in tema di spese processuali, il giudice del rinvio, cui la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimita’, si deve attenere al principio della soccombenza applicato all’esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato, sicche’ non deve liquidare le spese con riferimento a ciascuna fase del giudizio, ma, in relazione all’esito finale della lite, puo’ legittimamente pervenire ad un provvedimento di compensazione delle spese, totale o parziale, ovvero, addirittura, condannare la parte vittoriosa nel giudizio di cassazione – e, tuttavia, complessivamente soccombente – al rimborso delle stesse in favore della controparte.

 

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 13 giugno 2018, n. 15506

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12541-2014 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 240/2013 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 28/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/01/2018 dal Consigliere LORENZO ORILIA.

RITENUTO IN FATTO

1 Decidendo in sede di rinvio a seguito di sentenza di questa Corte n. 24441/2007- la Corte d’Appello di Bari, con sentenza 28.3.2013 ha accolto per quanto di ragione l’appello dell’arch. (OMISSIS) e dell’ing. (OMISSIS) contro la sentenza di primo grado (n. 978/00 del Tribunale di Bari) e in riforma della stessa, ha condannato (OMISSIS) al pagamento in favore dei predetti della somma di Euro 36.151,98 (pari a Lire 70.000.000) a titolo di compenso per attivita’ di progettazione, calcoli e direzione in relazione alla costruzione di un complesso edilizio, oltre alle spese del giudizio di rinvio, compensando quelle del precedente giudizio di legittimita’.

Per giungere a tale conclusione la Corte territoriale ha rilevato, per quanto ancora interessa:

– che sussistevano i requisiti richiesti dall’articolo 345 per la produzione del documento in appello (impossibilita’ di produzione in primo grado per causa non imputabile alla parte ovvero indispensabilita’ per la decisione);

– che la convenzione del 21.4.1995 tra i (OMISSIS)- (OMISSIS) e la (OMISSIS) srl pur avendo il medesimo oggetto (la prestazione professionale) non aveva novato l’obbligazione originaria di (OMISSIS) poiche’ contenente solo l’assunzione di una obbligazione da parte di un nuovo ulteriore soggetto che non aveva comportato di per se’ l’automatica liberazione dell’originario debitore, che necessitava di una esplicita dichiarazione da parte del creditore ai sensi dell’articolo 1235 c.c..

2 Il (OMISSIS) ricorre per cassazione anche contro tale pronunzia deducendo cinque motivi.

Resistono con controricorso i (OMISSIS)- (OMISSIS).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1 Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 384 e 394 c.p.c.: secondo il ricorrente la sentenza 24441/2007 non aveva enunciato alcun principio di diritto al quale il giudice di rinvio avrebbe dovuto uniformarsi e pertanto la Corte d’Appello ne ha travisato il contenuto equivocando il riferimento giurisprudenziale alla sentenza n. 8302/2005, indebitamente trasformato da precedente posto a base del decisum del giudice di legittimita’ ad espressione del principio di diritto per il giudice di rinvio con cio’ falsamente applicando l’articolo 384 c.p.c. (nel ricorso si legge “284”, ma e’ chiaro che trattasi di un mero refuso).

Altro errore starebbe nell’avere ravvisato l’indispensabilita’ e la impossibilita’ della produzione tempestiva benche’ gli appellanti non avessero fatto nessun accenno ai requisiti di indispensabilita’ di scusabilita’ della tardiva esibizione ne’ avessero addotto elementi probatori circa le ragioni (e la loro veridicita’) del mancato possesso del “proprio” documento (che si afferma rinvenuto nel Fallimento (OMISSIS)). Di qui la violazione dell’articolo 394 c.p.c. secondo cui nel giudizio di rinvio le parti non possono prendere conclusioni diverse da quelle prese nel giudizio nel quale fu pronunciata la sentenza cassata.

Il motivo e’ infondato.

Come ripetutamente affermato fa questa Corte, i limiti dei poteri attribuiti al giudice di rinvio sono diversi a seconda che la pronuncia di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ovvero per entrambe le ragioni: nella prima ipotesi, il giudice deve soltanto uniformarsi, ex articolo 384 c.p.c., comma 1, al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilita’ di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo, mentre, nella seconda, non solo puo’ valutare liberamente i fatti gia’ accertati, ma anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in funzione della statuizione da rendere in sostituzione di quella cassata, ferme le preclusioni e decadenze gia’ verificatesi; nella terza, infine, la sua “potestas iudicandi”, oltre ad estrinsecarsi nell’applicazione del principio di diritto, puo’ comportare la valutazione “ex novo” dei fatti gia’ acquisiti, nonche’ la valutazione di altri fatti, la cui acquisizione, nel rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse, sia consentita in base alle direttive impartite dalla decisione di legittimita’ (v. Sez. 1, Sentenza n. 17790 del 07/08/2014 Rv. 632551; Sez. L, Sentenza n. 6707 del 06/04/2004 Rv. 571860; v. anche Sez. U, Sentenza n. 11844 del 09/06/2016 in motivazione punto 6.1.).

Ebbene, nel caso di specie, contrariamente a quanto affermato in ricorso, la sentenza che ha cassato la precedente decisione di appello in relazione al quarto motivo (che denunziava una violazione e falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5 in relazione alla ammissibilita’ di un nuovo documento in appello rappresentato da un disciplinare allegato ad un contratto di permuta di immobili), ha enunciato il seguente principio di diritto, gia’ affermato in cass. n. 8203/2005: “nel rito ordinario con riguardo alla produzione di nuovi documenti in appello l’articolo 345 c.p.c., comma 3, nella formulazione di cui L. 26 novembre 1990, n. 353, articolo 52, applicabile dal 30 aprile 1995 (la citazione introduttiva del giudizio e’ del 2.10.1997) va interpretato nel senso che essi devono presentare in via alternativa due requisiti consistenti nella dimostrazione che le parti non abbiano potuto produrli prima per causa ad esse non imputabile ovvero nel convincimento del Giudice della indispensabilita’ degli stessi per la decisione”.

Ha quindi cassato con rinvio “un nuovo esame” ed e’ quindi evidente che il compito del giudice di rinvio consistesse proprio nella corretta interpretazione dell’articolo 345 c.p.c. verificando la sussistenza di tali requisiti (indispensabilita’ del disciplinare prodotto e scusabilita’ della sua tardiva produzione), avendo gia’ la Corte di legittimita’ implicitamente stabilito che tale verifica facesse ormai parte del dibattito processuale superando, per cosi’ dire, “a monte” l’eccezione oggi sollevata in ricorso.

La violazione di legge, dunque, non sussiste affatto essendosi la Corte di rinvio uniformata esattamente a quanto demandatole con la pronuncia n. 24441 del 2007 verificando, appunto, la sussistenza dei predetti requisiti.

2 Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo “354” c.p.c. (trattasi ancora di un refuso, intendendosi ovviamente l’articolo 345) comma 3 in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3 e l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, criticando il giudizio di impossibilita’ di produrre la documentazione in primo grado per causa non imputabile rimproverando alla Corte di Appello di essersi basata sulla mera dichiarazione degli attori e di aver ritenuto plausibile la mancata disponibilita’ del documento benche’ sottoscritto dal (OMISSIS) e benche’ gli attori avessero una copia del contratto di appalto, posta a base della loro pretesa.

Anche tale motivo e’ infondato.

Secondo la costante giurisprudenza di legittimita’, il vizio di violazione di norme di diritto consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (v. tra le varie, Sez. L, Sentenza n. 195 del 11/01/2016 Rv. 638425; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015 Rv. 638171; Sez. 5, Sentenza n. 8315 del 04/04/2013 Rv. 626129; Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010 Rv. 612745; piu’ di recente, v. anche Sez. 2 – Ordinanza n. 20964 del 08/09/2017 Rv. 645246 in motivazione).

Ebbene, nel caso in esame la critica mossa dal ricorrente non investe affatto la ricognizione della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi non pone nessun problema interpretativo dell’articolo 345 c.p.c., ma riguarda solamente l’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e precisamente l’accertamento della indispensabilita’ e della inimputabilita’ della causa che aveva impedito la tempestiva produzione documentale, accertamento che la Corte di merito ha compiuto con adeguata motivazione in ordine ad entrambi i requisiti osservando, quanto al primo, che il documento, parte integrante e sostanziale del contratto di permuta, dissipava ogni dubbio sul diritto dei professionisti al compenso, in quanto specificava chiaramente l’impegno assunto dal (OMISSIS) direttamente nei confronti del progettista per le attivita’ “di progetto, calcoli e direzione lavori” facendo venir meno cosi’ le ragioni che avevano giustificato il rigetto della domanda in primo grado (pagg. 5 e 6) e, quanto al secondo, che il disciplinare, seppur “controfirmato anche dall’arch. (OMISSIS)”, era stato stipulato direttamente tra i permutanti (OMISSIS) – (OMISSIS) e il (OMISSIS) e quindi non poteva mai trovarsi nella disponibilita’ dei professionisti, mentre era il (OMISSIS) che avrebbe dovuto possederne una copia (v. pag. 5): si tende insomma a sollecitare una diversa valutazione di circostanze di fatto (disponibilita’ del disciplinare da parte dei professionisti), attivita’ che nel giudizio di legittimita’ e’ preclusa.

Neppure sussiste il vizio di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti” (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5). Come chiarito dalle sezioni unite con la sentenza n. 8053 del 07/04/2014 Rv. 629831, l’omesso esame deve riguardare un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia): nel caso di specie, il fatto decisivo era proprio l’accertamento sulla indisponibilita’ del disciplinare e tale accertamento e’ stato compiuto, come si e’ visto. Il problema allora si sposta sul piano dell’apprezzamento del giudice di merito in ordine ad elementi di fatto e su quello della congruita’ della motivazione e quindi su questioni precluse nel giudizio di legittimita’ (sotto il secondo profilo e’ sufficiente richiamare la nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5).

Sempre sul tema della indispensabilita’, e’ opportuno ricordare che le sezioni unite hanno di recente affermato che nel giudizio di appello costituisce prova nuova indispensabile, ai sensi dell’articolo 345 c.p.c., comma 3, nel testo previgente rispetto alla novella di cui al Decreto Legge n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, quella di per se’ idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado (v. Sez. U, Sentenza n. 10790 del 04/05/2017 Rv. 643939).

Il giudizio di indispensabilita’ espresso dalla Corte di rinvio (di cui sopra) appare del tutto in linea con tale principio.

3 Con il terzo motivo, il (OMISSIS) denunzia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1273 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3 rilevando che l’accollo del debito del (OMISSIS) verso i (OMISSIS) – (OMISSIS) e’ riconducibile allo schema dell’accollo semplice o intero e percio’ e’ improduttivo di effetti verso il terzo creditore: da cio’ fa discendere la improponibilita’ della domanda del (OMISSIS).

Il motivo e’ inammissibile per difetto di interesse (articolo 100 c.p.c.) una volta accertato – attraverso il disciplinare costituente parte integrante del contratto di permuta del 3.5.1991 – che il (OMISSIS) aveva assunto obblighi diretti anche nei confronti del (OMISSIS).

4 Con il quarto motivo, il (OMISSIS), denunziando la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1230 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, ritiene che anche il capo della sentenza impugnata relativo alla novazione della pretesa obbligazione originaria per effetto dell’accordo intervenuto in data 21.4.1995 tra i (OMISSIS) – (OMISSIS) e la (OMISSIS) srl merita censura. Ritiene il ricorrente che la ricostruzione della Corte d’Appello (secondo cui con tale ultima convenzione non e’ stata novata l’obbligazione originaria del (OMISSIS) ma si e’ prevista l’assunzione di una obbligazione da parte di un nuovo soggetto) appare fortemente contraddittoria in quanto le due obbligazioni hanno diversi oggetti e titoli giuridici trovando titolo la prima nel preteso accollo di cui innanzi e la seconda in un contratto con determinazione del compenso per l’opera

professionale. Richiama quindi una massima della Suprema Corte del 1983 secondo cui puo’ aversi novazione oggettiva, ai sensi dell’articolo 1230 cod. civ., anche quando le parti sostituiscano all’obbligazione originaria una nuova obbligazione, avente oggetto e titolo diverso, con l’intento inequivoco di estinguere la prima ancorche’ condizionatamente al puntuale adempimento dell’obbligazione nuova, non essendovi contrasto tra la natura ed i connotati della novazione oggettiva e la suddetta condizione posta dalle parti.

Il motivo e’ inammissibile per difetto di specificita’ (articolo 366 c.p.c., n. 6) perche’ si fonda su un documento (l’accordo intervenuto in data 21.4.1995 tra i (OMISSIS)- (OMISSIS) e la (OMISSIS) srl) di cui non indica specificamente il contenuto sicche’ alla Corte, che non e’ tenuta ad accedere agli atti, e’ precluso l’esame della questione.

5 Con il quinto ed ultimo motivo, il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 385 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3 rimproverando alla Corte di rinvio di non avere proceduto a nuova regolamentazione anche delle spese dei precedenti giudizi.

Il motivo e’, a differenza dei precedenti, fondato.

Costituisce principio acquisito in giurisprudenza quello secondo cui il giudice di rinvio e’ tenuto a provvedere sulle spese dell’intero giudizio di merito se riforma la sentenza di primo grado, ovvero sulle spese delle sole fasi d’impugnazione se rigetta l’appello (Sez. 2, Sentenza n. 5535 del 2014 in motivazione; Cass. 23-4-2001 n. 5987; Cass. 1-10-2002 n. 14075; Cass. 18-6-2003 n. 9783; v. anche Sez. 3, Sentenza n. 7243 del 29/03/2006 Rv. 588131; Sez. L, Sentenza n. 50 del 07/01/2009 non massimata; Sez. 1, Sentenza n. 14053 del 18/06/2007 non massimata). Nel caso in esame, il giudice di rinvio non si e’ attenuto a questo principio perche’, pur avendo riformato la sentenza di primo grado, ha poi “ritenuto definitivamente accertato e non oggetto di nuovo esame….la ripartizione delle spese dei precedenti giudizi fino alla cassazione” (cfr. prima parte del dispositivo).

La sentenza deve pertanto essere cassata in ordine alla regolamentazione delle spese. Il nuovo giudice di rinvio rimediera’ all’errore tenendo altresi’ presente che in tema di spese processuali, il giudice del rinvio, cui la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimita’, si deve attenere al principio della soccombenza applicato all’esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato, sicche’ non deve liquidare le spese con riferimento a ciascuna fase del giudizio, ma, in relazione all’esito finale della lite, puo’ legittimamente pervenire ad un provvedimento di compensazione delle spese, totale o parziale, ovvero, addirittura, condannare la parte vittoriosa nel giudizio di cassazione – e, tuttavia, complessivamente soccombente – al rimborso delle stesse in favore della controparte (Sez. 1, Sentenza n. 20289 del 09/10/2015 Rv. 637441; Sez. 2, Sentenza n. 2634 del 07/02/2007 Rv. 594750).

Il giudice di rinvio, che si designa in altra sezione della Corte d’Appello di Bari, provvedera’, all’esito anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

la Corte accoglie il quinto motivo di ricorso e rigetta i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’, ad altra sezione della Corte d’Appello di Bari.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.