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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 29 dicembre 2017, n. 31188

il giudizio di opposizione allo stato passivo, pur essendo strutturato come un rimedio a carattere impugnatorio, in quanto volto a rimuovere un provvedimento che, se non opposto, acquista efficacia di giudicato endofallimentare ai sensi della L. Fall., articolo 96, non e’ assimilabile all’appello, configurandosi come un giudizio a cognizione piena che fa seguito ad una fase a cognizione sommaria, con la conseguenza che la produzione di nuovi documenti non trova ostacolo nel divieto stabilito dall’articolo 345 c.p.c., fermo restando l’onere, previsto a pena di decadenza dalla L. Fall., articolo 99, comma 2, n. 4, d’indicarli specificamente nel ricorso e di depositarli all’atto della costituzione in giudizio.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28748/2011R.G. proposto da:

(OMISSIS) S.P.A. (gia’ (OMISSIS) S.p.a.), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dal Prof. Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO DELLA (OMISSIS) S.R.L., in persona del curatore p.t. Avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Palermo depositato il 14 ottobre 2011.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 28 aprile 2017 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino.

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 14 ottobre 2011, il Tribunale di Palermo ha rigettato l’opposizione proposta dall’ (OMISSIS) S.p.a. avverso lo stato passivo del fallimento della (OMISSIS) S.r.l., avente ad oggetto l’ammissione al passivo di un credito di Euro 152.226,67 a titolo di saldo di un conto corrente ordinario.

A fondamento della decisione, il Tribunale ha ritenuto innanzitutto ammissibile, ai sensi del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, articolo 99, comma 2, n. 4, la nuova documentazione allegata al ricorso, escludendo che la mancata produzione della stessa nel procedimento di verificazione comportasse una decadenza, non prevista dalla legge, ed evidenziando la diversita’ del giudizio di opposizione dall’appello e la conseguente inapplicabilita’ dello articolo 345 c.p.c.. Premesso inoltre che il credito azionato era pervenuto all’opponente a seguito dell’incorporazione dell’ (OMISSIS) S.p.a., che lo aveva acquistato dall’ (OMISSIS) S.p.a. (gia’ (OMISSIS) S.p.a.) a mezzo di cessione pro soluto, ne ha ritenuto non provata la titolarita’, rilevando che dalla visura camerale e dall’avviso di pubblicazione della cessione dei crediti sulla Gazzetta Ufficiale non risultava se il credito fosse compreso nel blocco dei rapporti ceduti o tra quelli esclusi.

2. Avverso il predetto decreto l'(OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, illustrato anche con memoria. Il curatore del fallimento ha resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale condizionato, affidato a due motivi.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione della L. Fall., articoli 92-99, Decreto Legislativo 1 settembre 1993, n. 385, articoli 57 e 58 e dell’articolo 1264 c.c., nonche’ l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che, nel ritenere non provata la titolarita’ del credito, il decreto impugnato non ha tenuto conto dell’avvenuta dimostrazione dell’adempimento di tutte le formalita’ prescritte per la cessione, in virtu’ delle quali doveva presumersi, fino a prova contraria, che il rapporto in questione rientrasse tra quelli ceduti in blocco. Premesso che l’avviso di cessione elencava analiticamente i rapporti esclusi, osserva che il Tribunale ha omesso di spiegare le ragioni per cui ha ritenuto che il credito azionato ne facesse parte, pur non avendo nessuna delle caratteristiche indicate nel relativo elenco.

1.1. Il motivo e’ fondato.

L’istanza d’insinuazione al passivo e’ stata infatti proposta dall'(OMISSIS) in qualita’ di procuratrice dell’ (OMISSIS), asseritamente succeduta all’ (OMISSIS), gia’ (OMISSIS), nel credito da quest’ultima vantato nei confronti della societa’ fallita, per effetto di cessione in blocco di crediti relativi a posizioni classificate come sofferenze, ai sensi del Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 58; nel corso del procedimento di verificazione, poi, la mandataria si e’ fusa per incorporazione con la mandante, ed e’ pertanto subentrata a quest’ultima nella titolarita’ del credito, proponendo in tale qualita’ l’opposizione allo stato passivo. La predetta titolarita’ e’ stata peraltro ritenuta non provata dal decreto impugnato, in virtu’ della mancata dimostrazione dell’inclusione del credito tra quelli ceduti in blocco all’ (OMISSIS), non essendo stato prodotto l’atto di cessione, e non risultando la predetta inclusione ne’ dalla visura camerale, ne’ dall’avviso di pubblicazione della cessione nella Gazzetta Ufficiale depositati dalla ricorrente.

Tale conclusione non risulta tuttavia conforme alla particolare disciplina della cessione prevista dall’articolo 58 cit., la cui portata derogatoria rispetto a quella generale dettata dal codice civile, fa apparire inadeguata la motivazione del decreto impugnato, nella parte in cui ha dato per scontato che l’atto stipulato dall’ (OMISSIS) con l’ (OMISSIS) o i relativi allegati dovessero contenere la specifica indicazione del credito ceduto, ed ha ritenuto pertanto insufficiente la produzione dell’avviso di pubblicazione, recante l’indicazione per categorie dei rapporti esclusi dalla cessione, omettendo conseguentemente di verificare se il credito azionato fosse o meno riconducibile ad una delle predette categorie.

Il Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 58, nel consentire “la cessione a banche di aziende, di rami d’azienda, di beni e rapporti giuridici individuabili in blocco”, detta, come si e’ detto, una disciplina ampiamente derogatoria rispetto a quella ordinariamente prevista per la cessione del credito e del contratto, a) subordinandone l’efficacia alla notizia data dalla banca cessionaria mediante l’iscrizione della cessione nel registro delle imprese e la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale, b) disponendo che tali adempimenti producono i medesimi effetti dell’accettazione o della notificazione previsti dall’articolo 1264 c.c., c) attribuendo a coloro che sono parte di contratti ceduti la facolta’ di esigere entro tre mesi l’adempimento sia dal cedente che dal cessionario, d) disponendo che, trascorso il predetto termine, risponde in via esclusiva il cessionario, e) consentendo ai contraenti ceduti di recedere per giusta causa dal contratto, entro il medesimo termine, e f) escludendo la necessita’ di qualsiasi formalita’ o annotazione per la conservazione in favore del cessionario della validita’ e del grado dei privilegi e delle garanzie prestate a favore del cedente, nonche’ delle trascrizioni nei pubblici registri degli atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziaria compresi nella cessione. Tale disciplina trova giustificazione principalmente nell’oggetto della cessione, costituito, oltre che da intere aziende o rami di azienda, da interi “blocchi” di beni, crediti e rapporti giuridici, individuati non gia’ singolarmente, ma per tipologia, sulla base di caratteristiche comuni, oggettive o soggettive: e’ per tale motivo, oltre che per il gran numero dei soggetti interessati, che la norma prevede, tra l’altro, la sostituzione della notifica individuale con la pubblicazione di un avviso, cui possono aggiungersi forme integrative di pubblicita’. A tal fine, e’ prevista anche l’emanazione d’istruzioni da parte della Banca d’Italia, la quale, nell’esercitare il relativo potere, ha confermato che per “rapporti giuridici individuabili in blocco” devono intendersi “i crediti, i debiti e i contratti che presentano un comune elemento distintivo”, chiarendo che lo stesso “puo’ rinvenirsi, ad esempio, nella forma tecnica, nei settori economici di destinazione, nella tipologia della controparte, nell’area territoriale e in qualunque altro elemento comune che consenta l’individuazione del complesso dei rapporti ceduti” (cfr. circolare n. 229 del 21 aprile 1999). La possibilita’ di fare riferimento alle caratteristiche dei rapporti ceduti, quale criterio per l’individuazione dell’oggetto del contratto, non rappresenta d’altronde un’anomalia rispetto alla disciplina generale dettata dall’articolo 1346 c.c., il quale, prescrivendo che l’oggetto del contratto dev’essere “determinato o determinabile”, non richiede che lo stesso sia necessariamente indicato in maniera specifica, a condizione che esso possa essere identificato con certezza sulla base di elementi obiettivi e prestabiliti risultanti dallo stesso contratto (cfr. Cass., Sez. 2, 7/03/2011, n. 5385; 13/09/2004, n. 18361; Cass., Sez. 3, 2/06/1995, n. 6201).

Alla stregua della predetta disciplina, la circostanza che l’avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e prodotto in giudizio recasse una mera elencazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco dall’ (OMISSIS) all’ (OMISSIS) non autorizzava di per se’ a ritenere che le relative indicazioni non rispecchiassero fedelmente quelle contenute nell’atto di cessione, per la cui validita’, come si e’ detto, non era affatto necessaria una specifica enumerazione dei rapporti ceduti, risultando invece sufficiente che gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentissero d’individuarli senza incertezze. La trascrizione dello avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, riportata a corredo del motivo di impugnazione, consente d’altronde di rilevare che i crediti ceduti erano individuati, oltre che per titolo (capitale, interessi, spese, danni, etc.), in base alla pendenza ad una certa data ed alla possibilita’ di qualificare i relativi rapporti come sofferenze, conformemente alle istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia, con espressa esclusione di sei categorie, anch’esse specificamente enucleate in base alla documentazione dei crediti, al titolo del rapporto, ai soggetti passivi o alla pendenza di accertamenti penali o interni: non avrebbe dunque potuto sottrarsi il Tribunale al compito di verificare se, avuto riguardo alla natura del credito, alla data di chiusura del conto ed alle altre caratteristiche del rapporto, la pretesa azionata rientrasse tra quelle trasferite alle cessionaria (e da quest’ultima trasferite all’attrice, per effetto dell’incorporazione) o fosse annoverabile tra i crediti esclusi dalla cessione.

2. Con il primo motivo del ricorso incidentale condizionato, il curatore deduce la violazione e la falsa applicazione della L. Fall., articoli 93, 95, 99 e 101, nonche’ l’omissione e l’insufficienza della motivazione, affermando che, nel ritenere ammissibile la nuova documentazione prodotta dall’opponente, il Tribunale non ha considerato che, a differenza di quello introdotto dal Decreto Legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, il testo vigente dell’articolo 99, introdotto dal Decreto Legislativo 12 settembre 2007, n. 169, non prevede espressamente la facolta’ di depositare documentazione ulteriore, rispetto a quella prodotta nel procedimento di verificazione, mentre il termine gia’ previsto dall’articolo 93 per il deposito di documenti in quest’ultima fase e’ stato soppresso, e l’articolo 95 consente di produrre documenti integrativi fino all’udienza fissata per l’esame dello stato passivo.

2.1. Pur riguardando l’ammissibilita’ della produzione dei documenti comprovanti la titolarita’ del credito, e quindi una questione di rito, pregiudiziale rispetto a quella sollevata con il ricorso principale, la predetta censura non puo’ essere esaminata prioritariamente rispetto a quest’ultima, avendo ad oggetto un’esplicita statuizione del decreto impugnato, ed essendo stata comunque proposta in forma condizionata. Alla stregua del principio costituzionale di ragionevole durata del processo, secondo cui il fine primario dello stesso e’ la realizzazione del diritto delle parti ad ottenere un risposta nel merito, al ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, deve infatti riconoscersi natura condizionata, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, con la conseguenza che esso va esaminato con priorita’ soltanto se le predette questioni, rilevabili d’ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito, dovendo altrimenti essere esaminato soltanto in presenza dell’attualita’ dell’interesse, sussistente unicamente nel caso in cui il ricorso principale risulti fondato (cfr. Cass., Sez. Un., 25/03/2013, n. 7381; 6/03/2009, n. 5456; Cass., Sez. 1, 6/03/2015, n. 4619).

2.2. Il motivo e’ peraltro infondato.

Correttamente, infatti, il decreto impugnato ha ritenuto ammissibile la produzione di documenti non depositati nel procedimento di verificazione, trovando applicazione il principio, ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimita’ in riferimento alla disciplina dettata dalla L. Fall., articolo 99, sia nel testo introdotto dal Decreto Legislativo n. 5 del 2006, che in quello ulteriormente modificato dal Decreto Legislativo n. 169 del 2007, secondo cui il giudizio di opposizione allo stato passivo, pur essendo strutturato come un rimedio a carattere impugnatorio, in quanto volto a rimuovere un provvedimento che, se non opposto, acquista efficacia di giudicato endofallimentare ai sensi della L. Fall., articolo 96, non e’ assimilabile all’appello, configurandosi come un giudizio a cognizione piena che fa seguito ad una fase a cognizione sommaria, con la conseguenza che la produzione di nuovi documenti non trova ostacolo nel divieto stabilito dall’articolo 345 c.p.c., fermo restando l’onere, previsto a pena di decadenza dalla L. Fall., articolo 99, comma 2, n. 4, d’indicarli specificamente nel ricorso e di depositarli all’atto della costituzione in giudizio (cfr. Cass., Sez. 1, 25/02/2011, n. 4708; 26/11/2010, n. 24028; 11/09/09, n. 19697).

3. Con il secondo motivo, il controricorrente censura il decreto impugnato per aver omesso di verificare se la documentazione prodotta dall’opponente avesse data certa ai sensi dell’articolo 2704 c.c., nonostante l’eccezione espressamente formulata al riguardo.

3.1. Il motivo e’ inammissibile.

L’avvenuta pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’avviso relativo alla cessione in blocco, impedendo di ammettere, anche in linea di mera ipotesi, che la stessa potesse essere priva di data certa, consente di escludere che l’eccezione sollevata dal curatore si riferisse a tale atto, inducendo piuttosto a ritenere che essa riguardasse la documentazione relativa al rapporto di conto corrente, in ordine alla quale il Tribunale non si e’ pronunciato, avendo evidentemente ritenuto la relativa questione assorbita dall’accertamento del difetto di titolarita’ del credito azionato. Non essendo pertanto configurabile una decisione al riguardo, neppure per implicito, la questione non puo’ trovare ingresso in questa sede, potendo essere eventualmente riproposta nel giudizio di rinvio, per effetto dell’accoglimento del motivo di ricorso principale inerente alla questione assorbente (cfr. Cass., Sez. 5, 5/11/2014, n. 23558; Cass., Sez. 3, 1/03/2007, n. 4804; 10/04/2003, n. 5681).

4. Il decreto impugnato va pertanto cassato, nei limiti segnati dall’accoglimento del ricorso principale, con il conseguente rinvio della causa al Tribunale di Palermo, che provvedera’, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

accoglie il ricorso principale; rigetta il primo motivo del ricorso incidentale condizionato, e dichiara inammissibile il secondo motivo; cassa il decreto impugnato, in relazione al motivo accolto; rinvia al Tribunale di Palermo, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.