in tema di responsabilità civile per danni ad immobili da acque piovane, un temporale di particolare forza ed intensità, protrattosi nel tempo e con modalità tali da uscire fuori dai normali canoni della meteorologia, può integrare gli estremi del caso fortuito allorché costituisca causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento. In particolare, affinché un evento meteorologico, anche di notevole intensità, possa assumere rilievo causale esclusivo, e dunque rilievo di caso fortuito ai sensi dell’art. 2051 c.c., occorre potergli riconoscere i caratteri dell’eccezionalità e della imprevedibilità mentre quello della inevitabilità rimane intrinseco al fatto di essere evento atmosferico.

Tribunale|Crotone|Civile|Sentenza|24 marzo 2020| n. 318

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI CROTONE

– SEZIONE CIVILE –

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Alfonso Scibona, ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. r.g. 1120/2014, avente ad oggetto “risarcimento danni”,

promossa da

Mi.Gi. (C.F. (…)), elett.te domiciliato a Casabona (KR), via (…); rappresentato e difeso dall’Avv. Pa.Ba., giusta procura in atti;

Attore

contro

Comune di Casabona (P. Iva (…)), in persona del legale rappresentane pro tempore, elett.te domiciliato a Casabona (KR), via (…); rappresentato e difeso dall’Avv. Lu.Va., giusta procura in atti;

Convenuto

CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

In via preliminare si precisa che la presente sentenza viene redatta secondo lo schema contenutistico delineato dagli artt. 132 e 118 disp. att. c.p.c., come modificati dalla legge n. 69/09 e, quindi, con omissione dello svolgimento del processo ed espressione succinta delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, non essendo tenuto il giudice ad esaminare specificamente ed analiticamente tutte le questioni sollevate dalle parti, potendosi egli limitare alla trattazione delle sole questioni “rilevanti ai fini della decisione”.

Pertanto, le questioni non trattate non andranno ritenute come “omesse”, ma semplicemente assorbite (ovvero superate) per incompatibilità logico giuridica con quanto concretamente ritenuto rilevante e/o provato dal giudicante.

In fatto

1. – Con l’atto introduttivo del presente giudizio Mi.Gi., premesso di essere proprietario di un appezzamento di terreno, coltivato ad uliveto, sito a Casabona (KR) in località “Cucumazzo”, censito al catasto al foglio (…), ha invocato la responsabilità del Comune di Casabona per la negligente esecuzione dei lavori di sistemazione della strada comunale interpoderale che attraversa il predetto fondo.

In particolare, l’innalzamento della quota altimetrica della strada – originariamente posizionata ad una profondità di circa un metro-metro – al medesimo livello del piano di campagna avrebbe provocato, in occasione dell’evento temporalesco del Novembre del 2013, il travaso delle acque piovane sui terreni di sua proprietà. In tal modo, venivano ricoperte di fango, pietre e detriti:

a) la particella n. 83 per una superficie di 1.500 mq (60 m x 25 m), ad un’altezza di 0,40 m;

b) la particella n. 84 per una superficie di 2.400 mq (60 m x 40 m), ad un’altezza di 0,60 m, con distruzione di 12 piante di ulivo e danneggiamento di altre 87;

c) la particella n. 87 per una superficie di 1.500 mq (50 m x 30 m), ad un’altezza di 0,50 m, con distruzione di 17 piante di ulivo.

Pertanto, a causa del devastazione degli arbusti e del mancato raccolto previsto per l’anno 2013, ha chiesto l’accoglimento delle seguenti conclusioni: “Condannare il Comune di Casabona, in persona del Sindaco p.t., al risarcimento dei danni in favore del Sig. Mi.Gi. per la somma di Euro 37.500,00, ovvero alla somma che risulterà in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione; condannare il convenuto Comune di Casabona, in persona del Sindaco p.t., al pagamento delle spese e competenze del presente giudizio”.

2. – Radicatosi il contraddittorio, si è costituito il Comune convenuto, il quale ha eccepito: I) la carenza dei presupposti richiesti per l’integrazione della fattispecie di responsabilità speciale di cui all’art. 2051 c.c.; II) l’addebitabilità dei danni denunciati dall’attore ad un evento alluvionale di proporzioni ed intensità tali da costituire vero e proprio “caso fortuito”; III) il concorso del fatto colposo del danneggiato ai sensi dell’art. 1227 e 2056 c.c.

Ha inoltre chiesto, in via riconvenzionale, la condanna dell’attore “al risarcimento del danno patrimoniale, pari ad Euro 16.081,97, subito a causa del danneggiamento della strada interpoderale “Cucumazzo” dovuto al tracimamento delle acque dal piano di campagna del possedimento del signor Mi.Gi. sulla detta strada”.

3. – Espletata l’istruttoria mediante acquisizione documentale, prova per testi e c.t.u., all’udienza del 30.10.2019 la causa, previa assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c., è stata posta in decisione.

In diritto

1. – Preliminarmente, in rito, va rilevata la tardività della domanda riconvenzionale avanzata dal Comune convenuto, in quanto, sebbene citato per l’udienza del 6.11.2014, si è costituito con comparsa depositata solo in data 4.05.2015 e, dunque, a preclusioni processuali già spirate.

1.1. – Invero, ai sensi degli artt. 166 e 167, cpv., c.p.c., il convenuto deve proporre, “a pena di decadenza”, le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio in sede di comparsa di costituzione e risposta da depositarsi almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione.

La regola non subisce eccezioni per il caso in cui l’udienza fissata in citazione non abbia avuto luogo, ma vi sia stato un suo rinvio d’ufficio ai sensi dell’art. 168 bis co. 4 c.p.c. (cfr. art. 70 bis disp. att. c.p.c.: “I termini di comparizione, stabiliti nell’art. 163 bis del Codice, debbono essere osservati in relazione all’udienza fissata nell’atto di citazione, anche se la causa è rinviata ad altra udienza a norma dell’articolo 168 bis quarto comma dello stesso Codice”).

1.2. – Nella specie, con decreto del 11.06.2014, in calce alla nota di iscrizione a ruolo, il Presidente del Tribunale ha provveduto – ai sensi dell’art. 168 bis comma 1 c.p.c. – alla designazione del G.I., con contestuale fissazione dell’udienza di comparizione della parti., ex art. 168 bis comma 4 c.p.c., alla data del 26.05.2015.

Non ricorrendo dunque l’ipotesi delineata dall’art. 168 bis comma 5 c.p.c., la domanda riconvenzionale del convenuto avrebbero dovuto essere formulata nei venti giorni antecedenti alla data del 6.11.2014 indicata nell’atto introduttivo del giudizio.

2. – Tanto chiarito, la pretesa risarcitoria dedotta con quest’ultimo risulta infondata nel merito.

3. – In proposito, va anzitutto rilevato l’improprio riferimento alla fattispecie “ex art. 2051 c.c.” invocata però “per mala gestio nella manutenzione della strada che costeggia i terreni” (cfr. atto di citazione pag. 3): la prima è infatti una responsabilità di natura oggettiva, che rinviene il proprio fondamento nella mera relazione intercorrente tra la res e colui che esercita l’effettivo “potere di governo” sulla stessa; la seconda è invece una responsabilità per colpa, fondata sulla violazione dei doveri di diligenza e perizia nell’espletamento delle opere di manutenzione.

Ai fini che qui interessano, non risulta però dirimente l’esatta qualificazione giuridica della responsabilità invocata dall’attore.

Invero, quale che sia la norma codicistica da applicare al caso di specie – art. 2051 o 2043 c.c. a seconda della diversa impostazione prescelta – resta in ogni caso fermo che entrambe tali disposizioni, pur differenziandosi quanto alla natura delle responsabilità ivi contemplate, agli elementi costituivi all’uopo richiesti ed al regime di distribuzione dell’onus probandi, pongono a carico del danneggiato l’onere di provare la sussistenza del nesso di causalità.

Incombe difatti sul danneggiato l’allegazione e la prova della derivazione eziologica del danno, rispettivamente, “dalla cosa” oggetto di custodia nell’ipotesi di cui all’art. 2051 c.c. ovvero “dalla condotta negligente” del terzo responsabile nell’ipotesi prevista dall’art. 2043 c.c. (cfr., ex multis, Cass. sez. VI-3, 27.11.2014 n. 2521; Cass. sez. VI, ord. 3.02.2015 n. 1896; Cass. sez. VI-3, ord. 21.02.2018 n. 4133: “è vero che, in applicazione dell’art. 2051 cod. civ., spetta al custode convenuto, per liberarsi dalla presunzione di responsabilità, la prova dell’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere il nesso causale tra la cosa e l’evento lesivo, che presenti i caratteri del caso fortuito (che può essere anche il fatto del danneggiato), tuttavia questo onere probatorio presuppone che l’attore abbia, a sua volta, ed in via prioritaria, fornito la prova della relazione tra l’evento dannoso lamentato e la cosa in custodia”).

Solo ove sia prioritariamente assolto detto onere, la cosa potrà essere ritenuta “causa” e non mera “occasione” del danno denunciato, con conseguente possibilità di beneficiare del più favorevole regime probatorio di cui all’art. 2051 cod. civ.

4. – Ciò posto, nella specie, tale prova non può ritenersi raggiunta.

Parte attrice ha difatti dedotto di aver subito i consistenti danni lamentati (ovvero lo spargimento sui propri terreni di un quantitativo di acqua, detriti e fango per un’estensione complessivamente pari a 5.400 mq, con “distruzione” di 27 piante di ulivo e “danneggiamento” di altri 87 arbusti) a causa dell’innalzamento del livello altimetrico della strada interpoderale sullo stesso piano dei fondi di sua proprietà, eseguito tuttavia senza la realizzazione di opere idonee a garantire il normale deflusso delle acque meteoriche.

4.1. – A sostegno della domanda ha allegato una perizia di parte, in realtà del tutto priva di rilievi tecnici (stante la mancata descrizione dei criteri utilizzati, degli strumenti all’uopo adottati e degli oggettivi risultati raggiunti), in cui si legge soltanto che “Il tratto di strada comunale che attraversa la proprietà del signor Mi. originariamente era disposto ad una quota di circa un metro al di sotto del piano di campagna dei terreni limitrofi per cui nei periodi invernali le acque piovane defluivano regolarmente sulla strada senza causare danno alcuno ai terreni vicini. A seguito del ripristino e sistemazione di detta strada comunale è stato rialzato il piano viabile e, nel tratto interessato, è stato uniformato al livello dei terreni vicini eseguendo la regimazione delle acque tramite cunette piane in calcestruzzo. Così facendo non si è tenuto conto della immensa mole di acqua che scendendo dal colle “Ci.” e dalle vicine falde si concentra in quel tratto ed ha quale unico sfogo la strada interpoderale che attraversa i terreni del Mi.. La furia delle acque ha prima scavato la strada e poi si è sparsa sui terreni limitrofi portando terra, fango e misto del sottofondo stradale” (cfr. relazione del 24.03.2014 a firma del geom. Do.Ag.).

4.2. – Ora, tenuto conto della natura eminentemente tecnica dell’accertamento, alcun rilievo può essere attribuito alle dichiarazioni rese dai testi, non potendo ad essi ovviamente demandarsi inammissibili giudizi di carattere valutativo. Per tale ragione, va dichiarata l’inammissibilità delle richieste istruttorie articolate da parte attrice, in quanto vertenti su circostanze:

– generiche e/o valutative (cap. n. 1: “vero è che il tratto di strada che costeggia i terreni del sig. Mi.Gi. siti in agro di Casabona loc. “(…)” prima dei lavori di sistemazione si trovava ad una quota inferiore al piano di campagna”; cap. n. 3: “vero è che anche nei casi di piogge intense e/o alluvionali prima dei lavori di sistemazione le acque piovane defluivano regolarmente senza creare danni ai terreni limitrofi”; cap. n. 4: “vero che ancor prima (?) degli eventi alluvionali del novembre 2013 le piogge, anche quelle meno intense, hanno creato una palude nei terreni del Sig. Mi. che oltre ad impedirne la coltivazione ha danneggiato molte piante di ulivo a dimora” (ndr., circostanza, questa, peraltro esclusa dallo stesso c.t.p.); cap. n. 5: “vero è che dopo l’esecuzione dei lavori di sistemazione e prima delle piogge del novembre 2013 il piano viabile, nel tratto che costeggia i terreni del Sig. Mi. presentava buche e rialzi” (ndr, senza alcuna precisazione in ordine alla loro collocazione));

– da provarsi in via documentale (cap. n. 2: “vero che dopo i lavori di sistemazione il piano viabile è stato rialzato fino al piano di campagna”);

– formulate in termini negativi (cap. n. 6: “vero che nessun intervento di manutenzione ordinaria (ndr, in parte qua anche valutativo) è stato realizzato negli anni successivi all’esecuzione dei lavori e fino agli eventi del novembre 2013”).

Tale diversa valutazione sulle istanze istruttorie non può certamente ritenersi preclusa nella presente sede, costituendo “principio da tempo consolidato quello secondo cui, poiché le ordinanze, nel sistema del codice di rito, provvedono alla istruzione della causa, senza affatto vincolare la decisione finale del giudice, questi (salvo particolari ipotesi legislative) può liberamente modificarle o revocarle con la successiva sentenza (in tal senso Cass. 24 febbraio 1982, n. 1148; id. 14 novembre 1972, n. 3390; 13 dicembre 1969, n. 3955; 11 giugno 1964, n. 1449) (cfr. Cass. civ., sez. lavoro, 16-12-2013, n. 28021).

Difatti, “le ordinanze con cui il giudice istruttore o il collegio decidono in ordine alle richieste di ammissione delle prove e dispongono in ordine all’istruzione della causa sono di norma revocabili, anche implicitamente, e non pregiudicano il merito della decisione della controversia, non essendo pertanto idonee ad acquistare efficacia di giudicato, né per altro verso spiegano alcun effetto preclusivo, qualsiasi questione potendo essere nuovamente trattata in sede di decisione: è, difatti, consentito al giudice, in sede di valutazione delle prove ai fini del giudizio, considerare irrilevante anche l’oggetto di una prova testimoniale in precedenza ammessa ed espletata” (cfr. Cass. sez. III, 18.04.2006 n. 8932, Cass. 22.12.2000, n. 16113; Cass. 18.02.1983, n. 1263).

4.3. – Pertanto, previa revoca dell’ordinanza emessa dal GOT in data 10.11.2015, occorre soffermarsi sulle risultanze degli accertamenti effettuati dal C.T.U.

A tal riguardo va anzitutto premesso che essi non possono in ogni caso sopperire alle lacuna assertive ed istruttorie in cui è incorsa parte attrice.

Inoltre, va in ogni caso rilevato che “da un’attenta valutazione del computo metrico allegato al progetto esecutivo della strada interpoderale “(…)” emerge che le voci di scavo effettuate compensano il riempimento. Ciò vuol dire che nessuna modifica altimetrica sostanziale è stata quindi apportata all’assetto stradale, come invece dichiarato da parte attrice”.

La conclusione cui è in tal modo pervenuto l’ausiliario risulta condivisibile, in quanto sufficientemente argomentata e scevra da profili di illogicità e/o incongruenza.

D’altronde essa non può ritenersi adeguatamente contestata dalle osservazioni formulate dal c.t.p., essendosi questo limitato ad esprimere giudizi di natura personale non suffragati da alcun riscontro tecnico (“lo stato dei luoghi prima dell’intervento del Comune è quello descritto nella perizia di parte…dagli atti del progettista depositati al Comune il quale aveva previsto in questi tratti di strada una massicciata di sottofondo per l’altezza di circa 50-60 cm, che secondo me non andava così realizzata perché la massicciata per le strade di campagna di norma dovrebbe essere di 20-25 cm”).

Quanto sin qui considerato sarebbe dunque già di per sé sufficiente a giustificare il rigetto della domanda per carenza, o comunque difetto di prova, degli elementi costitutivi della responsabilità del Comune ai sensi sia dell’art. 2043 c.c. che dell’art. 2051 c.c.

5. – Peraltro, ad abundantiam, elemento in ogni caso ostativo al suo accoglimento è la ricorrenza, nella specie, del “caso fortuito”.

5.1. – In proposito, deve anzitutto osservarsi che, in tema di responsabilità civile per danni ad immobili da acque piovane, un temporale di particolare forza ed intensità, protrattosi nel tempo e con modalità tali da uscire fuori dai normali canoni della meteorologia, può integrare gli estremi del caso fortuito allorché costituisca causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento (cfr. Cass. sez. III, 9.03.2010 n. 5658).

In particolare, in virtù di un principio costantemente affermato dalla S.C., “in base ai criteri di cui agli artt. 40 e 41 c.p., qualora le condizioni ambientali od i fattori naturali che caratterizzano la realità fisica siano sufficienti a determinare l’evento di danno, l’autore dell’azione o dell’omissione resta sollevato, per intero, da ogni responsabilità dell’evento, non avendo posto in essere alcun antecedente dotato in concreto di efficienza causale; qualora, invece, quelle condizioni non possano dar luogo, senza l’apporto umano, all’evento di danno, l’autore del comportamento imputabile è responsabile per intero di tutte le conseguenze da esso scaturenti secondo normalità, non potendo, in tal caso, operarsi una riduzione proporzionale in ragione della minore gravità della sua colpa, in quanto una comparazione del grado di incidenza eziologica di più cause concorrenti può instaurarsi soltanto tra una pluralità di comportamenti umani colpevoli, ma non tra una causa umana imputabile ed una concausa naturale non imputabile. Ne consegue che, a fronte di una sia pur minima incertezza sulla rilevanza di un eventuale contributo “con-causale” di un fattore naturale (quale che esso sia), non è ammesso, sul piano giuridico, affidarsi ad un ragionamento probatorio “semplificato”, tale da condurre ipso facto ad un frazionamento delle responsabilità in via equitativa, con relativo ridimensionamento del quantum risarcitorio” (cfr. Cass. 21.07.2011 n. 15991; v. anche, nello stesso senso, ex plurimis, Cass. 06.05.2015 n. 8995; Cass. 16.02.2001 n. 2335; Cass. 27.05.1995 n. 5924).

Anche in tale ambito è quindi destinato ad operare il generale principio di infrazionabilità (“all or nothing”) del nesso di causalità c.d. materiale o di fatto, in virtù del quale ove il fatto della natura, per intensità, gravità, eccezionalità ed imprevidibilità, assurga al rango di “causa esclusiva” del danno, quest’ultimo sarà imputabile esclusivamente al caso fortuito ed il terzo custode andrà esente da ogni responsabilità; allorché invece il fatto naturale esterno abbia assolto una funzione di mera “concausa” del pregiudizio denunciato dall’attore, il custode dovrà essere ritenuto responsabile in toto ed in via esclusiva dell’evento dannoso (cfr. Cass. sez. III, 22.11.2019 n. 30521).

In particolare, con più specifico riferimento alla fattispecie che ci occupa, è stato chiarito che “affinché un evento meteorologico, anche di notevole intensità, possa assumere rilievo causale esclusivo, e dunque rilievo di caso fortuito ai sensi dell’art. 2051 c.c., occorre potergli riconoscere i caratteri dell’eccezionalità e della imprevedibilità” (tra le altre, Cass. 21.01.1987 n. 522; Cass. 11.05.1991 n. 5267; Cass. 22.05/.1998 n. 5133; Cass. 26.01.1999 n. 674; Cass. 09.03.2010 n. 5658; Cass. 17.12.2014 n. 26545; Cass. 24.092015 n. 18877; Cass. 24.03.2016 n. 5877; Cass. 28.07.2017 n. 18856; Cass. 01.02.2018 n. 2482), “mentre quello della inevitabilità rimane intrinseco al fatto di essere evento atmosferico” (cfr. Cass. n. 25837 del 2017).

5.2. – Orbene, nel caso qui in esame, risulta documentalmente provato che, nel mese di novembre del 2013, i terreni di proprietà dell’attore siano stati interessati da un evento temporalesco di eccezionale gravità, abbattutosi su molti dei Comuni delle Province di Catanzaro, Cosenza e Crotone.

Proprio a causa della sua intensità ed imprevedibilità, esso è stato oggetto di espressa e formale declaratoria di “calamità naturale” giusto decreto del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali del 15.04.2014 (cfr. doc. 16 fascicolo convenuto; cfr. anche doc. 2 fascicolo attoreo – attestazione rilasciata dall’Ufficio Tecnico del Comune di Casabona in data 25.03.2014 e 4 foto allegate del 3.06.2014).

Tra gli atti presupposti richiamati da tale decreto ministeriale vi è la proposta della Regione Calabria che ha “dato atto di aver effettuato i necessari accertamenti dai quali risulta che le piogge persistenti dal 11.11.2013 al 3.12.2013 nella Provincia di Cosenza e le piogge alluvionali del 19.11.2013 nelle Province di Catanzaro e Crotone hanno assunto il carattere di eccezionalità di cui all’art. 1, comma 2, del d. lgs. n. 102/04 e s.m.i.”.

Si è dunque indiscutibilmente trattato di un episodio meteorologico del tutto anomalo, atipico, eccezionale ed imprevedibile, tale da essere formalmente classificato come “calamità naturale” ai sensi e per gli effetti di cui al punto 11.2 degli Orientamento Comunitari in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo (2000/C28/02).

Per tale ragione, ad esso va certamente riconosciuta natura di caso fortuito, quale causa esclusiva idonea a recidere il nesso di causalità tra i lavori di competenza comunale eseguiti sulla strada interpoderale per cui è causa ed i danni lamentanti dall’odierno attore.

1. – Le spese del giudizio seguono la soccombenza e, calcolate ai sensi del D.M. n. 37/2018, secondo lo scaglione relativo al valore della controversia, sulla scorta dei valori medi della relativa tariffa, ridotti – in virtù dei parametri indicati dall’art. 4 comma 1 del D.M. 55/2014 – del 50% con riguardo alla fase di studio, introduttiva e decisionale e del 70% con riguardo alla fase istruttoria, sono liquidate come da dispositivo.

2. – Le spese di c.t.u., come liquidate in atti, devono essere poste definitivamente a carico di parte attrice.

P.Q.M.

Il Giudice del Tribunale di Crotone, dott. Alfonso Scibona, in funzione di Giudice unico, definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta al n. 1120/2014 R.G., ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così statuisce:

1. dichiara, per le ragioni di rito esposte in parte motiva, l’inammissibilità della domanda riconvenzionale del Comune convenuto;

2. rigetta nel merito la domanda attorea;

3. condanna l’attore a rifondere al Comune di Casabona, in persona del relativo l. r.p.t., le spese del giudizio, che liquida in Euro 3.283,00 a titolo di compensi professionali, oltre rimborso forfettario delle spese nella misura del 15%, iva e cpa come per legge;

4. pone le spese di c.t.u., come liquidate in atti, definitivamente a carico dell’attore.

Così deciso in Crotone il 20 marzo 2020.

Depositata in Cancelleria il 24 marzo 2020.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.