L’intimazione da parte del creditore della diffida ad adempiere di cui all’articolo 1454 cod. civ. e l’inutile decorso del termine fissato per l’adempimento non eliminano la necessità ai sensi dell’articolo 1455 cod. civ. dell’accertamento giudiziale della gravità dell’inadempimento in relazione alla situazione verificatasi alla scadenza del termine, secondo un criterio che tenga conto, sia dell’elemento oggettivo della mancata prestazione nel quadro dell’economia generale del contratto, sia degli aspetti soggettivi rilevabili tramite un’indagine unitaria sul comportamento del debitore e sull’interesse del creditore all’esatto e tempestivo adempimento.

 

Tribunale Rovigo, civile Sentenza 16 luglio 2018, n. 487

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI ROVIGO

SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Luisa Bettio ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 58/2013 promossa da:

PL. S.r.l. IN LIQUIDAZIONE (…), con il patrocinio dell’avv. CO.VI. e dell’avv. AL.GI.

ATTORE

contro

DE. S.p.A. (…), con il patrocinio dell’avv. RU.ST. e dell’avv. PE.MA.

CONVENUTO

CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione ritualmente notificato la società Pl. s.r.l. in liquidazione (d’ora in avanti Pl.) conveniva in giudizio la società De. S.p.A. (d’ora in avanti De.) allegando che:

– con atto pubblico di cessione di credito del 10.01.12 la De. aveva ceduto alla Pl. i propri crediti risultanti dal bilancio 2010 e non incassati al 31.12.11 per il prezzo di Euro 829.933,40 corrispondente al loro valore nominale e contabile;

– tale importo era stato interamente versato da un soggetto terzo, la società Fi. s.r.l. (d’ora in avanti Fi.) su espressa delega di pagamento di Pl.;

– nel medesimo atto notarile si dava atto nelle premesse che a monte era stata svolta un’ulteriore cessione mediante la quale la Pl. aveva ceduto alla Fi. la piena proprietà (100% delle azioni) della De. dalla stessa detenute verso un corrispettivo in parte versato ed in parte concordato con future rate mensili con la specificazione che le stesse potevano essere compensate con quanto dovuto dalla Pl. alla De. per la cessione dei crediti sopra citata, salvo l’obbligo di Pl. di pagare l’eventuale ulteriore differenza (cfr. doc. 1: fascicolo parte attrice);

– l’atto di cessione era stato consegnato da De. a Pl. solo a distanza di due mesi e mezzo dalla stipula, ovvero il 23.03.12, e la copia notificata era priva dell’allegato contenente l’elenco dei credito oggetto della cessione;

– Pl. era entrata in possesso della copia completa della cessione solo in data 23.04.12 e, pertanto, solo alla fine del mese di aprile di tale anno la stessa aveva potuto mandare la comunicazione ai debitori ceduti dell’intervenuta cessione dei crediti di cui si tratta non disponendo dei documenti probatori dei crediti in quanto mai inviati dalla società cedente nonostante i numerosi solleciti;

– a mezzo PEC del 21.10.12 Pl. inviava una diffida a De. con la quale rilevava l’inadempimento di quest’ultima alla consegna della documentazione attestante i crediti ceduti e la intimava l’adempimento entro venti giorni mediante la consegna dell’originale delle fatture o di una loro autentica notarile e dell’estratto notarile delle scritture contabili sulle quali erano state annotate le fatture oltre che l’originale del contratto concluso con il Comune di Villadose relativo ad uno dei crediti di cui si tratta;

– la De. non provvedeva a consegnare la documentazione richiesta.

Eccepiva, quindi, l’intervenuta risoluzione di diritto del contratto ex art. 1454 c.c. per effetto del decorso del termine assegnato a De. nella sopra citata diffida rilevando la non scarsa importanza di tale inadempimento a fronte della rilevante somma versata quale corrispettivo della cessione ed in considerazione del fatto che la stessa era divenuta titolare dei crediti ceduti pro soluto “senza peraltro nulla poter fare, non avendo mai avuto la disponibilità dei documenti probatori di cui all’art. 1262 c.c. che soli le avrebbero consentito, attraverso la funzione probatoria da essi espletata, di procedere alla loro riscossione nei confronti del debitore ceduto” (cfr. pag. 7 atto di citazione). Chiedeva, pertanto, che venisse accertata la risoluzione contrattuale intervenuta ex art. 1454 c.c. o, comunque, ex art. 1453 c.c., con condanna della controparte a restituire quanto versato quale corrispettivo della cessione al netto dell’ammontare dei crediti nelle more del procedimento riscossi ed, in subordine, la condanna della controparte alla consegna dei titoli probatori dei crediti ceduti come individuati nella diffida sopra citata.

Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 18.04.13 si costituiva De. eccependo, in via preliminare, l’incompetenza del giudice adito essendo stabilita contrattualmente la competenza del Tribunale di Napoli.

Eccepiva, inoltre, il difetto di integrazione del contraddittorio nei confronti di Fi. in quanto la cessione di cui si tratta aveva un’incidenza diretta anche nei confronti di tale soggetto nonché il proprio difetto di legittimazione passiva in relazione alla domanda di condanna alla restituzione del corrispettivo della cessione de quo in quanto “De. non ha mai incassato alcunché da Pl.” (cfr. pag. 8: comparsa di costituzione) stante l’operatività del meccanismo compensativo previsto nell’atto di cessione di cui si tratta ove Pl. aveva compensato parte del prezzo della cessione delle azioni di De. a Fi. con parte del valore dei crediti ceduti. In sostanza dichiarava che:

“(I) De. non può essere condannata al pagamento di un importo mai ricevuto (difetto a legittimazione passiva); (II) in realtà nessun corrispettivo è mai stato pagato dalla Pl. all’odierna attrice”; (III) tutt’alpiù la questione di natura prettamente finanziaria andrebbe regolata con la società Fi. la quale tuttavia non è stata citata nel presente giudizio (difetto di integrità del contraddittorio)” (cfr. pag. 9 e 10 comparsa di costituzione e risposta).

Quanto, poi, alle ulteriori contestazioni svolte da parte attrice, rilevava che la copia dell’atto notarile ben poteva essere reperita autonomamente dalla controparte mediante semplice richiesta allo studio del notaio che aveva rogato l’atto al quale la stessa aveva partecipato personalmente. Negava, inoltre, l’asserito inadempimento relativo alla consegna della documentazione comprovante i crediti ceduti in quanto “sin dalla sottoscrizione dell’atto notarile di cessione la sig.ra Ca.Ca., ex dipendente della De. nonché figlia del sig. En.Ca. ex amministratore della De., più volte si recò presso la sede di De. al precipuo scopo di ritirare la documentazione relativa ai crediti ceduti” (cfr. pag. 14 comparsa di costituzione e risposta). Precisava, infine, quanto alla diffida ex adverso citata, che la De. rispondeva alla stessa con missiva del 30.11.12 offrendosi di adempiere ma la controparte non aveva mai dato riscontro alla medesima e non sussisteva, pertanto, alcun inadempimento.

Chiedeva, quindi, in via preliminare, la dichiarazione di incompetenza del tribunale adito e, sempre in via preliminare, la dichiarazione di difetto di legittimazione passiva della stessa rispetto alla domanda di restituzione del corrispettivo della cessione di cui si tratta oltre che l’accertamento del difetto di integrità del contraddittorio nei confronti di Fi. ed, in ogni caso, il rigetto delle domande avversarie.

La causa veniva ritenuta non necessitante di ulteriore istruttoria attesa l’inammissibilità delle relative istanze formulate dalle parti e la natura documentale della medesima ed all’udienza del 21.03.18 il giudice la tratteneva in decisione assegnando alle parti i termini per le comparse conclusionali e per le repliche.

Appare opportuno, preliminarmente, esaminare le eccezioni preliminari svolte da parte convenuta.

Quanto all’eccezione di incompetenza territoriale, la stessa non appare fondata per i motivi che di vanno a precisare. Se, infatti, da un lato, l’eccezione così come formulata appare completa in quanto, per pacifica giurisprudenza di legittimità, “In tema d’incompetenza per territorio del giudice adito, qualora la relativa eccezione sia formulata con riferimento all’operatività di un foro convenzionale esclusivo, non sussiste l’onere della parte di contestare tutti i fori alternativamente concorrenti riguardanti i diritti di obbligazione, alla stregua dei quali il giudice d’ufficio, ove abbia eventualmente ad escludere l’operatività del foro convenzionale, dovrà individuare il giudice competente” (cfr. Cass. Civ. n. 8030 del 27/04/2004); dall’altro, ai sensi dell’art. 6 del contratto intercorso tra le parti si prevede che: “In caso di controversie nascenti dal presente contratto, il Foro competente sarà quello di Napoli” (cfr. atto di cessione di credito: doc. 1 fascicolo parte attrice). Va in proposito evidenziato che, secondo la giurisprudenza di legittimità e di merito “La designazione convenzionale di un foro territoriale non attribuisce a tale foro carattere di esclusività in difetto di pattuizione espressa in tal senso; detta clausola pur non dovendo rivestire formule sacramentali non può essere desunta in via di argomentazione logica da elementi presuntivi” (cfr. Cass. Civ. n. 10922 del 09/05/2013; nello stesso senso Cass. Civ. n. 5030 del 18/04/2000; Trib. Milano Sez. VII, 21-072016; Trib. Roma Sez. XI, 23-05-2011) sicché, attesa la formulazione della clausola sopra esaminata, non emerge una precisa volontà delle parti nel senso di esclusione di valenza dei fori previsti dalla legge processuale. Peraltro, prive di pregio appaiono le deduzioni sul punto svolte da parte convenuta relative ad atti distinti da quello esaminato in quanto, appunto, scritture contrattuali diverse ed il cui contenuto appare assolutamente irrilevante ai fini della decisione della questione trattata. Sussiste, pertanto, la competenza del giudice adito.

Passando, quindi, all’esame delle ulteriori questioni preliminari sollevate di difetto di legittimazione passiva di De. in relazione alla domanda di restituzione del corrispettivo della cessione de quo e di difetto di contraddittorio nei confronti di Fi., le stesse possono essere trattate congiuntamente.

Va preliminarmente osservato che la nozione di difetto di legittimazione passiva quale condizione dell’azione è un istituto diverso rispetto al c.d. difetto di titolarità sostanziale del rapporto giuridico dedotto in causa. Secondo la giurisprudenza di legittimità, infatti, “La “legitimatio ad causam”, attiva e passiva, consiste nella titolarità del potere e del dovere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la deduzione di fatti in astratto idonei a fondare il diritto azionato, secondo la prospettazione dell’attore, prescindendo dall’effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa, con conseguente dovere del giudice di verificarne l’esistenza in ogni stato e grado del procedimento. Da essa va tenuta distinta la titolarità della situazione giuridica sostanziale, attiva e passiva, per la quale non è consentito alcun esame d’ufficio, poiché la contestazione della titolarità del rapporto controverso si configura come una questione che attiene al merito della lite e rientra nel potere dispositivo e nell’onere deduttivo e probatorio della parte interessata. Fondandosi, quindi, la legittimazione ad agire o a contraddire, quale condizione all’azione, sulla mera allegazione fatta in domanda, una concreta ed autonoma questione intorno ad essa si delinea solo quando l’attore faccia valere un diritto altrui, prospettandolo come proprio, ovvero pretenda di ottenere una pronunzia contro il convenuto pur deducendone la relativa estraneità al rapporto sostanziale controverso” (cfr. Cass. Civ. n. 14468 del 30/05/2008).

Ebbene, nel caso in esame, alla luce della definizione sopra riportata, l’eccezione formulata da parte convenuta non appare correttamente inquadrata trattandosi, non tanto di difetto di legittimazione passiva della stessa, ma piuttosto di difetto della titolarità sostanziale del diritto dedotto in giudizio. Sotto tale ultimo profilo, tuttavia, l’eccezione appare priva di pregio in quanto, atteso il tenore del contratto di cessione di cui si tratta (cfr. doc. 1: fascicolo parte attrice) bisogna inquadrare come di seguito indicato i rapporti tra le parti: il rapporto principale è quello sussistente tra la Pl. (delegante) e la De. (delegatario) c.d. rapporto di valuta, in base al quale, appunto la convenuta ha ceduto i propri crediti, già scaduti, per il corrispettivo di Euro 829.933,40; ai fini dell’adempimento dell’obbligazione di pagamento Pl. ha delegato Fi. (delegata) in forza di altro autonomo rapporto, c.d. rapporto di provvista, ovvero la cessione a quest’ultima delle azioni di De. di proprietà precedente di Pl.

In relazione a detto ultimo rapporto, infatti, le parti avevano deciso di compensare il residuo prezzo delle azioni con quanto dovuto da Pl. a De. per la cessione di cui si tratta e perciò la Pl. ha espressamente delegato la Fi. a procedere al pagamento del prezzo dei crediti che gli erano stati ceduti da De. Si tratta, pertanto, di una delegatio solvendi che, secondo parte della dottrina, condivisa dal presente giudicante, si risolve in un atto unilaterale da parte del delegato che non necessita di accettazione da parte del delegatario e che assume contemporaneamente due funzioni: da una parte estingue l’obbligazione del delegante verso il delegatario; da parte del delegato può configurare o un’accettazione del contratto di mandato con il delegante, oppure un atto di adempimento del mandato già concluso.

Non è in ogni caso necessaria l’accettazione del delegatario, dato che il pagamento effettuato dal delegato deve considerarsi come un adempimento da parte del terzo ex art. 1180 c.c..

In sostanza per il creditore delegatario non ha alcuna rilevanza nell’economia del rapporto di provvista, ovvero quello intercorrente con il delegante, il fatto che abbia pagato il terzo, permanendo le obbligazioni originarie di detto rapporto in capo ai soggetti contraenti (ovvero delegante e delegatario).

Di conseguenza, in caso di scioglimento del contratto di cessione il ripristino della situazione quo ante, con conseguente restituzione del corrispettivo della cessione, va svolto nei confronti dell’originario contraente (ovvero Pl.) a prescindere dalla delega di pagamento effettuata da quest’ultimo.

Del resto, considerato che il rapporto di valuta intercorso tra il delegante ed il delegato non verrebbe intaccato da un’eventuale risoluzione del rapporto di provvista, comunque si è verificata in concreto una diminuzione patrimoniale in capo al delegante corrispondente a quanto versato da Fi. a De. e, pertanto, quest’ultimo sarebbe il soggetto al quale andrebbe restituito il corrispettivo della cessione. Peraltro, non vertendo la controversia sul rapporto di provvista, Fi., soggetto delegato al pagamento, non può considerarsi un litisconsorte necessario nel presente giudizio. Le questioni esaminate vanno, pertanto, rigettate.

Passando, dunque, al merito della controversia, va preliminarmente rilevato che parte attrice nella prima memoria istruttoria ha precisato che il rilievo mosso nei confronti della convenuta che costituirebbe, secondo detta parte, un grave inadempimento idoneo a provocare la risoluzione contrattuale, non riguarda il tardivo ricevimento della copia autentica dell’atto di cessione di credito e dell’elenco dei debitori ceduti, ma la “mancata consegna, da parte della società convenuta, dei documenti rappresentativi dei crediti ceduti” (cfr. pag. 11 memoria ex art. 183, co. 6, n. 1 c.p.c. parte attrice), sicché l’esame del giudice verterà unicamente su tale ultimo rilievo.

Ciò posto, va rilevato che parte attrice ha eccepito il mancato rispetto dell’art. 5 del contratto di cessione intercorso tra le parti (cfr. doc. 1: fascicolo parte attrice) e dell’art. 1262 c.c. non avendo la controparte consegnato i documenti certificanti i crediti ceduti in originale o comunque come descritti nella missiva di messa in mora (cfr. doc. 4: fascicolo parte attrice).

Invero, nel proprio atto introduttivo detta parte ha allegato unicamente tale condotta omissiva mentre, a fronte dell’allegazione di controparte in ordine all’avvenuta consegna di detti documenti in copia fotostatica, ha precisato in sede di prima memoria istruttoria di non aver mai negato che tale consegna era avvenuta seppur con il riferimento generico che era relativa a solo “parte” delle fatture, ma comunque tale circostanza era irrilevante in quanto l’obbligo previsto dalla legge impone la consegna dei documenti in originale (cfr. pag. 13 memoria ex art. 183, co. 6, n. 1 c.p.c. parte attrice).

Ora, se, da un lato, effettivamente la lettura della norma citata (che deve intendersi comunque applicabile al contratto non essendovi alcuna esplicita deroga sul punto nello stesso ed attesa la genericità in proposito dell’art. 5 riguardante l’obbligo di consegna dei documenti probatori dei crediti ceduti) sembra implicare la consegna di detti documenti in originale alla luce del tenore del secondo comma che, appunto, prevede che se è stata ceduta solo una parte del credito, il cedente è tenuto a dare al cessionario una copia autentica dei documenti e ciò in ragione, evidentemente, della necessità di dotare il cessionario di tutto l’occorrente per la riscossione dei crediti ceduti anche in via giudiziale ove si richiederebbe la produzione in originale o in copia autentica dei documenti giustificativi del titolo; dall’altro, la valutazione in ordine alla gravità dell’adempimento riguarda un contesto più ampio della semplice verifica del rispetto o meno di detta norma.

Va preliminarmente precisato che tale valutazione risulta identica sia nell’ipotesi del meccanismo risolutivo di diritto che segue l’invio di una diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c., sia nella domanda giudiziale diretta di risoluzione per grave inadempimento ex art. 1453-1455 c.c.: “L’intimazione da parte del creditore della diffida ad adempiere di cui all’articolo 1454 cod. civ. e l’inutile decorso del termine fissato per l’adempimento non eliminano la necessità ai sensi dell’articolo 1455 cod. civ. dell’accertamento giudiziale della gravità dell’inadempimento in relazione alla situazione verificatasi alla scadenza del termine, secondo un criterio che tenga conto, sia dell’elemento oggettivo della mancata prestazione nel quadro dell’economia generale del contratto, sia degli aspetti soggettivi rilevabili tramite un’indagine unitaria sul comportamento del debitore e sull’interesse del creditore all’esatto e tempestivo adempimento” (cfr. Cass. Civ. n. 9314 del 18-04-2007).

Ebbene, secondo la giurisprudenza di legittimità il principio di cui all’art. 1455 cod. civ., secondo cui il contratto non può essere risolto se l’inadempimento ha scarsa importanza in relazione all’interesse dell’altra parte, va adeguato anche ad un criterio di proporzione fondato sulla buona fede contrattuale.

Pertanto, la gravità dell’inadempimento di una delle parti contraenti va parametrata alla rilevanza della violazione del contratto con riferimento alla volontà manifestata dai contraenti, alla natura e alla finalità del rapporto, nonché al concreto interesse dell’altra parte all’esatta e tempestiva prestazione (cfr. Cass. Civ. n. 15363 del 28-06-2010).

Nel caso in esame, attesa l’avvenuta consegna di copia dei documenti richiesti (seppur, come eccepito genericamente dall’attrice, mancherebbe la consegna di una non meglio specificata “parte” di detti documenti), il preventivo ricevimento dell’elenco dei creditori ceduti da parte di Pa. (cfr. doc. 12: fascicolo parte convenuta), la possibilità di avere tempestiva copia autentica dell’originale del contratto di cessione unitamente all’elenco dei crediti ceduti allegati ad esso da parte dell’attrice che era stata parte stessa di detto contratto e aveva presenziato davanti al notaio per la stipula (quindi mediante semplice richiesta di copia allo studio notarile di riferimento) e l’assenza di prova in ordine all’instaurazione di procedimenti giudiziali per il recupero dei crediti di cui si tratta ove sarebbe stata necessaria la produzione degli stessi in originale o in copia autentica, non emerge il carattere di gravità dell’adempimento di cui si tratta in ordine all’intera economia contrattuale.

Infatti, va rilevato che per notiziare i debitori ceduti della cessione ed intimarli al pagamento appare sufficiente la copia dell’atto di cessione e l’elenco dei crediti ceduti, salvo l’intervento ulteriori contestazioni da parte di detti soggetti non provate nel caso in esame. In sostanza, la consegna dei documenti in originale ha un senso, anche in relazione alla ratio della norma sopra citata preconfezionata dal legislatore, nei termini di rendere possibile il recupero coattivo del credito attraverso canali giudiziali.

Tuttavia, in assenza non solo della prova, ma anche di mere allegazioni giustificanti la valenza dell’asserito ritardo nella consegna di detti documenti in termini concreti e specifici di mancato recupero del credito, non è possibile rilevare una connotazione di gravità di tale comportamento omissivo tale da provocare la risoluzione contrattuale.

Ne consegue il rigetto della domanda di risoluzione contrattuale con relativo rigetto della collegata richiesta di restituzione del corrispettivo della cessione.

In ogni caso, tuttavia, sussiste effettivamente un inadempimento da parte della convenuta avendo la stessa confermato di non aver consegnato in originale i documenti giustificativi dei crediti ceduti come descritti nella missiva di messa in mora (cfr. doc. 4: fascicolo parte attrice).

A tal proposito, infatti, non appare dirimente l’invito contenuto nel doc. 14 prodotto dalla De. in quanto non si sostanzia in una vera propria consegna di detti documenti e, comunque, essendo la consegna degli stessi in originale un obbligo di legge a carico del cedente, i costi di un’eventuale copia autentica, qualora quest’ultimo non opti per la consegna degli originali dei titoli, devono gravare su detta parte. Di conseguenza, appare accoglibile la domanda di adempimento formulata in via ulteriormente subordinata da parte attrice con conseguente condanna di De. alla consegna dei documenti in originale o comunque nelle modalità indicate nella citata missiva.

Quanto, poi, alla richiesta di parte attrice di disporre la cancellazione ex art. 89 secondo comma c.p.c. delle espressioni elencate in sede di precisazione delle conclusioni contenute nella seconda memoria ex articolo 183 sesto comma c.p.c. depositata dalla società convenuta, la stessa non appare accoglibile non ravvisandosi nelle stesse il carattere di offensività nel senso previsto dalla norma di cui si tratta nel pur concitato confronto tra le parti verificatosi.

Passando, infine, alle reciproche richieste di condanna della controparte al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., atteso l’esito del giudizio e la carenza probatoria rispetto a tali domande, le stesse vanno parimenti rigettate. Come precisato dalla Suprema Corte, infatti, la domanda di cui al primo comma della norma sopra citata, comporta l’assolvimento di un preciso onere probatorio da parte dell’istante presupponendo l’accoglimento della stessa l’accertamento sia dell’elemento soggettivo (mala fede o colpa grave) sia dell’elemento oggettivo (entità del danno sofferto) (cfr. Cass. Civ. n. 24645 del 27-11-2007), onere non assolto dai contendenti. Non si ritengono, altresì, sussistenti i requisiti per l’applicazione del terzo comma della norma sopra citata anche alla luce dell’esito della controversia.

Quanto alle spese legali, attesa la reciproca soccombenza, le stesse vanno compensate tra le parti ai sensi dell’art. 92, co. 2 c.p.c. In merito va ricordato che secondo la giurisprudenza di legittimità il concetto di soccombenza reciproca sussiste anche nelle ipotesi in cui viene accolto solo un capo delle plurime domande proposte (cfr. Cass. Civ. n. 21684 del 23/09/2013).

P.Q.M.

il Tribunale di Rovigo, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nella causa indicata in epigrafe, rigettata ogni altra domanda ed eccezione, così decide:

1. condanna parte convenuta alla consegna dei documenti giustificativi dei crediti oggetto della cessione intervenuta tra le parti in data 10.02.2012 Rep. 129180 notaio dott. Ni.Ca. in originale o comunque nelle forme di cui alla missiva datata 31.10.12 che deve intendersi in questa sede integralmente richiamata (cfr. doc. 4: fascicolo parte attrice);

2. rigetta tutte le altre domande svolte dalle parti;

3. spese compensate.

Così deciso in Rovigo il 2 luglio 2018.

Depositata in Cancelleria il 16 luglio 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.