Ferma la sussistenza dei requisiti dello svolgimento presso la stessa azienda dell’attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi e del limite temporale di 12 mesi dalla cessazione del rapporto a termine, l’art. 24 del dlgs n. 81/205 è chiaro nel riconoscere il diritto di precedenza solamente nell’ipotesi in cui il datore di lavoro proceda ad una nuova assunzione a tempo indeterminato. Solamente in questo caso la scelta del datore di lavoro di procedere ad una nuova assunzione invece di accogliere la domanda di precedenza dell’ex lavoratore a termine, integra una violazione dell’art. 24 del dlgs n. 81/2015. Il datore di lavoro in tale ipotesi, infatti, ignorerebbe e violerebbe l’intento del legislatore di favorire la stabilizzazione dei lavoratori precari. Tale violazione non si verificherebbe invece nel caso in cui il datore di lavoro abbia proceduto non ad una assunzione ex novo ma alla trasformazione di un rapporto di lavoro a termine. In questo caso il rapporto di lavoro già esiste e ciò che viene modificato è solo la durata. L’intento dell’art. 24 dlgs n. 81/2015 è senz’altro quello di favorire la stabilizzazione dei lavoratori precari, offrendo loro una tutela particolare. Tuttavia la norma limita eccezionalmente la sfera di libertà del datore di lavoro, per cui non può essere interpretata estensivamente.

Corte d’Appello|Milano|Sezione L|Civile|Sentenza|20 aprile 2020| n. 281

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte d’Appello di Milano, sezione lavoro, composta da

Dott. Carla Bianchini – Presidente

Dott. Maria Rosaria Cuomo – Consigliere/rel

Dott. Giovanni Casella – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile in grado di appello avverso la sentenza n. 616/19 del Tribunale di Milano, est. dott. Sara Manuela Moglia, discussa all’udienza collegiale del 12.2.2020 e promossa:

DA

BE.MA., ed altri ed elettivamente domiciliato in VIA (…) 21013 GALLARATE presso lo studio dell’avv. Al.Bu.

APPELLANTE

CONTRO

PR. SRL, rappresentato e difeso dagli avv.ti EL., BI. ed elettivamente domiciliato in VIA (…) MILANO

APPELLATO

FATTO E DIRITTO

Con ricorso depositato in data 6.9.2019, gli appellanti hanno impugnato la sentenza n. 616/19 del Tribunale di Milano che ha respinto il ricorso volto ad accertare la violazione da parte del datore di lavoro Pr. srl del diritto di precedenza di cui all’art. 24 dlgs n. 81/2015, con conseguente condanna della società alla loro riammissione in servizio e al pagamento delle retribuzioni medio tempore maturate o in subordine al risarcimento del danno.

Il Tribunale, premesso che i ricorrenti erano stati assunti con contratto a tempo determinato e che alla scadenza del termine avevano comunicato di volersi avvalere del diritto di precedenza di cui all’art. 24 dlgs 81/15, rilevava che la norma in esame prevedeva il diritto di precedenza nel solo caso in cui il datore di lavoro, entro i dodici mesi successivi alla scadenza del termine del contratto del lavoratore che aveva inviato la comunicazione relativa al diritto di precedenza, avesse proceduto ad assunzioni a tempo indeterminato ex novo, non essendo comprese tra queste le trasformazioni dei rapporti a termine in rapporti a tempo indeterminato.

Gli appellanti censurano la sentenza per i seguenti motivi:

1) erroneo rigetto dell’istanza di acquisizione del LUL al fine di provare che la società aveva assunto ex novo lavoratori a tempo indeterminato. Contestano che si trattasse di istanza esplorativa, avendo con il ricorso di primo grado dedotto che la società aveva proceduto non solo a nuove assunzioni ma anche alla trasformazione a tempo indeterminato di contratti originariamente a termine;

2) il primo giudice ha errato nell’escludere che la società aveva proceduto ad assunzioni a tempo indeterminato nei 12 mesi successivi alla cessazione dei contratti a tempo determinato degli odierni appellanti. Ed infatti, dalla documentazione acquisita successivamente in altri procedimenti analoghi, definiti in primo grado dal Tribunale di Milano con le sentenze n. 2492/19 e n. 2493/19, risulta che nel periodo dal 27.12.2017 al 28.2.2019 la società Pr. aveva assunto a tempo indeterminato 3 lavoratori (Co. il 29.10.18, 5° liv., part time 52,50%, Ca. il 26.2.2019, 5° liv., part time al 50%, Bo. il 18.2.2019, 4° livello, full time). Chiede l’ammissione di detta documentazione;

3) il primo giudice ha errato nell’interpretare l’art. 24 dlgs n. 81/15 ed in particolare nell’aver escluso l’ipotesi della trasformazione a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a termine.

Ha resistito la società eccependo in via preliminare l’illegittimo ampliamento da parte degli appellanti, con il secondo motivo di appello, del thema decidendum attraverso allegazioni ed argomentazioni nuove basate su documenti anch’essi nuovi, perché prodotti solo con l’atto di appello. Nel merito chiede il rigetto dell’appello.

La causa è stata discussa e decisa come da dispositivo trascritto in calce.

L’appello non è fondato per i motivi di seguito esposti.

L’art. 24 del dlgs n. 81/205 stabilisce: “Il lavoratore che nell’esecuzione di uno o più contratti presso la medesima azienda, abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi, ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i dodici mesi successivi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termini”.

A parere del Collegio, ferma la sussistenza dei requisiti dello svolgimento presso la stessa azienda dell’attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi e del limite temporale di 12 mesi dalla cessazione del rapporto a termine, la norma è chiara nel riconoscere il diritto di precedenza solamente nell’ipotesi in cui il datore di lavoro proceda ad una nuova assunzione a tempo indeterminato.

Solamente in questo caso la scelta del datore di lavoro di procedere ad una nuova assunzione invece di accogliere la domanda di precedenza dell’ex lavoratore a termine, integra una violazione dell’art. 24 del dlgs n. 81/2015.

Il datore di lavoro in tale ipotesi, infatti, ignorerebbe e violerebbe l’intento del legislatore di favorire la stabilizzazione dei lavoratori precari.

Tale violazione non si verificherebbe invece nel caso in cui il datore di lavoro abbia proceduto non ad una assunzione ex novo ma alla trasformazione di un rapporto di lavoro a termine. In questo caso il rapporto di lavoro già esiste e ciò che viene modificato è solo la durata.

L’intento dell’art. 24 dlgs n. 81/2015 è senz’altro quello di favorire la stabilizzazione dei lavoratori precari, offrendo loro una tutela particolare.

Tuttavia la norma limita eccezionalmente la sfera di libertà del datore di lavoro, per cui non può essere interpretata estensivamente.

La tesi degli appellanti, quindi, volta a considerare nell’ambito di operatività dell’art. 24 dlgs n. 81/2015 anche la trasformazione del rapporto di lavoro a termine in rapporto a tempo indeterminato è infondata.

Fondata è invece l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla società appellata con riferimento alle nuove deduzioni e prove di cui al secondo motivo di appello.

Ed infatti, con il ricorso di primo grado gli odierni appellanti avevano lamentato in maniera generica che la società aveva proceduto “a nuove assunzioni a tempo determinato e indeterminato sia a trasformare a tempo indeterminato contratti a termine scaduti”, indicando ben 49 nominativi, senza specificare in quale delle ipotesi lamentate questi ultimi rientrassero.

Con l’atto di appello alcun riferimento è stato fatto ai 49 nominativi, rispetto ai quali la società con la memoria di costituzione in primo grado ha provato l’assenza della violazione del diritto di precedenza, tant’è vero che alcuna censura è stata sollevata in proposito con l’atto di appello.

Con l’atto di appello è stata invece lamentata l’assunzione ex novo a tempo indeterminato, nel periodo dal 27.12.2017 al 28.2.2019, di altri lavoratori e precisamente di Co., Ca. e Bo., come appreso successivamente dall’esame della documentazione acquisita in altri procedimenti analoghi.

Il fatto che gli appellanti abbiano abbandonato le proprie difese con riferimento ai nominativi indicati nel ricorso di primo grado e abbiano rivolto le loro censure sugli altri tre lavoratori individuati successivamente, dimostra come effettivamente la richiesta dell’ordine di esibizione del LUL fatta in primo grado – oggetto del primo motivo di appello – fosse del tutto esplorativa, non avendo gli odierni appellanti alcun elemento certo per sostenere la lamentata violazione da parte della società appellata.

Conseguentemente il riferimento fatto solo con l’atto di appello alle assunzioni a tempo indeterminato dei lavoratori Co., Ca. e Bo. è inammissibile, in quanto le loro posizioni non sono state oggetto di valutazione da parte del primo giudice e su di esse nulla ha potuto argomentare in primo grado la società appellata.

In ogni caso la società, a dimostrazione della erroneità delle deduzioni degli appellanti, ha documentato che: la sig.ra Co. è stata assunta in quanto appartenente alle categorie protette di cui all’art. 1 L. 68/1999 (cfr. docc. 84, 85); il sig. Ca. è stato assunto con un contratto a termine dal 26.2.2019 al 31.7.2019, che è stato risolto anticipatamente il 14.5.2019 (cfr. docc. 86, 87); il sig. Bo. è stato assunto con un contratto di lavoro intermittente a tempo determinato ed inoltre è stato inquadrato nel livello 4° che non appartiene ad alcuno degli appellanti (cfr. doc. 88).

Alla luce delle argomentazioni sin qui svolte l’appello va respinto.

La particolarità della questione e la non univocità della giurisprudenza di merito giustifica l’integrale compensazione delle spese del grado.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, la parte appellante è tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1 bis.

P.Q.M.

Respinge l’appello avverso la sentenza n. 616/2019 del Tribunale di Milano. Compensa le spese del grado.

Sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore contributo ai sensi dell’art. 13 DPR n. 115/2002 e succ. mod.

Così deciso in Milano, il 12 febbraio 2020.

Depositata in Cancelleria il 20 aprile 2020.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.