Corte Costituzionale Sentenza 12 gennaio 2018, n. 1

In definitiva, deve dichiararsi la illegittimità costituzionale della disposizione regionale scrutinata, in quanto, nel ledere i principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica, recati dall’art. 1, comma 228, della legge n. 208 del 2015, viola l’art. 117, terzo comma, Cost.

 

 

Corte Costituzionale Sentenza 12 gennaio 2018, n. 1

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Paolo GROSSI; Giudici : Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 2, della legge della Regione Toscana 18 ottobre 2016, n. 72 (Disposizioni per il potenziamento dell’Autorità Portuale Regionale. Modifiche alla L.R. n. 23/2012), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 23-29 dicembre 2016, depositato in cancelleria il 2 gennaio 2017 ed iscritto al n. 1 del registro ricorsi 2017.

Visto l’atto di costituzione della Regione Toscana;

udito nella udienza pubblica del 21 novembre 2017 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;

uditi l’avvocato dello Stato Enrico De Giovanni per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Marcello Cecchetti per la Regione Toscana.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato in data 23-29 dicembre 2016, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 2, della legge della Regione Toscana 18 ottobre 2016, n. 72 (Disposizioni per il potenziamento dell’Autorità Portuale Regionale. Modifiche alla L.R. n. 23/2012), per violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione alla disposizione dettata dall’art. 1, comma 228, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)».

Riferisce il ricorrente che la norma regionale censurata, nell’inserire il comma 3-bis all’art. 19 della legge della Regione Toscana 28 maggio 2012, n. 23 (Istituzione dell’Autorità portuale regionale. Modifiche alla L.R. n. 88/1998 e L.R. n. 1/2005), dispone: «Per lo svolgimento delle funzioni aggiuntive di cui all’art. 3 commi 1-bis e 1-ter, in deroga ai vincoli assunzionali previsti dalla normativa vigente, la Giunta regionale è autorizzata, a decorrere dall’anno 2017, ad incrementare la dotazione organica e a procedere all’assunzione di personale non dirigenziale a tempo indeterminato fino al numero massimo di dieci unità».

Assume la difesa dello Stato che la riportata norma regionale si pone in contrasto con la disposizione dell’art. 1, comma 228, della legge n. 208 del 2015, secondo cui: «Le amministrazioni di cui all’art. 3, comma 5, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, e successive modificazioni, possono procedere, per gli anni 2016, 2017 e 2018, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato di qualifica non dirigenziale nel limite di un contingente di personale corrispondente, per ciascuno dei predetti anni, ad una spesa pari al 25 per cento di quella relativa al medesimo personale cessato nell’anno precedente. Ferme restando le facoltà assunzionali previste dall’art. 1, comma 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per gli enti che nell’anno 2015 non erano sottoposti alla disciplina del patto di stabilità interno, qualora il rapporto dipendenti-popolazione dell’anno precedente sia inferiore al rapporto medio dipendenti-popolazione per classe demografica, come definito triennalmente con il decreto del Ministro dell’interno di cui all’art. 263, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, la percentuale stabilita al periodo precedente è innalzata al 75 per cento nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti. In relazione a quanto previsto dal primo periodo del presente comma, al solo fine di definire il processo di mobilità del personale degli enti di area vasta destinato a funzioni non fondamentali, come individuato dall’art. 1, comma 421, della citata legge n. 190 del 2014, restano ferme le percentuali stabilite dall’art. 3, comma 5, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114. Il comma 5-quater dell’art. 3 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, è disapplicato con riferimento agli anni 2017 e 2018».

Ad avviso del ricorrente la predetta disposizione statale costituisce esercizio della funzione statale di coordinamento della finanza pubblica, al pari di altre precedenti norme di analoga struttura per le quali tale carattere è stato riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale.

La difesa erariale cita al riguardo le sentenze 27.06.2012 n. 161 per l’art. 76 comma 7 D.L. 25.06.2012 n. 212 (recte: 25 giugno 2008, n. 112), 5.11.2015 n. 218 per l’art. 3 comma 5 D.L. 90/2014 e 21.07.2016 n. 202 per l’art. 1, comma 424, della L. 23.12.2014 n. 190.

In particolare, l’Avvocatura generale dello Stato evidenzia che nella sentenza n. 218 del 2015 la Corte ha affermato che «si deve ritenere che la norma censurata non abbia carattere di dettaglio e costituisca un principio di coordinamento della finanza pubblica, in quanto questa Corte ha da tempo reputato che l’incisione con misure transitorie, da parte dello Stato, di un rilevante aggregato della spesa pubblica, come quella per il personale, interviene a titolo di principio fondamentale della materia (ex plurimis, sentenze n. 18 del 2013 e n. 169 del 2007)».

Ritiene, inoltre, il ricorrente che non si possa dubitare «dell’applicabilità della normativa “vincolistica” dettata dal comma 228 dell’art. 1 legge n. 208/2015 (e di eventuali analoghi futuri interventi dello Stato in materia) alla fattispecie disciplinata (illegittimamente) dalla norma regionale impugnata».

Al riguardo, la difesa dello Stato rappresenta che l’Autorità portuale regionale della Toscana è disciplinata dalla legge regionale n. 23 del 2012, nel cui preambolo, al punto 3, si legge che «la Regione esercita le competenze suindicate attraverso l’istituzione di un ente dipendente, denominato Autorità portuale regionale, al quale riconosce il ruolo di gestore globale della vita istituzionale, amministrativa ed economica del porto, un ente pertanto fortemente specializzato che assicura l’ottimizzazione delle professionalità esistenti avvalendosi degli uffici della Regione e degli enti locali».

Aggiunge la difesa erariale che l’art. 2 della stessa legge regionale dispone che «l’Autorità è un ente dipendente della Regione, con personalità giuridica di diritto pubblico, istituito ai sensi dell’art. 50 dello Statuto», e che il predetto art. 50 dello statuto della Regione Toscana prevede che «le funzioni amministrative riservate alla Regione, nel rispetto del principio di sussidiarietà, possono essere esercitate anche tramite enti, aziende, agenzie e altri organismi pubblici dipendenti, istituiti e ordinati con legge regionale».

Il ricorrente prosegue evidenziando che l’art. 20 della legge reg. Toscana n. 23 del 2012 prevede che «al personale dell’Autorità si applica lo stato giuridico ed il trattamento economico e normativo dei contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto regioni-enti locali» e che il successivo art. 21 stabilisce che il finanziamento degli oneri di funzionamento dell’Autorità sia a carico del bilancio della Regione.

Conclude la difesa erariale che l’illegittimità della disposizione regionale impugnata è resa ancor più evidente dalla circostanza che «la Regione non ha neanche indicato una corrispondente riduzione della dotazione organica di altri enti, in correlazione all’attribuzione delle nuove funzioni all’Autorità».

2.– La Regione Toscana, costituitasi in giudizio con memoria depositata il 30 gennaio 2017, ha chiesto di dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale proposta.

Ad avviso della Regione, la disposizione censurata si collocherebbe entro i margini della sua competenza legislativa in materia di organizzazione amministrativa delle Regioni e degli enti pubblici regionali. Ciò in quanto l’art. 2, commi l, 2 e 3, della medesima legge reg. Toscana n. 72 del 2016 ha attribuito nuove funzioni all’Autorità portuale regionale (ente dipendente regionale ai sensi dell’art. 50 dello statuto toscano in base a quanto disposto dall’art. 2 della legge regionale n. 23 del 2012), tali da richiedere nuovo e ulteriore personale, come esplicitato al punto 4 del preambolo della legge regionale n. 72 del 2016, secondo cui «è necessario potenziare la dotazione organica dell’Autorità in relazione alle nuove funzioni ad essa attribuite».

In proposito, la Regione precisa che tali nuove funzioni consistono nella «gestione diretta delle aree demaniali destinate a finalità turistico ricreative», di cui all’art. 3, comma 1, lettera d-bis), della legge reg. Toscana n. 23 del 2012, come modificata dalla stessa legge regionale n. 72 del 2016, e nei compiti amministrativi e concessioni inerenti il canale Burlamacca.

La Regione espone che, antecedentemente all’approvazione della legge regionale n. 72 del 2016, la ricordata attività di cui all’art. 3, comma l, lettera d-bis, veniva svolta dai concessionari della gestione del demanio destinato a finalità turistico ricreative (soggetti privati e non pubblici), mentre i compiti amministrativi e le concessioni inerenti il canale Burlamacca sono stati regolamentati con il decreto del Presidente della Giunta della Regione Toscana 12 agosto 2016, n. 60/R (Regolamento in attuazione dell’articolo 5 della legge regionale 28 dicembre 2015 n. 80 “Norme in materia di difesa del suolo, tutela delle risorse idrica e tutela della costa e degli abitati costieri” recante disciplina del rilascio delle concessioni per l’utilizzo del demanio idrico e criteri per la determinazione dei canoni) e attribuiti direttamente all’Autorità portuale proprio con la legge regionale n. 72 del 2016, di cui fa parte la disposizione oggetto dell’odierna impugnativa.

Con riferimento al personale dell’Autorità portuale regionale, la Regione ricorda che l’art. 16, comma l, della legge reg. n. 23 del 2012, istitutiva dell’Autorità, prevede che la stessa «svolge, di norma, le attività di propria competenza con personale dipendente o avvalendosi del personale comandato o distaccato degli enti locali e della Regione» e che, quindi, il legislatore regionale «ha contemplato ab origine la necessità che il funzionamento dell’ente – proprio in ossequio ai principi di economicità e di virtuosità in materia di spesa del personale – avvenisse mediante l’utilizzo di personale di altri enti (e non tramite il reclutamento di nuovo personale)».

Tuttavia, assume la Regione che «al momento dell’incremento dei compiti e delle funzioni assegnate all’Autorità è, invece, del tutto ragionevole che lo stesso legislatore regionale abbia disciplinato la possibilità di aumentare la dotazione organica dell’ente».

Secondo la Regione, la disposizione censurata non risulterebbe in contrasto con il disposto dell’art. l, comma 228, della legge n. 208 del 2015, in quanto, per i motivi sopra esposti, «la stessa non incide negativamente sui principi che regolano il contenimento della spesa di personale pubblico».

Aggiunge, inoltre, la Regione che il parametro percentuale fissato dal citato art. 1, comma 228 (pari al 25 per cento della spesa per le cessazioni verificatesi nell’anno antecedente a quello di riferimento), «non appare concretamente applicabile all’Autorità portuale». Ciò perché, essendo stata istituita solo nell’anno 2012, essa «non dispone tuttora di proprio personale dipendente (e, di conseguenza, non può annoverare alcuna cessazione) e che, ai sensi del sopra riportato art. 16, comma l, della legge regionale istitutiva, utilizza un contingente composto da un esiguo numero di unità di personale comandato o distaccato da altri enti».

Con specifico riferimento agli effetti finanziari recati dalla disposizione censurata, la Regione Toscana evidenzia che l’art. 8 della legge regionale n. 72 del 2016 ha introdotto, nell’ambito della tipologia di entrate della stessa previste dall’art. 17, comma l, della legge reg. n. 23 del 2012, anche «gli introiti derivanti dalla gestione diretta delle aree demaniali portuali e dall’uso di attrezzature ed impianti portuali pubblici» (lettera c-bis). Ad avviso della Regione, sarebbero così assicurate all’Autorità risorse aggiuntive rispetto ai contributi e ai finanziamenti già previsti.

Da ultimo, la Regione Toscana sostiene «che il legislatore regionale non avrebbe potuto disporre alcuna riduzione della dotazione organica di altri enti locali, non avendone la competenza».

3.– Con memoria depositata il 30 ottobre 2017, il Presidente del Consiglio dei ministri confuta, in particolare, quanto dedotto dalla Regione Toscana in ordine alla circostanza che le nuove funzioni attribuite all’Autorità portuale possano legittimare le assunzioni in deroga previste dalla norma censurata, poiché l’art. 1, comma 228, della legge n. 208 del 2015 non contempla deroghe fondate sull’attribuzione di nuove funzioni ad un ente pubblico.

3.1.– Con memoria depositata il 31 ottobre 2017, la Regione Toscana insiste nelle argomentazioni svolte, apportando integrazioni.

In particolare, la Regione sostiene l’impossibilità di applicare la previsione dell’art. 31 del decreto legislativo. 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), concernente il passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività, né la ivi richiamata disposizione dell’art. 2112 del codice civile, non essendovi personale già addetto presso altre amministrazioni alle nuove attribuzioni previste dalla legge regionale n. 72 del 2016, in quanto conferite ex novo all’Autorità portuale.

In tale ipotesi, la Regione assume che il legislatore consentirebbe la possibilità di procedere al reclutamento di personale, sia pure in deroga ad eventuali regimi di limitazione delle assunzioni. Al riguardo, cita, ex multis, le disposizioni dell’art. 1, comma 96, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)», e dell’art. 9, comma 36, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

Afferma, altresì, la Regione che la disposizione censurata si pone in linea con le previsioni dell’art. 15, comma 5, dell’Accordo 1° aprile 1999 (Contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al quadriennio normativo 1998-2001 ed al biennio economico 1998-1999 del personale del comparto «Regioni-Autonomie locali»), secondo cui, in caso di attivazione di nuovi servizi o di processi di organizzazione ai quali sia correlato un aumento delle prestazioni di personale in servizio che comunque comportino un incremento stabile delle dotazioni organiche, «gli enti, nell’ambito della programmazione annuale e triennale dei fabbisogni di cui all’art. 6 del d.lgs. 29/93 valutano anche l’entità delle risorse necessarie per sostenere i maggiori oneri del trattamento economico accessorio del personale da impiegare nelle nuove attività e ne individuano la relativa copertura nell’ambito della capacità di bilancio».

In proposito, la Regione torna a evidenziare che l’art. 8 della stessa legge regionale n. 72 del 2016 ha previsto nuove entrate per l’Autorità portuale regionale, volte ad assicurare la copertura dell’incremento della dotazione organica disposto dalla norma censurata.

Considerato in diritto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato in data 23-29 dicembre 2016, promuove questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 2, della legge della Regione Toscana 18 ottobre 2016, n. 72 (Disposizioni per il potenziamento dell’Autorità Portuale Regionale. Modifiche alla L.R. n. 23/2012).

Tale disposizione autorizza la Giunta regionale a derogare dal 2017 ai vincoli relativi alle assunzioni stabiliti dalla vigente normativa per incrementare la dotazione organica dell’Autorità portuale regionale e assumere personale non dirigenziale a tempo indeterminato per un massimo di dieci unità, per lo svolgimento da parte dell’Autorità stessa di funzioni aggiuntive disposte dalla medesima normativa regionale.

Ritiene il ricorrente che la disposizione regionale censurata lede la competenza statale determinata dall’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in quanto, nell’autorizzare la deroga dei limiti in materia di assunzioni da parte degli enti pubblici regionali, posti dall’art. 1, comma 228, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», viola il principio di coordinamento della finanza pubblica configurato da tale disposizione statale.

1.1.– Si è costituita in giudizio la Regione Toscana, con memoria depositata il 30 gennaio 2017, chiedendo di dichiarare infondata la questione.

Secondo la Regione, la disposizione censurata rientrerebbe nei limiti della sua competenza legislativa in materia di organizzazione amministrativa degli enti pubblici regionali.

La Regione sostiene, innanzitutto, che il parametro determinato dall’art. 1, comma 228, della legge n. 208 del 2015, come limite alle nuove assunzioni – vale a dire la possibilità di procedere per gli anni 2016, 2017 e 2018 ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, per una spesa pari al 25 per cento di quella relativa al medesimo personale cessato nell’anno precedente – non possa trovare concreta applicazione all’Autorità portuale poiché non dispone di personale proprio.

Afferma, inoltre, la Regione che le due nuove funzioni attribuite dalla stessa legge regionale n. 72 del 2016 all’Autorità portuale non erano prima svolte da altre amministrazioni pubbliche e che, pertanto, non vi era personale che potesse essere trasferito all’Autorità portuale stessa, ai sensi dell’art. 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).

Infine, ad avviso della Regione non vi sarebbe una lesione dei principi di coordinamento della finanza pubblica, in quanto la legge regionale prevede nuove entrate per l’ente portuale, in relazione alle nuove funzioni, destinate a finanziare i conseguenti oneri, compresi quelli derivanti dalle previste assunzioni.

1.2.– In prossimità dell’udienza, sia il Presidente del Consiglio dei ministri che la Regione Toscana hanno presentato memoria.

Il ricorrente, in particolare, ha negato la rilevanza di quanto affermato dalla Regione circa il fatto che le nuove funzioni attribuite all’Autorità portuale possano giustificare nuove assunzioni, in quanto la normativa statale interposta non contempla deroghe in tale ipotesi.

La Regione ha integrato le argomentazioni già svolte nell’atto di costituzione, affermando che il legislatore nazionale consentirebbe la possibilità di procedere al reclutamento di personale, sia pure in deroga ad eventuali regimi di limitazione, nel caso di nuovi enti e di nuove attribuzioni. In proposito, richiama le disposizioni dell’art. 1, comma 96, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)», dell’art. 9, comma 36, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, che, nel prendere in considerazione le esigenze di enti di nuova istituzione, prevede particolari limiti e condizioni per procedere a nuove assunzioni. La Regione richiama altresì le previsioni dell’art.15, comma 5, del Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL), comparto Regioni-Autonomie locali, del 1° aprile 1999.

2.– La questione è fondata.

3.– La disposizione scrutinata riguarda l’Autorità portuale regionale, istituita con legge della Regione Toscana 28 maggio 2012, n. 23 (Istituzione dell’Autorità portuale regionale. Modifiche alla L.R. n. 88/1998 e L.R. n. 1/2005), nell’esercizio, come affermato nel preambolo, della competenza concorrente attribuita alla Regione dall’art. 117, terzo e quarto comma, Cost., in materia di porti e aeroporti civili.

L’art. 2 della legge reg. Toscana n. 23 del 2012 qualifica l’Autorità come ente dipendente dalla Regione con personalità giuridica di diritto pubblico, attraverso cui la Regione, ai sensi dell’art. 1 della medesima legge, esercita le sue competenze relative ai porti di Viareggio, Giglio, Porto Santo Stefano e Marina di Campo, svolgendo, in particolare, funzioni (art. 3) di pianificazione delle aree portuali, progettazione e realizzazione delle opere portuali, gestione e manutenzione delle aree portuali. L’art. 2 della legge reg. Toscana n. 72 del 2016 ha, poi, aggiunto le funzioni di gestione diretta delle aree demaniali destinate a finalità turistico-ricreative, nonché le funzioni amministrative relative al canale Burlamacca, comprese le concessioni delle aree demaniali ad esso prospicienti.

L’art. 19 della stessa legge reg. n. 23 del 2012, rubricato “Dotazione organica”, prevede che l’Autorità svolga di norma le attività di propria competenza con personale dipendente o avvalendosi di personale comandato o distaccato da enti locali o dalla Regione (l’espressione «con personale dipendente o» è stata inserita dall’art. 2, comma 1, della legge della Regione Toscana 5 agosto 2014, n. 48, recante «Semplificazione della disciplina degli organi dell’Autorità portuale regionale e norme in materia di personale. Modifiche alla L.R. n. 23/2012») e che la sua dotazione organica e le relative modifiche sono approvate dalla Giunta regionale, su proposta del Segretario generale.

Infine, l’art. 20, relativo al trattamento giuridico ed economico del personale, dispone che al personale dell’Autorità si applica lo stato giuridico e il trattamento economico e normativo dei CCNL del comparto Regioni-enti locali.

4.– Attese tali disposizioni regionali, non è dubbio che l’Autorità portuale, quale ente pubblico regionale, rientri nel novero delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 3, comma 5, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, vale a dire le Regioni e gli enti locali nei cui confronti trova applicazione l’art. 1, comma 228, della legge n. 208 del 2015, evocata, come norma interposta, dal ricorrente.

5.– La predetta disposizione statale ha subito modifiche, già antecedentemente alla presentazione del ricorso in esame, ad opera dell’art. 16 del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113 (Misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160, e, successivamente, ad opera dell’art. 22 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96. Tali modifiche normative, tuttavia, non incidono sui termini della questione in esame.

6.– Dopo l’instaurazione del presente giudizio, questa Corte, con sentenza n. 191 del 2017, ha riconosciuto come corretta espressione della funzione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica la disciplina dettata dall’art. 1, comma 228, della legge n. 208 del 2015 in materia di limiti alle assunzioni da parte delle Regioni e degli enti regionali, dichiarando non fondata la questione di legittimità promossa nei confronti dello Stato dalla Regione Veneto, per asserita violazione degli artt. 3, 97, 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 Cost.

Nella citata sentenza si è affermato che la disposizione statale in esame «reca principi di coordinamento della finanza pubblica nel rispetto dei requisiti che la giurisprudenza di questa Corte ha individuato per escludere l’illegittimità delle misure limitative dell’autonomia regionale (sentenza n. 218 del 2015)», in quanto «non prevede in modo esaustivo strumenti e modalità di perseguimento degli obiettivi, comunque rimessi all’apprezzamento delle Regioni e presenta un carattere transitorio e delimitato nel tempo».

La sentenza n. 191 del 2017 si pone in linea di continuità con le decisioni di questa Corte nelle quali si è affermata la legittimità di disposizioni statali intese a operare, nel rispetto dei requisiti stabiliti dalla stessa giurisprudenza costituzionale, sul rilevante aggregato di spesa pubblica costituito dalle spese del personale, ponendo limiti alla facoltà delle Regioni di procedere a nuove assunzioni (ex plurimis, le recenti sentenze n. 72 del 2017, n. 218 e n. 153 del 2015).

6.1.– Nelle sentenze che hanno così riconosciuto la legittimità di disposizioni dello Stato intese a contenere la spesa del personale ponendo vincoli alle Regioni e agli enti locali, questa Corte ha escluso che le stesse siano invasive della sfera di competenza legislativa regionale in materia di organizzazione amministrativa, affermando che la incidenza su tale sfera è un effetto indiretto dell’esercizio della potestà statale espressione della competenza in materia di coordinamento della finanza pubblica (in tal senso, ex plurimis, sentenze n. 153 del 2015, n. 219 del 2013 e n. 151 del 2012).

7.– Alla luce della ricordata giurisprudenza di questa Corte non può dubitarsi che la norma statale interposta, evocata dal ricorrente, comporta l’obbligo per le Regioni e gli enti regionali di attenersi ai principi ivi affermati, per contribuire a realizzare l’obiettivo di contenimento e controllo della spesa nel settore del pubblico impiego.

Ne consegue che la disposizione regionale censurata, derogando ai vincoli così stabiliti dalla norma interposta, configura ex se una lesione della competenza statale in materia di coordinamento della finanza pubblica.

8.– Le argomentazioni addotte dalla Regione Toscana a sostegno della legittimità dell’intervento normativo in esame vanno, pertanto, disattese.

8.1.– Innanzitutto risulta infondato l’assunto secondo cui la norma scrutinata troverebbe legittimazione nella competenza della Regione Toscana in materia di organizzazione amministrativa degli enti pubblici regionali, atteso il riscontrato carattere recessivo di tale competenza rispetto ad una disposizione che questa Corte ha riconosciuto costituire corretta espressione della competenza statale in materia di coordinamento della finanza pubblica.

8.2.– Parimenti, non sono fondate le ulteriori argomentazioni volte a negare l’applicabilità alla fattispecie disciplinata dalla norma regionale censurata della disposizione statale interposta, a motivo di profili contingenti, correlati alla asserita specificità del caso.

Difatti, solo lo stesso legislatore nazionale può prevedere diversificate modalità applicative, ovvero circoscritte deroghe temporalmente limitate ai vincoli assunzionali da esso stesso disposti, dettando, inoltre, specifiche modalità attuative al fine di verificarne l’impatto finanziario.

Ne sono riprova proprio le disposizioni citate dalla Regione Toscana nella memoria depositata in prossimità dell’udienza, quale quella recata dall’art. 9, comma 36, del d.l. n. 78 del 2010, poiché dimostrano che è lo stesso legislatore statale a ravvisare, di volta in volta, esigenze e situazioni peculiari che possono motivare discipline diversificate in materia di assunzione del personale, circoscrivendone l’applicazione entro limiti tassativi. È pertanto in tali ambiti e limiti definiti dalle disposizioni nazionali che può dispiegarsi legittimamente la competenza legislativa regionale.

Contrariamente alla tesi della Regione Toscana, non è, dunque, possibile attribuire a specifiche, puntuali e contingenti disposizioni statali una portata generale, che possa legittimare interventi legislativi regionali volti a introdurre motu proprio deroghe ai limiti alle assunzioni posti dalla normativa statale; deroghe che inevitabilmente inficiano la finalità, perseguita dal legislatore nazionale, di contenere le dinamiche incrementali della spesa pubblica nel rilevante comparto del personale delle pubbliche amministrazioni.

Inconferenti, altresì, sono le deduzioni svolte dalla Regione in ordine alla asserita rispondenza della disposizione censurata alla previsione di cui all’art. 15, comma 5, del CCNL del comparto Regioni-Autonomie locali del 1° aprile 1999, operando le previsioni contrattuali nel rispetto delle disposizioni imperative in materia di assunzioni nelle pubbliche amministrazioni.

Altresì ininfluente è, poi, l’assunto della Regione Toscana, oltretutto privo di qualsiasi riscontro oggettivo, secondo cui la norma censurata non inciderebbe comunque negativamente sui principi che regolano il contenimento della spesa di personale pubblico, a ragione delle nuove entrate assicurate all’Autorità portuale dall’intervento attuato con la stessa legge reg. Toscana n. 72 del 2016.

9.– In definitiva, deve dichiararsi la illegittimità costituzionale della disposizione regionale scrutinata, in quanto, nel ledere i principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica, recati dall’art. 1, comma 228, della legge n. 208 del 2015, viola l’art. 117, terzo comma, Cost.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 2, della legge della Regione Toscana 18 ottobre 2016, n. 72 (Disposizioni per il potenziamento dell’Autorità Portuale Regionale. Modifiche alla L.R. n. 23/2012).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 novembre 2017.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Giulio PROSPERETTI, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.