nella quantificazione del danno morale, deve tenersi conto di tutte le circostanze del caso concreto ed in particolare della gravità del reato, dell’entità delle sofferenze patite dalla vittima, dell’età, del sesso e del grado di sensibilità del danneggiato, del dolo oppure del grado di colpa dell’autore dell’illecito, della realtà socio-economica in cui vive il danneggiato, oltre che dell’intensità e della durata della sofferenza patita mediante una quantificazione necessariamente equitativa dove si deve tenere conto della gravità del fatto, delle condizioni soggettive della persona, dell’entità della sofferenza e del turbamento patiti.

Tribunale|Forlì|Civile|Sentenza|23 settembre 2021| n. 962

Data udienza 21 settembre 2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI FORLÌ

in composizione monocratica in persona del giudice dott.ssa Valentina Vecchietti pronuncia

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 2389 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2017 cui riunita la causa n. 735 del 2019 promossa da:

(…) – Cod. Fisc. (…),

elettivamente domiciliato in VIA (…) FORLÌ, presso lo studio dell’avv. PO.MA., rappresentato e difeso dall’avv. PO.MA. (…) e dall’avv. ME.DA. (CF (…)

ATTORE

nei confronti di

(…) – Cod. Fisc. (…) elettivamente domiciliato in C.SO (…), 63 47100 FORLI’, presso lo studio dell’avv. MA.VI., rappresentato e difeso dall’avv. MA.VI. (CF (…)

CONVENUTO

nei confronti di

(…) – Cod. Fisc. (…), con il patrocinio dell’avv. FR.VE. (CF (…) elettivamente domiciliato presso l’indirizzo pec del difensore;

CONVENUTO

nei confronti di

(…) – Cod. Fisc. (…), elettivamente domiciliato in Forlì Largo (…), presso lo studio dell’avv. AL.PI. (CF (…) rappresentato e difeso dall’avv. AL.PI. (ammesso a PSS in via provvisoria)

CONVENUTO

MOTIVAZIONE IN FATTO E IN DIRITTO

Il sig. (…) (di seguito anche “l’attore”) citava in giudizio (…), in persona dei genitori, (…), in persona dei genitori, (…) (“i convenuti”) per sentire accertata e dichiarata la responsabilità dei convenuti nella produzione delle lesioni fisiche e psichiche inferte all’attore per i fatti di causa e per la condanna dei convenuti al risarcimento all’attore di tutti i danni patrimoniali e non quantificati in Euro 70.000,00 o quella diversa somma accertata in corso di causa. Il tutto con vittoria di spese e compensi a favore dei procuratori antistatari.

Allegava l’attore che, il giorno 8 settembre 2015, quando ancora era minorenne, venne invitato da un amico, (…), anch’egli minorenne, presso la propria abitazione. Sul posto, erano presenti anche (…) e (…), entrambi conoscenti dell’attore.

L’attore fu invitato in soggiorno dai convenuti, con il pretesto di giocare insieme con i video giochi. A quel punto, iniziarono le violenze e le vessazioni ai danni dell’attore. Egli venne costretto a fare una doccia, fredda, completamente vestito. Tornato in salotto, si accorse che i convenuti avevano utilizzato il suo cellulare per mandare un messaggio volgare e offensivo a una sua cara amica.

Chiara era l’intenzione di isolare l’attore compromettendo il suo rapporto affettivo con l’amica. Alle lamentele dell’attore, i convenuti risposero con offese e minacce e in particolare il sig. (…) sferrò un violento pugno al volto dell’attore, a seguito del quale l’attore cadde a terra. Nonostante l’attore fosse tramortito a terra, il (…) continuò a picchiarlo con calci e pugni e a minacciarlo con frasi minatorie come “io ti farò sparire dalla faccia della terra”.

Gli altri convenuti contribuirono alle percosse, sferrando calci e pugni all’attore che cercava di pararsi con le braccia. Alle percosse, seguirono offese e costrizioni verso l’attore, che fu costretto dal (…) a leccare uno sputo a terra sotto la minaccia di essere ammazzato con un coltello. A ogni rifiuto, il (…) sferrava calci all’attore. Il (…), dall’altro lato, iniziò a girare un video fino a quando l’attore temendo per la propria incolumità fu costretto a leccare lo sputo. A quel punto, i tre convenuti minacciarono l’attore che se il video avesse fatto il giro della scuola, (…) “era finito e poteva anche ammazzarsi”.

A quel punto l’attore pregò e scongiurò i convenuti di non fare vedere il video a nessuno e di lasciarlo andare a casa, ma questi lo deridevano. A quel punto, (…) si recò in cucina e tornò in salotto armato di coltello, puntò il coltello alla gola dell’attore e lo minacciò dicendo che se avesse raccontato a qualcuno le violenze subite, gli avrebbe tagliato la gola e dato fuoco alla casa. Minacciò anche l’attore di fare del male alla sorella, qualora le avesse raccontato qualcosa. A quel punto, l’attore fu buttato fuori casa facendolo rotolare nel fango.

Al padre, che lo venne a prendere, raccontò di essere caduto dalle scale. Egli, infatti, presentava lividi ed escoriazioni e aveva l’apparecchio dei denti rotto, per via dei pugni subiti. Dopo l’episodio, l’attore iniziò a presentare comportamenti strani fino a quando decise di confidarsi con la sorella Michelle, che riferì tutto ai genitori. Intervenute le competenti autorità, si incardinò processo dinanzi al Tribunale per i minorenni.

Allegava l’attore di essere nato con fragilità di tipo psichico, tanto da essere seguito dal Dipartimento di salute mentale e di avvalersi a scuola di una insegnante di sostegno. A seguito delle violenze subite, lo stato psicofisico dell’attore sarebbe notevolmente peggiorato, con evidenti difficoltà comportamentali e relazionali. I pregiudizi psicofisici subiti dal ragazzo venivano riportati nella relazione di parte depositata in atti. Riportava l’attore, ancora, gli esiti delle fasi di indagine e i contenuti delle dichiarazioni raccolte in quella sede.

In conseguenza dei fatti di causa, l’attore avrebbe dunque riportato danni non patrimoniali, biologico e morale, risarcibili secondo le Tabelle di Milano nella somma di Euro 70.000,00.

Si costituivano (…) e (…), eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva in quanto non genitori ma nonni di (…).

Con ordinanza del 18 gennaio 2018, si disponeva l’estinzione parziale del giudizio fra l’attore e (…) e (…). Alla successiva udienza del 21.02.2019 veniva dichiarata la contumacia di (…).

Il convenuto (…) si costituiva successivamente con comparsa in data 4.7.2019. Contestava la narrazione dei fatti come operata dall’attore, affermando che, dopo alcuni pesanti scherzi ai danni dell’attore, quest’ultimo avrebbe proferito pesanti espressioni nei confronti della madre di (…) e solo a questo punto sarebbe stato colpito con un pugno.

La vulnerabilità psico fisica dell’attore, inoltre, sarebbe antecedente ai fatti e l’episodio oggetto di causa non costituirebbe l’unica origine dei disturbi lamentati dall’attore. Concludeva per il rigetto della domanda. Si costituivano in giudizio (…) e (…), quali genitori di (…), concludendo per il rigetto della domanda ovvero in subordine per l’accertamento del minore grado di responsabilità del (…) nei fatti di causa, con condanna al risarcimento in proporzione dell’effettivo grado di responsabilità e con esclusione della solidarietà.

Il convenuto (…) operava, dunque, una ricostruzione dei fatti diversa da quella attorea. Eccepiva intanto di avere incontrato solo una volta (…) in tram, di non essere a conoscenza dei suoi problemi psichici né del fatto dell’insegnante di sostegno. Eccepiva che le aggressioni, se provate, sarebbero riconducibili alla sola iniziativa e a comportamenti ascrivibili a (…) ed eventualmente a (…) e non certo a (…). Sarebbe (…) l’unico ad avere picchiato l’attore. Del pari, solo (…) lo avrebbe minacciato col coltello. (…) poi non avrebbe filmato le aggressioni né inviato messaggi con il telefonino dell’attore. (…), inoltre, mai avrebbe proferito minacce nei confronti dell’attore. Infine, non corrisponderebbe al vero l’affermazione per cui l’attore sarebbe stato cacciato di casa, ma quest’ultimo sarebbe rimasto a casa fino a sera, dopo che il (…) era andato via.

Ancora, il convenuto eccepiva la mancanza di prova dei danni e del nesso di causalità, ovvero che i fatti di causa avessero aggravato la situazione psico fisica dell’attore. Le difficoltà dell’attore, infatti, sarebbero antecedenti e preesistenti ai fatti di causa.

Veniva successivamente disposta la riunione al fascicolo 2389/2017 del fascicolo n 735/2019, nel quale l’attore aveva citato in giudizio, per i medesimi fatti, (…). Quest’ultimo si costituiva in giudizio concludendo per il rigetto della domanda dell’attore. Eccepiva di essere amico dell’attore, e non di avere mai voluto fargli subire deliberatamente atti di bullismo e violenze.

Eccepiva che, in quella occasione, dopo una prima fase di gioco e scherzi, sorgeva una discussione fra (…) e (…), il quale sosteneva che l’attore avesse offeso la madre, cui seguiva un contrasto fra i due, cui (…) e (…) non prendevano parte, cercando di invitare gli altri alla calma, senza riuscirci. Eccepiva di non essere a conoscenza del fatto che fra l’attore e (…) non corressero buoni rapporti, diversamente non lo avrebbe invitato in quella occasione. Eccepiva l’insussistenza di prova certa del danno e del rapporto di causalità.

Il fascicolo RG 735 del 2019 veniva riunito al fascicolo n. 2389 del 2017 in data 13.11.2019.

La causa è stata istruita documentalmente.

A seguito dell’invito reiterato da parte del Giudice a trovare una proposta conciliativa, alla udienza del 26 maggio 2021, fissata per la precisazione delle conclusioni, le parti davano atto che i convenuti avevano formulato una offerta ritenuta tuttavia non congrua da parte dell’attore.

Onde procedere ad una ricostruzione dei fatti nei termini essenziali, occorre prendere le mosse dalla lettura della documentazione agli atti di causa, e, in particolare, dai verbali di sommarie informazioni e degli interrogatori presenti in atti (doc.ti 4, 5, 6, 7 fascicolo parte attrice).

Infatti, circa il valore delle dichiarazioni e degli atti assunti nel corso delle indagini ai fini istruttori nel processo civile, è noto che “Nell’ordinamento processuale vigente manca una norma di chiusura sulla tassatività dei mezzi di prova, sicché il giudice, potendo porre a base del proprio convincimento anche prove cd. atipiche, è legittimato ad avvalersi delle risultanze derivanti dagli atti delle indagini preliminari svolte in sede penale, così come delle dichiarazioni verbalizzate dagli organi di polizia giudiziaria in sede di sommarie informazioni testimoniali” (Cass. Civ., sez. 2-, Sentenza n. 1593 del 20/01/2017).

Del resto, tali dichiarazioni risultano acquisite agli atti e nulla i convenuti hanno tempestivamente opposto i convenuti circa l’utilizzabilità dei verbali più volte citati ai fini decisori. Va sottolineato che anche il convenuto (…) ha prodotto gli atti della indagine penale, dove sono riportati anche i verbali di sommarie informazioni e di interrogatorio (doc. 2 fascicolo (…)) mentre il convenuto (…) ha prodotto il verbale della propria dichiarazione in sede di interrogatorio (doc. 1 fascicolo (…)).

Sulla ricostruzione di fatti, che emerge dagli atti sopra citati, si riscontra quanto segue.

Il convenuto (…) ha fornito una versione dei fatti (doc. 5 attoreo) da cui, sostanzialmente, emergerebbe che i fatti si sarebbero sviluppati, come alcuno dei convenuti ha notato, con una “escalation”, dove, partendo da un contesto tranquillo, sorta una discussione fra (…) e l’attore, (…) avrebbe, per reazione ad una offesa subita, picchiato l’attore sferrando nella sua direzione pugni e calci.

Il convenuto (…) ha poi riferito che l’attore sembrava intimorito da (…); ha confermato il fatto che (…) aveva chiesto all’attore di leccare a terra. Il convenuto (…) ha, tuttavia, affermato come né lui né ((…)) avessero picchiato né offeso l’attore, affermando che (…) avesse solo ripreso con il telefonino la scena in cui giocavano con l’acqua in bagno. Sentito in sede di interrogatorio il sig. (…) (doc. 6), quest’ultimo ha confermato che tutto iniziò con una discussione fra l’attore e (…), nel contesto della quale (…) offese l’attore arrivando a minacciarlo con un coltello.

Anche (…), come del resto (…), si è dichiarato intimorito da (…). (…) ha poi confermato l’episodio dello sputo. (…), come seppure in termini in parte diversi, (…), ha poi sottolineato che lui e (…) intervennero per cercare di rasserenare gli animi. Ha poi affermato che (…) avrebbe sbattuto l’attore contro il muro. Ha affermato che le riprese sarebbero state effettuate da (…), con il telefono dell’attore. Ha tuttavia affermato di avere ripreso la scena in cui l’attore veniva spinto sotto la doccia da (…). Come (…), ha affermato che né lui né (…) avessero percosso o offeso l’attore.

Dal verbale di interrogatorio di (…) (doc. 7), si rileva che questi ha affermato di avere reagito a una aggressione dell’attore, dando uno schiaffo in viso a quest’ultimo. Ha confermato di avere visto “(…)” ((…)) con il telefono dell’attore in mano. Ha negato di avere ulteriormente offeso o percosso l’attore. Ha confermato che gli altri due convenuti non avevano offeso o percosso l’attore.

L’attore ha poi prodotto in atti (doc. 4) il verbale di sommarie informazioni rese da (…), compagna di classe dell’attore, la quale ha raccontato di avere raccolto le confidenze dell’attore, il quale avrebbe raccontato alla amica di essere stato picchiato e minacciato da (…), (…) e da un “ragazzo di Cesena”, che (…) gli avrebbe sottratto il cellulare, copiando i suoi contatti, che sarebbe stato minacciato con un coltello, che a seguito di tale episodio avrebbe sviluppato paura, anche di raccontare quanto avvenuto, per timore che i convenuti gli potessero fare più male.

L’attore ha inoltre prodotto una relazione (doc. 2) del dr. (…), neuropsichiatria di Forlì, dove si riporta l’esito dei colloqui avuti con l’attore, nel corso dei quali l’attore avrebbe raccontato “in maniera molto coerente” l’episodio e il contesto in cui questo si verificò, ricostruendo “con sufficiente precisione ed organizzazione” la scansione temporale degli eventi del settembre 2015, prima dell’inizio dell’anno scolastico. L’attore ha raccontato di essere stato oggetto di atti di bullismo, in una escalation di eventi che partirono da scherzi fino a che (…) lo avrebbe picchiato, sbattendolo anche contro il muro, sarebbe stato messo a forza sotto l’acqua fredda della doccia, gli avrebbero sottratto il cellulare, altre botte sino ad arrivare alla costrizione a leccare per terra.

Come già evidenziato nella ordinanza del 2 aprile 2020, è evidente che i fatti di causa si svolsero alla presenza dei soli soggetti coinvolti in causa, ovvero l’attore e i convenuti. Pertanto, è evidente che la narrazione dei fatti operata dall’attore dovrà necessariamente essere presa in considerazione anche ai fini della ricostruzione istruttoria degli accadimenti, valutata e, qualora dotata di coerenza, precisione e logica ricostruttiva, parametrata con gli ulteriori elementi emersi dall’istruttoria stessa. Parimenti, le dichiarazioni rese dai convenuti nel corso delle indagini, dovranno essere oggetto di confronto e valutazione ai fini della ricostruzione dei fatti. Orbene, tanto considerato, i fatti riportati dall’attore, come accaduti in quel pomeriggio del settembre 2015, risultano, nelle loro linee essenziali, confermati.

Intanto, la narrazione dei fatti operata dall’attore, a più riprese e nei confronti di diversi soggetti, appare essenzialmente la stessa e coerente con quanto riferito in citazione: l’attore, parlando con amici (cfr. dichiarazione (…)) e con i professionisti della neuropsichiatria (doc. 2 fascicolo parte attrice), e dunque in luoghi e contesti completamente diversi e a diversi interlocutori, ha comunque ribadito di avere subito, quel pomeriggio, atti di “bullismo” consistenti in percosse, minacce, offese, sottrazione del cellulare, intimidazioni e costrizioni. Del resto, anche dalla lettura delle dichiarazioni, anch’esse necessariamente “di parte”, rilasciate dai convenuti (doc.ti 5, 6, 7 fascicolo parte attrice) è emerso che l’attore, in quella occasione, fu soggetto a percosse, offese, alle minacce e costrizioni effettivamente riportate.

È evidente che tali comportamenti, subiti dall’attore in quella occasione, qualificabili nel loro complesso come “atti di bullismo” e singolarmente quali minacce, percosse, atti di violenza privata e ingiurie, costituiscono illeciti, anche penalmente rilevanti, e certamente suscettibili di fondare una responsabilità risarcitoria anche in ambito civilistico, ex art. 2043 c.c. e 2059 c.c..

Le parti controvertono, tuttavia, sulla quota di responsabilità da attribuire ai singoli convenuti, in base al contributo effettivamente dato nel perpetrare tali atti.

Un primo elemento desumibile dalla analisi comparativa di tutte le precitate dichiarazioni è che, a quanto sembra, gli atti di percosse, minacce e ingiuria sarebbero essenzialmente imputabili a (…). Dalle dichiarazioni di (…) e (…) emergerebbe infatti che né l’uno né l’altro avrebbero picchiato o offeso l’attore e lo stesso (…) ha affermato che “gli altri due non hanno percosso (…)”. Del resto, gli altri due convenuti hanno anche dichiarato di avere cercato di fermare (…), di calmare gli animi e anzi di essere intimoriti da (…) stesso, essendo questi molto forte. Entrambi sostengono, in questa sede, la propria sostanziale estraneità ai fatti di causa. È certo, peraltro, poiché espressamente dichiarato ed incontestato, che essi furono sicuramente presenti nel corso degli accadimenti patiti dall’attore e oggetto di causa.

Orbene, come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, in tema di concorso morale nel reato, “la presenza fisica allo svolgimento dei fatti integra un’ipotesi di concorso morale penalmente rilevante qualora si attui in modo da realizzare un rafforzamento del proposito dell’autore materiale del reato e da agevolare la sua opera, sempre che il concorrente si sia rappresentato l’evento del reato ed abbia partecipato ad esso esprimendo una volontà criminosa uguale a quella dell’autore materiale” (Cass. pen. Sez. 2, Sentenza n. 28855 del 08/05/2013); del resto, “la distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel reato commesso da altro soggetto va individuata nel fatto che la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare alcun contributo causale alla realizzazione del reato, mentre il secondo richiede un consapevole contributo positivo – morale o materiale – all’altrui condotta criminosa, anche in forme che agevolino o rafforzino il proposito criminoso del concorrente” (Cass. Pen. Sez. 3, Sentenza n. 34985 del 16/07/2015 Ud. (dep. 20/08/2015) Rv. 264454 – 01).

Nel caso di specie, è vero che (…) e (…) hanno sottolineato il proprio tentativo di calmare (…) e hanno ammesso di essere spaventati da quest’ultimo. Tuttavia, dalle loro dichiarazioni sono emersi elementi che vale la pena di riportare. (…), in particolare, ha dichiarato che “ho visto che (…) ha ripreso con il telefono di (…) la scena di Kevin che lanciava (…) sul materasso. L’iniziativa di riprendere con quel telefono è stata una decisione autonoma di (…).. .A (…) sanguinava il lobo ed aveva un segno sotto l’occhio, non ricordo quale, inoltre si era sporcato tutti i pantaloni con la tinta dei capelli. (…) è andato a cercare dei vestiti per farlo cambiare, li ha consegnati a (…) che si è diretto in bagno. Qui, con una bottiglia con del liquido non saprei dire se piena d’acqua o di aranciata, (…) ha bagnato (…), poi (…) è entrato in bagno ed ha aperto l’acqua della doccia spingendo (…) sotto il getto della doccia vestito.

Io ho ripreso (…) in bagno bagnato da (…) e spinto da (…) poi (…) ha chiuso la porta del bagno”; dall’altro canto, (…) (…) ha dichiarato che “Le riprese sono state fatte da (…) con il telefono di (…) quando abbiamo giocato con l’acqua”. Dalle parole delle parti che si sono sopra evidenziate, è evidente che anche i convenuti (…) e (…) assunsero, nell’occorso, condotte che non possono certamente ritenersi meramente passive. In particolare, il fatto che questi avessero effettuato delle riprese di alcune condotte di (…), addirittura utilizzando il cellulare della vittima, rende evidente una partecipazione all’agito di (…), che non potrebbe certamente ritenersi inconsapevole e che anzi non può che comportare un rafforzamento delle azioni del convenuto.

L’effetto delle condotte adottate dai due convenuti (…) e (…) è reso evidente anche dalla percezione psichica dell’attore. Appare infatti evidente, dalle dichiarazioni attoree come riportate anche dalla sig.ra (…) e nella relazione medica sub doc. 2 attoreo, che l’attore ha percepito l’intimidazione del gruppo, tanto che egli ha raccontato a (…) (doc. 4) di avere paura di tutti e tre, senza distinzioni, che “.. .non aveva raccontato subito quanto gli era successo perché temeva che se quei ragazzi l’avessero saputo, gli avrebbero fatto ancora più male”.

Coerentemente si esprime l’attore nei colloqui con gli specialisti. Nella relazione, sub doc. 2 attoreo, si riporta infatti testualmente quanto segue: “La sensazione di vergogna e di terrore per possibili recriminazioni e vendette da parte degli aggressori l’ha accompagnato e lo accompagna tuttora; tuttavia, dopo un po’ di tempo avrebbe trovato il coraggio di raccontare.”. Pertanto, la percezione dell’attore, di una aggressione perpetrata da un gruppo, e non da un singolo individuo alla presenza di altri, appare significativa di come le rispettive condotte avessero finito per comportare un reciproco sostegno e una reciproca conferma, univocamente direzionata ai danni dell’attore.

A ciò di aggiunga che il fatto stesso di avere, (…) e (…), effettuato riprese degli eventi utilizzando, evidentemente senza consenso (l’esistenza del quale non è allegata e non emerge dall’istruttoria), il telefono dell’attore appare da sola significativa quanto meno di una violenza privata nei confronti di quest’ultimo, perpetrata tramite l’appropriazione e l’utilizzo, senza utilità e anzi a danno dell’attore, di un oggetto strettamente appartenente alla sfera privata e riservata dell’attore. L’eccezione dei convenuti, di esclusione della responsabilità nei fatti, appare dunque radicalmente infondata, dovendosi invece ritenere una responsabilità di tutti i convenuti per i fatti in oggetto.

E’ evidente che, nei riguardi dell’attore, deve certamente predicarsi una responsabilità solidale di tutti i responsabili dell’illecito, ai sensi dell’art. 2043 e 2055 c.c.; infatti “La solidarietà sancita dall’art. 2055 cod. civ. comporta che, allorquando la produzione del fatto dannoso sia addebitabile a più soggetti come conseguenza della loro Azione od omissione dolosa o colposa, basta per ritenere solidalmente obbligato al risarcimento del danno il singolo compartecipe, che la sua Azione abbia concorso in maniera efficiente a determinare l’evento, anche se le varie componenti causali costituiscono più fatti illeciti e producono la violazione di norme giuridiche diverse” (Cass. Civ., Sez. 3, Sentenza n. 1598 del 09/05/1969). Nel caso di specie, posto che i convenuti chiedono, comunque, la gradazione delle rispettive responsabilità, nei rapporti interni, deve ritenersi proporzionato un addebito del 50% a carico del solo (…), e del 25% ciascuno per (…) e (…).

Tanto accertato, occorre analizzare il profilo dei danni conseguenti ai fatti di causa, alla loro risarcibilità ed eventuale quantificazione. I convenuti contestano ampiamente i danni sia relativamente all’an che al quantum. Come è noto, la parte che si assume danneggiata è onerata della prova del danno, sia sotto il profilo del danno/evento (ovvero la lesione dell’interesse tutelato) sia del danno conseguenza (le conseguenze risarcibili, in termini di ricaduta patrimoniale) (cfr., Cass. Civ., Sez. 1, Sentenza n. 7713 del 07/06/2000).

Nel caso di specie, l’attore allega la sussistenza di un ampio spettro di danni, in termini di danno biologico, quale lesione della integrità psico fisica dell’attore, e danno morale, come sofferenza soggettiva patita quale conseguenza degli illeciti subiti.

Per quanto concerne il danno biologico, ovvero il danno strettamente attinente al pregiudizio alla integrità psico fisica dell’attore (danno alla salute), nel caso di specie non emergono elementi in grado di rappresentare la sussistenza di un pregiudizio medicalmente accertabile e quantificabile con parametri medico legali, a danno dell’attore. Sul punto, infatti, la relazione sub doc. 8 attoreo, oltre a costituire comunque un documento di parte, si appalesa generica e inidonea alla rappresentazione di una inabilità, temporanea o permanente, causalmente riconducibile all’episodio in questione. Conseguentemente, anche l’ammissione di una c.t.u., in assenza di precise allegazioni da parte dell’attore, si appaleserebbe del tutto esplorativa.

Tutt’altre considerazioni devono essere svolte con riferimento al danno morale, pure allegato dall’attore. Infatti, come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, “Quando il fatto illecito integra gli estremi di un reato, spetta alla vittima il risarcimento del danno non patrimoniale nella sua più ampia accezione, ivi compreso il danno morale, inteso quale sofferenza soggettiva causata dal reato. Tale pregiudizio può essere permanente o temporaneo (circostanze delle quali occorre tenere conto in sede di liquidazione, ma irrilevanti ai fini della risarcibilità), e può sussistere sia da solo, sia unitamente ad altri tipi di pregiudizi non patrimoniali (ad es., derivanti da lesioni personali o dalla morte di un congiunto)” (Cass. Civ., sez. U, Sentenza n. 26972 del 11/11/2008).

Anche il danno morale, tuttavia, va precisamente allegato e provato, atteso che “La lesione di un diritto inviolabile non determina, neanche quando il fatto illecito integri gli estremi di un reato, la sussistenza di un danno non patrimoniale “in re ipsa”, essendo comunque necessario che la vittima abbia effettivamente patito un pregiudizio, il quale va allegato e provato, anche attraverso presunzioni semplici” (Cass. Civ., sez. 3, sentenza n. 11269 del 10.05.2018).

Nel caso di specie, l’attore ha riferito di avere provato angoscia, ansia, paura, a seguito dei fatti oggetto del giudizio, tutti elementi astrattamente riconducibili al pregiudizio morale di cui si domanda il risarcimento.

Come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, “Il danno morale costituisce.. .autonoma ipotesi di danno non patrimoniale risarcibile al verificarsi di determinati presupposti, collegato intimamente all’entità ed intensità della sofferenza e dotato di piena autonomia ontologica rispetto al danno biologico” (Cass. Civ., sez. L, sentenza n. 11039 del 12.05.2006).

Nel caso di specie, la gravità dei fatti accaduti, come accertati in giudizio, peraltro perpetrati ai danni dell’attore anche da parte di persone che conosceva, costituisce già di per sé elemento presuntivo in grado di fare ritenere che l’attore possa avere subito gravi sofferenze, in ragione delle violenze, delle intimidazioni, minacce, offese ricevute in quella occasione. Inoltre, l’attore ha fornito elementi di prova in grado di rappresentare chiaramente la sussistenza di tale sofferenza.

Nella dichiarazione di (…) (doc. 4 attoreo) si legge infatti che “Ho riscontrato che nel mese di ottobre u.s., dopo che si era confidato con me, (…) era più irascibile, aveva paura a girare per Predappio, me lo ha detto lui.”; del pari, la relazione sub doc. 2 attoreo riporta testualmente che “Alla richiesta di descrivere le sue attuali emozioni riguardo a quanto raccontato, (…), molto lucidamente e consapevolmente, riferisce di provare anzitutto una sensazione di forte sofferenza: anche un breve accenno all’accaduto da parte di persone anche non completamente informate sugli eventi, gli crea una forte reazione “d’ansia e di rabbia” che dice di riuscire a fatica a contenere. Dice di provare nello stesso tempo ancora una forte sensazione di terrore per paura di ritorsioni anche fisiche che potrebbero essere provocate dai suoi aggressori”.

È evidente, dunque, che i fatti di causa hanno provocato nell’attore disagio, paura, rabbia e sofferenza con evidente pregiudizio della integrità morale del danneggiato. Trattasi, dunque, di un pregiudizio vero e concreto, attuale e risarcibile di cui i convenuti, come si è visto in solido fra di loro, dovranno rispondere.

Per quanto concerne la quantificazione del danno morale, come evidenziato nella giurisprudenza di merito, “deve tenersi conto di tutte le circostanze del caso concreto ed in particolare della gravità del reato, dell’entità delle sofferenze patite dalla vittima, dell’età, del sesso e del grado di sensibilità del danneggiato, del dolo oppure del grado di colpa dell’autore dell’illecito, della realtà socio-economica in cui vive il danneggiato” (Tribunale Lucca, 02/12/2016, n. 2524, DeJure), oltre che dell’intensità e della durata della sofferenza patita (cfr., Corte appello Firenze, sez. II, 15/01/2016, n. 64, DeJure), mediante una quantificazione necessariamente equitativa dove si deve tenere conto della gravità del fatto, delle condizioni soggettive della persona, dell’entità della sofferenza e del turbamento patiti (cfr., Cass. Civ. sez. 3, sentenza n. 21087 del 19.10.2015).

Nel caso di specie, in particolare, gli elementi indicati dalla giurisprudenza ai fini della quantificazione del danno, sopra evidenziati, si appalesano tutti caratterizzati da un elevato grado di gravità.

Sappiamo, infatti, in quanto incontestato e documentato (cfr. doc.ti 1, 2 e 9 attorei) che l’attore, già prima dei fatti di causa, versava in una condizione personale di fragilità psichica, che usufruiva del sostegno scolastico, che presentava difficoltà sul piano sociale e comportamentale. Poste le condizioni di partenza, è evidente che le condotte in oggetto, perpetrando una grave intrusione nella sfera personale dell’attore, a livello fisico (botte e violenze) e psichico (utilizzo del cellulare, offese) appaiono particolarmente pregiudizievoli ed idonee a provocare intense sofferenze, in una persona che già, per proprie condizioni personali, patisce difficoltà nel rapportarsi con gli altri.

A ciò si aggiungano le fragilità legate al contesto familiare, come reso evidente dal fatto che l’attore, all’epoca, risultava a carico dei Servizi sociali (cfr., doc. 3 fascicolo parte attrice). Il fatto, poi, del coinvolgimento negli eventi di un amico che, come da lui stesso dichiarato, era a conoscenza delle difficoltà dell’attore ((…), dichiarazione sub doc. 5 attoreo) rende i fatti ancora più odiosi anche per la capacità di minare la fiducia nel prossimo a danno di un soggetto che già presentava difficoltà nel rapportarsi con le persone.

Alla luce di tutto quanto sopra valorizzato, il danno deve dunque quantificarsi, in via equitativa, nell’importo di Euro 20.000,00. Pertanto, deve essere accertata e dichiarata la responsabilità dei convenuti ex art. 2043 e 2059 c.c. per gli illeciti descritti in narrativa e devono essere condannati questi ultimi all’integrale risarcimento a favore dell’attore dei danni conseguenti, quantificati in via equitativa nell’importo di Euro 20.000,00, oltre interessi in misura legale dalla data di deposito della sentenza al saldo effettivo. Nei rapporti interni fra i convenuti, le responsabilità devono essere così gradate: 50% a carico di (…), 25% a carico di ciascuno dei restanti convenuti (…) e (…).

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, ex dm 55 del 2014, parametri medi con distrazione a favore dei procuratori antistatari.

P.Q.M.

Il Giudice del Tribunale di Forlì in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla causa n. 2389 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2017 cui riunita la causa n. 735 del 2019, ogni diversa e contraria istanza, domanda ed eccezione disattese, così provvede:

in accoglimento della domanda di (…), accerta e dichiara la responsabilità, ex art. 2043 c.c., in capo a (…), (…) e (…) per gli illeciti perpetrati ai danni di (…) e meglio descritti in narrativa e conseguentemente condanna (…), (…) e (…), in solido fra di loro, al risarcimento a (…) dei conseguenti danni e dunque al pagamento, a favore di (…) ed in via solidale, a tale titolo, della somma equitativamente determinata di Euro 20.000,00, oltre interessi legali dalla data di deposito della presente sentenza al saldo effettivo;

accerta e dichiara che la responsabilità dei convenuti, nei soli rapporti interni, deve essere così ripartita: 50% a carico di (…), 25% a carico di (…), 25% a carico di (…);

condanna (…), (…) e (…), in solido fra di loro, alla integrale refusione a (…) delle spese di lite del presente giudizio che liquida in complessivi Euro 5000,00 per compensi, oltre 15% per spese generali, cp e iva di legge e oltre Euro 786,00 per anticipazioni da distrarsi a favore dei procuratori antistatari.

Così deciso in Forlì il 21 settembre 2021.

Depositata in cancelleria il 23 settembre 2021.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.