Corte di Cassazione, Sezione 6 2 civile Ordinanza 23 febbraio 2018, n. 4416

in difetto di esecuzione dell’obbligo, imposto dalla sentenza di primo grado all’appaltatore, di eliminare i vizi e le difformita’ dell’opera, il committente puo’ provvedervi direttamente a sue spese, e ottenerne il rimborso con la sentenza di secondo grado, come misura del risarcimento del danno derivato dall’inadempimento dell’appaltatore gia’ chiesto in primo grado, perche’ tale domanda puo’ essere sia in aggiunta, sia in alternativa alla domanda di esecuzione in forma specifica.

 

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: L’appalto privato aspetti generali.

Corte di Cassazione, Sezione 6 2 civile Ordinanza 23 febbraio 2018, n. 4416

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11892/2015 proposto da:

(OMISSIS), in qualita’ di titolare della Ditta ” (OMISSIS)”, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCF LLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 273/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 25/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 09/06/2017 dal Consigliere Dott. MILENA FALASCHI.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Con ricorso depositato il 1 ottobre 2003 (OMISSIS), nella qualita’ di titolare della Ditta (OMISSIS), chiedeva ed otteneva dal Tribunale di Palermo, Sez. dist. di Carini, decreto ingiuntivo dell’importo di Euro 11.551,99 nei confronti del Condominio (OMISSIS), in ragione dei lavori edili effettuati su incarico di quest’ultimo.

Il Condominio ingiunto, con citazione notificata il 24 novembre 2003, proponeva opposizione che, con sentenza n. 253/2007, veniva in parte accolta, venendo subordinato il pagamento della somma richiesta all’esecuzione di alcuni lavori ponendoli a carico di (OMISSIS).

In virtu’ di rituale appello interposto dal Condominio di (OMISSIS), con atto di citazione notificato il 5 gennaio 2009, la Corte di Appello di Palermo, nella resistenza dell’appellato, con sentenza n. 273/2014, accoglieva in parte l’appello e condannava Benedetto Scalici a corrispondere la somma di Euro 5.977,41.

Per la cassazione della sentenza di appello ricorre (OMISSIS) sulla base di due motivi, cui resiste con controricorso il Condomino, contenente anche ricorso incidentale affidato a tre motivi.

Ritenuto che entrambi i ricorsi, principale ed incidentale, potessero essere respinti, con la conseguente definibilita’ nelle forme di cui all’articolo 380 bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente comunicata ai difensori delle parti, il presidente ha fissato l’adunanza della Camera di consiglio.

Atteso che:

il primo motivo di ricorso principale (con il quale e’ dedotta la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 1668 c.c., per avere autorizzato il committente a una inammissibile forma di autotutela privata per l’eliminazione dei vizi e delle difformita’ riscontrate) e’ manifestamente infondato.

In tema di garanzia per vizi dell’opera nel contratto di appalto, il committente non ha solo il diritto di ottenere dall’appaltatore l’esecuzione delle opere necessarie per eliminare i vizi, ma, altresi’, quello di domandare la sua condanna a pagare la somma a cio’ necessaria, ferma restando la possibilita’ per l’appaltatore di procedere alla eliminazione di essi prima della sentenza di condanna (Cass. n. 2974 del 1989).

Nella specie, dallo stesso ricorso emerge che la richiesta di provvedere a rimuovere detti vizi era stata presentata dall’appaltatore quando ormai il giudizio di appello era gia’ stato instaurato e, quindi, anni dopo la condanna ad eseguire le opere inflitta dal giudice di prime cure, con la conseguenza che legittimamente il Condominio aveva esercitato entrambe le facolta’ previste dall’articolo 1668 c.c., comma 1, riconosciuto in appello il diritto a vedersi rifondere le spese sopportate per le opere fatte eseguire per la eliminazione dei vizi;

il secondo motivo di ricorso principale (con cui e’ lamentata la violazione dell’articolo 189 c.p.c., con riferimento alle domande precisate dal Condominio in sede di conclusioni) e’ anch’esso manifestamente infondato. Invero non sussiste alcuna sostanziale differenza fra la richiesta di eliminazione dei difetti “a spese in danno dell’opposta” proposta in primo grado dal committente e quella di condanna “al pagamento delle somme necessarie per l’eliminazione dei vizi” avanzata dallo stesso Condominio nella comparsa conclusionale depositata presso il Tribunale di Palermo, Sez. dist. di Carini. Infatti, in difetto di esecuzione dell’obbligo, imposto dalla sentenza di primo grado all’appaltatore, di eliminare i vizi e le difformita’ dell’opera, il committente puo’ provvedervi direttamente a sue spese, e ottenerne il rimborso con la sentenza di secondo grado, come misura del risarcimento del danno derivato dall’inadempimento dell’appaltatore gia’ chiesto in primo grado, perche’ tale domanda puo’ essere sia in aggiunta, sia in alternativa alla domanda di esecuzione in forma specifica (Cass. n. 1836 del 2000);

venendo all’esame del ricorso incidentale, il primo motivo (con il quale e’ dedotta la violazione e la falsa applicazione di legge per omessa e/o errata valutazione di un punto decisivo della controversia, avendo la corte territoriale errato nel calcolo della somma dovuta al Condominio) e’ inammissibile, trattandosi di censura relativa a correzione di un errore materiale imputato alla corte territoriale.

Come questa Corte ha piu’ volte affermato, l’errore di calcolo del giudice del merito puo’ essere denunciato solo con ricorso per cassazione quando sia riconducibile all’impostazione dell’ordine delle operazioni matematiche necessarie per ottenere un certo risultato, perche’ in tali ipotesi si lamenta un vero e proprio error in iudicando nella individuazione dei parametri e dei criteri di conteggio sulla cui base sono stati effettuati i calcoli.

Qualora, invece, esso consista in un’erronea utilizzazione delle regole matematiche sulla base di presupposti numerici, esattamente determinati, con esatta individuazione ed ordine delle operazioni da compiere, e’ emendabile con l’apposita procedura di correzione regolata dagli articoli 287 c.p.c. e segg. (cosi’ la sentenza 5 agosto 2002, n. 11712, seguita e sostanzialmente ribadita da molte altre pronunce, tra le quali le sentenze 10 marzo 2005 n. 5330 e 15 gennaio 2013 n. 793; di recente: Cass. 23 marzo 2015 n. 5727);

il secondo motivo del ricorso incidentale (con il quale viene lamentata la erronea convinzione del giudice di appello nel ritenere che il grave ritardo nell’inadempimento sanzionato contrattualmente con una penale, non fosse imputabile alla impresa appaltatrice) e’ parimenti inammissibile.

La corte territoriale ha accertato che la richiesta all’appellato di eseguire ulteriori lavori era da considerare pacifica e il condominio resistente non ha nulla dedotto al riguardo, non avendo indicato nel suo ricorso incidentale in quali momenti ed atti nel corso del giudizio avrebbe contestato tale circostanza.

Parte ricorrente incidentale, inoltre, non ha negato che nuovi incarichi fossero stati conferiti all’appaltatore nell’ottobre 2000 e nell’aprile 2001.

Peraltro, la valutazione di incidenza dei lavori aggiuntivi commissionati sui tempi di consegna dell’opera non e’ sindacabile da parte del giudice di legittimita’, venendo in questione un giudizio di fatto riservato alla corte di merito;

il terzo motivo (con il quale e’ contestata la parziale compensazione delle spese di lite) e’ inammissibile.

Ai sensi dell’articolo 92 c.p.c., comma 2, nel testo applicabile ratione temporis (prima della modifica introdotta dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, articolo 2, comma 1, lettera a), venendo in questione un giudizio instaurato nel 2003), la scelta di compensare totalmente o parzialmente le spese processuali e’ riservata al prudente apprezzamento del giudice sulla base di un adeguato supporto motivazionale, che puo’ anche desumersi dal complesso delle considerazioni giuridiche o di fatto enunciate a sostegno della decisione di merito o di rito.

Nella specie, la corte territoriale ha accertato la ricorrenza di una soccombenza prevalente, ma non totale dell’attuale ricorrente, argomentazione non specificamente criticata dal Condominio.

In conclusione devono essere rigettati entrambi i ricorsi, principale ed incidentale.

Le spese di lite vengono interamente compensate fra le parti ricorrendo ipotesi di soccombenza reciproca.

Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte sia del ricorrente principale che del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta entrambi i ricorsi;

dichiara interamente compensate fra le parti le spese processuali del giudizio di legittimita’.

Ai sensi del D.P.R n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte sia del ricorrente principale sia del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

 

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.