la perdita della capacita’ processuale del fallito, conseguente alla dichiarazione di fallimento relativamente ai rapporti di pertinenza fallimentare, essendo posta a tutela della massa dei creditori, ha carattere relativo e puo’ essere eccepita dal solo curatore, salvo che la curatela abbia dimostrato il suo interesse per il rapporto dedotto in lite, nel qual caso il difetto di legittimazione processuale del fallito assume carattere assoluto ed e’ percio’ opponibile da chiunque e rilevabile anche d’ufficio.

 

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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 27 giugno 2018, n. 16923

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. CIGNA Mario – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5996/2017 R.G. proposto da:

(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso il suo studio in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.p.A., rappresentata e difesa dagli Avv.ti (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in (OMISSIS);

– controricorrente –

e contro

(OMISSIS), rappresentata e difesa dagli Avv.ti (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova, n. 1284/2016, pubblicata il 5 dicembre 2016;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 maggio 2018 dal Consigliere Emilio Iannello;

Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Mistri Corrado, che ha chiesto il rigetto del ricorso principale, con il conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

RILEVATO

che:

con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Genova, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato le domande proposte da (OMISSIS) nei confronti della societa’ (OMISSIS) S.p.A. di risarcimento dei danni subiti a seguito del furto di denaro e gioielli, per un valore di complessivi Euro 217.000, contenuti nella cassaforte installata nella sua stanza presso l’Albergo (OMISSIS) di (OMISSIS), asportata da ignoti nella notte tra il (OMISSIS);

ha infatti ritenuto non provata la presenza nella cassaforte della somma di danaro indicata e che, pertanto, ai sensi dell’articolo 1783 c.c., comma 3, non spettasse all’attore alcun risarcimento, dovendosi tale norma interpretare – diversamente da quanto opinato dal primo giudice – nel senso che l’equivalente di mille volte il prezzo di locazione dell’alloggio per giornata rappresenti il limite massimo del risarcimento che puo’ essere riconosciuto al cliente ove questo dimostri di aver subito un danno pari o superiore a tale importo e non escluda per converso che vada liquidato un importo inferiore ovvero nessuno in mancanza di prova;

ha inoltre ritenuto corretta la decisione di primo grado nella parte in cui ha escluso la legittimazione dell’attore ad agire per i danni derivanti dalla sottrazione dei gioielli asseritamente contenuti nella cassaforte sottratta, appartenendo questi alla sua convivente;

avverso tale decisione il (OMISSIS) propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi, cui resistono, con controricorsi, sia la (OMISSIS) S.p.A., sia la (OMISSIS), in primo grado chiamata in garanzia dalla convenuta;

entrambe queste ultime eccepiscono preliminarmente il difetto di legittimazione processuale in capo al ricorrente, in quanto dichiarato fallito nelle more del giudizio d’appello;

(OMISSIS) S.p.A. propone a sua volta ricorso incidentale con unico mezzo;

il ricorrente ha depositato memoria ex articolo 380-bis.1 c.p.c..

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1783, 2697 e 1226 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte d’appello ritenuto che non fosse stata fornita prova del danno subi’to e per avere conseguentemente escluso la possibilita’ di riconoscere alcun risarcimento ai sensi della richiamata norma codicistica;

afferma che l’errore riguarda in particolare le deposizioni dei testi (OMISSIS) e (OMISSIS), il cui verbale trascrive per ampi stralci previa riproposizione dei capitoli di prova;

sostiene inoltre che, in mancanza di prova del preciso ammontare del danno, questo avrebbe dovuto essere liquidato equitativamente dal giudice ai sensi dell’articolo 1226 c.c.;

con il secondo motivo il ricorrente deduce inoltre violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la Corte d’appello erroneamente valutato le deposizioni dei testi sopra menzionati;

con l’unico motivo di ricorso incidentale la societa’ (OMISSIS) S.p.A. denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, “omessa considerazione e motivazione riguardo ad un punto decisivo della controversia”, nonche’ violazione degli articoli 166, 167, 343 e 347 c.p.c., per avere omesso la Corte d’appello ogni valutazione sulla preliminare eccezione, opposta da entrambe le appellate, di tardivita’ dell’appello incidentale proposto dal (OMISSIS);

ritenuto che:

e’ infondata l’eccezione di difetto di legittimazione processuale del fallito;

secondo principio gia’ affermato nella giurisprudenza di questa Corte cui si intende qui dare continuita’, la perdita della capacita’ processuale del fallito, conseguente alla dichiarazione di fallimento relativamente ai rapporti di pertinenza fallimentare, essendo posta a tutela della massa dei creditori, ha carattere relativo e puo’ essere eccepita dal solo curatore, salvo che la curatela abbia dimostrato il suo interesse per il rapporto dedotto in lite, nel qual caso il difetto di legittimazione processuale del fallito assume carattere assoluto ed e’ percio’ opponibile da chiunque e rilevabile anche d’ufficio (Cass. 06/06/2017, n. 13991, che, in applicazione di tale principio, ha ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione, proposto dal fallito, in quanto la curatela non aveva manifestato disinteresse per la vicenda processuale ma, comunicandogli l’intento di non impugnare la decisione, aveva espresso una valutazione negativa in ordine alla convenienza della prosecuzione della controversia);

nel caso di specie non risulta da alcunche’ un tale interessamento della curatela;

il primo motivo di ricorso e’ inammissibile;

lungi dal palesare la violazione delle norme indicate in rubrica le censure con esso articolate si risolvono nella contestazione degli esiti della valutazione degli elementi di prova raccolti, sollecitandosi esplicitamente una nuova lettura e ponderazione delle deposizioni testimoniali certamente estranea all’oggetto e alla funzione del giudizio di legittimita’;

e’ del pari inammissibile il secondo motivo;

e’ pacifico in giurisprudenza che il principio del libero convincimento ex articolo 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito riservato in via esclusiva al Giudice e come tale insindacabile in sede di legittimita’: la denuncia, pertanto, di violazione dell’articolo 116 c.p.c. solo apparentemente veicola un vizio di “violazione o falsa applicazione di norme di diritto”, traducendosi, invece, nella denuncia di “un errore di fatto” che deve essere fatta valere attraverso il corretto paradigma normativo del vizio motivazionale e, dunque, nei limiti consentiti dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (cfr. Cass. 12/10/2017, n. 23940; 17/06/2013, n. 15107; 05/09/2006, n. 19064; 20/06/2006, n.14267; 13/07/2004, n. 12912; 12/02/2004, n. 2707), essendo esclusa in ogni’ caso una nuova rivalutazione dei fatti da parte della Corte di legittimita’ (cfr. Cass. Sez. U. 27/12/1997, n. 13045; Cass. 28/03/2012, n. 5024; Cass. 07/01/2014, n. 91);

il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo;

rimane assorbito l’esame del ricorso incidentale, da intendersi condizionato, in quanto proposto dalla parte risultata totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, ancorche’ per subordinate ragioni di merito (Cass. Sez. U. 25/03/2013, n. 7381);

l’attuale condizione del ricorrente principale, (OMISSIS), di ammesso al patrocinio a spese dello Stato esclude, allo stato, la debenza del raddoppio del contributo unificato previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater (Cass. 22/03/2017, n. 7368; Cass. 02/09/2014, n. 18523).

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso principale; assorbito quello incidentale. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore delle controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida, per ciascuna, in Euro 6.800 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Motivazione semplificata.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.