La responsabilità per i danni causati dagli animali randagi deve ritenersi disciplinata dalle regole generali di cui all’art. 2043 c.c. e non dalle regole di cui all’art. 2052 c.c.; non è quindi possibile riconoscere una siffatta responsabilità semplicemente sulla base della individuazione dell’ente cui le leggi nazionali e regionali affidano in generale il compito di controllo e gestione del fenomeno del randagismo e neanche quello più specifico di provvedere alla cattura ed alla custodia degli animali randagi, occorrendo la puntuale allegazione e la prova, il cui onere spetta all’attore danneggiato in base alle regole generali, di una concreta condotta colposa ascrivibile all’ente, e della riconducibilità dell’evento dannoso, in base ai principi sulla causalità omissiva, al mancato adempimento di tale condotta obbligatoria.

Corte d’Appello Trento, civile Sentenza 16 febbraio 2019, n. 20

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte d’Appello di Trento

Sezione Distaccata di Bolzano

Sezione civile

riunita in Camera di Consiglio nelle persone dei Signori Magistrati:

dott. Johann Pichler – Presidente

dott. Elisabeth Roilo – Consigliere

dott. Monica Callegari – Consigliere estensore

ha pronunciato seguente

SENTENZA

nella causa civile di II grado iscritta sub n. 109/2017 R.G. promossa

da

(…), c.f. (…), nata a M. (B.) il (…), residente in 39100 B., via T. 65/B/7, rappresentata e difesa, giusta delega in calce all’atto di citazione in appello dall’avv. Ma.Ag. e presso quest’ultimo elettivamente domiciliata in Bolzano, via (…)

– appellante –

contro

Azienda (…), p.i. (…), in persona del Direttore Generale pro tempore dott. (…), con sede legale in B., Via (…), rappresentata e difesa dall’avv. Kurt Aschbacher di Bolzano ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Bolzano, Galleria (…), giusta delega emessa in forza di procura speciale a cura del Notaio dott. (…) di (…) di data (…), repertorio n. (…), il tutto in calce ed allegato all’originale della comparsa costitutiva relativa al primo grado

– appellata –

nonché contro

(…), c.f. (…), nato a V. l'(…) e domiciliato presso l’Azienda (…), (…) Aziendale – Comprensorio di M. in 39012 M., via (…)

– appellato contumace –

Oggetto: appello avverso la sentenza n. 555/2017 del Tribunale di Bolzano di data 02.05.2017 – risarcimento danni –

Causa trattenuta in decisione all’udienza 12.12.2018 sulle seguenti

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione di data 31.10.2013 la signora (…), conveniva in giudizio l’Azienda (…) chiedendone la condanna, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 2043, 2050, 2052, 1128 e 2049 c.c., al risarcimento dei danni subiti a causa di uno scontro avvenuto con un cane sfuggito all’accalappiacani.

Successivamente chiamava in causa anche lo stesso accalappiacani signor (…), rimasto contumace.

L’Azienda Sanitaria si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto delle domande attoree, eccependo la carenza di legittimazione passiva ai sensi dell’art. 2052 c.c., la mancata instaurazione nel caso concreto di alcun rapporto di custodia tra l’accalappiacani (…) e l’animale, nonché la mancanza di prova in ordine ai fatti e al loro nesso causale con i danni azionati.

Con sentenza n. 555/2017, il Tribunale ha rigettato le domande dell’attrice condannandola alle spese del giudizio.

Avverso la citata sentenza ha proposto appello la signora (…) sostenendo in primo luogo la violazione del disposto di cui all’art. 112 c.p.c.. Inoltre, sostiene che il Tribunale avrebbe errato nell’interpretazione delle prove raccolte e conseguentemente avrebbe erroneamente ritenuto inapplicabile al caso l’art. 2052 c.c.. Con ulteriore motivo d’appello, rileva l’omissione del Tribunale di esprimersi sulla domanda fondata sull’applicabilità al caso dell’art. 2043 c.c..

L’Azienda sanitaria si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello ritenuta sostanzialmente corretta la sentenza impugnata.

La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 18.7.2018 con assegnazione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo d’appello non merita accoglimento.

La questione dell’insussistenza del rapporto di custodia, infatti, rileva con riferimento al fatto costitutivo sotteso alla domanda attorea. Non rientra nell’attività difensiva di parte convenuta e non può, quindi essere definita come un’eccezione sottoposta alle preclusioni di carattere processuale, ma è, invece, una circostanza che doveva essere provata da parte attrice. A tale proposito, il Tribunale ha ritenuto non provato il fatto costitutivo relativo all’instaurazione del rapporto di custodia tra l’accalappiacani e l’animale.

2. Tale conclusione è corretta, infatti dalle dichiarazioni dei testimoni emerge chiaramente che il signor (…) ha fatto un semplice tentativo di catturare il cane, ma non vi è riuscito, con la conseguenza che non si è instaurato alcun rapporto tra l’uomo e l’animale configurabile quale custodia nel senso richiesto ai fini della responsabilità ex art. 2052 c.c.. E’ infatti accertato che il signor (…) non ha mai detenuto alcun potere di gestione, di vigilanza e di controllo sull’animale, né tantomeno il potere di trarne utilità e profitto.

3) Sulla domanda attorea fondata sull’applicabilità al caso in esame dell’art. 2043 c.c., va osservato che il citato articolo presuppone l’allegazione e la prova del fatto materiale, di cui è parte integrante anche il comportamento dell’autore dell’evento dannoso.

Per poter ottenere la dichiarazione della responsabilità extracontrattuale dell’autore dell’evento dannoso, la parte danneggiata è quindi tenuta a fornire l’allegazione e la prova della concreta condotta colposa o dell’omissione. L’omissione inoltre è rilevante solo in presenza di un preciso dovere giuridico di agire.

Nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, tale allegazione manca completamente, così come ogni riferimento alla colpevolezza dell’operatore e alla condotta che questi sarebbe stato tenuto a osservare, con la conseguenza che il suo comportamento non può essere riconosciuto come illecito e non può essere dichiarata la sua responsabilità extracontrattuale.

A sostegno, delle sopra esposte conclusioni la Corte di Cassazione che in materia, ha affermato che:

“La responsabilità per i danni causati dagli animali randagi deve ritenersi disciplinata dalle regole generali di cui all’art. 2043 c.c. e non dalle regole di cui all’art. 2052 c.c.; non è quindi possibile riconoscere una siffatta responsabilità semplicemente sulla base della individuazione dell’ente cui le leggi nazionali e regionali affidano in generale il compito di controllo e gestione del fenomeno del randagismo e neanche quello più specifico di provvedere alla cattura ed alla custodia degli animali randagi, occorrendo la puntuale allegazione e la prova, il cui onere spetta all’attore danneggiato in base alle regole generali, di una concreta condotta colposa ascrivibile all’ente, e della riconducibilità dell’evento dannoso, in base ai principi sulla causalità omissiva, al mancato adempimento di tale condotta obbligatoria.” (Cass. civ. ordinanza n. 18954/2017).

4. L’appello è quindi infondato e va respinto e ogni altra questione deve intendersi assorbita.

5. Anche per l’appello le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte d’Appello di Trento, Sezione distaccata di Bolzano, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da (…) nei confronti dell’Azienda (…), avverso la sentenza n. 555/2017 del 2.5.2017 del Tribunale di Bolzano, nel contraddittorio delle parti, così provvede:

1. respinge l’appello e conferma la sentenza impugnata;

2. pone a carico di (…) le spese del presente grado di giudizio che liquida in favore dell’Azienda (…), nell’importo complessivo di Euro 3.720,25 di cui Euro 875,00 per la fase di studio, Euro 740,00 per la fase introduttiva, Euro 1620,00 per la fase decisionale, Euro 485,25 per spese generali oltre IVA e CAP;

3. dà atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte dell’appellante ai sensi del co. 1 quater dell’art. 13 D.P.R. n. 115 del 2002, inserito con l’art. 1 co. 17 L. 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta.

Così deciso in Bolzano il 12 dicembre 2018.

Depositata in Cancelleria il 16 febbraio 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.