il rinvio contenuto nell’art. 873 c.c. alle norme dei regolamenti edilizi comunali (da intendersi esteso, come si è osservato poc’anzi, alle norme tecniche di attuazione del P.R.G.) si estende all’intera disciplina predisposta da tali fonti e, conseguentemente, anche a quelle disposizioni che, nello stabilire una maggiore distanza tra edifici, prescrivano contestualmente particolari modalità circa la misurazione della distanza medesima, assumendo come termine di riferimento eventualmente il confine, seguendone che le diverse (e più gravi) limitazioni, risultando pur sempre funzionali al rispetto delle distanze tra costruzioni, vanno considerate anch’esse integrative di quelle stabilite dal codice civile,  che sempre in tema di distanze tra le costruzioni, il criterio della prevenzione di cui agli artt. 873 e 875 c.c. deve intendersi derogato dal regolamento edilizio locale nell’ipotesi (che si verifica nel caso che ci occupa) in cui questo fissi le distanze non solo tra le costruzioni, ma anche delle stesse dal confine.

 

Tribunale Rieti, civile Sentenza 4 settembre 2018, n. 402

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI RIETI

SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. GIANLUCA MORABITO ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1147/2000 promossa da:

(…) (C.F. (…)) E (…) (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. An.Be. e dell’avv. Fe.Be., elettivamente domiciliati presso il loro studio in Rieti, via (…)

ATTORI

contro

(…) (C.F. (…)), (…) (C.F. (…)), (…) (C.F. (…)) E (…) (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. Ri.An., elettivamente domiciliati presso il suo studio in Rieti, via (…)

CONVENUTI

FATTO E DIRITTO

Con comparsa di riassunzione ritualmente notificata (…) e (…), quali eredi di (…), convenivano in giudizio (…), (…), (…) e (…), esponendo: che la propria dante causa (…) aveva convenuto in giudizio davanti al Tribunale di Rieti (…) ed (…), chiedendone la condanna all’arretramento dei manufatti dagli stessi realizzati lungo il confine tra la loro proprietà e quella di essa attrice, a distanza inferiore a quella legale; che la G. si era lamentata del fatto che i convenuti avessero realizzato, su detto confine, un forno con muro perimetrale non conforme alla concessione in sanatoria da essi ottenuta, nonché una platea in cemento avanzata rispetto al piano di campagna, su cui avevano eretto una tettoia con struttura portante in ferro e copertura con lastre ondulante in cemento, platea fruibile, tanto che su di essa vi erano tavolini e sedie, tali da costituire una servitù di veduta limitante il godimento dell’adiacente e confinante fondo della (…), distinto in Catasto alla partita (…) del fg. (…); che i convenuti si erano costituiti, contestando la domanda; che a seguito di espletamento di CTU, il Tribunale con sentenza n. 785/03 aveva accolto la domanda, accertando e dichiarando l’illegittimità delle opere in questione ed ordinandone la demolizione; che la pronuncia era stata impugnata dai convenuti, i quali tra i motivi di appello avevano lamentato la violazione dell’art. 102 c.p.c. per l’omessa citazione in giudizio delle rispettive mogli (…) e (…), coniugate in regime di comunione legale e comproprietarie del fondo si cui insisteva la costruzione ritenuta lesiva delle norme in materia di distanze; che la Corte d’Appello di Roma con sentenza n. 663/08 del 19.12.2007 aveva respinto il gravame, condannando i convenuti al rimborso delle spese legali in favore dell’attrice; che (…) e (…) avevano proposto opposizione di terzo avverso la suddetta sentenza, lamentando la violazione dell’art. 102 c.p.c. per non essere state evocate in giudizio, pur essendo comproprietarie in regime di comunione legale dei terreni su cui insistevano le opere oggetto di causa; che in luogo dell’originaria appellata si erano costituiti i due eredi (…) e (…), chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dell’opposizione e il rigetto della stessa; che con sentenza n. 7172/14 del 28.10.2014 la Corte d’Appello di Roma, in accoglimento dell’opposizione, aveva annullato la sentenza della stessa Corte n. 663/08, rimettendo le parti davanti al giudice di primo grado.

Ciò posto, i sigg.ri (…) chiedevano che in accoglimento della domanda proposta con l’atto di citazione dell’11.05.2000 il Tribunale, accertata l’illegittimità delle opere realizzate dai convenuti sul loro terreno distinto al foglio (…), partita (…) del Catasto Urbano di Rieti, di cui in premessa, condannasse tutti i convenuti all’arretramento del manufatto secondo quanto stabilito dalla legge ed a suo tempo disposto con sentenza del Tribunale di Rieti n. 663/08.

(…), (…), (…) e (…), costituitisi in giudizio, chiedevano che il Tribunale, accertata e dichiarata l’inopponibilità agli stessi di tutti gli atti compiuti nel corso del primo giudizio, siccome svoltosi in violazione del principio del contraddittorio: quanto ai primi, accertata e dichiarata l’insussistenza delle lamentate illegittimità e, in subordine e occorrendo, in via di eccezione riconvenzionale, la maturata usucapione del diritto a mantenere il manufatto in tutte le sue parti alla distanza a cui attualmente si trovava rispetto al confine con la proprietà degli attori, respingesse la domanda sotto ogni profilo in quanto infondata in fatto e in diritto; quanto alle seconde, accertata e dichiarata l’insussistenza delle lamentate illegittimità e in subordine, occorrendo in via di eccezione riconvenzionale, accertato e dichiarato che al momento della introdotta domanda di riassunzione esse convenute avevano maturato l’usucapione del diritto a mantenere il manufatto in tutte le sue parti alla distanza a cui attualmente si trovava rispetto al confine con la proprietà degli attori, respingesse la domanda sotto ogni profilo in quanto infondata in fatto e diritto.

In corso di giudizio veniva espletata CTU volta all’accertamento dello stato dei luoghi ed all’esito la causa era trattenuta in decisione, previa assegnazione alle parti dei termini di legge per il deposito di conclusionali e repliche.

Ciò posto, occorre premettere in merito alla nozione di “costruzione”, anche ai fini dell’applicabilità della disciplina di cui agli artt. 972 ss. c.c., che la Corte di Cassazione ha chiarito che “…costituisce costruzione, agli effetti della disciplina del codice civile sulle distanze legali, ogni manufatto che, per struttura e destinazione, ha carattere di stabilità e permanenza” (in tal senso si veda, per tutte, Cass. civ., Sez. II, n. 4639 del 24.5.1997).

Tanto premesso, dalle risultanze della CTU espletata nel corso del presente giudizio – che ha sostanzialmente confermato gli esiti della precedente CTU valorizzata dal Tribunale con la sentenza n. 785/03, annullata dalla Corte d’Appello di Roma a seguito dell’accoglimento dell’opposizione ex art. 404 c.p.c. proposta da (…) e (…) – è emerso: che “…lungo il confine della proprietà è stato realizzato un manufatto in muratura di dimensioni di ml. 4,20×2,30 adibito all’interno ad uso forno, con tre pareti chiuse ed una, nel lato verso l’interno della proprietà dei convenuti, aperta per poter utilizzare al meglio il forno”; che “L’esecuzione del manufatto ha comportato la realizzazione di una platea in cemento dell’altezza di circa cm. 25 per l’appoggio della muratura….La platea è stata prolungata verso l’esterno e coperta con una struttura in ferro composta da due pilastrini in ferro scatolare 60×60, ed una copertura ad una falda ancorata al manufatto del forno. La platea ha le dimensioni di ml. 3,75×4,25, interamente coperta dalla tettoia in ferro e lastre ondulate di cemento”; che “E’ stato inoltre eseguito sul confine un muretto di recinzione con soprastante paletti in ferro con rete. Tale muretto risulta essere a circa cm. 75,00 dal piano di campagna, e cm. 30,00 dal piano della platea, tutto all’interno della proprietà dei convenuti”.

Tale risultando lo stato dei luoghi – descrizione che consente di ritenere sussistenti, nella fattispecie, le caratteristiche di solidità, stabilità ed immobilizzazione al suolo dell’opera, già riscontrate dal precedente giudice, con conseguente piena applicabilità della disciplina ex artt. 873 ss. c.c., alla stregua della poc’anzi evocata giurisprudenza di legittimità -, a specifico quesito sul rispetto o meno delle distanze legali tra la costruzione di che trattasi ed il terreno di proprietà degli attori, il CTU ha risposto che “Le opere eseguite sono poste in adiacenza del confine di proprietà, per cui, essendo la distanza dei fabbricati dal confine prevista dall’art. 7 comma 7 delle N.T.A. del P.R.G. in vigore (zona B) di ml. 5,00, il manufatto non si trova alla distanza richiesta, così come all’epoca della costruzione (1985-86 dichiarata dai convenuti nella richiesta di sanatoria) nella quale vigeva il vecchio P.R.G. (in vigore dal 1972) che prevedeva nella allora zona B6 una distanza di ml. 3,00”.

Poiché le conclusioni della C.T.U. risultano dedotte da un attenta ed analitica disamina degli elementi di fatto posti a sua disposizione ed appaiono ispirate a criteri valutativi corretti non solo dal punto di vista logico, ma altresì conformi ai principi scientifici che presiedono la materia in esame, il Giudicante ritiene di farle proprie.

Alla luce delle suddette considerazioni, deve ritenersi che la realizzazione, da parte dei convenuti, del manufatto di che trattasi, integri la violazione dell’art. 873 c.c., in tema di rispetto delle distanze minime tra costruzioni su fondi finitimi, in relazione a quanto previsto dalle citate Norme Tecniche di Attuazione, cui detta norma rinvia per l’ipotesi in cui in esso sia stabilita una distanza maggiore.

Non può, del resto, esservi dubbio alcuno sulla qualificabilità delle succitate disposizioni alla stregua di norme integrative di quelle sulle distanze in relazione agli artt. 872 e 873 c.c., costituendo orientamento pacifico della giurisprudenza di legittimità, quello secondo cui nell’alveo di tali norme debbano essere ricomprese, tra le altre, le norme dei regolamenti edilizi locali che disciplinano le distanze degli edifici dal confine (in tal senso si veda, per tutte, Cass. civ. n. 13007/00) e, quindi, a maggior ragione le norme tecniche di attuazione contenute nel Piano Regolatore Generale.

Né può trovare ingresso la tesi dei convenuti (…) ed (…), circa la maturazione del proprio diritto a mantenere il manufatto a distanza inferiore a quella legale per intervenuta usucapione, la stessa risultando smentita (circostanza già rilevata dal Tribunale nella precedente decisione) dalla dichiarazione del 19.03.1998 a firma degli stessi convenuti allegata all’istanza di concessione in sanatoria – che ben può rilevare, nei loro riguardi, quale confessione stragiudiziale liberamente valutabile dal giudice ex art. 2735 c.c. – ove si legge che il manufatto in questione era stato realizzato nell’anno 1985-86, il che ha senz’altro impedito la maturazione del termine ventennale utile ad usucapire ex art. 1158 c.c., essendo stato l’atto introduttivo dell’originario giudizio notificato nell’anno 2000.

Quanto, poi, alla posizione di (…) e (…), nei cui confronti non era stato posto in essere l’atto interruttivo della usucapione costituito dalla originaria notifica dell’atto di citazione, è vero che per giurisprudenza costante, gli atti interruttivi dell’usucapione posti in essere nei confronti di uno dei compossessori non hanno effetto interruttivo verso gli altri, in quanto il principio espresso dall’art. 1310 c.c., secondo cui gli atti interruttivi contro uno dei debitori in solido interrompono la prescrizione contro il comune creditore con effetto verso gli altri debitori, trova applicazione in materia di diritti di obbligazione e non di diritti reali, per i quali non sussiste vincolo di solidarietà (v. Cass. civ. n. 11657/18; Cass. civ. n. 5338/12; n. 6668/82; n. 1315/74; Trib. Catania, n. 5129/17)).

Tuttavia, nella specie dalla documentazione in atti emerge che la concessione n. 691795 del 15.12.1995, rilasciata dal Comune di Rieti in favore dei (…), aveva riguardato la semplice sanatoria di un locale adibito a forno richiesta da questi ultimi con l’istanza del 29.03.1986, ma non anche “la tettoia….antistante il forno condonato…ad un piano, costituita da struttura verticale in ferro…e da copertura ad una falda spiovente in lastre ondulate di cemento”, la cui presenza verrà riscontrata dal Comune di Rieti – Ufficio tecnico – Settore IV Urbanistica – Ufficio Vigilanza, in persona del geom. (…), all’esito del sopralluogo del 04.03.1997 (cui farà seguito l’ordinanza di demolizione a firma del Dirigente del Comune in data 28.04.1998) e che deve, quindi, necessariamente ritenersi realizzata in epoca successiva a quella del rilascio del titolo, di cui sopra (che, per l’appunto, non la comprendeva), tenuto conto anche di quanto sul punto riscontrato dal CTU geom. Ca. nel corso del primo giudizio (“Il fascicolo di condono cui detta concessione si riferisce, comprende anche grafici e fotografie individuanti la struttura muraria del forno, ma non anche la tettoia”).

In sostanza, alla data del 15.12.1995 l’opera nella sua interezza non poteva dirsi completata in quanto mancante della citata tettoia e, di conseguenza, neppure il termine ventennale utile alla maturazione dell’usucapione poteva iniziare a decorrere, stante il combinato disposto degli artt. 2935, 2943 e 1165 c.c. (disposizione, quest’ultima, che estende l’applicazione delle norme, tra l’altro, in tema di prescrizione alla disciplina dell’usucapione, in quanto compatibili).

Ne segue che nel caso che ci occupa, essendo stata la comparsa di riassunzione notificata a tutti convenuti a mezzo pec il 13.02.2015, a detta data il termine ventennale utile ai fini dell’usucapione non poteva considerarsi maturato neppure nei confronti di (…) e di (…), il che impone il rigetto anche dell’eccezione riconvenzionale dalle stesse avanzata.

La violazione, di cui sopra costituisce illecito civile sub specie di lesione del diritto di proprietà degli attori e segnatamente di diritto di questi ultimi a che le costruzioni poste in essere dal vicino siano, per l’appunto, mantenute alla distanza prescritta dalla legge o dai regolamenti edilizi, di talché ogni violazione delle predette disposizioni consente il ricorso allo strumento della tutela in forma specifica di cui all’art. 872, II co., c.c., finalizzata al ripristino della situazione antecedente al verificarsi dell’illecito.

Detta tutela può, peraltro, nella fattispecie utilmente estrinsecarsi non attraverso la soppressione totale della costruzione, bensì mediante l’arretramento della stessa a distanza legale, come del resto correttamente richiesto dagli attori nella loro comparsa di riassunzione.

In parziale accoglimento della domanda dovrà, pertanto, disporsi l’arretramento del manufatto di che trattasi sino al rispetto delle distanze legali, di cui all’art. 873 c.c., nella specie individuabile in quella di tre metri dal confine, alla luce delle Norme Tecniche di Attuazione al P.R.G. vigenti ratione temporis, tenuto conto: 1) che per giurisprudenza costante, il rinvio contenuto nell’art. 873 c.c. alle norme dei regolamenti edilizi comunali (da intendersi esteso, come si è osservato poc’anzi, alle norme tecniche di attuazione del P.R.G.) si estende all’intera disciplina predisposta da tali fonti e, conseguentemente, anche a quelle disposizioni che, nello stabilire una maggiore distanza tra edifici, prescrivano contestualmente particolari modalità circa la misurazione della distanza medesima, assumendo come termine di riferimento eventualmente il confine, seguendone che le diverse (e più gravi) limitazioni, risultando pur sempre funzionali al rispetto delle distanze tra costruzioni, vanno considerate anch’esse integrative di quelle stabilite dal codice civile (Cass. civ. n. 4267/01); 2) che sempre in tema di distanze tra le costruzioni, il criterio della prevenzione di cui agli artt. 873 e 875 c.c. deve intendersi derogato dal regolamento edilizio locale nell’ipotesi (che si verifica nel caso che ci occupa) in cui questo fissi le distanze non solo tra le costruzioni, ma anche delle stesse dal confine (Cass. civ. n. 22896/07).

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Le spese di CTU, liquidate con separato provvedimento, devono essere poste definitivamente a carico dei convenuti, in parti uguali tra loro.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone:

– accerta e dichiara che le opere presenti sul fondo sito in Comune di (…), loc. (…), identificato al Catasto Urbano di detto Comune al fg. (…), part. (…), come analiticamente descritte nel corpo della relazione depositata dal CTU geom. An.Co. in data 03.06.2016, sono state realizzate in violazione dell’art. 873 c.c., essendo state collocate a distanza dal confine inferiore a quella legale;

– per l’effetto, condanna (…), (…), (…) e (…) all’arretramento delle opere, di cui al punto che precede a distanza di tre metri dal confine con il fondo di proprietà di (…), identificato al Catasto Urbano dello stesso Comune al fg. (…), part. (…);

– condanna i convenuti, in solido tra loro, a rimborsare agli attori le spese di lite, che si liquidano in complessivi Euro7.254,00 a titolo di compensi professionali, oltre alle spese forfetarie ex art. 2 D.M. n. 55 del 2014 ed oltre ad i.v.a. e c.p.a. come per legge;

– pone le spese di CTU, liquidate con separato provvedimento, definitivamente a carico dei convenuti, in parti uguali tra loro.

Così deciso in Rieti il 3 settembre 2018.

Depositata in Cancelleria il 4 settembre 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.