Il contratto di mutuo.

Il contratto di mutuo: natura, oggetto e durata.

Il contratto di mutuo è un contratto tipico e trova la sua disciplina generale nel Codice Civile agli artt. 1813 – 1822.

Il contratto di mutuo, è definito dall’art. 1813 c.c. il quale testualmente dispone:

Il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di denaro o di altre cose fungibili , e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità.

Il contratto di mutuo è un contratto reale in quanto per il per il perfezionamento del contratto è necessaria, oltre al consenso delle parti, la consegna del denaro o di altre cose fungibili, ovvero il conseguimento della giuridica disponibilità di questa da parte del mutuatario (si veda Cassazione n. 12705/2011).

Deve ricordarsi che la natura reale del contratto di mutuo non richiede in via tassativa che la cosa mutuata sia materialmente consegnata dal mutuante al mutuatario, l’esigenza del requisito della traditio potendo ritenersi soddisfatta in determinati casi, allorquando il risultato pratico completamente raggiunto si identifichi con quello che si sarebbe realizzato con la consegna materiale del bene mutuato (Cassazione n. 9074/2001).

Infatti, il contratto di mutuo si perfeziona mettendo la cosa a disposizione del mutuatario, ancorché – in forza di accordi tra quest’ultimo e il mutuante – essa sia consegnata ad altra persona di cui, eventualmente, il mutuatario sia debitore e nei confronti del quale egli intenda adempiere all’obbligazione.

In ordine al c.d. mutuo bancario, si è ritenuto che ai fini del perfezionamento del contratto di mutuo, avente natura reale ed efficacia obbligatoria, l’uscita del denaro dal patrimonio dell’istituto di credito mutuante, e l’acquisizione dello stesso al patrimonio del mutuatario, costituisce effettiva erogazione dei fondi, anche se parte delle somme sia versata dalla banca su un deposito cauzionale infruttifero, destinato ad essere svincolato in conseguenza dell’adempimento degli obblighi e delle condizioni contrattuali (Cassazione n. 25632/2017).

Conclusivamente deve ritenersi che la consegna idonea a perfezionare il contratto reale di mutuo non va intesa nei soli termini di materiale e fisica traditio del danaro (o di altre cose fungibili), rivelandosi, invero, sufficiente il conseguimento della sua disponibilità giuridica da parte del mutuatario, ricavabile anche dall’integrazione di quel contratto con il separato atto di quietanza a saldo, attesa la progressiva dematerializzazione dei valori mobiliari e la loro sostituzione con annotazioni contabili, tenuto conto che sia la normativa antiriciclaggio che le misure normative tese a limitare l’uso di contante nelle transazioni commerciali hanno accentuato l’utilizzo di strumenti alternativi al trasferimento di danaro (Cassazione n. 17194/2018).

Il mutuo è un contratto unilaterale in quanto le prestazioni (prestazione del denaro e pagamento degli interessi) sono a carico di una sola parte, il mutuatario.

Ciò perché essendo il mutuo un contratto reale che si perfeziona con la consegna di una determinata quantità di danaro (o di altre cose fungibili), dopo il suo perfezionamento non vi sono più obbligazioni a carico del mutuante ma solo a carico del mutuatario.

Il mutuo è un contratto oneroso il mutuatario deve corrispondere gli interessi o quanto diversamente pattuito per l’attribuzione del denaro, salvo diversa volontà delle parti che possono stabilire un mutuo gratuito.

Le due attribuzioni corrispettive che rendono il mutuo un contratto oneroso sono:

  • per il mutuante il trasferimento della proprietà, attraverso la consegna, di una determinata quantità di danaro (o di altre cose fungibili);
  • per il mutuatario il pagamento degli interessi.

Il mutuo è un contratto di durata in quanto è destinato a durare per un determinato periodo di tempo.

Da tale caratteristica ne discende che al mutuo sono applicabili l’art. 1372 c.c. che disciplina il recesso, l’art. 1360 c.c.  che disciplina la retroattività della condizione e l’art. 1458 c.c. disciplinante invece gli effetti della risoluzione.

 

Il contratto di mutuo: Il mutuo di scopo

Come scritto sopra il muto è un contratto tipico disciplinato dal codice civile agli artt. 1813 – 1822.

Al mutuo come contratto tipico, si contrappone il c.d. mutuo di scopo contratto in cui la somma viene mutuata per il conseguimento di una finalità legislativa (mutuo di scopo legale) o convenzionalmente determinata (mutuo di scopo convenzionale).

Si definisce mutuo di scopo il contratto con il quale il mutuante eroga al mutuatario un finanziamento finalizzato al raggiungimento di uno specifico obiettivo, convenzionalmente o legislativamente individuato, ed il mutuatario si obbliga, oltre che alla restituzione del prestito ricevuto e alla corresponsione degli interessi, a impiegarlo per svolgere l’attività stabilita secondo i tempi e le modalità previste nell’ottica del raggiungimento dello scopo.

Il mutuo di scopo è preordinato alla realizzazione di una finalità convenzionale necessaria, tale da contrassegnare la funzione consistente nel procurare al mutuatario i mezzi economici destinati a un’utilizzazione vincolata (Cassazione n. 12123/1990).

Il mutuo di scopo risponde alla funzione di procurare al mutuatario i mezzi economici destinati al raggiungimento di una determinata finalità, comune al finanziatore, la quale, integrando la struttura del negozio, ne amplia la causa rispetto alla sua normale consistenza, sia in relazione al profilo strutturale, perché il mutuatario non si obbliga solo a restituire la somma mutuata e a corrispondere gli interessi, ma anche a realizzare lo scopo concordato, mediante l’attuazione in concreto del programma negoziale, sia in relazione al profilo funzionale, perché nel sinallagma assume rilievo essenziale proprio l’impegno del mutuatario a realizzare la prestazione attuativa.

La destinazione delle somme mutuate alla finalità programmata assurge pertanto a componente imprescindibile del regolamento di interessi concordato, incidendo sulla causa del contratto fino a coinvolgere direttamente l’interesse dell’istituto finanziatore, ed è perciò l’impegno del mutuatario a realizzare tale destinazione che assume rilevanza corrispettiva, non essendo invece indispensabile che il richiamato interesse del finanziatore sia bilanciato in termini sinallagmatici, oltre che con la corresponsione della somma mutuata, anche mediante il riconoscimento di un tasso di interesse agevolato al mutuatario (Cassazione 15929/2018).

L’elemento caratterizzante del mutuo di scopo è che una somma di danaro viene concessa al mutuatario esclusivamente per raggiungere una determinata finalità, la quale in tal modo entra a far parte del sinallagma contrattuale (Cassazione n. 317/2001 e Cassazione n. 2876/1988).

In quanto caratterizzato nel senso sopra detto, il mutuo di scopo convenzionale è un contratto consensuale parzialmente diverso dal mutuo ex art. 1813 c.c., attesa la sua diversa funzione e atteso che il requisito per tale sua classificazione è l’esistenza di un interesse (anche) del mutuante alla destinazione delle somme (Cassazione n. 1369/2016 e Cassazione n. 25180/2007).

Infatti il mutuo di scopo si differenzia dallo schema tipico del contratto di mutuo ex art. 1813 c.c.:

– dal punto di vista strutturale, in quanto il mutuatario si obbliga non solo a restituire la somma mutuata e a corrispondere gli interessi, ma anche a realizzare lo scopo previsto con l’attuazione in concreto dell’attività programmata;

– dal punto di vista funzionale, poiché nel sinallagma assume rilievo essenziale anche quest’ultima prestazione, in termini corrispettivi dell’ottenimento della somma erogata (così Cassazione n. 5805/1994 e Cassazione n. 7116/1998).

Nel mutuo di scopo, essendo la disponibilità finanziaria concessa in vista della sua utilizzazione esclusiva per lo scopo convenuto, è esclusa ogni diversa volontaria destinazione delle somme, ivi compresa, in particolare, quella della estinzione di pregresse passività del mutuatario (Cassazione n. 317-200 e Cassazione n. 2796/1972).

Nel mutuo di scopo, sia nel mutuo di scopo legale, che nel mutuo di scopo convenzionale, la destinazione delle somme mutuate entra nella struttura del negozio connotandone il profilo causale, sicché la nullità di un tale contratto per mancanza di causa sussiste se (e solo se) quella destinazione non sia rispettata (Cassazione n. 25793/2015).

Nel mutuo di scopo si verifica una deviazione dal tipo contrattuale di cui all’art. 1813 c.c. che si configura quando il mutuatario abbia assunto espressamente un obbligo nei confronti del mutuante, in ragione dell’interesse di quest’ultimo – diretto o indiretto – ad una specifica modalità di utilizzazione delle somme per un determinato scopo.

Ne deriva che l’inosservanza della destinazione delle somme indicata nel mutuo rileva, in tali casi, ai fini della validità o meno del mutuo di scopo (Cassazione 24699/2017).

Da ciò ne discende che il mutuo di scopo è nullo, e la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, quando sia stato stipulato con l’accordo, tra l’istituto di credito e il mutuatario, della utilizzazione della provvista per una diversa finalità, ivi compresa quella di estinguere debiti in precedenza contratti dal sovvenuto verso lo stesso istituto mutuante.

Nell’ipotesi di contratto di mutuo in cui sia previsto lo scopo del reimpiego della somma mutuata per l’acquisto di un determinato bene, ove non si realizzi lo scopo previsto dall’acquisto del bene medesimo (risoluzione consensuale, inadempimento del venditore, etc.), il mutuante è legittimato a richiedere direttamente ed esclusivamente al venditore la restituzione delle somme (Cassazione n. 3392/2011).

Nel contratto di mutuo in cui sia previsto lo scopo del reimpiego della somma mutuata per l’acquisto di un determinato bene, il collegamento negoziale tra il contratto di finanziamento e quello di vendita, in virtù del quale il mutuatario è obbligato all’utilizzazione della somma mutuata per la prevista acquisizione, comporta che della somma concessa in mutuo beneficia il venditore del bene, con la conseguenza che la risoluzione della compravendita ed il correlato venir meno dello scopo del contratto di mutuo, legittimano il mutuante a richiedere la restituzione dell’importo mutuato non al mutuatario ma direttamente ed esclusivamente al venditore (Cassazione n. 3589/2010).

Il contratto di mutuo: Il mutuo fondiario

Il mutuo fondiario è disciplinato dagli artt. 38-41 del Tub e ai sensi dell’art. 38, comma 1,lo stesso D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 “ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili”, fermo restando il potere della (…)I., riconosciuto dal comma 2, di determinare tra le altre cose anche “le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisce la concessione dei finanziamenti”.

In osservanza dell’art. 38 T.U.B., comma 2 il CICR, con deliberazione del 22 aprile 1995, ha sancito che l’ammontare massimo dei finanziamenti di credito fondiario è pari all’80% del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi e che tale percentuale può essere elevata fino al 100% solo qualora vengano prestate garanzie integrative.

Alla luce della citata disciplina, emerge che, il mutuo fondiario ha quindi due caratteristiche peculiari:

–        ha un limite massimo di finanziabilià pari all’80% del valore dei beni ipotecati;

–        è assistito da una garanzia reale, ipoteca immobiliare di primo grado.

Deve ulteriormente evidenziarsi che, la banca, attraverso l’operazione di mutuo fondiario, riceve un trattamento di favore sul piano sostanziale per vari profili disciplinati nell’art. 39 TUB:

–        ai fini dell’iscrizione ipotecaria la banca può eleggere domicilio presso la propria sede, invece che nella circoscrizione del tribunale in cui ha sede la conservatoria dei registri immobiliari (art. 2839 c.c.);

–        il credito della banca, in caso di finanziamenti con clausole di indicizzazione, è garantito dall’ipoteca sino a concorrenza dell’intero importo dovuto per effetto della clausola di indicizzazione e ciò avviene automaticamente se la nota di iscrizione menziona la clausola di indicizzazione, invece di essere limitato alla somma iscritta e al triennio di interessi ex art. 2855 c.c.;

–        l’ipoteca fondiaria non è soggetta a revocatoria fallimentare quando siano state iscritte dieci giorni prima della pubblicazione della sentenza di fallimento del debitore concedente o del terzo datore di ipoteca (il c.d. consolidamento breve dell’ipoteca);

–        la revocatoria fallimentare non si applica ai pagamenti effettuati dal debitore, che venga dichiarato fallito.

Ancora la banca gode di un regime di favore per il procedimento esecutivo, che si svolge secondo l’ordinario rito dell’espropriazione forzata, salve le regole speciali poste dall’art. 41 TUB:

–        non vi è obbligo di notificazione del titolo contrattuale esecutivo;

–        l’azione esecutiva individuale può essere iniziata o proseguita anche dopo il fallimento del debitore;

–        le rendite degli immobili ipotecati sono versate alla banca, una volta iniziata l’esecuzione forzata;

–        l’aggiudicatario dell’immobile paga direttamente alla banca la parte di prezzo corrispondente al suo credito.

Inutile evidenziare che la posizione di vantaggio riconosciuta all’istituto di credito è strettamente collegata alla natura “fondiaria” del credito erogato e quindi è in essa che trova la sua ragione.

Deve inoltre ricordarsi che, in tema di contratto di mutuo fondiario, una volta iscritta l’ipoteca di primo grado sorge il pieno diritto dello stipulante a fruire del mutuo, che ben può dirsi gli sia stato “concesso” (nel senso dell’esistenza di un vincolo giuridico del mutuante alla relativa erogazione) con la prima stipulazione, onde l’istituto di credito non può più sottrarsi alla stipulazione dell’atto definitivo e alla concreta erogazione della somma; ne consegue che l’eventuale rifiuto ingiustificato di far luogo alla consegna al mutuatario della somma mutuata contro il rilascio di quietanza da redigersi per atto pubblico (fase negoziale che il citato testo unico definisce come di stipulazione del contratto definitivo) si configura come vero e proprio inadempimento contrattuale e dà al mutuatario diritto di ottenere il risarcimento del danno ai sensi degli artt. 1218 e 1223 cod. civ. (Cassazione n. 9101/2003).

Fatte queste brevi premesse, deve ricordarsi, che il mutuo fondiario non è un mutuo di scopo, non risultando per la relativa validità previsto che la somma erogata dall’istituto mutuante debba essere necessariamente destinata a una specifica finalità che il mutuatario sia tenuto a perseguire.

Nè – si è detto l’istituto mutuante deve controllare l’utilizzazione che viene fatta della somma erogata, risultando piuttosto connotato, il mutuo fondiario, dalla possibilità di prestazione da parte del proprietario di immobili (rustici o urbani) a garanzia ipotecaria (Cassazione n. 9511/2007, Cassazione n. 4792/2012,  Cassazione n. 19282/2014).

Il mutuo fondiario non è un mutuo di scopo, poiché nessuna delle norme da cui è regolato impone una specifica destinazione del finanziamento concesso né vincola il mutuatario al conseguimento di una determinata finalità e l’istituto mutuante al controllo dell’utilizzazione della somma erogata (Cassazione n. 5891/2018).

Il mutuo fondiario si qualifica nella specificità in funzione della possibilità di prestazione, da parte del mutuatario che sia proprietario di immobili rustici od urbani, di garanzia ipotecaria.

La finalità del finanziamento non entra nella causa del contratto di mutuo fondiario, che è data dall’immediata disponibilità di denaro a fronte della concessione di garanzia ipotecaria immobiliare, con restituzione della somma oltre il breve termine, laddove, invece, nel mutuo di scopo, legale o convenzionale, la destinazione delle somme mutuate è parte inscindibile del regolamento di interessi e l’impegno assunto dal mutuatario ha rilevanza corrispettiva nell’attribuzione della somma, quindi rilievo causale nell’economia del contratto.

Ne consegue la liceità del mutuo fondiario stipulato dal mutuatario, ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 38, per sanare debiti pregressi verso la banca mutuante (Cassazione n. 28663/13, Cassazione n. 19282/2014, Tribunale Viterbo, civile Sentenza 7 marzo 2018, n. 387).

Il contratto di mutuo: Il mutuo condizionato

Il testo dell’art. 1813 c.c., nel prevedere che il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di denaro o di cose fungibili, e l’altra si obbliga a restituire il tantundem, lo atteggia innegabilmente secondo i canoni dei c.d. contratti reali, in cui il contratto di perfeziona solo al momento della traditio del denaro o dello cosa data a mutuo, che al contempo configura il fatto genetico dell’obbligazione restitutoria in carico al mutuatario.

Da ciò ne discende, come più volte scritto, che il contratto di mutuo è un contratto reale, che si perfeziona con la consegna della somma data a mutuo, che è elemento costitutivo del contratto e il momento perfezionativo del negozio coincide, di regola, con la cosiddetta traditio – ossia con la consegna del denaro al mutuatario che ne acquista la proprietà – ovvero, come modalità alternativa ed equipollente della traditio, con il conseguimento della disponibilità giuridica per effetto della creazione da parte del mutuante di un autonomo titolo di disponibilità tale da determinare l’uscita della somma dal patrimonio del mutuante e l’acquisizione della medesima al patrimonio del mutuatario (Cassazione n. 17194/2015, Cassazione n. 14270/2011; Cassazione n. 14/2011, Cassazione n. 17211/2004, Cassazione n. 4327/2002, Cassazione n. 9074/2001, Tribunale Potenza, Sezione 5 civile Ordinanza 17 luglio 2018).

Il mutuo condizionato, può definirsi come quel contratto di mutuo che non produce la immediata trasmissione della disponibilità giuridica della somma erogata al mutuatario, la quale è rimasta indisponibile in deposito cauzionale presso la banca mutuante medesima sino al verificarsi di condizioni future ed incerte, rimesse (in parte) alla volontà della parte mutuataria.

Il mutuo condizionato in sostanza difetta della immediata consegna (da intendersi come immediata immissione nella disponibilità giuridica della somma mutuata) e quindi posticipa necessariamente ad un momento futuro ed incerto il perfezionamento negoziale.

Il mutuo condizionato, che è assai frequente nella prassi dei mutui fondiari, si ha quando, le parti, nell’atto mutuo, si danno atto della consegna della somma mutuata, salvo poi precisare contestualmente che l’importo finanziario verrà vincolato in un deposito cauzionale a garanzia dell’adempimento di una serie  di obblighi a carico della parte mutuataria.

Il mutuo condizionato quale titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c.

In merito al contratto di muto condizionato, è stato chiarito che “al fine di accertare se un contratto di mutuo possa essere utilizzato quale titolo esecutivo, ai sensi dell’art. 474 c.p.c., occorre verificare, attraverso la sua interpretazione integrata con quanto previsto nell’atto di erogazione e quietanza o di quietanza a saldo ove esistente, se esso contenga pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza la disponibilità giuridica della somma mutuata, e che entrambi gli atti, di mutuo ed erogazione, rispettino i requisiti di forma imposti dalla legge” (Cassazione n. 17194/2015).

Il contratto di mutuo condizionato è inidoneo ad assolvere la funzione di titolo esecutivo autonomo ed autosufficiente.

Il mutuo condizionato, invero, non documenta l’esistenza attuale di obbligazioni di somma di denaro e, pertanto, seppure stipulato con atto pubblico notarile, non può essere utilizzato come titolo esecutivo dall’istituto di credito mutuante che intenda procedere ad esecuzione forzata, difettando dei requisiti previsti dall’art. 474, comma 2, n. 3, c.p.c..

Qualora le somme solo apparentemente sono uscite dalla disponibilità della banca per entrare in quella del mutuatario, nemmeno l’eventuale prova esterna della effettiva, successiva disponibilità della somma erogata da parte del mutuatario, è idonea a conferire all’atto in parola la natura di titolo esecutivo privilegiato, richiedendosi per l’esecuzione coattiva un apposito accertamento giudiziale esterno che verifichi la sussistenza della circostanza di fatto” (così Tribunale Roma, Sezione 4 civile Sentenza 13 maggio 2015).

E’ principio ormai consolidato che il mutuo condizionatonon può essere annoverato nella categoria dei titoli esecutivi di cui all’art. 474 co. 1 n. 2 c.p.c., sicché non può ritenersi di per sé idoneo a sorreggere l’esecuzione forzata con conseguente necessaria declaratoria di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo, il contratto di mutuo pur se stipulato per atto pubblico notarile nel quale, benché la somma sia stata dichiarata come erogata e quietanzata essa, per la verità, è costituita, presso la stessa banca, in deposito cauzionale a garanzia dell’adempimento di tutte le condizioni poste a carico della medesima parte finanziata, emergendo così che la somma in questione, mentre in una parte del predetto documento viene dichiarata come erogata, in altra, invece, viene indicata come ancora vincolata e giacente presso la banca e dunque, non disponibile, per il mutuatario.”

Ciò perché il mutuo condizionato, “difetta, in questo caso, la traditio anche sotto il profilo della disponibilità giuridica poiché il mutuante non ha creato un autonomo titolo di disponibilità in favore del mutuatario sì da determinare l’uscita della somma dal proprio patrimonio e l’acquisizione della medesima al patrimonio di quest’ultimo, né ha inserito nel medesimo contratto di mutuo specifiche pattuizioni consistenti nell’incarico che il mutuatario conferisce al mutuante di impiegare la somma mutuata per soddisfare un interesse del primo.

Conclusivamente, “il contratto di mutuo condizionato, non incorporando o fornendo la prova di un diritto di credito certo, liquido ed esigibile, è inidoneo, pur se stipulato con atto pubblico notarile, ad assumere efficacia di titolo esecutivo ai fini della restituzione coattiva delle somme promesse” (in tal senso Tribunale di Tivoli Ordinanza 23 luglio 2018, Tribunale Potenza Ordinanza 17 luglio 2018, Tribunale di Lagonegro n. 89/2018, Tribunale Pescara Sentenza 12 giugno 2017 e Tribunale Pescara, civile Sentenza 5 aprile 2017).

Il contratto di mutuo: La promessa di mutuo, ovvero il c.d. preliminare di mutuo

L’art. 1822 disciplina la promessa di mutuo, ovvero il c.d. preliminare di mutuo, prevedendo che:

Chi ha promesso di dare a mutuo può rifiutare l’adempimento della sua obbligazione, se le condizioni patrimoniali dell’altro contraente sono divenute tali da rendere notevolmente difficile la restituzione, e non gli sono offerte idonee garanzie.

Orbene, deve premettersi che, anche con riguardo al contratto di mutuo è configurabile un contratto preliminare consistente in una promessa de mutuo dando e de mutuo accipiendo, che la legge prevede e disciplina, a determinati effetti, all’art 1822 c.c. e che, anche se non da titolo – stante l’insuscettibilità dell’obbligazione del promittente di esecuzione in forma specifica – ad ottenere la sentenza prevista dall’art 2932 c.c., e pur sempre produttivo di un rapporto giuridico, generatore di diritti ed obblighi tra le parti.

Con la conseguenza che la stipulazione di un tale preliminare, per effetto dell’intervento del mediatore, configura conclusione dell’affare e fa sorgere, in capo al mediatore, il diritto alla provvigione previsto dall’art. 1755 c.c. (Cassazione n. 3980/1981).

La promessa di mutuo è un contratto preparatorio e preliminare del mutuo, anch’essa sintesi della proposta e dell’accettazione.

Validamente formatasi, la promessa di mutuo vincola all’adempimento specifico e, in mancanza al risarcimento del danno.

La successiva dazione della cosa promessa a mutuo non è la trasformazione, ma l’esecuzione della promessa.

Il contratto preparatorio ha per oggetto la conclusione del contratto definitivo.

Il primo, in materia di mutuo, è un contratto consensuale; l’altro è un contratto reale (Tribunale Taranto, Sezione 2 civile Sentenza 21 febbraio 2017, n. 473).

A differenza del contratto di mutuo in cui una parte consegna cose fungibili e l’altra si impegna a restituire il tantundem, nella promessa di mutuo, di fronte all’obbligo del prominente mutuante di consegnare le cose, non sussiste un contrapposto obbligo di restituzione, ma questo nasce solo dopo la loro consegna

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Avv. Umberto Davide

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