In tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, non può essere emanata sentenza di trasferimento coattivo prevista dall’art. 2932 c.c. in assenza della dichiarazione, contenuta nel preliminare, o successivamente prodotta in giudizio, sugli estremi della concessione edilizia, che costituisce requisito richiesto a pena di nullità dall’art. 17 della L. n. 47 del 1985 ed integra una condizione dell’azione ex art. 2932 c.c., non potendo tale pronuncia realizzare un effetto maggiore e diverso da quello possibile alle parti nei limiti della loro autonomia negoziale; la relativa mancanza è rilevabile d’ufficio, anche in sede di legittimità se la soluzione della questione non richieda indagini non compiute nei precedenti gradi del giudizio e siano acquisiti agli atti tutti gli elementi di fatto da cui desumersi, atteso l’interesse pubblico all’ordinata trasformazione del territorio e le peculiarità della sentenza ex art. 2932 c.c.

 

Tribunale Cassino, civile Sentenza 24 luglio 2018, n. 929

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE ORDINARIO DI CASSINO

In persona del giudice unico dott. Gabriele Montefusco ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nella causa di primo grado iscritta al n. 2809 del ruolo generale per gli affari civili contenziosi dell’anno 2013 avente ad oggetto “vendita di cose immobili”

TRA

(…) (C.F. (…)), elettivamente domiciliato presso il suo studio in Gaeta al L. (…), rappresentato e difeso da se medesimo e dall’avv. Ma.Fi., giusta procura in atti

ATTORE

E

(…) (C.F. (…)), rappresentata e difesa dall’avv. Gi.Am. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Gaeta alla via (…), giusta procura in atti

CONVENUTA

NONCHÉ

(…), c.f. (…), contumace

CONVENUTA

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione notificato il 06/11/2013 l’avv. (…) citava in giudizio la sig.ra (…), proprietaria dell’immobile sito in G., alla Via (…), per ottenere una sentenza di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto di compravendita, in virtù di contratto preliminare del 19/11/2011, in relazione al quale l’attore aveva provveduto al pagamento del corrispettivo pattuito.

Il 27/12/2013, la predetta (…) decedeva in Gaeta.

Interveniva in giudizio, con comparsa depositata il 28/05/2014, la sig.ra (…), nella qualità di coerede, deducendo di essere comproprietaria assieme ad (…) del monolocale ubicato in G. alla Via (…) in forza del testamento olografo lasciato dalla defunta. Chiedeva, preliminarmente, dichiararsi l’interruzione della causa, stante il decesso della convenuta. Quindi, sollecitava l’integrazione del contraddittorio con l’altra erede (…). In subordine, deduceva che il documentato esibito in copia fotostatica non poteva produrre effetti giuridici e disconosceva la firma della promittente venditrice, chiedendone la verificazione. Rappresentava, ancora, che il comportamento tenuto in vita dalla sig.ra (…) era incompatibile con la pretesa dell’avv. (…), in quanto successivamente alla presunta stipula del preliminare di compravendita cedeva in locazione quadriennale l’immobile in questione senza far menzione dell’esistenza di detto preliminare, “dimenticava” di aver promesso in vendita l’immobile all’atto del testamento pubblico, non registrava il preliminare, prometteva di vendere ad un prezzo sproporzionato che poi veniva inspiegabilmente versato in eccesso dall’acquirente. Infine, rilevava la nullità del preliminare perché carente della dichiarazione del promittente venditore degli estremi della concessione edilizia e della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà rilasciata dalla proprietaria, ove si attestava l’inizio dell’opera in data anteriore al 1 settembre 1967.

Interrotto il giudizio, l’avv. (…) riassumeva la causa nei confronti di (…) e (…), riportandosi integralmente alle domande già spiegate.

Si costituiva la sola (…), rilevando che il ricorso non era stato ritualmente notificato ad (…), residente all’estero.

Disposta la rinnovazione nei confronti della sig.ra (…), la stessa veniva dichiarata contumace all’udienza del 12/04/2016. Quindi, veniva espletata c.t.u. e la causa veniva trattenuta per la decisione il 28/03/2018, previa concessione dei termini di rito.

La domanda è infondata.

Va preliminarmente ribadita la regolarità del contraddittorio, richiamando quanto esposto nell’ordinanza del 12/04/2016.

Va ancora osservato, in punto di rito, che (…) si è costituita volontariamente in giudizio alla prima udienza del 28/05/2014. Ai sensi dell’art. 299 c.p.c., nel caso di decesso della parte prima della costituzione in giudizio, il processo è interrotto, salvo che coloro ai quali spetta di proseguirlo si costituiscano volontariamente.

Essendosi costituita volontariamente, la convenuta avrebbe dovuto rispettare il termine di cui all’art. 166 c.p.c. al fine di proporre domande riconvenzionali o eccezioni non rilevabili d’ufficio (come quella di annullabilità del contratto). Laddove avesse dimostrato di aver avuto conoscenza della citazione in un momento in cui non era più possibile la costituzione tempestiva, avrebbe potuto chiedere la rimessione in termini. Invece, ella non ha mai nemmeno allegato di essere venuta tardivamente a conoscenza dell’atto, nulla riferendo di come e quando ne sia venuta a conoscenza e non avanzando alcuna richiesta di rimessione in termini, per cui va abilitata alla mera difesa.

Tale è il disconoscimento della sottoscrizione (Cass. 23669 del 10/10/2017: “Il convenuto contro il quale l’attore, in sede di costituzione in giudizio, abbia prodotto una scrittura privata, non è onerato di disconoscerla nel termine di venti giorni prima dell’udienza di comparizione, alla stessa stregua delle eccezioni non rilevabili d’ufficio, essendo sufficiente che il disconoscimento venga effettuato nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione”), per cui correttamente è stata disposta c.t.u. relativa alla autenticità della sottoscrizione.

Al riguardo, si condividono integralmente le conclusioni del perito (…), perché adeguatamente e congruamente motivate, secondo cui la sottoscrizione in esame appartiene alla deceduta (…). Il consulente ha puntualmente replicato alle osservazioni del c.t.p., sicché null’altro occorre aggiungere.

Le altre questioni agitate dal difensore della convenuta non incidono sulla autenticità della firma ma insinuano sospetti sul fatto che l’atto sia stato firmato in bianco e poi riempito a sua insaputa ovvero che la (…) avesse firmato l’atto senza averne consapevolezza. Come detto, si tratta di questioni inammissibili e, comunque, non supportate da alcuna prova.

Va, invece, accolta l’eccezione con cui si deduce la mancanza di attestazione di regolarità urbanistica del cespite.

Al riguardo, la S.C. ha affermato con orientamenti differenti che:

– “La sanzione della nullità prevista dall’art. 40 della L. 28 febbraio 1985, n. 47 con riferimento a vicende negoziali relative ad immobili privi della necessaria concessione edificatoria trova applicazione nei soli contratti con effetti traslativi e non anche con riguardo ai contratti con efficacia obbligatoria, quale il preliminare di vendita, come si desume dal tenore letterale della norma, nonché dalla circostanza che successivamente al contratto preliminare può intervenire la concessione in sanatoria degli abusi edilizi commessi o (come nella specie) essere prodotta la dichiarazione prevista dalla stessa norma, ove si tratti di immobili costruiti anteriormente al 1 settembre 1967, con la conseguenza che in queste ipotesi rimane esclusa la sanzione di nullità per il successivo contratto definitivo di vendita, ovvero si può far luogo alla pronunzia di sentenza ex art. 2932 cod. civ.” (Cass. n. 14489/2005);

– “Il contratto preliminare di vendita di un immobile irregolare dal punto di vista urbanistico è nullo per la comminatoria di cui all’art. 40, secondo comma, della L. 28 febbraio 1985, n. 47, che, sebbene riferita agli atti di trasferimento con immediata efficacia reale, si estende al preliminare, con efficacia meramente obbligatoria, in quanto avente ad oggetto la stipulazione di un contratto definitivo nullo per contrarietà a norma imperativa” (Cass. 23591/2013).

Nella specie, non occorre approfondire la questione della nullità o meno del preliminare, in quanto, in relazione alla stessa possibilità di ottenere la condanna ex art. 2932 c.c., l’orientamento della S.C. è univoco, essendo stato chiarito ancora da ultimo che “In tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, non può essere emanata sentenza di trasferimento coattivo prevista dall’art. 2932 c.c. in assenza della dichiarazione, contenuta nel preliminare, o successivamente prodotta in giudizio, sugli estremi della concessione edilizia, che costituisce requisito richiesto a pena di nullità dall’art. 17 della L. n. 47 del 1985 ed integra una condizione dell’azione ex art. 2932 c.c., non potendo tale pronuncia realizzare un effetto maggiore e diverso da quello possibile alle parti nei limiti della loro autonomia negoziale; la relativa mancanza è rilevabile d’ufficio, anche in sede di legittimità se la soluzione della questione non richieda indagini non compiute nei precedenti gradi del giudizio e siano acquisiti agli atti tutti gli elementi di fatto da cui desumersi, atteso l’interesse pubblico all’ordinata trasformazione del territorio e le peculiarità della sentenza ex art. 2932 c.c.” (Cass. n. 8489/2016).

La Corte, in subjecta materia, in più circostanze, si è sempre orientata in senso negativo.

Nella sent. 9647/2006 ha precisato che la dichiarazione sostitutiva di notorietà circa l’epoca di costruzione dell’immobile prevista dalla normativa in commento “non prevede alternativa alcuna. Sicché, non sarebbe comunque consentito al Giudice di attribuire elementi di certezza a delle situazioni che il legislatore – nell’ambito di una scelta discrezionale e non irrazionale (tale certo non essendo quella dei coinvolgimento diretto dell’alienante in una responsabilità anche di ordine penale per delle false attestazioni: come dimostra l’esplicito richiamo alla L. n. 15 del 1968, art. 4) – ha ritenuto comprovagli soltanto con specifiche modalità”.

Per altro, anche l’acquirente avrebbe potuto rendere la dichiarazione, come si evince dalla citata sent. 14489/2005 che conferma la decisione emessa dopo che era intervenuta dichiarazione del promissario acquirente ai sensi dell’art. 40, co. 3, della L. n. 47 del 1985.

In conclusione, non essendovi prova della regolarità edilizia del cespite, la domanda va rigettata.

Stante la peculiarità delle questioni trattate e tenuto conto dell’infondato disconoscimento della sottoscrizione, che ha reso necessaria anche la c.t.u, ricorrono gravi ed eccezionali motivi per compensare tra le parti le spese di lite, ivi comprese quelle della fase cautelare.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da (…) nei confronti di (…) e (…), ogni contraria istanza disattesa, così provvede:

1) rigetta la domanda;

2) compensa le spese di lite.

Così deciso in Cassino il 23 luglio 2018.

Depositata in Cancelleria il 24 luglio 2018.

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Avv. Umberto Davide

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