ciò che viene in rilievo e che può assurgere al rango di illecito endofamiliare è la lesione del nucleo essenziale del diritto, costituzionalmente tutelato, del figlio a ricevere dal genitore, su cui incombe il corrispondente dovere, assistenza e sostegno materiale e morale; entrare nel merito di singoli atti e momenti della vita familiare che possono essere connotati o meno, a seconda di ogni situazione particolare e di ogni singolo contesto familiare, significherebbe scivolare in una valutazione morale più che giuridica, operazione del tutto preclusa all’autorità giurisdizionale.

Tribunale|Bolzano|Sezione 2|Civile|Sentenza|13 marzo 2020| n. 286

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI BOLZANO

SECONDA SEZIONE CIVILE

nella persona del giudice unico, dott. Giulio Scaramuzzino, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel procedimento civile sub n. 5000/2017 R.G. vertente tra

BA.BE., con l’avv. Or.Ca. del foro di Taranto

attore

e

RO.AN., con l’avv. Al.Va., del Foro di Bolzano

convenuta

In punto: risarcimento danni

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con atto di citazione dd. 15.11.2017 il signor Be.Ba. conveniva in giudizio la madre An.Ro. chiedendo al Tribunale adito l’accoglimento delle seguenti conclusioni:

“- Accertare e dichiarare il danno esistenziale da illecito endofamiliare perpetrato dalla signora Ro.An. ai danni di parte attrice per tutte le ragioni di cui in premessa;

– condannare la signora An.Ro. al risarcimento del danno esistenziale da illecito endofamiliare in favore del signor Ba.Be. da quantificarsi secondo equità, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1226 e 2056 c.c. nella somma che sarà ritenuta di giustizia in favore di parte attrice;

– condannare al pagamento delle spese e competenze di giudizio parte convenuta secondo il principio di soccombenza.”.

Con comparsa di costituzione e risposta dd. 29.03.2018 si costituiva in giudizio la signora An.Ro. contestando tutto quanto ex adverso dedotto ed allegato e chiedendo l’accoglimento delle seguenti conclusioni:

“In via principale nel merito: per le ragioni espresse in narrativa rigettare, in quanto infondate in fatto e in diritto, tutte le domande svolte dall’attore nell’atto di citazione dd. 15.11.2017; in ogni caso: con vittoria di spese, competenze e onorari di causa”.

All’udienza del 19.04.2018 il G.I., su richiesta delle parti, concedeva i termini di cui all’art. 183 comma 6 c.p.c., fissando la successiva udienza per il 8.11.2018.

Le parti provvedevano a depositare le memorie nei termini concessi dal G.I., il quale all’udienza di data 8.11.2018 si riservava in merito all’ammissione dei mezzi istruttori richiesti.

Sciolta la riserva, il G.I. fissava l’udienza del 27.03.2019 per l’escussione dei testi di parte attrice e convenuta.

All’esito dell’istruttoria orale, ritenendo la causa matura per la decisione il Giudice fissava per la precisazione delle conclusioni l’udienza del 24.10.2019.

A tale udienza le parti precisavano le rispettive conclusioni e il G.I. tratteneva la causa in decisione assegnando i termini di cui all’art. 190 c.p.c.

2. L’attore, figlio della convenuta, agisce nei confronti della madre per vedersi risarciti i danni derivatigli dall’asserito illecito endofamiliare posto in essere da parte di quest’ultima.

Segnatamente la madre avrebbe tenuto un comportamento sprezzante nei confronti della prole (per quanto di interesse nei confronti del figlio Be.).

Questi, trasferitosi nel 2008 presso la madre (già da prima i genitori erano separati) in Bolzano al fine di poter meglio curare le patologie da cui è affetto (cfr. atto di citazione sub 1), sarebbe stato costretto, nel maggio 2015, ad interrompere l’iter terapeutico per fare ritorno a Crispiano, in Puglia, presso il padre, e ciò perché sarebbe stato indotto dall’atteggiamento di indifferenza mostrato dalla madre.

La conseguenza sarebbe stata l’aggravamento della sua patologia.

Successivamente, nel 2016, l’odierno attore sarebbe ritornato a vivere con la madre a Bolzano per poter seguire nuovamente le cure ed, in particolare, per potersi sottoporre ad un intervento chirurgico.

Dopo tale operazione la madre avrebbe ancora una volta mostrato il suo disinteresse, recandosi in vacanza in Spagna, sicché il padre si sarebbe dovuto temporaneamente dovuto trasferire a Bolzano per prestare assistenza a Be..

Nel novembre 2016 l’attore sarebbe tornato nuovamente presso l’abitazione materna, dovendosi sottoporre ad ulteriore intervento; anche in tale frangente l’atteggiamento della madre (e del suo coniuge) sarebbe stato connotato da ostilità nei confronti del figlio.

Infine, il 15 giugno 2017, l’attore sarebbe stato letteralmente “messo alla porta” dalla madre, la quale lo avrebbe lasciato sprovvisto della necessaria assistenza materiale e morale.

Per tale episodio l’attore sporgeva anche denuncia querela presso i Carabinieri.

Ritenendo che i fatti appena descritti integrino esempio di illecito cd. endofamiliare, l’odierno attore evocava in giudizio la madre al fine di ottenere il risarcimento dei danni derivanti, da liquidarsi, ovviamente, in via equitativa.

Giova pure sottolineare che l’attore non agiva per il risarcimento di ulteriori danni, né di carattere biologico, non allegando alcuna lesione alla propria integrità psicofisica derivante dalle condotte della madre (o quantomeno non chiedendone il risarcimento), né tantomeno di carattere morale (a titolo esemplificativo derivanti dai singoli episodi descritti: ingiurie, minacce et similia).

In sostanza pretende l’attore di essere risarcito dalla madre per i danni derivanti dalla violazione dei doveri di assistenza morale e materiale incombenti sui genitori (e segnatamente, per quanto di interesse, sulla madre).

3. Corre l’obbligo, a parere di chi scrive, di ripercorrere le vicende salienti (non sempre, in verità, narrate in modo completo e perspicuo dall’attore) della vita dell’odierno attore.

E’ incontestato che, nel 1995, i genitori dell’odierno attore, nato nel gennaio del 1987, si separavano.

E’ pure pacifico che Be.Ba. sia affetto (diagnosi avvenuta nel 2005) dalle patologie descritte in atto di citazione; in particolare dal morbo di Crohn che lo costringe, fin dalla giovinezza, a sottoporsi a cure, ad interventi chirurgici, a seguire un peculiare regime alimentare e stile di vita.

Altresì pacifico è che, successivamente alla diagnosi di cui sopra, Be.Ba., ormai maggiorenne, si trasferiva presso l’abitazione della madre e del nuovo marito, Se.Ve., per potere farsi seguire clinicamente dal dott. Co., specialista in servizio presso il nosocomio di Bolzano.

Successivamente Be. si recava nuovamente in Puglia, ove veniva sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio (settembre 2014: doc. 4 di parte convenuta).

Nel 2015, poi, l’odierno attore si trasferiva in Puglia fino a quando, nel 2016, si trasferiva nuovamente a Bolzano per poter riprendere le cure e sottoporsi ad intervento chirurgico.

E’ infine pacifico che, in data 15.6.2017, il Ba. lasciava la casa materna.

I fatti, per così dire storici, appena descritti sono pacifici. In contestazione sono, invece, le ragioni per cui Ba. avrebbe adottato le decisioni (per limitarsi alle più rilevanti in questa sede) di trasferirsi momentaneamente in Puglia e di lasciare, infine, la casa della madre.

Secondo le allegazioni attoree il tutto sarebbe da ricondurre alle condotte della madre, radicalmente contrarie agli obblighi gravanti sul genitore; secondo la versione della madre, invece, questa avrebbe sempre fatto di tutto per riuscire a seguire il figlio nella sua delicata malattia, perché egli potesse ricevere delle cure appropriate, essendo invece il figlio a rifiutarsi di seguire le indicazioni dei medici, ad insultare e a trattare male la madre, la quale, infine, esasperata, allorquando il figlio aveva già reperito un impiego, gli chiedeva di lasciare la casa, data l’intollerabilità della situazione.

4. E’ oramai da anni consolidato l’orientamento secondo cui, risarcibile ai sensi degli artt. 2043 e 2059 c.c. è il cd. danno da illecito endofamiliare.

Trattasi infatti di danni derivanti dalla lesione di interessi aventi copertura costituzionale, segnatamente dei diritti nascenti dal rapporto di filiazione che trovano negli articoli 2 e 30 della Costituzione, oltre che nelle norme di natura internazionale recepite nel nostro ordinamento, riconoscimento e tutela; beni fondamentali che trovano poi concreta applicazione nell’art. 315 bis c.c. (con il quale il legislatore ha recepito, in tempi relativamente recenti, le istanze sovranazionali non ancora recepite) ai sensi del quale “il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni. Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti. Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa”.

Sul tema merita di essere ricordato il chiaro orientamento di Cass. civ., Sez. 1, Sentenza n. 5652 del 10/04/2012 (Rv. 622138 – 01), secondo cui “la violazione dei doveri di mantenimento, istruzione ed educazione dei genitori verso la prole (nella specie il disinteresse mostrato dal padre nei confronti del figlio per lunghi anni) non trova sanzione solo nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, potendo integrare gli estremi dell’illecito civile, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti; questa, pertanto, può dar luogo ad un’autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell’art. 2059 cod. civ. esercitabile anche nell’ambito dell’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità e maternità”.

Nello stesso senso si esprimeva, ancor più di recente, Cass. civ., Sez. 6 – 3, Sentenza n. 3079 del 16/02/2015 (Rv. 634387 – 01), secondo la quale “il disinteresse mostrato da un genitore nei confronti di una figlia naturale integra la violazione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione della prole, e determina la lesione dei diritti nascenti dal rapporto di filiazione che trovano negli articoli 2 e 30 della Costituzione – oltre che nelle norme di natura internazionale recepite nel nostro ordinamento – un elevato grado di riconoscimento e tutela, sicché tale condotta è suscettibile di integrare gli estremi dell’illecito civile e legittima l’esercizio, ai sensi dell’art. 2059 cod. civ., di un’autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali sofferti dalla prole”.

Chiaro è dunque il condivisibile approdo della giurisprudenza di legittimità: è, come noto, consolidato il sistema di risarcibilità del danno non patrimoniale, possibile nel caso di lesione di valori riconosciuti e protetti dalla Carta costituzionale, da intendersi richiamati dalla previsione, da ritenersi atipica, di cui all’art. 2059 c.c.

Sul punto costituisce da lungo tempo ius receptum il dictum di Cass. civ., SS.UU., Sez. U, Sentenza n. 26972 del 11/11/2008 (Rv. 605491 – 01), secondo cui “il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi “previsti dalla legge”, e cioè, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 cod. civ.:

(a) quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall’ordinamento, ancorché privo di rilevanza costituzionale;

(b) quando ricorra una delle fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche al di fuori di una ipotesi di reato (ad es., nel caso di illecito trattamento dei dati personali o di violazione delle norme che vietano la discriminazione razziale); in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dei soli interessi della persona che il legislatore ha inteso tutelare attraverso la norma attributiva del diritto al risarcimento (quali, rispettivamente, quello alla riservatezza od a non subire discriminazioni);

(c) quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di tali interessi, che, al contrario delle prime due ipotesi, non sono individuati “ex ante” dalla legge, ma dovranno essere selezionati caso per caso dal giudice” (di recente si veda, ex plurimis, Cass. civ., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 29206 del 12/11/2019 – Rv. 655757 – 01).

Il danno prospettato e richiesto da parte attrice, pertanto, è astrattamente configurabile, in quanto derivante da illecito che attinge beni “coperti” dagli articoli della Carta costituzionale sopra richiamati, peraltro recepibili (e recepiti) dagli art. 2059 e 315 bis c.c.

Chiarito pertanto che il peculiare illecito allegato da parte attrice può essere scaturigine di danni astrattamente risarcibili in quanto ricadenti nel novero di cui all’art. 2059 c.c., interpretato come dianzi illustrato, devesi tuttavia scrutinare se, nel caso concreto, sia stato dimostrato che l’attore abbia effettivamente patito un danno non patrimoniale e se, ancor prima, la convenuta abbia posto in essere le condotte descritte dal figlio ed, in caso affermativo, se tali condotte effettivamente costituiscano atto illecito violativo dei beni costituzionali sopra menzionati.

La risposta deve essere, a parere di chi scrive, negativa.

Le risultanze dell’istruttoria orale conducono infatti ad escludere che il contegno della madre possa integrare una violazione dell’obbligo di assistenza e sostegno nei confronti del figlio.

Il teste Mi.Ba., padre dell’attore ed ex coniuge della convenuta, dichiarava: “Non ricordo in che anno mi sono separato da mia moglie; le date non le ricordo. La madre, quando ci separammo, se ne venne a Bolzano, affidandomi il figlio. La madre me li lasciò poiché mi disse che il figlio le era di ingombro. Preciso che già altre volte, prima della separazione, la madre si era allontanata da casa, in seguito a discussioni. Poi ci parlavamo, lei tornava, ma poi si ripresentava lo stesso problema. Alla fine c’è stata la separazione. Se mi viene chiesto se io sappia come mai mia moglie tornava sui suoi passi, posso dire che era mio suocero a convincerla poiché egli voleva tenere la famiglia unita. Lo so anche perché ne parlavo con lui”;

E’ vero (che la madre ha usato violenza fisica sui figli). Intendo dire che ha preso a botte tutti e due i figli, quando capitavano discussioni o litigi. Preciso che il bambino, Be., all’epoca della separazione era piccolo, aveva otto anni. Sì, è vero (che la moglie, prima della separazione, si allontanava da casa), ma gli allontanamenti non si protraevano per più di tre o quattro giorni, perché poi tornava sempre a casa. Lei mi diceva che aveva trovato un lavoro, ma in verità non so se fosse vero; fatto sta che tornava sui suoi passi per far rientro a casa; in tali occasioni eravamo io ed i miei suoceri, che oggi non ci sono più, ad occuparci dei due figli. Be. trascorreva le vacanze un po’ a Bolzano ed un po’ a Crispiano, era una scelta sua, non c’erano vincoli.

E’vero (che Be. ha tentato il suicidio). E’ accaduto a Bolzano; ricordo anche che si dovettero sigillare le finestre. In tale periodo anche io venni a Bolzano dato che fui chiamato.

Be. viveva con la madre ma poi fu ricoverato in ospedale. La madre gli era vicino, nel senso che poi lo seguiva anche in ospedale. Tra l’altro c’era anche l’altra mia figlia, che stava a casa della mia ex moglie. Nel 2017 la madre mise fuori di casa Be., il motivo non lo so.

So che litigavano e che tutti i giorni la madre minacciava il figlio, dicendogli che doveva andare via da casa. Io queste cose le so perché me le ha dette Be., ma sono stato anche chiamato dalla madre, che diceva di voler buttarlo fuori casa. Non so il motivo o i motivi per i quali la madre voleva buttarlo fuori di casa, questo deve chiederlo a lei.

So solo che, quando fu fatto l’intervento a mio figlio, la mia ex moglie doveva andare in Spagna per lavoro, e io dovetti salire su a Bolzano per accudire Be., questo prima che Be. fosse messo fuori casa. Salii su e mi trattenni per un mese e mezzo; dapprima dovevo andare in albergo, poi la mia ex moglie disse che potevo stare a casa sua. Dal momento in cui Be. fu messo fuori casa, io sostenni Be. sia economicamente che moralmente. All’epoca dei fatti Be. lavorava. Non so che reddito percepisse. All’epoca faceva il postino. All’epoca mio figlio percepiva una pensione di invalidità, che ora non percepisce più. Mi sembra che tale pensione ammontasse a circa 400,00 Euro.

Io contribuivo nel senso che lo aiutavo in quelle spese in più, ad esempio qualche capo di vestiario o per le spese di casa. Per fortuna Be. se la cavò da solo e prima alloggiò in un albergo e poi trovo l’abitazione dove vive adesso. In questo frangente io non ero a Bolzano, ma ero a Crispiano. Quando io venni a trovarlo, lui era già nella sua abitazione, e doveva essere il 2018, anche se sulle date non sono sicuro. Preciso però che ero venuto anche in precedenza, dopo che si era sistemato nella casa nuova. Il ragazzo lo trovai distrutto, poiché non aveva più un parente vicino, il tutto anche in relazione alle condizioni di salute in cui versa Be.. Nel 2018 poi Be. ebbe un collasso; io stavo già a Bolzano, avendo trascorso il Natale con lui. Stavo partendo, ma dopo venti minuti fui chiamato e lui stava collassando nella macchina. Chiamò il 118 e fu salvato. Io tornai indietro per seguirlo (…)”.

La testimone Va.Be., medico di base dell’attore e della convenuta, dichiarava;

“E’ vero (che alla convenuta erano stati prescritti antidepressivi). E’ vero (che, a causa dell’aggravamento delle condizioni di Be., la madre decideva di far trasferire il figlio stesso presso la sua abitazione in Bolzano);

lo so poiché nell’assistenza domiciliare lo seguivo io assieme alla squadra di infermieri e anche perché veniva seguito in ospedale dal team del dott. Co., il quale è il gastroenterologo che lo segue. Ho avuto modo do vedere la camera di Be.. Era effettivamente una camera ammobiliata;

ora come ora non ricordo se vi era il televisore. Comunque confermo che avesse una camera per sé. Nulla so in merito al mantenimento di Be.. Questo è vero (che la convenuta ospitava presso di sé il padre di Be.); posso confermarlo poiché ho visto personalmente in studio da me il padre di Be..

Lo stesso Michele Ba. mi disse che alloggiava presso la casa di Be. e della madre. Su questo nessuno mi ha mai detto niente (sul fatto che la convenuta si affrettasse, smontando dai turni di lavoro, ad accorrere a casa per assistere il figlio).

Posso presumere di sì, poiché la madre era sempre preoccupata dal dover tornare da Be. e dover stare dietro a lui, tanto è vero che era sempre stanca. E’vero (che la madre andava in ospedale ad assistere il figlio).

Lo so perché poi ella mi riferiva quello che accadeva in ospedale. E’ vero (che la convenuta chiedeva ed ottenere di poter fruire dei permessi di cui alla L. n. 104/1992 per meglio potere assistere il figlio), ho redatto io il certificato. Ha parlato a volte di congedi o di aspettativa.

A volte capitava (che Be. faticasse a seguire le prescrizioni impartite dai medici per curare la propria patologia), ma ritengo che sia dovuto alla giovane età ed al fatto che sia una patologia difficile da accettare.

E’ vero (che i medici avevano sconsigliato a Be. di assumere bevande alcoliche e di fumare). Degli alcolici non so; delle alle altre sostanze, dicasi marijuana sì. Ultimamente, da quando è consentito, gli viene anche prescritta a scopo terapeutico.

Prima non era consentito prescriverla, ma lui la assumeva a scopo antidolorifico, lui almeno così diceva.

Per questo la madre era arrabbiata in quanto, talvolta, era un ragazzo che eccedeva in tali assunzioni. Così mi riferiva la madre (che Be. Si scagliava contro la madre dal 2013 in poi con insulti, improperi et similia). Anche Be. mi riferiva che litigavano per vari motivi, direi per problemi di convivenza e caratteriali. Sì, è vero. Be. in più riprese è tornato a Bolzano, sempre per avere migliori cure.

La data non la ricordo (sul fatto se Be., nel 2015, decideva di interrompere la terapia e fare ritorno in Puglia); so che più volte è tornato in Puglia. Sì la mamma cercava sempre di convincerlo a tornare. La mamma in qualche occasione mi ha riferito che lei si agitava poiché vi erano queste discussioni di cui ho già detto prima (sempre sulla circostanza che Be., dopo essere tornato a Bolzano, continuava ad insultare la madre. E’vero (che, nonostante le condotte del figlio, la madre continuava ad occuparsi di lui). E’vero (che, dal marzo 2017, Be. aveva reperito lavoro presso un’impresa di Bolzano).

Di quest’episodio (sulla circostanza di uno scatto d’ira del figlio nei confronti della madre) mi ha riferito la madre; io personalmente non ho assistito. Così mi ha riferito la madre (sul fatto se la madre abbia chiesto al figlio di lasciare la casa dopo lo scatto d’ira di cui sopra), la quale mi ha detto che non ce la faceva più.

La madre portava i farmaci a Be., veniva da me a chiedere consigli su cosa fare, poi quando sporcava la stomia, la madre puliva e cambiava la biancheria. La madre seguiva anche l’aspetto dell’alimentazione di Be., poiché mi chiedeva cosa doveva preparargli e so anche che si occupava di comprargli gli integratori. Non sempre visitavo Be. dopo che faceva rientro a Bolzano dai periodi in Puglia, poiché talvolta Be. si recava direttamente in ospedale. Ho potuto però vedere i referti medici e quelli degli esami del sangue e risultava che il paziente aveva sia gli elettroliti che l’anemia sballata, ciò che capita quando la patologia non è seguita oppure si è aggravata.

A litigi veri e propri in mia presenza non ho assistito; talvolta si sono verificati più che altro dei battibecchi quando si sono recati entrambi da me. Erano battibecchi dovuti alla convivenza oppure dovuti alle cure; non ricordo di preciso; ad esempio capitava che la signora insistesse perché Be. assumesse alcune cose, che però egli non riteneva utili oppure per il fatto che Be. voleva essere più autonomo nella cura della sua malattia ed imputava alla madre di stargli troppo addosso.

Circa la prescrizione della cannabis può essere utilizzata a scopo terapeutico abbiamo pensato che può adiuvare la terapia antidolorifica essendo complementare ed inoltre ha sicuramente delle proprietà miorilassanti e quindi può aiutare la muscolatura intestinale. Inoltre la sostanza ha proprietà sedative in generale. Quindi io adesso sto seguendo il piano terapeutico prescritto dall’ospedale. L’assunzione terapeutica avviene tramite preparazione di alcuni oli o decotti dei quali si ingeriscono delle gocce. In precedenza, quando Be. la assumeva per conto suo, la sostanza la fumava. In relazione alla patologia di Be. il fumo in generale non è consigliato”.

La teste An.Ba., sorella dell’attore e figlia della convenuta, riferiva:

“Questo accadeva molto prima della separazione (che la madre accusasse i figli di essere un ostacolo alla sua realizzazione). Tra me e mio fratello ci sono circa dieci anni di differenza. Io ho subito dei maltrattamenti fisici nei primi diciotto anni della mia vita, allorché mia madre se ne andò di casa.

Mia madre trovava qualsiasi pretesto per scatenare la sua rabbia verso di me, quindi io ho immaginato che si sentisse limitata nella sua libertà. Io avevo dieci anni quando nacque Be.; direi che con Be., quando era piccolino, non vi erano le stesse reazioni violente. C’era però una fobia per quanto riguarda la pulizia, e noi venivamo menati se sporcavamo. Io poi ho frequentato le scuole superiori e ho vissuto a Martinafranca a casa di una mia amica, ragion per cui non ho vissuto alcuni anni di vita di mio fratello.

Quando mia madre andò via da casa, io non parlavo con mia madre ed ero già andata a Milano per cercare lavoro. Io scoprii che era andata via di casa quando tornai a Crispiano dove trovai solo mio padre e mio fratello a casa. Preciso che mia madre, a parte picchiarmi, per qualsiasi cosa non mi rivolgeva più la parola. I primi due anni mia madre riprese il contatto con Be., non parlando con me. Noi però rimanemmo a casa con nostro padre e con i nonni materni, che si sono occupati di noi.

Durante il periodo estivo, dopo i primi due anni, saltuariamente stava con la madre, recandosi a Bolzano; dopodiché ritornava a Crispiano. E ‘ vero; mia nonna ha fatto da madre anche a me. Allora (in relazione al fatto se Be. avesse tentato il suicidio nel 2013) Be. ha subito tantissime operazioni ed ha subito degli scompensi che lo hanno portato a periodi di depressione profonda e quindi ho assistito anche a questo, nel senso che in ospedale ed a casa ci hanno barricato le finestre; questo anche a casa di mia madre a Bolzano. Be. minacciava di volersi buttare giù.

E’ vero (che la madre, dopo che Be. era stato sottoposto a TSO in Puglia, firmò per le sue dimissioni, preferendo portarlo con sé per poter ultimare le sue vacanze), firmò per farlo uscire dal reparto psichiatrico dell’ospedale (…) di Taranto.

Non ricordo l’anno dell’episodio. Io e mio padre eravamo contrari poiché stava facendo una cura nel reparto, per cercare di ristabilire degli scompensi subiti. Mia madre venne da Bolzano e disse che non doveva neanche trovarsi lì poiché aveva un brutto carattere. La madre se lo portò con il camper a Rimini e poi fu lasciato libero. Mi furono anche mandate delle foto dalla discoteca; in pratica non era sotto controllo, cosa che invece ci avevano chiesto esplicitamente in ospedale.

Noi andammo da questa dottoressa (dalla dott.ssa Di.Fr.) poiché Be. non parlava e comunicava più. Questa dottoressa ricevette sia me, sia Be. sia nostra madre. La dottoressa iniziò a chiederci la storia familiare e le riferimmo i trascorsi. La dottoressa voleva approfondire il discorso del rapporto madre – figli, poiché secondo lei alla base della patologia di Be. c’è anche un fattore psicologico. Lei si era espressa sulla relazione madre – figlio, dicendo che determinate assenze e determinati episodi possono avere peggiorato la situazione dal punto di vista psicologico e fisico.

Ci fu solo un incontro in cui fummo ricevuti in tre; dopodiché mia madre si rifiutò di affrontare questo percorso e io accompagnavo mio fratello da solo. Non ricordo con precisione quanti incontri vi siano stati, forse tre o quattro. Ma nostra madre si rifiutò di affrontare questo discorso, dicendo che chi era da curare era Be..

Dopo Be. ebbe un lungo ricovero in ospedale e poi venne giù a Crispiano, ragion per cui non fu proseguito il percorso con la dottoressa Di.. Io vivo a Crispiano e quindi con mio fratello ci sentiamo tutti i giorni più volte al giorno, ma fisicamente siamo lontani.

Al telefono ho sentito che era in difficoltà, sia per quanto riguarda la ricerca di un nuovo alloggio e anche fisicamente era provato dai dolori oltre d essere amareggiato da quello che stava accadendo. Sul fatto dell’uscita di casa di Be., posso dire che, quando c’erano dei diverbi, il discorso di andare fuori di casa era sempre presente. Se c’era qualsiasi tipo di problema mia madre diceva che dovevamo andare fuori di casa.

Questo valeva sia prima, quando eravamo a Crispiano, sia a Bolzano. Quando veniva a Crispiano a casa di mio fratello, lei, per qualsiasi tipo di screzio, indicava la soluzione di uscire di casa. Giù a Crispiano era lei che se ne andava; a Bolzano invece era chi si trovava a casa sua a dover uscire. Negli ultimi anni, precisamente nel 2017 non ho assistito a discussioni a Bolzano tra Be. e la madre, anche perché io sono diventata mamma nel 2015. Poi dal 2014 mia madre non mi ha più rivolto la parola.

Sul fatto che Be. venisse minacciato di essere buttato fuori dalla casa di Bolzano io posso dire che è stato lo stesso Be. a riferirmelo al telefono.

Nel frangente (quando sarebbe stato buttato fuori di casa dalla madre) se l’è vista da solo, ha trovato il nuovo alloggio da solo. Economicamente è stato sostenuto da mio padre. All’epoca aveva appena cominciato a lavorare, ma ancora non era stato formalizzato.

E’ vero (che la stessa sorella sarebbe stata buttata fuori di casa in altra occasione). E’ vero (che la sorella di Be. ha interrotto i rapporti con la madre); Al., che è l’ultimo nipotino nemmeno lo conosce.

Quando io ero incinta di Al., nel 2015, mia madre chiuse i rapporti con me. Con Ma. invece ha intrattenuto rapporti solo quando veniva giù, nulla di più. Ora non ha nessun tipo di rapporto nemmeno con Ma.. E’ vero (che i nonni materni hanno preferito donare loro alcuni beni immobili, che così, non sono stati ereditati dalla convenuta); per quello che mi riguarda si tratta della casa dove attualmente vivo. Hanno fatto la casa direttamente a noi nipoti, non ai figli, anche perché la nonna materna non ha avuto nessun tipo di rapporto per sedici anni e mezzo con la figlia, ovvero con mia madre. Assolutamente si (sul fatto che la convenuta avesse dimostrato disappunto e rabbia per quanto sopra illustrato); nel momento in cui c ‘è stata la donazione della casa, non c’è stato nessun tipo di discorso.

Nel momento in cui è morto mio nonno, c’è stata una contestazione fatta non a me, ma a mio padre; in pratica mia madre e mio zio volevano togliermi la casa. Questo mi è stato detto da mio padre e da mio zio. Negli ultimi anni con mio figlio piccolo non sono salita più a Bolzano, è stato mio padre a salire quando ci sono stati ricoveri e urgenze.

Ora Be. si segue da solo. Fino al 2015, quando si sono rotti i rapporti con mia madre, quando Be. subiva operazioni o comunque aveva bisogno di assistenza, io alloggiavo a casa di mia madre per poter stare vicino a Be.. Dopo il 2015 io non ho avuto modo di seguire da vicino mio fratello, quindi se n’è occupato mio padre. In relazione al T.S.O. di cui ho detto prima, ricordo che mio fratello aveva sospeso la cura che gli era stata prescritta dalla dott.ssa Di. se non ricordo male.

Quindi vi fu uno scompenso a livello chimico – così ci dissero – che portò ad una fase di esaltazione da parte di Be., stato che stavano cercando di curare, ragion per cui fu necessario il T.S.O. So che alla base del T.S.O. vi fu un episodio in cui Be. aggredì il padre; io non ero presente ma so che è accaduto. Non ero presente allorquando mia madre si recò a Rimini in vacanza con Be. dopo aver dato il consenso per le dimissioni dello stesso Be., ma ricevetti delle foto da parte di mio fratello, il quale mi salutava da Rimini.

In merito alla questione ereditaria, mia madre e mio zio hanno solo minacciato di fare causa ma poi non l’hanno mai fatta. Fino al 2015, se mi viene chiesto chi è che si occupava di seguire Be. nella routine quotidiana, posso dire che era mia madre ad occuparsene. Quando ruppe i contatti con me, nel 2015, li ruppe anche con Be., il quale fece ritorno, anzi restò a Crispiano. Poi lei ricercò di nuovo il contatto con Be., il quale tornò a Bolzano per fare degli accertamenti in ospedale, sicché riallacciarono i rapporti; con me invece no”.

La testimone Sq. riferiva: “Io e la signora Ro. ci conosciamo da parecchio tempo, poiché eravamo colleghe quando lei si stabilì a Bolzano e siamo diventate amiche oltre che colleghe. La signora Ro. la conobbi nel 1994 più o meno. Io so che, quando c ‘era occasione, provava a telefonare e si sentivano. Frequentando la signora è capitato che magari mi diceva di avere parlato con il figlio. Io sono sicura che c’è stato un anno in cui io e la signora prendemmo la macchina – c ‘era anche un’altra amica – per andare in Puglia: prendemmo in locazione una casa al mare e anche Be. trascorse il periodo con noi (…). E’ vero (che nel 1996 la convenuta si recò al mare a Crispiano, ivi soggiornando al mare a Marina di Lizzano anche con i figli), è l’episodio di cui ho appena detto. Non è vero, quell’anno lì Be. non risalì con noi; anche perché io e la signora Ro. lavoravamo all’epoca in un magazzino di mele ed è proprio in agosto che inizia il grosso del lavoro. Ripeto che quell’anno Be. non risalì a Bolzano con noi. Non ricordo del Natale del 1998, ma so che in diverse occasioni la signora Ro. partiva per andare in Puglia. (…)

Non so nello specifico; so però che in più occasioni Be. è venuto qui a Bolzano; non saprei indicare gli anni specifici. (…) Conosco An. da tempo e immagino che i viaggi per il figlio li avrà pagati lei dato che era lei che gradiva che il figlio venisse su. E’ vero (che la convenuta tornava almeno due volte l’anno in Puglia per fare visita ai figli), posso confermarlo poiché siamo rimaste sempre in contatto. (…)

E’ vero (che la madre, dopo avere appreso che Be. era affetto da gravi problemi di salute, si recava in Puglia per informarsi). Nel 2005 non eravamo più colleghe, ma ci sentivamo. Ricordo che nel corso del 2005 spesso la signora Ro. era in Puglia (…) E’vero che nel 2006 Be. veniva portato dalla madre a Bolzano. Una volta ricordo che eravamo fuori assieme io e la signora Ro. e notai che stava prendendo delle medicine e le chiesi a cosa servissero. La signora mi disse che erano medicine che servivano per tranquillizzarla. Vero che dal 2008 Be. si trasferiva definitivamente a Bolzano a casa della madre. E’ vero c’era una stanza per Be.: l’ho vista personalmente.

La madre sicuramente si è fatta carico del mantenimento di Be.; poi non so se abbia contribuito anche il padre. Di una volta lo so per certo, poiché mi fu raccontato dalla signora (sul fatto che la convenuta abbia ospitato più volte il padre dell’attore). E’ vero, era lei che lo seguiva quotidianamente. Io mi sono sposata nel 2009 ed invitai An., Se. e Be. al matrimonio, solo che Be. era appena stato operato; ricordo che An. e Se. vennero alla cerimonia, ma poi mi salutarono, non potendosi trattenere, dato che dovevano andare da Be., che si era operato da poco.

E’ vero (che la madre, dopo il lavoro, andava in ospedale ad assistere il figlio) (…) Io so che la signora An. era sempre parecchio nervosa e agitata e svilita. Io però non ho mai assistito a discussioni, me ne ha sempre parlato An. (…)”. Di questo nuovo rientro in Puglia mi aveva narrato An.. Questo è vero, lo convinceva a rientrare a Bolzano. Io non ho mai sentito questi insulti e litigi, però, quando sentivo An., era turbata e mi raccontava di queste circostanze. E ‘ vero, lei continuava ad assistere il figlio (…) Se mi viene chiesto di specificare i periodi in cui io e la signora Ro. siamo state colleghe, posso dire che, dapprima, fummo colleghe nell’anno 1994 o 1995 nel magazzino di mele Dodiciville ai Piani di Bolzano; poi siamo state colleghe dal 2000 al 2004 presso la Se., ora Ro., a Laives, in zona industriale; dopodiché non siamo più state colleghe, ma abbiamo conservato il rapporto di amicizia”.

Il teste Ve., secondo marito della convenuta, dichiarava:

“Non è vero (che i rapporti tra madre e figlia fossero tesi a causa dell’insofferenza della madre nei confronti della patologia del figlio). Come è giusto che sia dovevamo seguirlo, dato che si trattava di un figlio malato. Direi che però la nostra vita è sempre andata normalmente.

E ‘ vero (che a causa della malattia il figlio sporcava il letto più volte, costringendo la madre a pulirlo spesso), è successo parecchie volte. Non è contraria all’uso medico, bensì al fatto che la fumi (la cannabis), poiché i medici hanno detto che Be. non deve fumare.

Non è vero; se è stato interrotto (il percorso di cura con la dott.ssa Di.), è stato per volere di Be. Anzi mia moglie ha tentato di convincerlo a continuarlo. Io comunque non ho mai assistito ad incontri con la dott.ssa Di.; ho accompagnato An. e Be., ma sono rimasto fuori. Minacce del genere non sono mai successe.

Di cacciarlo fuori di casa non l’ha mai minacciato. Discussioni tra madre e figlio ce ne sono state, come possono essercene tante. Le discussioni riguardavano soprattutto il mangiare poiché Be. era un po’ restio a seguire le diete. Non si trattava proprio di litigi ma di discussioni a voce alta, anche perché uno alzava la voce e di conseguenza anche l’altro.

Mai successo (che la madre rinfacciasse i sacrifici fatti al figlio, rinfacciandogli di essere un ingrato).

Non è vero. Non è stato costretto, l’ha voluto lui; mia moglie cercava di convincerlo a restare, ma Be. volle andare via, perché diceva di non trovarsi bene a casa. Non è vero. Se mi viene chiesto come mai Be. abbia lasciato casa, posso dire che mia moglie insisteva affinché Be. seguisse la dieta e le cure prescritte dai dottori. Be. voleva sempre fare di testa sua e alla fine si comportava sempre in modo violento e offensivo nei riguardi di mia moglie.

Le dava della prostituta, della “zoccola “, le diceva che era una stupida. Allora quel giorno gli chiedemmo di ridarci le chiavi di casa. Lui ce le diede, si recò al lavoro e noi tornammo a dormire a casa dopo il nostro turno di notte. Be. aveva un lavoro ed una macchina. L’alloggio non so dove l’ha trovato.

Non è vero, lavorava, non saprei dire da quanto. So che lavorava in una ditta che portava pacchi. Poi cambiò e lavorava in un’altra impresa, non so con che ruolo. Non è vero (che la madre avrebbe trattenuto un farmaco necessario alle cure di Be. allorquando questi uscì o, a seconda della versione, fu cacciato di casa).

Tutto quello che era suo l’avevamo preparato e lui se lo prese. Non è vero. Le chiavi gliele abbiamo chieste e lui ce le ha date. E’ vero che Be. è andato al pronto soccorso, ma so solo che lui si chiuse in bagno, poi uscii vestito e se ne andò. Non è vero (che la convenuta e suo marito, nel 2016, in coincidenza con un intervento subito da Be., partirono per andare in vacanza in Spagna), noi eravamo d’accordo con il padre di Be. Che noi l’avremmo assistito prima dell’operazione, cosa che avvenne e poi la convalescenza l’avrebbe fatta con il padre a casa nostra a Laives.

Non è vero (che il viaggio di piacere sarebbe stato contrabbandato per un viaggio di lavoro), si sapeva benissimo che eravamo in vacanza. E’vero che è andata in Puglia, ma non in vacanza, bensì per sincerarsi delle condizioni di Be.. Sono stati interrotti (i contatti madre – figlio) poiché nel primo mese mia moglie ha cercato di contattare Be., ma lui non ha mai risposto, Dopodiché mia moglie non ha nemmeno più provato. Be. spesso è venuto con noi in vacanza, in Spagna ad esempio.

Siamo stati al castello di Gradara quando era piccolo e poi in altre occasioni ad esempio venne a vedere il Giro d’Italia. Siamo stati in vari posti insieme a lui. Dove andavamo noi veniva anche lui, se le due condizioni lo permettevano. Nel periodo in cui Be. era a casa nostra, noi, io e mia moglie, ci occupavamo del suo mantenimento. Era più che altro mia moglie a seguirlo quotidianamente nelle cure.

La testimone Ca. dichiarava: “Sono amica della convenuta da una trentina di anni (…) Posso dire che veniva ogni anno (in Puglia a Natale a trovare i figli), anche più volte, ad esempio a Natale e Pasqua. Ricordo di questo episodio (circa la vacanza con il figlio Be. al mare nel 1996). So che An., dopo la fine del periodo scolastico, scendeva giù a prendere Be. e lo portava a Bolzano.

Quando non poteva venire lei, Be. saliva da solo. E ‘ vero, questa abitudine continuò anche quando An. conobbe il suo attuale marito. Ripeto che capitava che Be. viaggiasse da solo; lo so perché sentivo spesso la signora Ro.. Preciso che, in tali periodi di vacanza, vedevo la signora Ro. in compagnia di Be., ad esempio per andare a mangiare una pizza. Era An. a pagare le spese; lo so perché era lei a riferirmelo. Ricordo anche che la signora Ro. si recava in Puglia senza l’attuale marito; (…) so che in vacanza lo portavano con loro. E’ vero (che la madre, appreso delle condizioni di salute del figlio, si recava in Puglia per informarsene) ed ha sempre ritenuto necessario portarlo in altri posti dove potesse essere seguito meglio. Ricordo che veniva sempre in Puglia (sul fatto che la madre fruisse di ferie e permessi per trovare il figlio).

Lo so poiché sentivo sempre An., sapendo quanto fosse preoccupata e ricordo, come detto prima, che An. riteneva necessario faro visitare in altri posti. Era sempre la madre a stare con Be. (sull’itinerare di Be. per strutture sanitarie) E’vero (che la madre portava Be. a Bolzano per potersi meglio curare). E’ vero (che alla convenuta erano stati prescritti anti-depressivi), poiché era caduta in depressione preoccupazione. In tale periodo sentivo An. anche più volte al giorno. E’vero, l’ha tenuto a casa sua (sul fatto che la madre abbia tenuto Be. a casa sua dal 2008 in poi).

E ‘ vero, c ‘era la cameretta di Be.; sono sta personalmente nella casa di Laives. Era la madre a prendersi cura di Be. in tale periodo. Io sono salita due o tre volte a Bolzano a trovare An.; solo una volta però sono venuta quando Be. conviveva con An.. E ‘ vero che ha ospitato il padre di Be. (…)

So che era così poiché An. mi diceva che era giù poiché Be. si lamentava ad esempio di quello che gli veniva preparato da mangiare (…) Io non ho mai assistito a queste discussioni. Solo al telefono talvolta ho sentito che Be. diceva alla madre di stare zitta, poiché non voleva che gli venisse chiesto come stava. Vero che tornava a Laives (sul fatto se Be. fosse nuovamente tornato a vivere dalla madre).

E’ vero (che, ad un tratto, Be. decise di sospendere la terapia e di tornare in Puglia), ricordo anche di aver visto Be. in Puglia. E’ vero che (la madre odierna convenuta) lo convinceva a tornare il Alto Adige. So che quando tornava su Be. si riprendeva, così mi diceva la madre e mi diceva che era dovuto alla dieta che seguiva”; E’ vero (che Be. insultava la madre), me lo diceva la signora Ro. e ripeto che a volte lo sentivo io stessa quando ero a telefono con An..

Lo seguiva la madre, come sempre. So, per avermelo riferito An., che Be. era diventato violento e quindi gli fu chiesto di lasciare casa. Per quanto riguarda i I.S.O. subiti da Be. in Puglia nel 2014 so di un episodio in cui Be. aveva aggredito il padre e so che faceva uso di marijuana. Il padre Be. lo vedeva quando era giù a Crispiano. Poi il padre sarà venuto un paio di volte a Bolzano”.

5. Dall’esame delle dichiarazioni testimoniali appena riportate emerge un quadro di rapporti familiari non certo improntati all’armonia ed alla serenità; purtuttavia emerge chiaramente che la madre, seppur in una relazione con il figlio connotata da alti e bassi, mai ha fatto mancare, soprattutto nei momenti di necessità ed urgenza (quando al figlio fu diagnosticata la patologia che lo affligge, quando le sue condizioni si aggravarono, ancora, quando vi fu necessità di intervenire chirurgicamente), il suo sostegno e la sua assistenza al figlio stesso. In particolare il padre di Be. ed ex marito della convenuta An.Ro. dichiarava, a dire il vero genericamente, che la stessa madre avrebbe dato botte ai figli in occasioni di discussioni o litigi, riferendosi, comunque, ad un’epoca in cui Be. aveva nemmeno otto anni, trattandosi della fase prima della separazione, avvenuta, come dianzi detto, pacificamente nel 1995 (Be. è nato nel 1987).

A proposito delle condotte violente della madre, in realtà, più circostanziate erano le dichiarazioni della sorella di Be., Antonia, la quale narrava di maltrattamenti fisici che la stessa avrebbe subito dalla madre, specificando altresì che Be. non avrebbe patito tale trattamento violento.

La madre, tuttavia, avrebbe avuto la fobia della pulizia, ragion per cui, talvolta, per questo motivo, i figli sarebbero stati “menati” se sporcavano. Vi è anche da aggiungere, comunque, che, per ammissione stessa della sorella di Be. (e figlia della convenuta), i rapporti tra la stessa Antonia e la madre sono estremamente deteriorati (la stessa An.Ba. narrava di rapporti interrotti, poi riallacciati e poi, infine, nuovamente, e per ora definitivamente, troncati).

Tornando a ripercorrere le dichiarazioni del padre di Be., questi narrava che, in seguito alla separazione, il figlio Be. veniva a lui “affidato”. A tale proposito deve ritenersi, in mancanza di produzione documentale circa la regolamentazione della separazione (ed in mancanza di specifica allegazione sul punto), che, presumibilmente, la regolamentazione dei rapporti familiari prevedeva la collocazione prevalente del figlio minore presso il padre, il che, ben essendo possibile in quanto previsto dall’ordinamento, non può in sé per sé implicare violazione degli obblighi di assistenza nei confronti dei figlio da parte del genitore non collocatario.

Del resto dalle testimonianze (e del padre e degli altri testimoni ascoltati sul punto) emerge che Be. sia sempre andato a trascorrere le vacanze a Bolzano dalla madre, quando non era la madre stessa a recarsi in Puglia d’estate. Ma ciò che si coglie con chiarezza è anche e soprattutto, passando ad epoca più recente ed, in particolare, al lasso temporale in cui fu diagnosticata all’attore la patologia da cui è affetto (gennaio 2005, epoca coincidente, in sostanza, con il compimento della maggiore età da parte dell’attore), che la madre, nell’immediatezza della diagnosi, accorse in Puglia per avere contezza delle condizioni di salute del figlio; che la stessa lo accompagnò presso varie strutture sanitarie fuori della regione Puglia per poter capire come e dove Be. potesse essere assistito dal punto di vista medico; che, ancora, la stessa madre convinse Be. a trasferirsi a Bolzano al fine di farlo assistere dalla equipe del dott. Co.; che, nel 2013, allorquando Be. cercò di togliersi la vita, fu la madre ad essergli vicino, sia a casa che quando fu ricoverato in ospedale; che la convenuta, in tale frangente ma anche in seguito, ospitò il padre (e suo ex marito) dell’attore perché anche questi potesse essere vicino al figlio stesso.

Tali circostanze trovavano univoca conferma nelle dichiarazioni non solo del padre dell’attore ma anche della dott.ssa Berti, medico di famiglia di attore e convenuta, delle testi Sq. e Ca., del teste Ve., secondo marito della convenuta. In particolare la dott.ssa Berti, oltre a riferire che era vero che la madre fece si che Be. si trasferisse a Bolzano per essere seguito dal dott. Co., dichiarava di avere visto com’era sistemato Be., il quale aveva, presso la casa materna, una sua camera ammobiliata; riferiva altresì di ricordarsi che la madre, oltre ad avere Be. con sé, aveva ospitato suo padre e che la stessa signora Ro., smontata dai turni di lavoro, seguiva il figlio, allorquando questi si trovava ricoverato in ospedale.

Aggiungeva infine che era la madre a portare i farmaci prescritti al figlio, che era lei a chiederle consigli per seguire Be., che era sempre la madre a pulire la stomia di Be. e la sua biancheria quando era necessario. Infine la dottoressa Berti forniva dettagli rilevanti circa le discussioni tra madre e figlio, narrando di ricordarsi che era la stessa madre a raccontare di discussioni con il figlio e che questi, data la giovane età e la particolare patologia da cui era afflitto, faceva fatica ad accettare la sua condizione nonché le indicazioni terapeutiche ed alimentari. Infine la dottoressa raccontava di avere assistito a battibecchi tra madre e figlio vertenti proprio sulle cure ed, in generale, sullo stile di vita da seguire da parte di Be., il quale pretendeva di essere più autonomo nella propria gestione.

In tale solco – così si ricava dalle dichiarazioni della citata dottoressa – si deve ricondurre anche la questione, sicuramente fonte di attrito tra madre e figlio, dell’assunzione di cannabis da parte dell’attore, laddove la testimone Berti spiegava con chiarezza che Be., per lo meno fino ad un determinato periodo, assumeva cannabis presumibilmente fumandola, il che era ed è assolutamente contrario alle prescrizioni mediche (la dottoressa chiariva, infatti, che il fumo in generale è assolutamente sconsigliato per la patologia da cui è affetto Be.).

Per concludere la rassegna di dettaglio sulle dichiarazioni rilevanti rese dai testimoni, corre l’obbligo pure di sottolineare che, in linea con la ricostruzione appena operata, sono le circostanze narrate dal teste Ve., secondo marito della convenuta. Questi narrava che la madre ha sempre seguito il figlio malato; che discussioni tra madre e figlio ce n’erano, che, effettivamente, la madre era assolutamente contrario al fumo di cannabis da parte di Be., che fu Be. a voler andare via di casa, e che ciò fu determinato dalle insistenze della madre affinché Be. si attenesse alle indicazioni date dai medici; che era Be., insofferente rispetto a tali indicazioni, ad insultare la madre con epiteti aggressivi e scurrili.

In generale raccontava il testimone che Be. aveva sempre partecipato alla vita della madre e del secondo marito, che ad esempio egli soleva andare in vacanza con loro e che, infine, la madre l’aveva mantenuto e seguito quotidianamente nelle cure. Tirando le fila di quanto sin qui riportato, si può affermare in definitiva che il quadro risultante dall’istruttoria testimoniale induce a poter sostenere con certezza che, sebbene in un contesto familiare non facile (separazione con genitori residenti in località molto distanti; rapporti tesi tra madre e figli), la madre, anche al di là delle incompatibilità caratteriali e dei diverbi con il figlio, soprattutto nei momenti di difficoltà (e, dunque, dopo la diagnosi della patologia da cui è affetto Be.), non ha mai fatto mancare il suo apporto, e materiale e morale, al figlio; anzi, ella lo convinceva a trasferirsi a Bolzano presso di lei, ove avrebbe vissuto con la stessa madre e con il secondo marito, partecipando alla vita familiare.

Era la madre a seguirlo nelle cure, ad assisterlo, quando necessario, a casa ed in ospedale, a recarsi dal medico di famiglia, cercando di contemperare, con difficoltà, gli impegni di lavoro con i gravosi compiti di assistenza. Era sempre la madre ad ospitare, nei momenti più delicati, il padre di Be., affinché anch’egli potesse seguire il figlio da vicino, in occasione, ad esempio, di interventi o ricoveri ospedalieri. In sostanza non pare potersi in alcun modo sostenere che la madre abbia fatto mancare il nucleo fondamentale dei doveri di assistenza morale e materiale nei confronti del figlio Be..

Del resto anche l’interrogatorio reso dall’attore all’udienza del 27 marzo 2019 conferma sostanzialmente il quadro generale appena ricostruito.

A tal proposito vale la pena di riportare i passi rilevanti delle dichiarazioni rese da Be.Ba.: “Era ospitata da sue amiche giù in Puglia ove veniva per una o due settimane, poi tornava a Bolzano e ci sentivamo qualche volta a settimana. La nonna non voleva che stesse a casa. Poi dopo la morte della nonna mia madre era ospitata a casa mia e non ci faceva mancare mai il ricordo che quella casa era stata donata da lei, cosa non vera perché era una volontà dei nonni. Vero (che la madre faceva ritorno nel ’95 in Puglia per trascorrere le vacanze di Natale con il figlio). Solo io, con mia sorella non aveva più rapporti” (sempre sul trascorrere le vacanze assieme al figlio). Non è vero, anzi io in quei giorni ebbi parecchi problemi a restare con mia madre poiché non ero abituato solo con lei tanto è vero che mio padre venne più volte a controllare anche perché mia madre alzava le mani (…)

Vero. Vero, una settimana. Vero Sì è vero, mio padre ha sempre acconsentito al fatto che io stessi con mia madre, anche contro il volere della mia nonna materna che mi accudiva (sempre sulle circostanze se la madre trascorresse le vacanze con il figlio) (…) Le spese di viaggio venivano sostenute sia da madre che da mio padre; la maggior parte da parte di mia madre. Non è vero che veniva sempre due volte all’anno.

A volte scendeva una volta, a volte salivo io, a volte veniva pure più di due volte all’anno. Mio padre ha sempre acconsentito (…) E’ vero, si è sempre accertata delle mie condizioni, ci sentivamo anche telefonicamente. Stando lontani riuscivamo ad avere un rapporto più pacifico.

Non è vero (che la madre utilizzava tutte le ferie ed i permessi nel 2005 per far visita al figlio in Puglia). Si propose lei ed io accettai (sul fatto se la madre avesse accompagnato Be. in varie strutture sanitarie). Vero, si trattò di circa una settimana (sempre sulla stessa circostanza). Lei, sostenuta anche da mio padre e mia sorella. Il mio problema di salute aiutava a compattare la famiglia (sulla circostanza che la madre lo accompagnasse, negli anni a seguire, in centri specializzati in varie parti d’Italia).

Vero, a dire il vero era il 2005 (sul fatto che la madre si informava presso il nosocomio di Bolzano sulle cure da prestare al figlio). Il dott. Co. ci consigliò di venire qui se non avessimo trovato una soluzione in Puglia. Effettivamente per la gravità del caso ritenemmo che fosse l’unica soluzione possibile (…)

Purtroppo mia madre seguiva delle terapie fatte da lei, abusando anche di talune sostanze non prescritte da medici. Per motivi burocratici ho dovuto cambiare la residenza, ma trascorrevo alcuni mesi qui ed alcuni mesi in Puglia, poiché li lavoravo. Vero, c ‘era una camera/studio che io usavo per dormire ed il marito di mia madre quale studio quando io non c’ero. Assolutamente no (sul fatto che la madre si fosse fatta integralmente carico del mantenimento di Be.).

Mio padre era quello che mi aiutava. All’inizio sì (sul fatto che la convenuta ospitasse a Bolzano il padre dell’attore); l’ultima volta ci furono anche dei problemi poiché mia madre non parlava più con mio padre e mia sorella e quindi gli disse che sarebbe dovuto venire in albergo. Solo in un secondo diede il consenso che stesse a casa. Tornava a casa e faceva quello che doveva fare per un figlio (se la convenuta, dopo il lavoro, tornava a casa ad accudire il figlio). Mi assisteva, certo.

E’ vero, ha preso aspettativa per cinque mesi dicendo che andava a lavorare in Spagna mentre io ero in convalescenza non ottimale a casa. Non è vero. Proprio per questo mi ha cacciato di casa, poiché io chiesi di poter fruire della mia 104 e lì disse che avrei potuto usufruirne solo dopo novembre perché lei aveva già fruito dell’aspettativa.

(…) Alcoliche è vero. Il fumo non è vero, anzi l’assunzione di cannabis può anche fungere da sedativo. Presumo che questo sia il motivo da cui è scaturita la decisione di cacciarmi di casa, nonostante pagasse la cannabis terapeutica. E’ vero (che la madre insisteva affinché Be. seguisse le indicazioni terapeutiche), ma bisogna dire che io dovevo rispettare, secondo lei, le sue indicazioni, non quelle dei dottori. Assolutamente no (se Be. si scagliasse contro la madre), se ho fatto questo errore l’ho fatto una volta contro mio padre e me ne sono pentito amaramente, l’ho pagata con un T.S.O.; ci sono registrazioni che comprovano la cosa.

Mia madre firmò per farmi uscire ed, essendo scesa in camper a fare le vacanze in Puglia, risalimmo io, lei, suo marito e la nipote del marito per una vacanza. Io andai in discoteca da solo e assunsi anche una pasticca di Ecstasy, prima volta in vita mia. All’epoca avevo ventisei anni (sulle dimissioni post – TSO). Io ero già in Puglia, mio nonno morì e lì non parlò più neanche a ne, per il periodo da maggio a gennaio 2016. Io provai a contattarla e a novembre venni a fare delle cure a Bolzano e proprio in questo caso la contattai ma non mi rispose. Io venni con mio padre. Mi chiamò il giorno del mio compleanno poiché mio zio la convinse a farmi tornare, non fu una sua spontanea volontà. Io approfittai e tornai poiché non stavo bene.

Non è vero. C’erano discussioni ma io non insultavo. Non è vero, non mi accompagnava più alle visite mediche. Prendeva la 104 ed andava a fare i giri in camper. Tanto è vero che a Pasqua mi chiese di lasciare la casa perché doveva andare in vacanza. E’ vero (che l’attore, da marzo 2017, avesse reperito occupazione).

Quando fui cacciato di casa ero ancora in prova, tanto è vero che non potevo ancora prendere una casa in affitto, tant ‘è che chiesi tempo a mia madre per trovare una sistemazione. Non è vero. Il fatto del regalo è vero. Era una maglietta che non mi piaceva e siccome gliel’ho detto, lei sbottò e iniziò a inveire contro di me. Non chiese, mi cacciò. Trovai i bagagli fuori dell’appartamento e la chiave mi fu sfilata dal mazzo durante la notte”.

Anche dalle dichiarazioni dell’attore, le quali sul punto hanno piena valenza confessoria, si ricava dunque che la madre si sia, nel corso degli anni, seppure con alti e bassi nei rapporti interpersonali, sempre occupata di seguire il figlio, di prestare il suo aiuto e la sua assistenza e materiale e morale, soprattutto in relazione alla necessità (senza dubbio, dato il particolare caso, più stringente ed anche impegnativa) di Be. di essere seguito nella sua patologia e nei connessi bisogni.

Devesi, tra l’altro, soggiungere che l’assistenza della madre al figlio malato si concentrava in un’epoca successiva al compimento della maggiore età da parte del figlio, durando fino al 2017, epoca in cui il figlio aveva ben trent’anni. Si vuole con questo rimarcare che la madre, stante la particolare situazione del figlio, sebbene in una situazione di rapporto interpersonale non idilliaca, non abbia mai fatto mancare il suo sostegno ed il suo aiuto al figlio, anche quando questi aveva raggiunto l’età adulta, proprio in considerazione della patologia da cui era affetto.

Anche il tema delle registrazioni audio dimesse da parte attrice diventa, alla luce di quanto sin qui illustrato, probatoriamente irrilevante. Premesso che va ribadito quanto affermato in ordinanza istruttoria (“rilevato, in merito al disconoscimento delle registrazioni audio depositate da parte attrice, che deve valere il condivisibile principio affermato dalla Corte di cassazione, secondo cui “la registrazione su nastro magnetico di una conversazione può costituire fonte di prova, ex art. 2712 c.c., se colui contro il quale la registrazione è prodotta non contesti che la conversazione sia realmente avvenuta, né che abbia avuto il tenore risultante dal nastro, e sempre che almeno uno dei soggetti, tra cui la conversazione si svolge, sia parte in causa; il disconoscimento, da effettuare nel rispetto delle preclusioni processuali degli artt. 167 e 183 c.p.c., deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito e concretizzarsi nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra la realtà fattuale e quella riprodottacfr., da ultimo, Cass. civ., Sez. 3 -, Ordinanza n. 1250 del 19/01/2018 – Rv. 647355 – 01. Orbene parte convenuta, in realtà, ha operato un disconoscimento puntuale in occasione della prima difesa utile (memoria ex art. 183, comma VI, n. 3, c.p.c.), soprattutto nella misura in cui contestava che la voce femminile che si ode sia quella della convenuta stessa. Di conseguenza, non avendo parte attrice chiesto la verificazione in occasione della scorsa udienza, tale prova precostituita degraderà al livello di semplice elemento valutabile dal giudice, senza godere della fede privilegiata di cui all’art. 2712 c.c.”), va comunque rilevato, dopo attento ascolto delle predette tracce, quanto segue:

– in generale la conversazione è per larghi tratti incomprensibile, avvenendo, quantomeno per parte dell’asserita convenuta, in dialetto (presumibilmente pugliese) difficilmente intellegibile;

– un tanto premesso, va comunque detto che il contenuto della prima traccia, per quanto comprensibile, è assolutamente irrilevante, dal momento che trattasi di una semplice discussione nella quale, tra l’altro, parla quasi esclusivamente il Ba.;

– la seconda traccia è illeggibile;

– la terza traccia è pressoché incomprensibile perché il dialogo (o meglio il soliloquio, dal momento che si ode solo una voce femminile e non è dato neanche capire se il Ba. fosse presente o meno) avviene esclusivamente in dialetto;

– la quarta traccia è in realtà una semplice discussione;

– anche la quinta traccia consiste in un diverbio, nel quale, tra l’altro, si coglie che è il Ba. a continuare a insistere nel coltivare la discussione con la madre, che cerca invece di porvi fine (ed è tra l’altro lo stesso Ba. che ad un certo punto formula la domanda, presumibilmente a proposito del rapporto madre – figlio, “non è meglio che la chiudiamo qua?”;

– la sesta traccia contiene un lungo, e a tratti violento, diverbio avente ad oggetto, presumibilmente, il contegno della madre la quale sarebbe andata in Spagna durante la convalescenza del figlio. Anche in questo caso, comunque, trattasi di una discussione, certo accesa e talvolta oltremodo colorita, dalla quale, comunque, non si può in alcun modo cogliere che vi sia stata un’abdicazione da parte della madre ai suoi obblighi di assistenza materiale e morale nei confronti del figlio;

– la settima traccia pare infine del tutto irrilevante.

6. In definitiva non emerge in alcun modo quanto allegato dall’attore, ovverosia l’asserita carenza della madre in punto obblighi di assistenza su di lei gravanti nei confronti del figlio.

Anzi, come dianzi illustrato, emerge proprio il contrario, derivandone un quadro in cui la madre, seppure in un contesto di tensione e difficoltà di rapporti interpersonali con il figlio, non ha mai fatto mancare la sua assistenza ed il suo supporto, essendo stata viceversa la stessa madre a prestare assistenza al figlio proprio nell’epoca più delicata, ovverosia quella dall’insorgenza della patologia invalidante fino al 2017. I singoli episodi che l’attore ha voluto mettere in luce (l’episodio della vacanza a Rimini dopo il TSO, l’asserita vacanza in Spagna durante la fruizione dei permessi ex L. n. 104/1992 ecc.) più che costituire prova dell’abdicazione da parte della madre ai suoi doveri genitoriali, possono tutt’al più rappresentare esempi di comportamenti non ortodossi o connotati da un certo grado di irresponsabilità, non certo tali tuttavia da poter assurgere al rango di lesione dei diritti fondamentali integranti il complesso dei doveri di assistenza genitoriali.

Ed, in sostanza, è proprio questo che deve essere posto in luce, che la figura dell’illecito endofamiliare, lungi dal coincidere con singoli atti di attrito o di irresponsabilità, è integrata allorquando si rinvenga una lesione o una mancanza che attinga nel suo nucleo fondante il coacervo di interessi fondamentali riconosciuti e protetti dalla Costituzione, tanto da doversi far coincidere, sostanzialmente, con quei casi il cui il figlio venga, in pratica, a trovarsi privato di una o di entrambe figure genitoriali e, conseguentemente, dell’assistenza materiale e morale che il genitore gli avrebbe potuto e dovuto garantire

(in tal senso si vedano non solo i casi trattati nelle dianzi citate decisioni della Corte di cassazione, ma anche quelli affrontati nella seguente rassegna giurisprudenziale di merito, casi tutti contemplanti figli totalmente deprivati della figura genitoriale: ex plurimis si vedano Tribunale Bergamo sez. I, 17/01/2020, n. 142:

“Il totale disinteresse di un genitore nei confronti del figlio con conseguente violazione del dovere di mantenerlo, educarlo ed istruirlo si pone in contrasto con i diritti sanciti dalla nostra Costituzione agli articoli 2 e 30, integra gli estremi dell’illecito aquiliano di cui all’art. 2043 c.c. e costituisce fondamento di una domanda di risarcimento del danno non patrimoniale ai sensi dell’art. 2059 c.c., danno denominato “endofamiliare”. La violazione del complesso dei doveri facenti capo al genitore naturale cui corrispondono diritti inviolabili e primari della persona del destinatario costituzionalmente garantiti (di cui agli articoli 2 e 30 Cost.) comporta, infatti, la sussistenza di un illecito civile”;

Tribunale Lecce sez. I, 01/10/2019, n. 3024:

“Ogni figlio ha diritto di instaurare e mantenere con ciascuno dei genitori il rapporto parentale sulla scorta del diritto alla bigenitorialità, anche in riferimento alla filiazione fuori dal matrimonio. Il disinteresse mostrato da un genitore nei confronti di un figlio naturale integra la violazione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione della prole, e determina la lesione dei diritti nascenti dal rapporto di filiazione tutelati dagli artt. 2 e 30 Cost., sicché tale condotta è suscettibile di integrare gli estremi dell’illecito civile e legittima l’esercizio, ai sensi dell’art. 2059 cod. civ., di un’autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali sofferti dalla prole. In altre parole, l’illecito endofamiliare c.d. da privazione del rapporto genitoriale, contempla quale soggetto attivo il genitore che omette di svolgere il ruolo da egli stesso scelto con la procreazione, mentre soggetto passivo diviene il minore, che perde, senza sua colpa, uno dei genitori”;

Tribunale Tivoli, 10/09/2019, n. 1077:

“Il disinteresse mostrato dal genitore nei confronti del proprio figlio importa la violazione dei doveri giuridici connessi alla genitorialità e, riverberandosi negativamente sul diritto di rango costituzionale del figlio ad essere amato, mantenuto e curato dai propri genitori, sorge una responsabilità in capo al genitore per illecito aquiliano endofamiliare che lo vincola al risarcimento del danno non patrimoniale sofferto dal figlio in conseguenza del suddetto comportamento. Tuttavia il presupposto di tale responsabilità e del conseguente diritto del figlio al risarcimento dei danni è costituito dalla consapevolezza del concepimento, la quale deve intendersi come potenziale conoscenza della procreazione”;

Tribunale Roma sez. I, 01/08/2019, n. 15949:

“Il disinteresse mostrato da un genitore nei confronti di un figlio naturale integra la violazione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione della prole, e determina la lesione dei diritti nascenti dal rapporto di filiazione che trovano negli articoli 2 e 30 della Costituzione – oltre che nelle norme di natura internazionale recepite nel nostro ordinamento – un elevato grado di riconoscimento e tutela, sicché tale condotta è suscettibile di integrare gli estremi dell’illecito civile e legittima l’esercizio, ai sensi dell’art. 2059 cod. civ., di un’autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali sofferti dalla prole. Deve tuttavia evidenziarsi che le conseguenze dannose che da ciò siano derivate al figlio devono essere oggetto di specifica prova, posto che il richiedente non può limitarsi a dedurre il contegno inadempiente del genitore, ma non anche a indicare (e provare) se e in che misura il figlio abbia subito gli effetti negativi di detta assenza della figura genitoriale”;

Tribunale Bergamo sez. I, 20/11/2018, n. 2437:

“Nell’ambito di un giudizio volto alla declaratoria giudiziale della paternità, ai sensi dell’art. 269 c.c., il comportamento di un genitore connotato da totale disinteresse nei confronti del figlio, con conseguente violazione del dovere di mantenerlo ed istruirlo, si pone in contrasto con i diritti sanciti agli artt. 2 e 30 Cost. ed è idoneo, pertanto, ad integrare gli estremi dell’illecito extracontrattuale ex art. 2043 c.c., fondando, in particolare, un’autonoma domanda di risarcimento del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c., denominato danno endofamiliare, derivante dalla privazione della figura paterna, per la cui prova è sufficiente ricorrere a presunzioni semplici e a nozioni di comune esperienza”;

Tribunale Genova sez. IV, 14/05/2018, n. 1335:

“La privazione per i figli della figura genitoriale paterna integra gli estremi dell’illecito civile, determinando una lesione di diritti costituzionalmente protetti, e dando luogo ad una fattispecie risarcitoria per danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c.”;

Tribunale Matera, 07/12/2017, n. 1370:

“Integra gli estremi dell’illecito civile, cagionando la lesione di diritti costituzionalmente protetti, e dando luogo a fattispecie risarcitoria e per danni non patrimoniali ai sensi dell’art. 2059 c.c. la avvenuta deprivazione per i figli della figura genitoriale paterna, figura che costituisce un fondamentale punto di riferimento soprattutto nella fase della crescita, tanto essendo idoneo ad integrare un fatto generatore di responsabilità aquiliana, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2043 e 2059 c.c. La mancanza di supporti del padre nel corso del tempo deve ritenersi non aver consentito al figlio un percorso di vita e di crescita qualitativamente differente rispetto a quello che avrebbe potuto avere con il supporto paterno, dovendo per l’effetto ritenersi privato di diverse attività realizzatrici della persona che avrebbero potuto comporre il compendio della sua crescita psicofisica. In tal guisa può quindi configurarsi il conseguente danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. (esistenziale) da privazione della figura genitoriale paterna, a causa del comportamento consapevole e colposo del padre”).

In definitiva ciò che viene in rilievo e che può assurgere al rango di illecito endofamiliare è la lesione del nucleo essenziale del diritto, costituzionalmente tutelato, del figlio a ricevere dal genitore, su cui incombe il corrispondente dovere, assistenza e sostegno materiale e morale; entrare nel merito di singoli atti e momenti della vita familiare che possono essere connotati o meno, a seconda di ogni situazione particolare e di ogni singolo contesto familiare, significherebbe scivolare in una valutazione morale più che giuridica, operazione del tutto preclusa all’autorità giurisdizionale.

Il caso di specie è semplicemente contraddistinto da rapporti sicuramente tesi e non sereni tra le parti (si pensi, oltre che alle discussioni di cui si è dato sopra conto, a titolo esemplificativo, alla questione della donazione dei beni immobili da parte dei nonni materni ai nipoti, circostanza che avrebbe suscitato il risentimento della madre nei confronti, tra l’altro, di Be.: orbene, se anche questo fosse vero, in mancanza di qualsivoglia dimostrazione in punto deprivazione della figura materna e della correlativa assistenza ai danni di Be., trattasi di un fatto assolutamente irrilevante) aspetto che, tuttavia, stante invece la prova che la madre si sia sempre fattivamente ed attivamente occupata dell’assistenza di Be., soprattutto nell’epoca della malattia, resta del tutto irrilevante e nel cui scrutinio l’autorità giudicante non può assolutamente addentrarsi.

Del resto, come sopra chiarito, parte attrice agiva per il risarcimento del solo danno da illecito endofamiliare, non facendo valere altri tipi di danni (e.g. morale conseguenti a fattispecie di reato); da questo punto di vista anche la circostanza dell’uscita dell’attore dalla casa materna, oltre ad essere controversa (non è stato chiarito, infatti, se sia stato l’attore a essere stato cacciato di casa ovvero se sia stata una scelta dello stesso Be.), non assurgerebbe, di per sé (anche se fosse stato provato che sia stata la madre a cacciare di casa il figlio) al rango di illecito endofamiliare ed un tanto in ragione del fatto che:

– il figlio aveva ormai raggiunto i trent’anni di età;

– questi aveva un impiego;

– la madre si era già, per dodici lunghi anni di malattia del figlio (dal 2005 fino al 2017), occupata dell’assistenza e del sostegno dello stesso Be.;

– i rapporti tra le parti erano senz’altro tesi (vedasi discussioni e diverbi che sovente avevano luogo), sicché, anche alla luce di ciò e dell’età del figlio (ampiamente adulto) e della sua autosufficienza, la decisione di un’affrancazione del figlio dal genitore non può certamente integrare la descritta fattispecie dell’illecito endofamiliare, non determinando nel figlio deprivazione alcuna.

Alla luce di quanto sin qui illustrato le pretese dell’attore devono essere integralmente rigettate. Ogni altra questione resta pertanto assorbita.

7. Le spese seguono la soccombenza; di conseguenza parte attrice dovrà rifondere a parte convenuta le spese del presente giudizio.

Vengono, quanto a liquidazione delle spese, in considerazione i nuovi parametri disciplinati dal DM 55/2014 recante: “Determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense ai sensi dell’art. 13 comma 6 della legge 31 dicembre 2012 n. 247”, pubblicato in GU n. 77 di data 02.04.2014 ed entrato in vigore il 03.04.2014.

Per la norma transitoria di cui all’art. 28 del Regolamento, le nuove disposizioni si applicano alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore.

La liquidazione del compenso unitario, senza quindi più distinzione tra diritti ed onorari, va fatta previa determinazione del valore della controversia che si collega, nei giudizi per pagamento di somme, anche a titolo di danno, alla somma attribuita alla parte vincitrice e non alla somma domandata. Nel caso di specie, invece, essendo state le pretese di parte attrice rigettate devesi avere riguardo al petitum.

Nel caso in esame deve quindi trovare applicazione lo scaglione applicabile alle cause di valore indeterminabile, nell’ambito del quale vanno considerati i valori per le singole fasi svoltesi (fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisoria).

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunziando,

ogni diversa istanza ed eccezione reietta, così provvede:

1) rigetta le domande tutte svolte dall’attore;

2) condanna parte attrice Be.Ba. a rifondere alla convenuta An.Ro. le spese del presente giudizio che liquida in Euro 10.343,00 per compenso unico di avvocato, oltre ad Euro 19,50 per anticipazioni, oltre a 15% rimborso spese generali come per legge, oltre ad accessori come per legge.

Così deciso in Bolzano il 12 marzo 2020.

Depositata in Cancelleria il 13 marzo 2020.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.