Solo in materia di indebito soggettivo, infatti, l’errore del solvens assume rilevanza (cfr. art. 2036 c.c.), per il motivo che esclusivamente la presenza dell’errore consente di distinguere la fattispecie in questione da quella dell’adempimento del terzo. Viceversa nell’indebito oggettivo è irrilevante il fatto che vi sia stato o meno l’errore del solvens (non previsto come requisito dall’art. 2033 c.c.), essendo sufficiente, per la ripetibilità, l’accertamento dell’assenza di giustificazione dello spostamento patrimoniale eseguito.

 

Tribunale Frosinone, civile Sentenza 4 settembre 2018, n. 794

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE CIVILE DI FROSINONE

nella persona del giudice unico dott. PAOLO MASETTI ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 2207 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2005, trattenuta in decisione all’udienza del 15.5.2018 senza i termini ex art. 190, 1 comma, c.p.c., per avervi le parti espressamente rinunciato, vertente

TRA

(…), elettivamente domiciliato in Frosinone, Via (…), presso lo studio dell’Avv. Vi.Ga., che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine dell’atto di citazione;

attore

E

(…) S.P.A., in persona del suo procuratore Avv. Lu.Gi., elettivamente domiciliata in Frosinone, Via (…), presso lo studio dell’Avv. An.Ja., che, insieme agli Avv.ti Fa.Ma. e An.Gr. del Foro di Milano, la rappresenta e difende, giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta.

convenuta

OGGETTO: azione di ripetizione di indebito

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

(…), titolare dell’omonima ditta di autotrasporti, conveniva in giudizio la (…) s.p.a. (già (…) s.p.a.), deducendo:

– di avere effettuato trasporti per conto della convenuta a partire dall’anno 1993 fino al dicembre 2000, emettendo regolari fatture;

– che la società indicata, al fine di ridurre quanto più possibile i costi del servizio di autotrasporto affidato alla ditta del (…), aveva messo in atto diversi “stratagemmi”, tutti censurabili giudiziariamente;

– che in particolare da un lato la (…) aveva costantemente eluso la disciplina legale sulle tariffe minime obbligatorie c.d. “a forcella” per i servizi di autotrasporto, applicando una tariffa inferiore a quella dovuta, motivo per il quale pendeva già una causa dinanzi al Tribunale di Frosinone (n. 3134/2001 R.G.); dall’altro lato – e in ciò risiedeva la ragione della nuova azione – nel periodo intercorso dal 1993 al 1996 la società aveva ulteriormente ridotto i corrispettivi per i trasporti emettendo a sua volta fatture (dettagliatamente elencate a pag. 2 e 3 della citazione) nei confronti della ditta (…) per servizi in realtà mai resi, aventi l’unico scopo di diminuire, attraverso il sistema della compensazione parziale, il debito verso l’attore;

– che tali fatture riportavano tutte la descrizione sommaria dei servizi asseritamente resi come “assistenza contabile ed elaborazione dati, posteggio mezzi, programmazione, spese telefoniche e varie” quando in realtà nessuno di tali servizi era stato mai prestato dalla (…) alla ditta (…), la quale, disponendo di una propria organizzazione aziendale nonché di ulteriori risorse, non aveva ragioni per chiederli alla convenuta;

– che, infatti, in ordine all’attività di consulenza contabile la ditta del (…) si era avvalsa, in quegli anni, dell’opera retribuita del Rag. (…); per il parcheggio dei propri automezzi aveva sempre usufruito di un’area di servizio di proprietà di (…), sita in P., Loc. Q. S.; quanto alle spese telefoniche, aveva utilizzato le proprie utenze pagando regolarmente le bollette;

– che la convenuta aveva agito in base ad un meccanismo congegnato, “scontando” dal proprio debito mensile l’importo della fattura artatamente creata a tal fine e che veniva emessa il mese successivo con cadenza regolare, per poi pagare la differenza a distanza di tre mesi dalla data della fattura emessa dalla ditta (…);

– che in tal modo la convenuta aveva realizzato un abbattimento del costo del servizio di autotrasporto sempre nella stessa misura percentuale (16% circa negli anni 1993-1994; 21% circa negli anni 1995-1996);

– che con lettera di messa in mora ricevuta dalla (…) il 13.9.2004, quest’ultima era stata diffidata a restituire gli importi indebitamente percepiti;

– che tali importi, limitando la domanda a quelli corrisposti nel decennio antecedente alla ricezione di detta missiva, erano pari ad Euro 320.037,09 (originarie Lire 619.678.220).

Per tali ragioni di fatto, avanzava in via principale domanda ex art. 2033 c.c. per ottenere la ripetizione delle somme di cui sopra, quale indebito oggettivo, e in via subordinata domanda ex art. 2041 c.c. deducendo l’ingiustificato arricchimento della convenuta con connesso impoverimento dell’attore e chiedendo il pagamento di un indennizzo da commisurarsi alla stessa cifra, in ogni caso oltre interessi e maggior danno ex art. 1224, 2 comma, c.c..

Si costituiva in giudizio la (…) s.p.a. la quale, in via pregiudiziale, sollevava eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Frosinone rispetto ad entrambe le azioni esercitate, indicando come competente il Tribunale di Milano, sia quale giudice del luogo della sede di essa parte convenuta (art. 19 c.p.c.), sia quale giudice del luogo in cui era stato eseguito il pagamento dell’indebito ovvero si era verificato l’arricchimento ai danni dell’attore, secondo quanto da quest’ultimo sostenuto, luogo da individuarsi sempre nella sede della (…) s.p.a., sia, ancora, quale giudice del luogo in cui avrebbe dovuto adempiersi l’obbligazione dedotta, trattandosi in ogni caso di un credito illiquido (art. 20 c.p.c.).

Eccepiva, inoltre:

– l’inammissibilità delle azioni proposte, in quanto non corrispondenti all’unica azione che, in ipotesi, sarebbe stata ammissibile, ossia quella aquiliana di cui all’art. 2043 c.p.c., anch’essa comunque attratta alla competenza del Tribunale di Milano e per la quale in ogni caso era maturata la prescrizione ai sensi dell’art. 2947 c.c.;

– l’inammissibilità dell’azione ex art. 2033 c.c. per “assenza di un pagamento da parte del solvens”;

– l’inammissibilità dell’azione ex art. 2041 c.c. alla luce del principio di sussidiarietà stante la mancanza dei presupposti per accogliere l’azione principale, la presenza di una causa debendi e la giustificazione dell’arricchimento nel consenso del soggetto impoverito.

Eccepiva, ancora, la prescrizione del credito, osservando come la lettera ricevuta il 13.9.2004 non poteva ritenersi idonea ad interrompere il corso della prescrizione rispetto all’azione ex art. 2041 c.c. e pertanto, considerata la data di notifica della citazione, risultavano comunque prescritti gli indennizzi maturati prima del maggio 1995; in ogni caso tutte le pretese maturate prima del 13.9.1994 dovevano intendersi prescritte.

Nel merito contestava gli assunti avversari deducendo che “le parti si accordarono, infatti, affinché i servizi di cui alle fatture in atti venissero resi da (…) Spa e tali servizi sono stati effettivamente prestati a favore dell’attore. La dimostrazione del contrario grava integralmente sul Sig. (…)” (pag. 7 comparsa di risposta).

Per tali motivi chiedeva dichiararsi l’incompetenza territoriale del Tribunale di Frosinone in favore di quello di Milano e in subordine respingersi le domande proposte “perché inammissibili e/o improponibili, in subordine, perché prescritte ed, in ulteriore subordine, perché infondate in fatto ed in diritto”.

La causa, previo scambio delle memorie ex artt. 180, 183 e 184 vecchio rito, veniva istruita con prove per testi e quindi posta in deliberazione, una prima volta, all’udienza del 25.2.2011; rimessa sul ruolo con ordinanza del 14.9.2011 per acquisire copia degli atti relativi agli altri giudizi pendenti tra le parti (n. 3124/2001 e n. 2807/2005 R.G.) e per conoscerne il relativo stato, veniva nuovamente trattenuta in decisione all’udienza del 15.11.2013; seguiva ulteriore rimessione sul ruolo con ordinanza del 28.1.2015 per l’acquisizione di notizie circa l’eventuale proposizione di appello avverso la sentenza emessa nel giudizio n. 2807/2005 R.G.; acquisita certificazione di cancelleria sulla mancata proposizione del gravame, la causa veniva trattenuta in decisione dal GOT, nel frattempo divenuto assegnatario del procedimento, all’udienza del 18.12.2015 e, da ultimo, previa riassegnazione, all’udienza indicata in epigrafe.

Deve preliminarmente disattendersi l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dalla convenuta.

Invero, il radicamento della competenza per territorio del Tribunale di Frosinone si giustifica in base al criterio del forum destinatae solutionis previsto dall’art. 20 c.p.c. (“per le cause relative a diritti di obbligazione è anche competente il giudice del luogo in cui…deve eseguirsi l’obbligazione dedotta in giudizio”).

Occorre premettere che la domanda principale avanzata dalla parte attrice è correttamente da inquadrare in un’azione di ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c., assumendo il (…) di avere diritto alla restituzione di somme versate alla (…) s.p.a. (allora (…) s.p.a.) in assenza di causa, ossia di ragione giustificatrice, in quanto ottenute dalla convenuta in pagamento di servizi mai effettuati.

Non osta alla riconducibilità della fattispecie all’art. 2033 la circostanza che il pagamento sarebbe avvenuto, nel caso specifico, tramite compensazione dell’importo delle fatture emesse dalla (…) con il credito vantato dall’attore nei confronti della medesima società per i servizi di trasporto effettuati.

La compensazione, così come descritta, ha costituito infatti un meccanismo solutorio, consentendo alla convenuta di ottenere la soddisfazione del proprio (asserito) credito, con effetti economici identici a quelli che avrebbe conseguito se il pagamento delle fatture fosse avvenuto nei modi ordinari, indi con versamento di una somma di denaro corrispondente.

Si osserva d’altronde in dottrina che la compensazione è un modo di estinzione dell’obbligazione satisfattivo, determinando l’estinzione dell’obbligazione con realizzazione dell’interesse del creditore, che viene ad essere sia pur indirettamente soddisfatto.

Atteso quanto sopra e considerata la ratio dell’istituto, si ritiene la norma di cui all’art. 2033 c.c. atta a ricomprendere anche tale forma di estinzione dell’obbligazione, dovendo intendersi il termine “pagamento” in senso lato.

In relazione alla causa petendi (ossia ai fatti costitutivi indicati dall’attore) l’azione va perciò ricondotta, come detto, all’art. 2033 c.c., non ritenendosi significativo ai fini di una diversa qualificazione, in termini di azione ex art. 2043 c.c., l’isolato precedente di Cassazione (sent. 3060/1984) segnalato dalla difesa della convenuta, in quanto relativo a tutt’altra vicenda sostanziale.

Ciò premesso, il luogo di adempimento dell’obbligazione di restituzione dell’indebito va individuato nel domicilio del creditore.

Giova al riguardo richiamare l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui “in tema di competenza per territorio, il criterio di cui all’art. 1182, comma terzo cod. civ. trova applicazione anche con riferimento alle obbligazioni di restituzione di ciò che sia stato indebitamente pagato, sempre che detta obbligazione non dia luogo ad alcuna contestazione in ordine al rapporto cui risulta collegata, rientrando tra i crediti liquidi ed esigibili (il cui pagamento deve essere eseguito, a norma del comma terzo del citato art. 1182, presso il domicilio del creditore) anche quelli di ammontare determinabile in base ad elementi certi e prestabiliti risultanti da titolo convenzionale o giudiziale” (Cass. 15849/2000; conformi Cass. 28227/2005 e 6656/2009).

Nel caso di specie non è in contestazione il pagamento, con le peculiari modalità indicate, delle fatture emesse dalla (…), né l’ammontare di esso, sicché il credito può essere considerato liquido, benché sia contestato l’indebito e, conseguentemente, sia opposta la pretesa di restituzione delle somme.

D’altronde, come correttamente osservato dalla S.C., “se l’applicazione del combinato disposto dell’art. 20 c.p.c. e dell’art. 1182 c.c. .. dovesse escludersi in tutti i casi di contestazione sulla obbligazione di restituzione di somme, la suindicata normativa non sarebbe mai applicabile poiché ovviamente se si agisce in giudizio per ripetere somme indebitamente pagate ciò accade perché vi è contestazione su tale indebito. Altrimenti, non vi sarebbe neppure un giudizio ne’, tanto meno, un problema di competenza per territorio. Ciò che si vuole escludere è invece la contestazione del rapporto giuridico “a monte”” (Cass. 6659/2009 cit.).

Tanto precisato, la suddetta domanda principale, oltre che ammissibile, va giudicata fondata.

Anzitutto, per quel che riguarda la prescrizione (decennale, trattandosi appunto di azione di ripetizione), è lo stesso attore ad aver limitato la propria domanda ai pagamenti avvenuti nel decennio antecedente la ricezione della lettera di diffida e messa in mora inviata prima dell’instaurazione del giudizio, sicché non si pongono ulteriori questioni.

L’accoglimento dell’azione di ripetizione postula, come noto, la prova a carico dell’attore dell’avvenuto pagamento e dell’inesistenza della causa solvendi o causa debendi. La prova di tale ultimo presupposto, avendo ad oggetto fatti negativi, può essere data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario o anche mediante presunzioni da cui desumersi il fatto negativo (cfr. Cass. 22872/2010, 15162/2008).

Va inoltre precisato che “proposta domanda di ripetizione di indebito, l’attore ha l’onere di provare l’inesistenza di una giusta causa delle attribuzioni patrimoniali compiute in favore del convenuto, ma solo con riferimento ai rapporti specifici tra essi intercorsi e dedotti in giudizio, costituendo una prova diabolica esigere dall’attore la dimostrazione dell’inesistenza di ogni e qualsivoglia causa di dazione tra “solvens” e “accipiens”” (Cass. 1734/2011).

Date tali premesse di principio, deve ritenersi che l’attore abbia assolto al proprio onere probatorio.

Egli, infatti, ha prodotto le fatture emesse dalla (…) s.p.a. nonché documentazione bancaria e una perizia contabile di parte da cui risulta che, in modo sistematico e con cadenza mensile, negli anni indicati, il pagamento delle somme dovute alla ditta (…) è avvenuto, da parte della (…), al netto dell’importo della fattura da quest’ultima emessa per lo stesso mese di riferimento (cfr. doc. 1-47, 57 e le comunicazioni di pagamento allegate alla memoria ex art. 184 c.p.c. di parte attrice).

Nel tempo, così, sono state effettuate periodiche compensazioni tra i rispettivi debiti delle parti (sia pure senza alcuna comunicazione esplicita in tal senso, ma secondo un meccanismo che si rivela in tutta la sua evidenza dall’esame dei documenti prodotti), con l’effetto di determinare l’integrale estinzione dei crediti portati dalle fatture della convenuta, la quale del resto non ha affatto negato che quanto descritto dall’attore sia avvenuto ma anzi ne ha dato espressa conferma (cfr. pag. 2 della memoria di replica ex art. 183 c.p.c., laddove, a proposito della questione di incompetenza, si legge: “era…presso la creditrice (…) che il (…) doveva adempiere alle proprie obbligazioni di pagamento e sempre presso la società convenuta tali obbligazioni sono state estinte mediante compensazione col maggior credito vantato dall’attore”).

Tale operazione, come accennato, è da ritenersi in tutto assimilabile ad un pagamento, ripetibile se senza causa.

Quanto a quest’ultimo presupposto, l’istruttoria orale ha dato conferma all’assunto di parte attrice.

Dalle concordi deposizioni di tutti i testi indicati dall’attore ((…), (…) – quest’ultimo ex dipendente (…), addetto alla logistica – (…), (…), (…), (…)) si evince che le prestazioni sommariamente descritte nelle fatture emesse dalla (…) furono in realtà svolte, negli anni in discorso, direttamente dal personale impiegato dalla ditta (…) ovvero fornite da altri ausiliari, mai dalla convenuta: ciò è a dire per gli adempimenti di natura contabile, affidati al Rag. (…); per la concessione di un’area per il posteggio dei mezzi, ottenuta da (…), titolare di una stazione di servizio; per la “programmazione” dei trasporti, curata dal titolare della ditta con la collaborazione di due impiegati amministrativi.

Oltre alle dichiarazioni dei testi, vi sono anche riscontri documentali di quanto rappresentato in citazione (cfr. le parcelle emesse dal Rag. (…) e le bollette telefoniche relative alle utenze intestate alla ditta per quel che riguarda le “spese telefoniche” parimenti oggetto delle fatture contestate, doc. da 48 a 56 fascicolo di parte attrice).

E’ ulteriormente significativo che l’unico teste a prova contraria indicato dalla convenuta (…) non abbia saputo confermare la prestazione dei servizi indicati nelle fatture emesse dalla (…), benché dipendente di lungo corso della società.

Deve perciò concludersi che tali servizi non furono in realtà mai resi, con conseguente ripetibilità dei relativi pagamenti per mancanza di causa.

Va giudicata irrilevante, a tal fine, la consapevolezza in capo al (…) dell’inesistenza di una valida ragione giustificatrice alla base dell’emissione delle fatture e, dunque, dell’inesistenza del debito nei confronti della (…).

Solo in materia di indebito soggettivo, infatti, l’errore del solvens assume rilevanza (cfr. art. 2036 c.c.), per il motivo che esclusivamente la presenza dell’errore consente di distinguere la fattispecie in questione da quella dell’adempimento del terzo.

Viceversa nell’indebito oggettivo è irrilevante il fatto che vi sia stato o meno l’errore del solvens (non previsto come requisito dall’art. 2033 c.c.), essendo sufficiente, per la ripetibilità, l’accertamento dell’assenza di giustificazione dello spostamento patrimoniale eseguito (cfr. Cass. 2525/1987, 9624/1994, 2814/1995).

L’attore ha, in conclusione, diritto alla restituzione della somma di Euro 320.037,09 (originarie Lire 619.678.220) pari al totale delle fatture indebitamente pagate alle quali è stata limitata la domanda.

Spettano altresì gli interessi legali dal giorno del rispettivo pagamento (avvenuto come detto mediante compensazione), stante l’evidente mala fede dell’accipiens, che, consapevolmente, ha ottenuto il soddisfacimento di crediti privi di qualunque base.

Quanto invece al maggior danno ex art. 1224, comma 2, c.c., difetta la prova del pregiudizio patrimoniale subito, sicché la relativa domanda non può essere accolta. Infatti l’attore non ha indicato, se non genericamente, in cosa sarebbe consistito il maggior danno (non ristorato dagli interessi legali) “derivato all’attore dall’indisponibilità materiale della somma indicata, nella gestione della propria attività imprenditoriale” (pag. 9 citaz.). Incombeva viceversa sullo stesso dettagliare e dimostrare il concreto pregiudizio patrimoniale subito, il che non è avvenuto.

Deve da ultimo respingersi l’eccezione di improponibilità della domanda sollevata dalla convenuta in sede di comparsa conclusionale sulla base della presunta applicabilità alla fattispecie del principio del divieto di frazionamento del credito in plurime domande giudiziali, specificamente in ragione degli ulteriori giudizi già promossi dall’attore al fine di vedersi corrispondere le differenze tariffarie ex L. n. 298 del 1974 sui corrispettivi dei trasporti eseguiti.

Difatti, il suddetto principio, di matrice giurisprudenziale, si applica esclusivamente in relazione alle domande aventi ad oggetto diritti di credito nascenti da un medesimo rapporto obbligatorio, mentre nella fattispecie le azioni separatamente intraprese si fondano su titoli diversi, nell’un caso trattandosi della richiesta di corresponsione di un maggior compenso, in conformità ai valori minimi obbligatori delle c.d. tariffe a forcella, per le prestazioni di trasporto effettuate dalla ditta (…) in favore della (…) (giudizi n. 3124/2001 e 2807/2005 R.G.), nell’altro della richiesta di restituzione di somme relative a prestazioni fatturate dalla seconda alla prima, siccome indebite.

Il precipuo oggetto del presente giudizio riguarda dunque le prestazioni (asseritamente) rese dalla (…) nei confronti del (…), non quelle oggetto del contratto di trasporto stipulato inter partes.

Che poi l’emissione delle fatture da parte della (…) abbia costituito, nella sostanza, uno “stratagemma” per abbattere il costo del servizio di autotrasporto, riducendo, attraverso il sistema delle compensazioni parziali, i corrispettivi dovuti al (…), così come dedotto in citazione, non muta, a parere di questo giudicante, la causa petendi, che resta quella della ripetizione di indebito, non venendo in rilievo in alcun modo, ai fini della risoluzione delle questioni poste dalla presente controversia, il contratto di trasporto.

Da qui la proponibilità della domanda.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:

1) condanna (…) s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., a restituire a (…) la somma di Euro 320.037,09, a titolo di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., oltre interessi legali dal giorno del pagamento fino al soddisfo;

2) rigetta la domanda di risarcimento del maggior danno ex art. 1224, comma 2, c.c.;

3) condanna parte convenuta a rifondere a parte attrice le spese di lite, che liquida in Euro 810,05 per esborsi e in complessivi Euro 21.387,00 per compensi, oltre rimborso spese forfetarie, CPA ed IVA come per legge.

Così deciso in Frosinone il 3 settembre 2018.

Depositata in Cancelleria il 4 settembre 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.