del Fallimento. Eccepisce altresì la mancanza di firma sui contratti di subappalto e l’interpretazione restrittiva da applicare a questo genere di clausole contrattuali, aventi ad oggetto la deroga alla giurisdizione ordinaria. Sul difetto di legittimazione attiva, in relazione al credito di cui alla fattura n. 122/2012, afferma che l’opponente ha riconosciuto il proprio debito con lettera PEC 30/01/14 e che comunque l’anticipazione della fattura in questione da parte della Banca Un. S.p.A. era stata stornata e risolta per “decorrenza dei termini”. Quanto all’inadempimento contrattuale, l’opposta ne contesta la rilevanza come causa di sospensione dell’esecuzione del contratto, stante lo scioglimento del contratto medesimo e comunque la impossibilità di accertare gli asseriti danni nei confronti del Fallimento in questa sede, peraltro non documentati. Sulla inesigibilità del credito, eccepisce l’esistenza del riconoscimento di debito da parte dell’opponente.

Concessa la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, depositate dalle parti le memorie ex art. 183 comma 6 c.p.c., respinte le richieste istruttorie formulate dall’opponente, la causa è passata in decisione all’udienza del 24/01/18, quando le parti hanno come sopra precisato le loro conclusioni.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’opposizione è infondata e deve essere respinta.

– SULLA ECCEZIONE DI CLAUSOLA COMPROMISSORIA

L’eccezione è infondata.

Preliminarmente preme rilevare che dei contratti di appalto in questione non vi è copia firmata negli atti processuali e che la prova testimoniale sul punto richiesta dall’opponente, non investendo la circostanza della perdita incolpevole del documento ex art. 2724 n. 3 c.c., non risulta ammissibile, come già stabilito nell’ordinanza istruttoria del 08/05/2017. L’opponente Co.Sp. S.p.A. afferma che i documenti firmati si sarebbero probabilmente persi durante il trasloco della sede sociale, circostanza questa che già di per sé esclude che vi possa essere un difetto di colpa, dovendo l’imprenditore custodire con massima diligenza i documenti inerenti l’attività di impresa, anche e a maggior ragione in fase di trasloco della sede.

In difetto della copia firmata dei contratti e a maggior ragione della doppia firma per accettazione delle clausole derogative della competenza, l’eccezione non può trovare accoglimento.

– SUL DIFETTO DI LEGITTIMAZIONE ATTIVA PER CESSIONE DEL CREDITO

L’eccezione è infondata.

E’ noto come la “notifica” della cessione del credito nei confronti del debitore ceduto ai sensi dell’art. 1264 c.c. non richieda una forma specifica e tassativa, essendo un atto a forma libera volto non a perfezionare la cessione – già perfezionata con il consenso di cedente e cessionario -, ma a renderla opponibile al ceduto, in modo che egli non effettui pagamenti al soggetto non più titolare (in tal senso Tribunale di Prato 12/10/2011 n. 1055 “La notificazione al debitore ceduto, prevista dall’art. 1264 c.c., non si identifica con quella effettuata ai sensi dell’ordinamento processuale, ma costituisce un atto a forma libera che, come tale, può concretarsi in qualsivoglia atto idoneo a porre il debitore nella consapevolezza della mutata titolarità attiva del rapporto obbligatorio, senza che risulti prescritto, ai fini della efficacia della cessione, che questa sia notificata al debitore prima che quest’ultimo sia citato in giudizio; pertanto, la notificazione della cessione può essere effettuata anche mediante comunicazione scritta – eventualmente mediante citazione in giudizio – con la quale il cessionario intima il pagamento al debitore ceduto o anche successivamente, nel corso del giudizio. Conseguentemente, ai fini della notificazione della cessione è pertanto sufficiente anche l’atto di citazione in giudizio, dove il cessionario deve provare, tuttavia, l’avvenuta cessione del credito di cui chiede il pagamento”, conforme Cass. 18 ottobre 2005, n. 20143).

Allo stesso modo deve intendersi per la “retrocessione” del credito, ossia la risoluzione della precedente cessione, atto simmetrico e contrario, da comunicare anch’essa al debitore ceduto ma con atto a forma libera, anche eventualmente con la citazione in giudizio.

Nel caso di specie l’opposto Fallimento afferma che la cessione è stata risolta per decorrenza dei termini e, a conferma di tale circostanza, produce il doc. 5 ossia l’estratto conto dal quale risulta l’accredito delle somme ricevute su anticipazione della fattura n. 122/2012 (come “entrate” in data 3-712 e 16-8-12) ed il successivo addebito (come “uscita”) dell’importo complessivo di Euro 2.240,00 in due movimenti del 19 e 20/11/2012. Tali movimento confermano l’esistenza della risoluzione della precedente cessione, che ben può essere comunicata al debitore ceduto anche in sede di ricorso monitorio e poi col decreto ingiuntivo notificato.

Ne consegue la titolarità del credito azionato in capo al Fallimento al momento del deposito del ricorso. In ogni caso, val la pena rilevare che la Co. Sp. S.p.A. con lettera pec 30/01/2014 (doc. 2 opposta) non ha sollevato alcuna contestazione in ordine alla titolarità del credito in capo alla Curatela, ma anzi ne ha riconosciuto l’ammontare.

– SULLA INESIGIBILITA’ DEL CREDITO

L’opponente afferma che il contratto di appalto richiedeva, per il pagamento del corrispettivo dei lavori, l’allegazione alle fatture (cfr. art. 2) della documentazione inerente il pagamento degli oneri contributivi ai dipendenti, pena la non decorrenza dei termini di pagamento.

Anche di tale pattuizione, in difetto di allegazione del contratto sottoscritto fra le parti, non vi è certezza.

In ogni caso, ad abundantiam, anche volendo dare per provata tale pattuizione, l’eccezione e superata dall’ammissione del debito di parte opponente contenuta nella lettera PEC 30/01/2014, nella quale si afferma che l’importo di cui alle fatture è “contabilizzato”.

Infine, preme evidenziare che il contratto di appalto si è sciolto a seguito del fallimento della Lo. Impianti S.r.l. e che, una volta sciolto il contratto, la Curatela non succede nel rapporto contrattuale e negli obblighi in esso pattuiti, ma acquista la possibilità di agire per il recupero dei crediti rinvenuti nel patrimonio del soggetto fallito, quale appunto il credito in questione, come organo terzo. Di conseguenza non è imputabile al Fallimento l’obbligo “contrattuale” di allegazione documentale in ordine alla regolarità contributiva.

L’eccezione è quindi infondata.

– SULL’ECCEZIONE DI INADEMPIMENTO CONTRATTUALE

Ancora dalla lettera PEC 30/01/2014 di Co.Sp. S.p.A. emerge che la somma di Euro 11.800,00 sollecitata in pagamento dalla Curatela “coincide con le scritture contabili” dell’opponente, sebbene il credito sia ritenuto “non esigibile” e “i pagamenti da sospendere” per abbandono del cantiere da parte della Lo. Impianti S.r.l. e per mancata produzione da parte della stessa delle certificazioni sugli impianti elettrici realizzati.

Con tale affermazione è evidente che il credito portato dalle due fatture azionate con il decreto ingiuntivo dalla Curatela, n. 122 e n. 185/2012, è stato riconosciuto negli importi e nelle attività svolte dall’appaltatrice in esecuzione dei rapporti contrattuali.

In ogni caso sul punto è condivisibile il principio affermato da Cassazione civile 06 marzo 2015, n. 4616, citata anche da parte opposta, ossia che l’eccezione di inadempimento è un sistema di “autotutela” della parte, che le consente di “sospendere” la propria prestazione per sollecitare la controparte all’adempimento, ma non implica che le due prestazioni si intendano risolte o inesigibili, ma solo sospese in attesa di una eventuale risoluzione o di un adempimento. Ove tuttavia il contratto sia già sciolto per intervenuto fallimento, non vi è più spazio per il perdurare di tale “sospensione” e le eventuali pretese del committente dovranno essere esaminate nella opportuna sede fallimentare (“Il contratto di appalto, anche di opera pubblica, si scioglie con effetto “ex nunc” a seguito dell’intervenuto fallimento dell’appaltatore ai sensi dell’art. 81 legge fall. (nella formulazione vigente “ratione temporis”, anteriore alle modifiche introdotte con la legge 9 gennaio 2006, n. 5), con la conseguenza che al curatore spetta il corrispettivo maturato per le opere già eseguite, salvo il risarcimento dei danni conseguenti al ritardo e al non corretto adempimento dell’appaltatore; il committente non può, invece, invocare la disciplina prevista dall’art. 1460 cod. civ. in materia di eccezione di inadempimento, la quale, implicando la sospensione della prestazione della parte non inadempiente, presuppone un contratto non ancora risolto” Cass. n. 4616/2015).

Conseguentemente, l’eccezione di inadempimento è idonea a contrastare le altrui azioni di adempimento, di esecuzione in forma specifica, di risoluzione del contratto, e più in generale ogni azione che l’altro contraente possa avviare contro l’eccipiente in forza del suo inadempimento. Lo scioglimento dell’appalto per il fallimento dell’appaltatore, ex art. 81 L. F., facendo salvi gli effetti contrattuali già prodottisi, comporta che all’appaltatore – e per esso al curatore fallimentare – spetti il corrispettivo per le opere eseguite (Cassazione n. 21411/2013), salvo il risarcimento degli eventuali danni per il non corretto adempimento dell’appaltatore stesso.

In conclusione, una volta che il contratto si è sciolto, l’art. 1460 c.c. non può essere invocato.

L’eccezione deve quindi essere respinta.

– SULLA DOMANDA DI ACCERTAMENTO DEI DANNI E RIDUZIONE DEL CORRISPETTIVO

La suddetta domanda non può essere esaminata in questa sede, dovendo ogni pretesa creditoria nei confronti del Fallimento essere svolta in sede fallimentare, nel rispetto della par condicio creditorum sancita dall’art. 52 L. F. e nelle forme dell’accertamento dei debiti e crediti fallimentari di cui all’art. 93 e ss. L. F.

Sul punto si è espressa da tempo la S.C. statuendo la inammissibilità della domanda riconvenzionale proposta dal convenuto al fine di ottenere il riconoscimento di un proprio credito nei confronti del fallimento, derivante dal medesimo rapporto dedotto nel giudizio di cognizione ordinario promosso dal curatore per il recupero di un credito contrattuale del fallito (Cass. SS.UU. n. 21499/2004; Cass. SS.UU. n. 21500/2004, Cass. n. 15562/2011, Cass. 14418/2013, Cassazione civile, sez. I, 03/08/2017, n. 19424″. L’accertamento dei crediti vantati nei confronti della massa deve aver luogo, al pari di quello dei crediti concorsuali, con il rito previsto dagli articoli 93 e seguenti della legge fallimentare, non assumendo alcun rilievo l’eventualità che il credito sia stato opposto in compensazione in un giudizio ordinario promosso dal fallimento per la riscossione di un credito del fallito, in quanto la compensazione, oltre a presupporre l’accertamento del credito, può essere riconosciuta soltanto in sede fallimentare. Deriva da quanto precede, pertanto, ove per l’accertamento di detto credito sia in corso un giudizio di insinuazione tardiva o di opposizione allo stato passivo, il giudizio ordinario deve essere sospeso o riunito a quello pendente dinanzi al tribunale fallimentare”).

Pertanto, l’accertamento dei crediti vantati nei confronti della massa dovrà svolgersi nelle medesime forme di quello previsto per i crediti concorsuali di cui agli artt. 93 e ss. L. F., essendo la sede fallimentare l’unica preposta al riconoscimento sia del credito opposto in compensazione sia del presupposto debito del fallito (Cass. n. 18691/2014).

Peraltro nel presente giudizio il Fallimento ha negato che vi sia stata insinuazione al passivo dell’opponente per il credito opposto in compensazione nel presente giudizio.

In ogni caso, per completezza, preme rilevare che detto credito non ha i requisiti di liquidità e certezza previsti per la compensazione legale, né risulta provato.

La domanda è quindi da respingere in quanto inammissibile, dovendo il presunto creditore del fallito, se del caso, far valere le proprie ragioni in sede fallimentare.

– SULLE SPESE DI LITE

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono poste a carico dell’opponente Co. S.p.A. liquidate come da dispositivo secondo i parametri medi di cui al DM 55/2014, tenuto conto dell’istruttoria semplificata di natura esclusivamente documentale (fase il cui parametro viene ridotto del 50%).

P.Q.M.

Il Giudice del Tribunale di Firenze, ogni ulteriore domanda ed eccezione respinta e disattesa, definitivamente pronunciando,

– respinge l’opposizione proposta da Co. S.p.A. e per l’effetto conferma il decreto ingiuntivo opposto n. 940/2016 RG 17481/2015 emesso dal Tribunale di Firenze;

– condanna Co. S.p.A. in persona del suo legale rappresentante pro tempore a pagare le spese del presente giudizio in favore dell’opposta FALLIMENTO Lo. SRL, che liquida in Euro 4.035,00 per compensi professionali, oltre 15% spese generali, Iva e cpa.

Così deciso in Firenze il 19 settembre 2018.

Depositata in Cancelleria il 20 settembre 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.