Tuttavia, in tema di diffamazione a mezzo stampa, il rispetto della verita’ del fatto assume, in riferimento all’esercizio del diritto di critica politica, un rilievo piu’ limitato e necessariamente affievolito rispetto al diritto di cronaca, in quanto la critica, ed ancor piu’ quella politica, quale espressione di opinione meramente soggettiva, ha per sua natura carattere congetturale, che non puo’, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica; in tal caso, il limite immanente all’esercizio del diritto di critica e’, pertanto, essenzialmente quello del rispetto della dignita’ altrui, non potendo lo stesso costituire mera occasione per gratuiti attacchi alla persona ed arbitrarie aggressioni al suo patrimonio morale, anche mediante l’utilizzo di “argumenta ad hominem”.

Corte di Cassazione|Sezione 5|Penale|Sentenza|15 settembre 2021| n. 34016

Data udienza 14 maggio 2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GUARDIANO Alfredo – Presidente

Dott. PISTORELLI Luca – Consigliere

Dott. MOROSINI Elisabetta – Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. FRANCOLINI Giovanni – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 25/01/2019 della Corte di Appello di Bologna;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere RICCARDI GIUSEPPE;

lette le richieste scritte ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale EPIDENDIO Tomaso, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’;

lette le richieste del difensore della parte civile, Avv. (OMISSIS), che ha depositato conclusioni e nota spese;

lette le richieste dei difensori del ricorrente, Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS), che hanno concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 25/01/2019 la Corte di Appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Ferrara in data 05/05/2016, che aveva condannato (OMISSIS) alla pena di Euro 4.000,00 di multa per il reato di cui all’articolo 595 c.p., nonche’ al risarcimento del danno subito dalla parte civile, che liquidava in Euro 20.000,00, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato per essere il reato estinto per prescrizione, rideterminando il risarcimento in favore della parte civile nella misura di Euro 15.000,00, oltre interessi legali sino al saldo.

La vicenda trae origine da un articolo, pubblicato sul sito (OMISSIS), dal titolo “(OMISSIS)” nel quale si attribuivano a (OMISSIS) piu’ fatti determinati offensivi della sua reputazione, ed in particolare:

1) non aver preso posizione in difesa del Dott. (OMISSIS) e dei magistrati della Procura di Salerno, in qualita’ di segretario dell’ANM, durante la partecipazione alla trasmissione televisiva (OMISSIS) che, in data 18 dicembre 2008, si era occupata della vicenda che aveva coinvolto il magistrato (OMISSIS), all’epoca in cui lavorava presso la Procura di Catanzaro, e le successive indagini svolte dalla Procura di Salerno nei confronti di alcuni colleghi della Procura di Catanzaro, culminati in un decreto di perquisizione e sequestro, in quanto indotto a tacere dalla circostanza che proprio il Dott. (OMISSIS) avesse indagato sulla Casa di cura (OMISSIS), gestita da un parente abbastanza stretto del (OMISSIS);

2) di avere “fatto il suo voto di silenzio” in dipendenza di incarichi in “ruoli di vertice” conferiti al (OMISSIS) e al proprio fratello dal Ministero della Giustizia, cosi’ definendolo “uno dei due fulgidi esempi di come si fanno gli esercizi spirituali per conquistare un posto in paradiso”.

In particolare, i giudici del merito escludevano la sussistenza, nel caso di specie, dell’esercizio del diritto di critica, evidenziando che il giudizio espresso dal (OMISSIS) si fondava su supposizioni ricavate da fatti presupposti risultati non interamente veri: l’esistenza di una Casa di cura di proprieta’ di parenti del (OMISSIS), sita in (OMISSIS) marittimo e amministrata da (OMISSIS); l’esistenza di un procedimento penale, denominato “Poseidone”, assegnato al Dott. (OMISSIS), e riguardante Case di cura calabresi utilizzate per il riciclaggio di denaro, nel quale risultava, tra i principali indagati, (OMISSIS) in qualita’ di Presidente di una delle societa’ coinvolte; l’attribuzione a (OMISSIS) e al fratello di ruoli di vertice all’interno del Ministero della Giustizia, amministrato all’epoca da politici coinvolti nella vicenda (OMISSIS).

Il giudice di primo grado, pur rilevando la verita’ del fatto attribuito con riferimento agli incarichi effettivamente rivestiti dai fratelli (OMISSIS) nel Ministero della Giustizia, evidenziava che: il “parente abbastanza stretto”, proprietario della Casa di cura (OMISSIS), era in realta’ un parente di sesto grado del querelante, ovvero (OMISSIS), figlio di un cugino del padre, che non aveva rapporti di frequentazione abituale con il querelante; (OMISSIS) non aveva amministrato la suddetta struttura, essendo soltanto un componente del collegio sindacale, non avendo dunque la qualifica per procurare alla Casa di cura accreditamenti o convenzioni con la Regione Calabria, sebbene amico di (OMISSIS), all’epoca “governatore” della Regione Calabria; il parente del (OMISSIS) non era inoltre mai stato indagato nel procedimento assegnato al Dott. (OMISSIS), a differenza dello (OMISSIS).

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), con atto degli Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS), che ha dedotto i seguenti motivi.

2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’omesso riconoscimento del diritto di critica, quantomeno putativo.

Sostiene preliminarmente che la critica formulata dal (OMISSIS) riguardava l’intervento del Dott. (OMISSIS) ad una trasmissione televisiva alla quale era intervenuto, non in qualita’ di magistrato, ma solo come segretario dell’ANM, dunque nell’ambito di attivita’ sindacale per sua natura non obiettiva ne’ imparziale; pertanto, il ricorrente non ha mai accusato il magistrato (OMISSIS) di aver violato i criteri che attengono alla sua funzione professionale.

Evidenzia di aver rilevato l’obiettiva differenza della posizione assunta dal (OMISSIS), nella sua veste di rappresentante sindacale della categoria, nei confronti dei magistrati (OMISSIS) e (OMISSIS), rispetto alla difesa a spada tratta, effettuata nella medesima circostanza di luogo e di tempo, riservata ad altro magistrato, il Dott. (OMISSIS), pure citato nel decreto di perquisizione della Procura di Salerno, atto posto al centro della trasmissione “(OMISSIS)” alla quale la persona offesa aveva preso parte.

Nel richiamare la motivazione della sentenza di primo grado, lamenta una distorsione sfavorevole di quanto scritto, una forzatura del pensiero del ricorrente, nella parte in cui il giudice di primo grado avrebbe attribuito al (OMISSIS) l’insinuazione che il (OMISSIS) non avesse difeso (OMISSIS) e i suoi colleghi di Salerno “per compiacere i potenti ostili ai magistrati campani e perche’ egli stesso rancoroso nei confronti di (OMISSIS), colpevole di aver indagato sulla casa di cura dei suoi parenti calabresi e sull’amministratore della stessa casa di cura, (OMISSIS)”; tale forzatura sarebbe stata reiterata dalla Corte territoriale, che non si e’ avveduta che il (OMISSIS) non ha mai affermato che l’indagine riguardasse in particolare la Casa di cura (OMISSIS), ne’ aveva fondato la critica su questo dato, peraltro mai affermato.

Deduce che i fatti presupposti che avrebbero dovuto formare oggetto di valutazione al fine del riconoscimento della scriminante sono sostanzialmente veri e legittimano la critica che ne deriva: in particolare, e’ vero che il titolare della Casa di cura e il querelante fossero parenti, oltre che omonimi, non essendo rilevante la “strettezza” del legame parentale, che non e’ stato inventato ed e’ stato lecitamente evocato; e’ inoltre vero che nella Casa di cura (OMISSIS) operasse lo (OMISSIS), peraltro con una funzione di controllo e garanzia, e che costui fosse il soggetto che il Dott. (OMISSIS) aveva individuato come il ‘gancio’ tra le cliniche private convenzionate e la Regione Calabria, ovvero il personaggio principale nell’ambito della indagine Poseidone.

Pertanto, i presupposti in fatto per sviluppare la lettura critica di quel silenzio in trasmissione hanno trovato puntuale conferma nelle prove documentali e testimoniali, del tutto trascurate o lette in modo parcellizzato e parziale, e soprattutto in malam partem.

Lamenta che i giudici del merito abbiano in realta’ enfatizzato mere imprecisioni, del tutto inidonee a far venir meno il presupposto della verita’ sostanziale del fatto.

Del resto, quel silenzio era stato legittimamente oggetto di critica anche da parte di colleghi del (OMISSIS), come desunto dall’articolo del magistrato (OMISSIS) acquisito nel corso dell’istruttoria dibattimentale.

L’opinione, come tale non suscettibile di essere sottoposta al limite della verita’, ha invece ad oggetto le ragioni che il giornalista ha ipotizzato essere alla base di quella condotta, sostanzialmente fondate su circostanze storicamente esistenti, anche se una di esse – il ruolo svolto da (OMISSIS) in seno alla clinica (OMISSIS) – e’ stato indicato in modo impreciso (presidente del consiglio di amministrazione, anziche’ presidente del collegio sindacale della Casa di cura (OMISSIS)), ma con una valenza del tutto marginale rispetto al contesto del giudizio critico manifestato nell’articolo.

Nella valutazione dei presupposti in fatto che legittimano la critica, la Corte territoriale ha omesso di considerare un altro elemento fondamentale concernente la condotta del querelante, il quale, nel corso della puntata di (OMISSIS) del 18 dicembre 2008, aveva dichiarato di aver letto interamente le 1500 pagine del decreto di perquisizione e sequestro; invero, proprio all’inizio di quel decreto era contenuto un chiaro riferimento all’inchiesta “Poseidone” condotta da (OMISSIS), al ruolo svolto da (OMISSIS) nelle case di cura, e all’utilizzo che, secondo l’accusa, costui avrebbe fatto di tali istituti quale strumento per riciclare danaro pubblico.

Nell’articolo il (OMISSIS) non ha mai affermato che il decreto di sequestro citasse la Casa di cura (OMISSIS), come erroneamente sostenuto nell’imputazione e nelle motivazioni dei giudici del merito, sicche’ egli non ha articolato il suo giudizio critico su un presupposto fattuale falso.

In realta’ il giornalista ha preso le mosse da tali fatti per elaborare una chiave di lettura dell’insolito e ingiustificato silenzio serbato dal querelante sui colleghi al centro di attacchi inusitati: e’ certo che la parte civile, nel corso della trasmissione (OMISSIS), ha ammesso di aver letto il decreto di perquisizione della Procura di Salerno; nel decreto vi era un chiaro riferimento alle case di cura convenzionate, ad (OMISSIS), ed al presunto riciclaggio di denaro pubblico; l’indagine “Poseidone” riguardava anche le case di cura e le altre strutture convenzionate, nonche’ (OMISSIS), persona coinvolta nelle indagini proprio in relazione al filone delle case di cura; l’intervento del querelante seguiva di poche ore la lettura del decreto della Procura di Salerno; un suo parente aveva una casa di cura in Calabria, gestita da una societa’ nell’ambito della quale operava (OMISSIS) in posizione apicale, quale presidente del collegio sindacale della societa’.

Tutti questi elementi sono stati erroneamente trascurati o travisati dai giudici del merito, che hanno erroneamente assunto che il giornalista avesse annoverato la casa di cura (OMISSIS) fra quelle oggetto dell’inchiesta di (OMISSIS), benche’ tale affermazione non si rinvenga nell’articolo.

Il giornalista ha solo tratto delle valutazioni soggettive ed opinabili, ma non illecite. La critica legittima, secondo la quale il segretario della ANM (OMISSIS) avrebbe potuto non aver difeso (OMISSIS), nel corso della trasmissione, per fatto personale, perche’ influenzato dalle circostanze dallo stesso apprese attraverso il decreto di perquisizione, e’ dunque legata alla scelta del (OMISSIS) che, in veste sindacale, ha preso pubblicamente posizione su un intreccio di inchieste giudiziarie molto controverse, accettando il rischio di essere criticato non solo per quanto detto, ma anche per i suoi silenzi.

In tale contesto, appaiono irrilevanti le imprecisioni contenute nell’articolo, che non scalfiscono la verita’ sostanziale delle circostanze su cui si e’ formato il giudizio critico del giornalista: (OMISSIS), pur non essendo amministratore, faceva parte della compagine societaria della Casa di cura (OMISSIS), in qualita’ di presidente del collegio sindacale, quindi rivestendo una funzione apicale; l’eventuale riciclaggio di denaro prescinde del tutto della carica trattandosi di attivita’ extra-societaria; la persona offesa e’ davvero imparentata con i proprietari della Casa di cura (OMISSIS), risultando irrilevante se fosse parente stretto o lontano, o se si frequentassero o meno.

Tutti questi fatti hanno ingenerato nel giornalista la legittima convinzione che il querelante, nel suo intervento ad (OMISSIS), potesse esserne stato condizionato: si tratta all’evidenza di un’opinione, come tale non soggetta alla prova della verita’.

Lamenta che la sentenza impugnata abbia proceduto ad una valutazione parcellizzata dell’articolo e alla individuazione di circostanze imprecise, senza alcuna menzione di quelle rispondenti al vero; in ragione della imprecisione sul rapporto parentale e sulla carica societaria ricoperta dallo (OMISSIS), e della mancanza di indagini dirette sulla casa di cura (OMISSIS), i giudici del merito hanno ritenuto l’articolo diffamatorio ed hanno negato il riconoscimento del diritto di critica, conferendo erroneamente estrema rilevanza ad elementi secondari, e trascurando elementi basilari.

2.2. Violazione di legge processuale in relazione all’articolo 648 c.p.p. per violazione del giudicato in relazione a un fatto-reato per il quale era stato assolto in primo grado.

Benche’ il giudice di primo grado avesse assolto l’imputato con riferimento all’attribuzione del fatto di aver mantenuto il silenzio in considerazione degli incarichi presso il Ministero della Giustizia, trattandosi di fatti veri, la Corte d’appello avrebbe disatteso il giudizio assolutorio, benche’ divenuto irretrattabile per mancanza di impugnazione, attribuendo (a pagina 8) al (OMISSIS) anche l’insinuazione di avere fatto il voto di silenzio in ragione degli incarichi ministeriali.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato.

2. Giova premettere che l’affermazione di responsabilita’, sia pur soltanto agli effetti civili, in considerazione dell’intervenuta estinzione per prescrizione del reato, ha ad oggetto il contenuto di un articolo, pubblicato dal giornalista (OMISSIS) sul sito (OMISSIS), dal titolo “(OMISSIS)”.

In particolare, l’articolo e’ stato ritenuto diffamatorio nella parte in cui si attribuivano a (OMISSIS), magistrato e, all’epoca, segretario dell’Associazione Nazionale Magistrati (da ora, ANM), piu’ fatti determinati offensivi della sua reputazione, ed in particolare quello di non aver preso posizione in difesa del Dott. (OMISSIS) e dei magistrati della Procura di Salerno, in qualita’ di segretario dell’ANM, durante la partecipazione alla trasmissione televisiva “(OMISSIS)” – che, in data 18 dicembre 2008, si era occupata della vicenda che aveva coinvolto il menzionato (OMISSIS), all’epoca in cui lavorava presso la Procura di Catanzaro, e delle successive indagini svolte dalla Procura di Salerno nei confronti di alcuni colleghi della Procura di Catanzaro, culminate nell’adozione di un decreto di perquisizione e sequestro -, in quanto indotto a tacere dalla circostanza che proprio il Dott. (OMISSIS) avesse indagato sulla Casa di cura (OMISSIS), gestita da un parente abbastanza stretto del (OMISSIS).

Benche’ la sentenza di appello ne abbia comunque fatto riferimento, il giudice di primo grado, con motivazione sul punto non impugnata, aveva escluso la natura diffamatoria della parte di articolo in cui il giornalista affermava che il (OMISSIS) avesse “fatto il suo voto di silenzio” in dipendenza di incarichi in “ruoli di vertice” conferiti al (OMISSIS) e al proprio fratello dal Ministero della Giustizia, cosi’ definendolo “uno dei due fulgidi esempi di come si fanno gli esercizi spirituali per conquistare un posto in paradiso”, trattandosi di una critica fondata su fatti veri.

Con riferimento al legame parentale con la proprieta’ della Casa di Cura (OMISSIS), invece, i giudici del merito escludevano la sussistenza, nel caso di specie, dell’esercizio del diritto di critica, evidenziando che il giudizio espresso dal (OMISSIS) si fondava su supposizioni ricavate da fatti presupposti risultati non interamente veri: l’esistenza di una Casa di cura di proprieta’ di parenti del (OMISSIS), sita in Belvedere marittimo e amministrata da (OMISSIS); l’esistenza di un procedimento penale, denominato “Poseidone”, assegnato al Dott. (OMISSIS), e riguardante Case di cura calabresi utilizzate per il riciclaggio di denaro, nel quale risultava, tra i principali indagati, (OMISSIS) in qualita’ di Presidente di una delle societa’ coinvolte.

La sentenza impugnata ha al riguardo evidenziato che: il “parente abbastanza stretto”, proprietario della Casa di cura (OMISSIS), era in realta’ un parente di sesto grado del querelante, ovvero (OMISSIS), figlio di un cugino del padre, che non aveva rapporti di frequentazione abituale con il querelante; (OMISSIS) non aveva amministrato la suddetta struttura, essendo soltanto un componente del collegio sindacale, non avendo dunque la qualifica per procurare alla Casa di cura accreditamenti o convenzioni con la Regione Calabria, sebbene amico di (OMISSIS), all’epoca governatore’ della Regione Calabria; il parente del (OMISSIS) non era inoltre mai stato indagato nel procedimento assegnato al Dott. (OMISSIS), a differenza dello (OMISSIS).

3. Tanto premesso, pacifica la ricostruzione dei fatti, il sindacato di legittimita’ sollecitato deve concentrarsi sui limiti del diritto di critica.

3.1. Al riguardo, va rammentato che, in materia di diffamazione, la Corte di cassazione puo’ conoscere e valutare la frase che si assume lesiva della altrui reputazione perche’ e’ compito del giudice di legittimita’ procedere in primo luogo a considerare la sussistenza o meno della materialita’ della condotta contestata e quindi della portata offensiva delle frasi ritenute diffamatorie, dovendo, in caso di esclusione di questa, pronunciare sentenza di assoluzione dell’imputato (Sez. 5, n. 832 del 21/06/2005, dep. 2006, Travaglio, Rv. 233749; Sez. 5, n. 41869 del 14/02/2013, Fabrizio, Rv. 256706; Sez. 5, n. 48698 del 19/09/2014, Demofonti, Rv. 261284; Sez. 5, n. 2473 del 10/10/2019, dep. 2020, Fabi, Rv. 278145, con riferimento ad una fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che la frase incriminata potesse essere scriminata in base al diritto di “critica sindacale” ed ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna pronunciata ai soli effetti civili).

3.2. Trattandosi di un articolo riguardante la posizione assunta dal Dott. (OMISSIS) nell’ambito di una trasmissione televisiva dedicata ad una vicenda quella del decreto di perquisizione e sequestro di atti di indagine della Procura di Catanzaro ad opera della Procura di Salerno, e del c.d. “contro-sequestro” ad opera della Procura di Catanzaro, ed assurta agli onori delle cronache nazionali con la impropria definizione giornalistica di “scontro tra Procure” – che, oltre agli effetti giudiziari, aveva suscitato un ampio dibattito politico a livello nazionale, la questione va dunque inquadrata nell’ambito dell’esercizio di critica politica.

Cio’ anche considerando che l’articolo formulava una critica al Dott. (OMISSIS), non gia’ nell’espletamento delle funzioni giurisdizionali istituzionalmente ricoperte, bensi’ nell’espletamento di un incarico associativo, di rilevanza nazionale, concernente l’attivita’ sindacale’ (benche’ l’espressione possa rivelarsi in realta’ riduttiva) e rappresentativa della categoria dei magistrati ordinari iscritti all’ANM.

Tale rilievo assume ancor maggiore pregnanza ove si consideri che la giurisprudenza della Corte EDU – elaborata sulla base del § 2 dell’articolo 10 CEDU, che, tra i motivi specifici idonei a giustificare le limitazioni alla liberta’ di espressione, indica lo scopo di “garantire l’autorita’ e l’imparzialita’ del potere giudiziario” (nel solco, anche culturale, del reato previsto nell’ordinamento anglosassone di contempt of the Court) – e’ consolidata nell’affermare che il potere giudiziario non e’ sottratto alla critica, ma la speciale protezione dell’autorita’ giudiziaria attraverso possibili limitazioni alla liberta’ di espressione si giustifica per il fatto che concorre a tutelare la buona amministrazione della giustizia, di cui il rispetto e la fiducia del pubblico sono una condizione (Corte EDU, caso Sunday Times (n. 1) c. Regno Unito, 26.4.1979, § 55-56); in tal senso, infatti, e’ stato sovente ribadito che la tutela dei giudici e dei pubblici ministeri e’ necessaria, anche in considerazione del particolare dovere di riserbo (Corte EDU, caso Prager e Oberschlick c. Austria, 26.4.1995, § 34; Corte EDU, caso Sunday Times (n. 1) c. Regno Unito, 26.4.1979, § 55-56) che li vincola a non reagire agli attacchi che vengono loro rivolti; con la precisazione che la tutela per il rispetto del potere giudiziario implica, inoltre, che i magistrati, pur godendo della loro liberta’ di espressione, hanno un obbligo di prudenza e di continenza nell’esercizio della stessa.

Pertanto, pur avendo tradizionalmente riconosciuto un ampio spazio alla liberta’ di espressione (non solo giornalistica) anche in relazione alla “autorita’ del potere giudiziario” (in tal senso, Corte EDU, Grande Camera, caso Morice c. Francia, 23/04/2015, che ha sottolineato, a proposito dei limiti del diritto di critica dell’avvocato nei confronti dell’operato di un magistrato, che il diritto di critica nei confronti dell’operato degli esponenti della magistratura corrisponde ad un interesse pubblico, e gode di limiti piu’ ampi di quello esercitabile nei confronti dei normali cittadini, purche’ la critica non si traduca in “attacchi gravemente lesivi e infondati” – § 131; analogamente nel recente caso L.P. e Carvalho c. Portogallo, 8.10.2019, la Corte EDU ha ravvisato una violazione dell’articolo 10 CEDU in relazione alla condanna, rispettivamente per diffamazione e per oltraggio, subita da due avvocati per dichiarazioni offensive negli scritti difensivi, affermando che le sanzioni inflitte, benche’ di modesto ammontare, possono determinare un c.d. chilling effect, un effetto dissuasivo sulla professione forense in generale, nella difesa degli interessi dei clienti da parte degli avvocati), va chiarito che la fattispecie in esame non rientra nell’ambito della speciale protezione’ riconosciuta al potere giudiziario, e delle limitazioni ammesse per salvaguardare l’autorita’ dello stesso, in quanto la critica del giornalista ha riguardato la posizione assunta dal Dott. (OMISSIS), non gia’ nell’espletamento delle funzioni pubbliche di magistrato, bensi’ nell’espletamento di un incarico associativo, di rilevanza nazionale, concernente l’attivita’ sindacale’ e rappresentativa della categoria dei magistrati ordinari iscritti all’ANM, nell’ambito di un contraddittorio dialettico svoltosi in una trasmissione televisiva a diffusione nazionale, e, di conseguenza, nel dibattito pubblico sviluppatosi sulla vicenda’ oggetto della trasmissione; dibattito al quale il Dott. (OMISSIS) ha dunque inteso partecipare, in tal modo fondando il diritto altrui ad esercitare una critica nei confronti del proprio intervento pubblico.

3.3. Cio’ posto, va dunque evidenziato che, secondo i consolidati principi affermati da questa Corte, in tema di diffamazione a mezzo stampa, ai fini della configurabilita’ dell’esimente dell’esercizio del diritto di critica politica, che trova fondamento nell’interesse all’informazione dell’opinione pubblica e nel controllo democratico nei confronti degli esponenti politici o pubblici amministratori, e’ necessario che l’elaborazione critica non sia avulsa da un nucleo di verita’ e non trascenda in attacchi personali finalizzati ad aggredire la sfera morale altrui (Sez. 5, n. 31263 del 14/09/2020, Capozza, Rv. 279909);

l’esimente del diritto di critica e’ configurabile quando il discorso giornalistico abbia un contenuto prevalentemente valutativo e si sviluppi nell’alveo di una polemica intensa e dichiarata su temi di rilevanza sociale, senza trascendere in attacchi personali, finalizzati all’unico scopo di aggredire la sfera morale altrui, non richiedendosi neppure – a differenza di quanto si verifica con riguardo al diritto di cronaca che la critica sia formulata con riferimento a precisi dati fattuali, sempre che il nucleo ed il profilo essenziale dei fatti non siano strumentalmente travisati e manipolati (Sez. 5, n. 11662 del 06/02/2007, Iannuzzi, Rv. 236362; Sez. 5, n. 19334 del 05/03/2004, Giacalone, Rv. 227754).

Come pure chiarito di recente, il diritto di critica del giornalista non puo’ essere svilito, limitandolo alla esposizione dei fatti e alla loro puntuale, esatta riproduzione, sicche’ non puo’ negarsi al predetto il diritto di ricercare e di riferire al lettore legami, rapporti e relazioni, dirette o indirette, immediate o mediate, quando questi elementi risultino oggettivamente sussistenti (Sez. 5, n. 17259 del 06/03/2020, Mauro, Rv. 279114).

Del resto, e’ altresi’ costantemente ribadito che, in tema di diffamazione, ai fini della applicazione dell’esimente dell’esercizio del diritto di critica, non puo’ prescindersi dal requisito della verita’ del fatto storico ove tale fatto sia posto a fondamento della elaborazione critica (Sez. 5, n. 8721 del 17/11/2017, dep. 2018, Coppola, Rv. 272432; Sez. 5, n. 7715 del 04/11/2014, dep. 2015, Caldarola, Rv. 264064; Sez. 1, n. 40930 del 27/09/2013 Travaglio, Rv. 257794).

Tuttavia, in tema di diffamazione a mezzo stampa, il rispetto della verita’ del fatto assume, in riferimento all’esercizio del diritto di critica politica, un rilievo piu’ limitato e necessariamente affievolito rispetto al diritto di cronaca, in quanto la critica, ed ancor piu’ quella politica, quale espressione di opinione meramente soggettiva, ha per sua natura carattere congetturale, che non puo’, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica (Sez. 5, n. 25518 del 26/09/2016, dep. 2017, Volpe, Rv. 270284; Sez. 5, n. 4938 del 28/10/2010, dep. 2011, Simeone, Rv. 249239; Sez. 5, n. 49570 del 23/09/2014 Natuzzi, Rv. 261340); in tal caso, il limite immanente all’esercizio del diritto di critica e’, pertanto, essenzialmente quello del rispetto della dignita’ altrui, non potendo lo stesso costituire mera occasione per gratuiti attacchi alla persona ed arbitrarie aggressioni al suo patrimonio morale, anche mediante l’utilizzo di “argumenta ad hominem” (Sez. 5, n. 4938 del 28/10/2010, dep. 2011, Simeone, Rv. 249239).

Tuttavia, la verita’ del fatto deve riguardare il nucleo ed il profilo essenziale dei fatti, che non devono essere strumentalmente travisati e manipolati (Sez. 1, n. 8801 del 13/11/2018, dep. 2019, Cordova, Rv. 276167; Sez. 1, Sentenza n. 4496 del 14/01/2008 Pansa, Rv. 239158, a proposito dello strumentale travisamento di dati nel loro nucleo essenziale).

Invero, come pure e’ stato precisato, ai fini del riconoscimento dell’esimente del diritto di critica, e specificamente di critica politica, non puo’ prescindersi dal requisito della verita’ del fatto storico posto a fondamento della elaborazione critica; sicche’ l’esimente non e’ applicabile qualora l’agente manipoli le notizie o le rappresenti in modo incompleto, in maniera tale che, per quanto il risultato complessivo contenga un nucleo di verita’, ne risulti stravolto il fatto, inteso come accadimento di vita puntualmente determinato, riferito a soggetti specificamente individuati (Sez. 5, n. 7798 del 27/11/2018, dep. 2019, Maritan, Rv. 276026, che, in applicazione del principio, ha annullato con rinvio la decisione d’appello che aveva riconosciuto l’esimente all’autore di alcuni volantini nei quali, per screditare l’operato di una giunta comunale, si affermava che il sindaco era stato “sottoposto a giudizio”, senza specificare che si trattava di giudizi civili e amministrativi, ai quali il sindaco era chiamato nella qualita’ di rappresentante dell’ente locale), essendo necessario che l’articolista, nel selezionare fatti accaduti nel tempo reputati rilevanti per illustrare la personalita’ dei soggetti criticati, non manipoli le notizie o non le rappresenti in forma incompleta, in maniera tale che, per quanto il risultato complessivo contenga un nucleo di verita’, l’operazione stravolga il fatto nella sua rappresentazione (Sez. 5, n. 57005 del 27/09/2018, Pieralisi, Rv. 274625).

3.4. Alla stregua dei principi richiamati, va dunque affermato che le espressioni impiegate dal giornalista nell’articolo in contestazione, senz’altro integranti una offesa alla reputazione della parte civile, rientrano tuttavia negli ampi limiti dell’esercizio del diritto di critica politica.

Oltre al pacifico fondamento costituzionale del diritto di critica, quale espressione della liberta’ di manifestazione del pensiero (articolo 21 Cost.), e’ opportuno rilevare, al riguardo, che il contenuto ed i limiti di tale diritto si sono nutriti, soprattutto negli ultimi decenni, anche dell’elaborazione della giurisprudenza Europea della Corte EDU, che, con un approccio decisamente “liberale”, ha costantemente sottolineato il ruolo fondamentale della stampa di “cane da guardia” (“watch-dog”) della democrazia (Corte EDU, caso Bladet Tromso e Stensaas c. Norvegia, 20.5.1999; Corte EDU, caso Cumpana’ e Mazke c. Romania, 17.12.2004; Corte EDU, caso Riolo c. Italia, 17.7.2008; Corte EDU, caso Gutierrez Suarez c. Spagna, 1.6.2010; Corte EDU, caso Belpietro c. Italia, 24.9.2013), ed ha riconosciuto la liberta’ di espressione come presupposto e chiave di volta di una societa’ democratica, nonche’ garanzia contro le ingerenze dell’autorita’ pubblica, evidenziando la necessita’ di evitare il rischio di effetto dissuasivo (chilling effect) nell’esercizio, soprattutto (ma non solo), dell’attivita’ giornalistica.

Al riguardo, nella valutazione del tipo di espressione oggetto di controversia, assume altresi’ rilievo la distinzione, elaborata dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo – per esaminare la buona fede ed il rispetto delle regole di prudenza e serieta’ di colui che invoca la garanzia (con particolare riferimento ai giornalisti) -, tra fatti e i giudizi di valore: i fatti, a differenza delle opinioni, si possono provare, mentre per i giudizi di valore non e’ possibile pretendere una verifica di conformita’, che sarebbe in contrasto con la stessa liberta’ di opinione (Corte EDU, caso Lingens c. Austria, 8.7.1986; Corte EDU, caso Grimberg c. Russia, 21.7.2005, § 29).

Tuttavia, anche i giudizi di valore devono fondarsi su una sufficiente base fattuale (Corte EDU, caso Jerusalem c. Austria, 27.2.2001, § 43; Corte EDU, caso GRA Stiftung gegen Rassismus und Antisemitismus c. Svizzera, 9.1.2018, §§ 51-80; Corte EDU, caso Perna c. Italia, 6.5.2003; Corte EDU, caso Riolo c. Italia, 17.7.2008; di recente, altresi’, Corte EDU, caso Antunes Emidio e Soares Gomes da Cruz c. Portogallo, 24.9.2019, che ha ribadito che la liberta’ di espressione gode di un elevato livello di protezione quando la manifestazione di opinione riguarda questioni di interesse pubblico, e ha inoltre sottolineato che al fine di identificare il livello di protezione della liberta’ di espressione occorre considerare la differenza tra descrizione di fatti storici e espressione di giudizi di valore, dal momento che quest’ultimi non sono suscettibili di prova).

3.5. Nel caso in esame, il contenuto offensivo dell’articolo si concentra essenzialmente sulla critica – dunque, su un giudizio di valore – alla posizione assunta dal Dott. (OMISSIS), nel corso della trasmissione (OMISSIS), nei confronti dei magistrati titolari dell’indagine della Procura di Salerno.

Ebbene, nel ribadire gli insegnamenti di questa Corte in precedenza richiamati, secondo cui, nella valutazione del rispetto o meno dei limiti del diritto di critica, non puo’ prescindersi dal requisito della verita’ del fatto storico ove tale fatto sia posto a fondamento della elaborazione critica, benche’ il rispetto della verita’ del fatto assuma, in riferimento all’esercizio del diritto di critica politica, un rilievo piu’ limitato e necessariamente affievolito rispetto al diritto di cronaca, va tuttavia evidenziato che la verita’ del fatto deve riguardare il nucleo ed il profilo essenziale dei fatti, che non devono essere strumentalmente travisati e manipolati.

Nel caso in esame, la sentenza impugnata ha concentrato la propria valutazione, per escludere il legittimo esercizio del diritto di critica, sulla non veridicita’ dei fatti posti a fondamento della critica, evidenziando che:

a) il “parente abbastanza stretto”, proprietario della Casa di cura (OMISSIS), era in realta’ un parente di sesto grado del querelante, ovvero (OMISSIS), figlio di un cugino del padre, che non aveva rapporti di frequentazione abituale con il querelante;

b) (OMISSIS) non aveva amministrato la suddetta struttura, essendo soltanto un componente del collegio sindacale, non avendo dunque la qualifica per procurare alla Casa di cura accreditamenti o convenzioni con la Regione Calabria, sebbene amico di (OMISSIS), all’epoca “governatore” della Regione Calabria;

c) il parente del (OMISSIS) non era inoltre mai stato indagato nel procedimento assegnato al Dott. (OMISSIS), a differenza dello (OMISSIS).

Ebbene, nel rilevare la fondatezza della deduzione del ricorrente con riferimento al terzo profilo, atteso che, dal tenore lessicale e dal senso complessivo dell’articolo, non e’ dato desumere che il giornalista avesse attribuito il “silenzio” del Dott. (OMISSIS) ad un coinvolgimento della Casa Cura (OMISSIS) nelle indagini dell’inchiesta “Poseidone”, del quale non vi e’ menzione, va evidenziato che le due notizie ritenute “non veritiere” non riguardano il nucleo ed il profilo essenziale dei fatti, e non appaiono strumentalmente travisate e manipolate.

Invero, oltre ad essersi, i giudici del merito, concentrati piu’ sui presupposti fattuali della critica, che non sul contenuto stesso della critica, non puo’ non rilevarsi che i due profili di non veridicita’ riguardano inesattezze marginali, non in grado di stravolgere il senso della critica, e percio’ non strumentalmente travisati o manipolati.

Il nucleo dei fatti concerne, infatti:

a) l’esistenza di una Casa di cura di proprieta’ di parenti del Dott. (OMISSIS), sita in (OMISSIS) marittimo;

b) l’inserimento di (OMISSIS) – presidente del collegio sindacale, e non amministratore – nella compagine societaria della stessa, con funzioni apicali;

c) l’esistenza di un procedimento penale, denominato “Poseidone”, assegnato al Dott. (OMISSIS), e riguardante Case di cura calabresi utilizzate per il riciclaggio di denaro, nel quale risultava, tra i principali indagati, (OMISSIS) in qualita’ di Presidente di una delle societa’ coinvolte (la Pianimpianti, non la Casa di Cura (OMISSIS)).

E il nucleo essenziale dei fatti non appare scalfito dalle inesattezze concernenti il grado di parentela, piu’ o meno stretto, o il ruolo formalmente svolto nella Casa di Cura dallo (OMISSIS), in considerazione delle attivita’ attribuitegli nell’ambito dell’inchiesta “Poseidone”, ed oggetto del decreto di sequestro della Procura di Salerno.

Sicche’ non e’ possibile affermare che la critica sia stata rivolta in assenza di una sufficiente base fattuale, secondo la nozione elaborata dalla giurisprudenza Europea della Corte EDU.

3.6. Con riferimento alla deduzione contenuta nella memoria del difensore della parte civile, secondo cui la natura diffamatoria dello scritto di (OMISSIS) sarebbe gia’ stata affermata da questa Corte con la sentenza n. 8720 del 17/11/2017, dep. 2018, avente ad oggetto un libro a cura di (OMISSIS) e (OMISSIS), che riprendeva anche l’articolo del (OMISSIS), va, infine, osservato che la sentenza richiamata ha in realta’ annullato con rinvio la sentenza di appello – che, in riforma della sentenza di condanna di primo grado, aveva assolto gli imputati ritenendo sussistere il nucleo sostanzialmente vero della notizia – per il difetto di una motivazione rafforzata, sussistente, per pacifica giurisprudenza di questa Corte, in caso di ribaltamento di una precedente pronuncia assolutoria.

4. Ne consegue che la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perche’ il fatto non costituisce reato, con conseguente revoca delle statuizioni civili.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il fatto non costituisce reato.

Revoca le statuizioni civili.

La pronuncia in oggetto affronta il tema della risarcibilità dei danni derivanti dalla lesione dell’onore e della reputazione, tema che può essere approfondito leggendo il seguente articolo:

Diffamazione a mezzo stampa, profili risarcitori di natura civilistica.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.