in tema di risarcimento del danno a causa di diffamazione a mezzo stampa, la ricostruzione storica dei fatti, la valutazione del contenuto degli scritti, la considerazione di circostanze oggetto di altri provvedimenti giudiziali (anche non costituenti cosa giudicata), l’apprezzamento, in concreto, delle espressioni usate come lesive dell’altrui reputazione, l’esclusione dell’esimente dell’esercizio del diritto di cronaca e di critica costituiscono accertamenti di fatto, riservati al giudice di merito ed insindacabili in sede di legittimita’ se sorretti da adeguata motivazione, esente da vizi logici e da errori di diritto.

 

La pronuncia in oggetto affronta il tema della risarcibilità dei danni derivanti dalla lesione dell’onore e della reputazione, tema che può essere approfondito leggendo il seguente articolo: Diffamazione a mezzo stampa, profili risarcitori di natura civilistica.

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 4 ottobre 2018, n. 24171

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Presidente

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere

Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso 25335/2015 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS), giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 100/2015 della Corte di Appello di Trento, depositata il 19/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblia udienza del 10/04/2018 dal Consigliere Dr. Olivieri Stefano;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. Mistri Corrado, che ha concluso per il rigetto;

udito l’avv. (OMISSIS) per delega;

udito l’avv. (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS), giornalista del periodico (OMISSIS), conveniva in giudizio avanti il Tribunale di Rovereto (OMISSIS), direttore del periodico (OMISSIS), chiedendone la condanna al risarcimento del danno. Sosteneva il (OMISSIS) che, nell’articolo (OMISSIS) pubblicato on line nell’aprile del 2008, erano si era ecceduto dai limiti della critica polemizzando, con un gratuito attacco alla propria reputazione, sull’inchiesta giornalistica condotta dal primo e pubblicata sul periodico (OMISSIS) nell’articolo (OMISSIS) nella quale si dava conto dell’indagine svolta dalla Procura della Repubblica di Taranto relativa alla produzione di vino adulterato.

Il Tribunale di Rovereto, con sentenza del 10.12.2013 n. 511, accoglieva la domanda risarcitoria liquidando il danno in Euro 5.000,00.

La Corte d’appello ci Trento, con sentenza 19.3.2015 n. 100, riformava la decisione impugnata e rigettava la domanda risarcitoria, ritenendo che la pure accesa polemica su una questione di pubblico interesse quale la sofisticazione del vino e l’impiego di sostanze chimiche impiegate nella produzione del vino, non era trasmodata in un gratuito attacco alla persona del giornalista del (OMISSIS).

Impugna la sentenza di appello, con ricorso per cassazione, il (OMISSIS) con due motivi, illustrati da memoria ex articolo 378 c.p.c..

Resiste con controricorso il (OMISSIS).

Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa ex articolo 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha raccomandato la redazione della motivazione in forma semplificata.

Primo Motivo: violazione e falsa applicazione degli articoli 2 e 21 Cost., e dell’articolo 595 c.p..

Il motivo e’ inammissibile in quanto formula una critica alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata di tipo meramente oppositivo, reiterando i medesimi argomenti gia’ svolti dalla decisione di prime cure e non condivisi nel merito dal Giudice di appello a seguito di puntuale esame e discussione dei singoli passaggi motivazionali della sentenza.

Il vizio di legittimita’, nella specie per “error in judicando”, deducibile avanti la Corte di legittimita’, non puo’ infatti risolversi in un rinnovo dell’accertamento compiuto dal Giudice di merito in ordine alla elevazione delle circostanze di fatto ritenute rilevanti ai fini della ricostruzione della fattispecie concreta, ed all’apprezzamento delle stesse in termini di idoneita’ offensiva all’onere ed alla reputazione altrui. Ne’ puo’ risolversi nella mera deduzione di un enunciato assiomatico, limitato a contrapporre un personale contrario giudizio di valore (del tipo oppositivo-escludente: vero-falso; positivo-negativo), avente ad oggetto il medesimo fatto cosi’ come diversamente apprezzato dalla Corte d’appello.

L’incipit della esposizione del motivo di ricorso e’ sotto tale aspetto sintomatico: “la decisione della Corte d’appello e’ censurabile in quanto e’ evidente dalla semplice lettura dell’articolo…che ques’ultimo (ndr (OMISSIS)) ha chiaramente travalicato i limiti sia del diritto di cronaca, sia del diritto di critica “. Orbene la mera reiterazione di singoli brani dell’articolo pubblicato on line dal (OMISSIS), accompagnati dal proprio soggettivo apprezzamento di “evidenza” della natura ritenuta offensiva delle espressioni utilizzate, non risponde ai criteri del sindacato di legittimita’, da un lato, non assolvendo alla indicazione di specifici “fatti storici” omessi dal Giudice di merito (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), idonei ad evidenziare un eventuale “errore di fatto”; dall’altro, non sviluppando alcuna critica inerente ad una errata comprensione od applicazione, alla fattispecie concreta, degli elementi costitutivi della fattispecie normativa asseritamente violata (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Vale osservare in proposito che, in tema di risarcimento del danno a causa di diffamazione a mezzo stampa, la ricostruzione storica dei fatti, la valutazione del contenuto degli scritti, la considerazione di circostanze oggetto di altri provvedimenti giudiziali (anche non costituenti cosa giudicata), l’apprezzamento, in concreto, delle espressioni usate come lesive dell’altrui reputazione, l’esclusione dell’esimente dell’esercizio del diritto di cronaca e di critica costituiscono accertamenti di fatto, riservati al giudice di merito ed insindacabili in sede di legittimita’ se sorretti da adeguata motivazione, esente da vizi logici e da errori di diritto (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 15510 del 07/07/2006; id. Sez. 3, Sentenza n. 17395 del 08/08/2007).

La Corte Suprema non e’ chiamata, pertanto, ad accertare se sia stato o meno leso il diritto sostanziale al bene della dignita’ personale, declinato secondo la considerazione che ciascuno ha di se’ (autostima) ovvero in relazione al riconoscimento delle proprie capacita’ ed alla stima goduta nel piu’ vasto ambito sociale di riferimento in cui il soggetto esercita la propria attivita’ lavorativa e relaziorale, trattandosi questo di accertamento in fatto che implicando la attivita’ di selezione e valutazione comparativa delle risultanze istruttorie- e’ riservato in via esclusiva al Giudice di merito e che trasformerebbe il sindacato di legittimita’ in una sorta di terzo grado di giudizio non consentito attesa la tassativita’ dei vizi deducibili con il ricorso per cassazione, che le parti sono tenute a denunziare in modo espresso e specifico, con puntuale riferimento ad una o piu’ delle ipotesi previste dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, nelle forme e con i contenuti prescritti dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4, con la conseguenza che deve ritenersi inammissibile il ricorso prospettante una sequela di censure non aventi ad oggetto uno dei suindicati vizi e non specificamente argomentate con riferimento ai medesimi, bensi’ volte esclusivamente ad acriticamente contrapporre, senza sviluppare alcuna argomentazione in diritto, soluzioni diverse da quelle desumibili dalla sentenza impugnata (cfr. Corte cass. Sez. 2, Sentenza n. 1317 del 26/01/2004).

La Corte e, invece, tenuta a verificare se il Giudice di appello si sia attenuto, nell’accertamento della fattispecie illecita ex articolo 2043 c.c., ed ex articoli 594 e 595 c.p., ai criteri individuatori della responsabilita’ civile, come elaborati dalla giurisprudenza di legittimita’ nella specifica materia, diretti ad attribuire rilevanza a determinati elementi sintomatici della condotta ed idonei a definire il discrimine tra i valori, entrambi aventi fondamento costituzionale, della liberta’ di manifestazione del pensiero (articolo 21 Cost.) e del rispetto della dignita’ e della personalita’ del singolo (articolo 2 Cost.).

Ne segue che la critica per vizio inerente “errore di diritto” sottoponibile la Giudice di legittimita’ deve essere formulata in relazione alla omessa, incompleta od errata applicazione degli indici sintomatici predetti, non assolvendo a tale requisito il mero richiamo a massime giurisprudenziali consolidate, alla trascrizione di parti dell’articolo di stampa o pubblicato in formato elettronico, ed alla anapodittica affermazione della lesione dell’onore o della reputazione (cfr. ricorso, pag. 17: dott. (OMISSIS) nel formulare la sua critica ha chiaramente oltrepassato i limiti che, nel corso degli anni, la giurisprudenza ha individuato ed ha errato quindi la Corte d’appello nella parte in cui ritiene che le frasi come sopra riportate rivelino piuttosto l’uso di un tono ironico”).

Inammissibile e’ dunque il motivo di ricorso in esame laddove censura la sentenza impugnata semplicemente per non avere valutato diversamente, come illeciti, quegli stessi fatti, pur compiutamente rilevati ed esaminati dal Giudice di merito; od ancora per “aver messo in discussione la bonta’ dell’inchiesta pubblicata sul, (OMISSIS) (ossia per aver esternato il proprio dissenso sulla metodologia e sui contenuti di detta inchiesta, nel che consiste per l’appunto l’esercizio del diritto di critica); ovvero ancora per “non aver tenuto conto” dei diritti fondamentali della personalita’ tutelati dall’articolo 2 Cost., e protetti dalla legge penale, trascurando tuttavia il ricorrente di specificare le ragioni per le quali le argomentazioni puntualmente svolte dal Giudice di seconde cure -con la disamina e del contesto polemico in cui veniva ad inserirsi l’articolo pubblicato in rete, e del senso riferibile alle proposizioni grammaticali ed ancora del significato attribuito anche a singoli lessemi- dovessero ritenersi inficiate da una omessa rilevazione o considerazione degli indici sintomatici da porre a base dei criteri di accertamento della responsabilita’ civile.

Secondo motivo: violazione articolo 595, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Il motivo e’ inammissibile.

Lo svolgimento della esposizione degli argomenti a supporto dell’unico motivo di ricorso, non consente di disgiungere gli argomenti a fondamento della censura di “error in jdicando” e quelli diretti, invece, a sostegno della censura di “error fatti”, con conseguente incertezza del parametro di legittimita’ denunciato dalla ricorrente ed inammissibilita’ del motivo, non essendo alla Corte demandato il compito di ricercare quale sia la effettiva critica mossa dalla parte alla sentenza impugnata, e non potendo ritenersi ricompreso nel compito di nomofilachia assegnato al Giudice di legittimita’ anche la individuazione del vizio in base al quale poi verificare la legittimita’ della sentenza impugnata, come emerge dal combinato disposto degli articoli 360 e 366 c.p.c., comma 1, n. 4, che riservano in via esclusiva tale compito alla parte interessata (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 18242 del 28/11/2003 id. Sez. 1, Sentenza n. 22499 dei 19/10/2006; id. Sez. 1, Sentenza n. 5353 del 08/03/2007; id. Sez. 3, Sentenza n. 18421 del 19/08/2009; id. Sez. 1, Sentenza n. 19443 del 23/09/2011; id. Sez. 3, Sentenza n. 3248 del 02/03/2012).

Il motivo, peraltro, non si discosta dal precedente, essendo interamente rivolto a ripercorrere le vicende della inchiesta giudiziaria svolta dalla Procura della Repubblica di Taranto, venendo a richiamare atti della indagine penale che avrebbero giustificato le notizie divulgate dal (OMISSIS) in ordine alla sofisticazione di prodotti destinati alla lavorazione del vino, sui quali peraltro non vi contestazione alcuna, risultando poi del tutto irrilevanti ai fini della verifica demandata a questa Corte sul contenuto degli articoli, i successivi ed ulteriori sviluppi del procedimento penale, nonche’ le altre vicende penali che avevano interessato lo stesso (OMISSIS) ed altri giornalisti del periodico “(OMISSIS)”, non venendo in questione se l’ipotesi di allarme per la salute umana -formulata nell’articolo redatto dal ricorrente- rispondesse a meno al canone della verita’ putativa, non essendo questo l’oggetto della controversia, quanto piuttosto se la critica svolta dal (OMISSIS) alle opinioni espresse dal (OMISSIS) e fondate su attivita’ di indagine penale che -come correttamente rilevato dalla Corte territoriale- era ancora orientata su mere ipotesi di reato, debba o meno ritenersi eccedente dai limiti dell’esimente ex articolo 51 c.p..

Manifestamente irrilevante e’ quindi la critica mossa alla sentenza di appello per non avere esaminato documenti, peraltro concernenti fatti posteriori alla pubblicazione dei due articoli, inerenti il corretto esercizio del diritto di cronaca-critica da parte del (OMISSIS): mentre del tutto inconferente e’ l’affermazione secondo cui il ricorrente era stato assolto dalla imputazione di procurato falso allarme sociale, atteso che tale vicenda non determina percio’ stesso alcuna prova della illiceita’ della condotta del (OMISSIS), il quale nel suo articolo contestava, manifestando l’opinione contraria, che non si profilasse alcun timore di danno alla salute per l’uso di prodotti chimici non attestati come cancerogeni, in quanto di normale utilizzo anche in altri settori della produzione agricola.

In conclusione il ricorso deve esser dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato alla rifusione delle spese del giudizio di legittimita’ liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 2.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo l, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.