Pertanto, il cliente che sostiene di aver subito un danno per l’inesatto adempimento del mandato professionale del suo avvocato ha l’onere di provare: (I) l’esistenza del titolo consistente nel contratto d’opera professionale; (II) la difettosa o inadeguata prestazione professionale; (III) il nesso di causalità tra la difettosa o inadeguata prestazione professionale e il danno lamentato; (IV) l’esistenza effettiva di un danno risarcibile.

Tribunale|Milano|Sezione 1|Civile|Sentenza|18 agosto 2021| n. 6997

Data udienza 17 agosto 2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO

PRIMA CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Martina Flamini

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 22106/2019 promossa da:

CONDOMINIO CONSORZIO (…) (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. MU.GI., elettivamente domiciliato in MILANO, CORSO (…) presso il difensore

ATTORE

contro

(…) (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. GI.MI. e dell’avv. PR.MA., elettivamente domiciliato in MILANO, VIA (…) presso il difensore

(…) (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. (…), elettivamente domiciliato in MILANO, VIA (…) presso il difensore

CONVENUTI

(…) S.A. (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. SC.MA., elettivamente domiciliata in MILANO, VIALE (…) presso il difensore

(…) S.p.A., con il patrocinio dell’avv. Ma.Me., elettivamente domiciliata in Milano, via (…), presso lo studio del difensore

TERZI CHIAMATI

IN FATTO E IN DIRITTO

Con atto di citazione ritualmente notificato, il Condominio Consorzio (…) conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Milano, il Sig. (…) nonché l’avv. (…) rassegnando le seguenti conclusioni: “condannare a: Ritenuta la responsabilità professionale del Rag. (…) e l’Avv. (…) nella stipula dell’atto di transazione di cui in premessa, condannare questi ultimi, in solido fra loro, alla restituzione della complessiva somma pari ad Euro 24.605,04. Ritenuto l’indebito arricchimento del Rag. (…) per Euro 12.292,72, condannare quest’ultimo alla restituzione di tale somma a favore del Condominio”.

A sostegno delle domande proposte, il Condominio ha dedotto:

che la (…) aveva chiesto ed ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti del Condominio, amministrato da (…) dello studio professionale (…) di (…) S.n.c., di Euro 188.382,43, per la fornitura di gas naturale;

che il decreto ingiuntivo era stato opposto dal Condominio, difeso dall’avv. (…) e che era stata poi trovata una soluzione stragiudiziale, attraverso un accordo transattivo;

che, in forza del predetto accordo, il Condominio si era impegnato a versare alla (…) l’intera somma riconosciuta nel decreto ingiuntivo, nonché la somma di Euro 27.6745,90 a titolo di interessi, fatti decorrere dal 19.11.2013 (quando ancora il credito della (…) non era ancora integralmente maturato);

che l’avv. (…) non aveva adempiuto in modo diligente alle obbligazioni sullo stesso gravanti, atteso che non si era avveduto del fatto che il tasso di interessi applicato era errato (anche perché il condominio era da considerarsi un consumatore) e che la decorrenza degli interessi era antecedente alla maturazione dell’intero debito; che (…) aveva indebitamente percepito importi per un periodo successivo alla data di revoca del mandato.

Ritualmente citato si è costituito (…) chiedendo, preliminarmente, l’autorizzazione alla chiamata in causa delle (…) S.p.A. Nel merito ha dedotto: che tra il Condominio e la (…) non era intervenuto alcun accordo transattivo, ma solo un accordo per la rateizzazione del debito; che l’avv. (…), attraverso la stipula del predetto accordo, era riuscito ad ottenere una rateizzazione dell’importo, la possibilità di iniziare a pagare dopo circa due anni ed aveva, altresì, evitato le spese relative alla procedura esecutiva; che la misura degli interessi era corrispondente a quella liquidata dal giudice del decreto ingiuntivo.

(…) si è costituito ed ha chiesto di chiamare in causa la (…), chiedendone la condanna a tenerlo indenne dalle conseguenze negative della sentenza. Nel merito ha evidenziato: che non vi era stato alcun accordo transattivo; che la domanda di indebito era infondata, atteso che l’incarico di amministratore era stato svolto dalla società in nome collettivo e non dal singolo socio illimitatamente responsabile, nei cui confronti il Condominio aveva spiegato le proprie domande; che l’incarico conferito all’amministratore si era rinnovato sino al 7.7.2017 e che, pertanto, l’importo richiesto dal condominio era relativo ai compensi dovuti all’amministratore.

Le due società di assicurazione si sono costituite aderendo alle difese degli assicurati ed eccependo limiti di operatività delle garanzie assicurative.

Acquisiti i documenti prodotti, all’udienza del 16.3.2021 le parti hanno precisato le conclusioni ed il giudice ha trattenuto la causa in decisione con la concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c..

Occorre, in primo luogo, esaminare le domande spiegata dal Condominio nei confronti dell’avv. (…).

In via generale giova premettere che, secondo l’insegnamento della Corte di Cassazione, “la responsabilità dell’avvocato non può affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell’attività professionale, occorrendo verificare se l’evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del primo, se un danno vi sia stato effettivamente e, infine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva (anche per violazione del dovere di informazione), ed il risultato derivatone” (Cass. sez. III, 20/08/2015, n. 17016; v. anche Cass. n. 2638/2013; Cass. n. 9238/2007).

Pertanto, il cliente che sostiene di aver subito un danno per l’inesatto adempimento del mandato professionale del suo avvocato ha l’onere di provare: (I) l’esistenza del titolo consistente nel contratto d’opera professionale; (II) la difettosa o inadeguata prestazione professionale; (III) il nesso di causalità tra la difettosa o inadeguata prestazione professionale e il danno lamentato; (IV) l’esistenza effettiva di un danno risarcibile.

Trattandosi di responsabilità contrattuale, il riparto degli oneri di allegazione e prova è regolato dall’art. 1218 c.c., sicché spetta al cliente dimostrare il conferimento dell’incarico, nonché il danno (conseguenza) derivato dall’inadempimento dell’obbligazione, come conseguenza immediata e diretta dello stesso; mentre incombe sul professionista l’onere di provare l’esatto adempimento della prestazione, ovvero l’impossibilità per causa non imputabile e, dunque, è onere del professionista dimostrare di aver adempiuto a tutti i suoi obblighi informativi, di sollecitazione e dissuasione, illustrando al cliente tutte le possibili conseguenze delle sue determinazioni (Cass. 7410/2017).

Orbene, nel caso in esame, è pacifico il conferimento dell’incarico professionale da parte del Condominio all’avv. (…).

Ad avviso di parte attrice, l’errore commesso dal convenuto (…) sarebbe stato quello di non verificare l’erroneità del tasso di interesse applicato (anche in ragione del fatto che il condominio sarebbe un consumatore) e della data di decorrenza degli interessi.

Le doglianze di parte attrice sono infondate.

Dai documenti prodotti emerge che: la società (…) S.r.l. vantava un credito nei confronti del Condominio un credito consolidato pari ad Euro 188.382,43 (con prima fattura scaduta in data 23/05/2013 ed ultima fattura scaduta in data 27/01/2014), per forniture di gas rimaste non pagate; il predetto credito veniva azionato da (…) s.r.l., con decreto ingiuntivo depositato in data 04/06/2014, emesso in data 12/09/2014 e notificato al condominio in data 8/10/2014, presso la sede del precedente amministratore S.M. (doc. 1 di parte attrice); nel ricorso per decreto ingiuntivo, il difensore della (…) aveva richiesto il pagamento dell’importo capitale dovuto, oltre interessi di mora come previsti dall’art. 5 D.Lgs. n. 231 del 2002 del 9/10/2002; il Giudice Unico del Tribunale di Milano, nel provvedimento di accoglimento, aveva ingiunto al condominio il pagamento della somma di Euro. 188.382,43, oltre “gli interessi dalla mora al saldo”; il Condominio ha proposto opposizione ed il Giudice dell’opposizione, con provvedimento reso all’udienza del 02/07/2015 aveva concesso la provvisoria esecuzione del decreto (doc. 4 del convenuto (…)); con atto del settembre 2015 (doc. 4 di parte convenuta) le parti, in via stragiudiziale, prevedevano che il condominio si riconoscesse debitore nei confronti della controparte dell’importo capitale azionato di Euro 188.382,43, oltre interessi di mora dal 19/11/2013 al 7/09/2015, pari ad Euro 27.675,97 e spese legali.

Appare evidente come l’accordo concluso tra il Condominio e la (…) non possa essere qualificato come transazione. Le doglianze di parte attrice, infatti, come anche ribadito nella comparsa conclusionale attengono esclusivamente alla misura ed alla decorrenza degli interessi.

Tali doglianze, però, non possono essere condivise.

La misura degli interessi legali – previsti nell’accordo concluso tra il Condominio e la (…) – risultano corrispondenti a quelli indicati nel decreto ingiuntivo, sulla base della domanda monitoria. Potrebbe, pertanto, in via astratta valutarsi la responsabilità professionale del difensore con riferimento alle doglianze fatte valere in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, nella parte relativa alla quantificazione degli interessi. Nel caso in esame, invece, come ribadito dalla difesa del Condominio, non viene mossa alcuna contestazione rispetto alla decisione di concludere un accordo per la rateizzazione del debito (sebbene si evidenzi come la decisione non è stata sottoposta all’attenzione dell’assemblea), ma si censura solo la misura e la decorrenza degli interessi prevista nel detto accordo.

Se il quantum riconosciuto a titolo di interessi avesse voluto essere contestato questo avrebbe dovuto avvenire nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo. La difesa di parte attrice, pertanto, avrebbe dovuto contestare la responsabilità professionale del convenuto con riferimento alla decisione di rinunciare all’opposizione (profilo non evidenziato nel presente giudizio).

Solo per completezza si osserva come la possibilità di qualificare il condominio come consumatore non porti a diverse conclusioni. In via generale si osserva come la Corte di Giustizia, con sentenza del 2.4.2020 nella causa C-329/19, ha ribadito come al condominio – pur non potendo rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13/CEE – possano applicarsi le norme a tutela dei consumatore (concernenti le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori), così come affermato dalla Suprema Corte di Cassazione (Cass. 22 maggio 2015, n. 10679; conformi, tra le altre, Cass. 12 gennaio 2005, n. 452, Cass. 24 luglio 2001, n. 10086), allo scopo di garantire una tutela maggiore anche ad un soggetto giuridico, quale il condominio, che non è una persona fisica.

La possibilità di applicare la disciplina di protezione a tutela del consumatore ad un soggetto, quale il condominio, che non rientra nell’ambito di applicazione della disciplina europea sopra richiamata, è stata, dunque, affermata al solo scopo di ampliare la tutela per ricomprendervi entità, quali il condominio, che potrebbero trovarsi in una condizione di inferiorità di tutela rispetto ad un professionista.

Atteso che il Condominio attore non ha contestato la scelta di rinunciare all’opposizione e di addivenire ad un accordo per la rateizzazione del debito – contestazione che appare, peraltro, difficilmente sostenibile alla luce dei documenti in forza dei quali è stato emesso il decreto ingiuntivo, poi dichiarato provvisoriamente esecutivo -, appare evidente come la misura degli interessi consegua alla decisione del Tribunale di Milano (in forza della richiesta del creditore) e non possa, pertanto, essere ascritta ad un errore professionale del difensore convenuto. Al momento della decisione sul decreto ingiuntivo, inoltre, pur a fronte delle decisioni della Corte di Cassazione, era ancora prevalente l’orientamento restrittivo della Corte di Giustizia (tra le tante, Corte di giustizia, 19 novembre 2015, C-74/15, (…), Corte di giustizia, 15 gennaio 2015, C- 537/13, (…), Corte di giustizia, 30 maggio 2013, C- 488/11, (…) e de (…)) che aveva portato, infatti, il Tribunale di Milano a sollevare questione pregiudiziale proprio sulla possibilità di qualificare il condominio come consumatore (ord. 1.4.2019). Non era, pertanto, affatto univoca la possibilità di vittoria in giudizio a fronte di una contestazione riferita a tale profilo.

Per completezza si osserva che, pur volendo ravvisare l’inesatto adempimento dell’obbligo di informazione in capo al difensore (che, pacificamente, non ha informato l’assemblea del condominio della decisione di sottoscrivere l’accordo con il creditore) lo stesso appare causalmente irrilevante, atteso che, alla luce dei documenti prodotti e dell’entità del debito del condominio, deve ritenersi come l’assemblea, secondo un criterio di preponderanza dell’evidenza, avrebbe approvato la decisione dell’amministratore e del difensore (…).

Non può, pertanto, configurarsi un inesatto adempimento delle obbligazioni, causalmente rilevate, da parte del difensore convenuto. Il rigetto delle domande svolte nei confronti dell’avv. (…) rende irrilevante l’esame della domanda di garanzia dallo stesso formulata nei confronti delle (…).

Con riferimento alle domande svolte dal Condomino nei confronti di (…), si osserva quanto segue.

In primo luogo, le considerazioni sopra svolte portano al rigetto delle domande spiegate da parte attrice nella parte relativa agli interessi corrisposti.

Parte attrice ha contestato, inoltre, al convenuto l'”indebita percezione di somme” deducendo che: l’assemblea aveva revocato il mandato conferito all’amministratore il 9.7.2016; il sig. (…) il 23.6.2016 aveva emesso la fattura (…), che aveva poi provveduto ad autoliquidarsi; che la fattura si riferiva al periodo del terzo trimestre 2016 e secondo trimestre 2017, quando l’amministratore aveva cessato, ormai, il proprio incarico.

La difesa di parte convenuta ha chiesto il rigetto delle domande deducendo che: l’incarico di amministratore di condominio era stato conferito alla società in nome collettivo e non al singolo socio; che il mandato aveva durata biennale, in quanto doveva intendersi tacitamente prorogato.

La domanda di ripetizione di indebito – così come correttamente qualificata dal giudice – è fondata e merita accoglimento per i motivi che seguono.

Contrariamente rispetto a quanto dedotto dalla difesa del convenuto, dal verbale di assemblea del 7.7.2015 (doc. 1 di parte convenuta) risulta come l’incarico di amministratore di condominio sia stato conferito a (…) e non alla società in nome collettivo. Del tutto prive di pregio, pertanto, le doglianze relative alla necessità di rivolgere la domanda di indebito ex art. 2033 c.c. nei confronti della società di persone e non del singolo socio.

Del pari infondate le censure svolte dal condominio in merito all’esistenza di orientamenti dottrinali e giurisprudenziali che ritengono che la carica di amministratore si rinnovi automaticamente. Nel caso in esame, infatti, l’assemblea, nel luglio 2016, ha provveduto a revocare, in modo espresso, l’incarico conferito al sig. (…).

Il pagamento della somma di Euro 12.292,72, riferito ad un periodo temporale successivo alla revoca dell’incarico, deve ritenersi non dovuto.

La domanda di ripetizione dell’importo predetto, spiegata dal Condominio, deve trovare accoglimento e (…) deve essere condannato al pagamento, in favore di parte attrice, della somma di Euro 12.292,72, oltre interessi legali. Con riferimento alla decorrenza di tali interessi, in assenza di uno specifico atto di costituzione in mora da parte del Condominio (cfr. Cass. SS.UU. 13.6.2019 n. 15895), i detti interessi decorrono dalla data della domanda giudiziale (29.3.2019, data della notifica dell’atto di citazione al convenuto (…)).

La domanda di garanzia svolte dal sig. (…) nei confronti di H. deve essere rigettata, atteso che trattasi di restituzione di somme indebitamente percepite e non di responsabilità professionale per danni. La polizza “Responsabilità Civile” n. 194636 (cfr. doc. 1 fascicolo di H.), infatti, assicura i danni patrimoniali involontariamente cagionati a terzi, compresi i clienti, nell’esercizio dell’attività professionale di amministratore di stabili (cfr. doc. 1 art. 1 fascicolo di H.) e non si riferisce, pertanto, alla restituzione di somme indebitamente percepite dal professionista.

Le spese di lite nei rapporti tra parte attrice e (…) (e (…)) possono essere compensate nella misura del 50% alla luce delle motivazioni sopra indicate (in particolare attesa la non univocità di orientamenti giurisprudenziali in merito alla possibilità di qualificare il condominio come consumatore ed alla pacifica e non contestata omessa informazione dell’assemblea, da parte del difensore, della decisione di sottoscrivere l’accordo con il creditore (…)), mentre nel resto seguono la soccombenza.

Le spese di lite nei rapporti tra (…) ed H., in ragione dei rapporti contrattuali tra le parti e dei motivi della decisione, possono essere integralmente compensati.

P.Q.M.

Il Tribunale di Milano, ogni diversa istanza eccezione e difesa disattesa, definitivamente pronunciando così provvede:

1) Rigetta le domande proposte dal Condominio Consorzio (…) nei confronti di (…);

2) Accoglie parzialmente le domande di parte attrice nei confronti di (…) e lo condanna alla restituzione, in favore del Condominio Consorzio (…), della somma di Euro 12.292,72, oltre interessi legali dal 29.3.2019 sino al soddisfo;

3) Compensa nella misura del 50% le spese di lite nei rapporti tra il Condominio Consorzio (…) e (…) e le (…) S.p.A. e condanna parte attrice, per il restante 50%, al pagamento delle dette spese che liquida in complessivi Euro 2.130,00, oltre spese generali al 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge (per ciascuna delle due parti);

4) Condanna (…) al pagamento, in favore del Condominio Consorzio (…), delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 5.340,00, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge;

5) Compensa le spese di lite nei rapporti tra (…) ed (…).

Così deciso in Milano il 17 agosto 2021.

Depositata in Cancelleria il 18 agosto 2021.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.