il diritto alla somma di denaro per i giorni di detenzione in condizioni non conformi ai criteri dell’articolo 3 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali, previsto dall’articolo 35 ter o.p., e’ di natura indennitaria e si prescrive come tale in dieci anni.

Corte di Cassazione|Sezione 6 3|Civile|Ordinanza|29 maggio 2019| n. 14748

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7859-2017 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS);

– intimato –

avverso l’ordinanza N.RC 4619/15 del TRIBUNALE di LECCE, depositata il 04/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 31/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLO PORRECA.

FATTO E DIRITTO

Considerato che: (OMISSIS), con ricorso depositato nel 2015, conveniva in giudizio il Ministero della giustizia a norma dell’articolo 35 ter della legge sull’ordinamento penitenziario (L. 26 luglio 1979, n. 354), come modificata dal decreto L. 26 giugno 2014, n. 92, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 117, deducendo di essere stato ristretto quale detenuto in una casa circondariale dello Stato italiano in condizioni degradanti, e chiedendo, pertanto, la prevista riparazione dei danni subiti;

il tribunale, davanti al quale si costituiva l’amministrazione eccependo la prescrizione oltre che l’infondatezza della pretesa, accoglieva parzialmente quest’ultima, qualificandola risarcitoria e non indennitaria, sussumendola nel quadro delle obbligazioni da contatto sociale, ritenendo prescritta la domanda per il tempo superiore al decennio dal deposito del ricorso, e accertando come sussistente la violazione per i periodi di detenzione in celle dallo spazio inferiore ai tre metri, in applicazione dei parametri evincibili dalla giurisprudenza C.E.D.U.;

avverso questa decisione ricorre per cassazione il Ministero della giustizia formulando un articolato motivo;

non ha svolto difese l’intimato;

Rilevato che: con l’unico e articolato motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli articoli 1173, 2043, 2946, 2947, c.c., nonche’ articolo 35 ter o.p., poiche’ la domanda, qualificata contraddittoriamente dal tribunale come risarcitoria e poi a titolo di responsabilita’ da contatto sociale, avrebbe dovuto essere ricostruita invece come da fatto illecito, sia alla luce della terminologia legislativa sia considerato che si trattava di un’infrazione aquiliana gia’ tale prima delle norme introdotte nel 2014, sicche’ la prescrizione avrebbe dovuto essere ritenuta quinquennale, anche tenuto conto del fatto che non avrebbe potuto valutarsi sufficiente la violazione dello spazio minimo della cella, nella misura di tre metri, per integrare la lesione, essendo bensi’ necessario l’esame delle complessive condizioni di detenzione, con conseguente riconduzione, anche sotto tale profilo, al modello della responsabilita’ extracontrattuale;

Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c.;

Rilevato che: il motivo e’ manifestamente infondato;

questa Corte ha chiarito che il diritto alla somma di denaro per i giorni di detenzione in condizioni non conformi ai criteri dell’articolo 3 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali, previsto dall’articolo 35 ter o.p., e’ di natura indennitaria e si prescrive come tale in dieci anni (Cass., Sez. U., 08/05/2018, n. 11018);

in tal senso, corretta la motivazione della decisione del tribunale, la censura risulta priva di fondamento;

il motivo, d’altro canto, potrebbe ipotizzarsi contenere una seconda censura (evincendola pero’ ortopedicamente a pag. 4, seconda parte), del gravame), afferente alla considerazione della mera violazione dello spazio minimo detentivo di tre metri per integrare i presupposti della spettanza indennitaria in parola;

tale deduzione, pero’, per un verso risulta svolta, nella prospettiva della riconduzione al modello aquiliano di responsabilita’, ai fini della ricostruzione del regime prescrizionale (cfr. a pag. 2 del ricorso, il capoverso precedente ai “motivi di ricorso”, e a pag. 5, il capoverso precedente alle conclusioni); per altro verso, ove autonoma, sarebbe stata comunque inammissibile per genericita’, atteso che il tribunale ha specificato le ragioni assunte per ritenere la violazione dello spazio minimo sufficiente alla riparazione in discussione, richiamando una specifica giurisprudenza della C.E.D.U. (a pag. 7 della decisione gravata), e a fronte di tale argomentazione le deduzioni della difesa erariale risultano generiche qualora, in tesi, volte a configurare una critica sul punto;

non deve disporsi sulle spese poiche’ l’intimato non ha svolto attivita’ difensiva;

trattandosi di ricorso proposto da un’amministrazione dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, e’ esentata dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo, non puo’ trovare applicazione il disposto Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, ex articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17.

P.Q.M.

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Avv. Umberto Davide

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