l’eventuale designazione dei terzi beneficiari con la categoria degli eredi legittimi dell’assicurato – contraente o con gli eredi testamentari non vale ad assoggettare il rapporto alle regole della successione ereditaria, poiché, invece, “tale designazione concreta una mera indicazione del criterio per la individuazione dei beneficiari, i quali sono coloro che rivestono, al momento della morte del contraente, la qualità di chiamati all’eredità, senza che rilevi la (successiva) rinunzia o accettazione dell’eredità da parte degli stessi.

 

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di assicurazione si cosiglia la lettura dei seguenti articoli:

Il contratto di assicurazione principi generali

L’assicurazione contro i danni e l’assicurazione per la responsabilità civile.

L’assicurazione sulla vita (c.d. Polizza vita)

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 23 marzo 2006, n. 6531

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Antonio Vella – Presidente

Dott. Giandonato Napoletano – Consigliere Relatore

Dott. Salvatore Bognanni – Consigliere

Dott. Vincenzo Correnti – Consigliere

Dott. Francesco Paolo Fiore – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

An.Or., En. Sp., elettivamente domiciliati in Ro., Viale An. Ga. 3, presso lo Studio dell’Avvocato Fr. Ca., che li difende, giusta delega in atti;

ricorrenti

contro

Pa. Br., Ma. Um. Tr., Ed. Pu., Ge. Assicurazioni S.p.A., Jo. & Jo. S.p.A.;

intimati

e sul 2° ricorso n. 16900/02 proposto da:

Jo. & Jo. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore Dott. Gi. Pi., elettivamente domiciliato in Ro. Largo de. Ga. 1; presso lo studio dell’Avvocato Re. Ro., che lo difende, giusta delega in atti;

controricorrente e ricorrente incidentale

contro

An. Or., En. Sp., Pa. Br., Ma. Um. Tr., En. Pu., Ge. Assicurazioni S.p.A.;

intimati

e sul 3° ricorso n. 17914/02 proposto da:

Pa. Br., elettivamente domiciliato in Ro. Via Cr. 25, presso lo studio dell’Avvocato Vi. Ca. Pa., che lo difende, giusta delega in atti;

controricorrente e ricorrente incidentale

An. Or., En. Sp., Ma. Um. Tr., En. Pu., Ge. Assicurazioni S.p.A., Jo. & Jo. S.p.A.;

intimati

e sul 4° ricorso n. 18882/02 proposto da:

Ge. Assicurazioni S.p.A., in persona del suoi legali rappresentanti Rag. Ro. De., Dott. Pa. Su., elettivamente domiciliati in Ro. Via G. Pa. 40, presso lo studio dell’Avvocato Da. Mo., che li difende, giusta delega in atti;

controricorrenti e ricorrenti incidentali

contro

Pa. Br., An. Or., En. Sp., Ma. Um. Tr, En. Pu., Jo. & Jo. S.p.A.;

intimati

avverso la sentenza n. 3944/01 della Corte d’Appello di Roma, depositata il 06/12/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/03/05 dal Consigliere Relatore Dott. Giandonato Napoletano;

La Corte preliminarmente dispone la riunione dei ricorsi proposti separatamente dalle parti stessa sentenza;

udito l’Avvocato Fr. Ca., difensore dei ricorrenti che ha chiesto accoglimento ricorso principale e rigetto dei ricorsi incidentali;

udito l’Avvocato Re. Ro., difensore del resistente Jo. & Jo. S.p.A. che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del suo ricorso incidentale;

udito l’Avvocato Vi. Ca. Pa., difensore del resistente Pa. Br., che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del suo ricorso incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Alberto Russo, che ha concluso per accoglimento del ricorso principale; rigetto dei ricorsi incidentali.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Fr. Sp. e An. Or., con atto di citazione notificato in data 26.03/07.04. e 04.07.1988, convennero innanzi al Tribunale di Roma Pa. Br., Ma. Um. Tr. ed En. Pu., esponendo che: il proprio figlio Ma. Sp., deceduto il (…), con testamento olografo li aveva nominati eredi “per la quota loro spettante per legge”; aveva, inoltre, legato il proprio appartamento a Pa. Br., riservandone l’usufrutto per cinque anni a favore di Ma. Um. Tr.; quanto ai propri crediti derivanti dal rapporto di lavoro con la Jo. & Jo. S.p.A. ed ai diritti collegati all’assicurazione sulla vita stipulata con la Ge. Assicurazioni S.p.A., aveva disposto altri legati nel modo seguente: per 4/12 ai genitori; per 4/12 a Pa. Br.; per 1/12 a En. Pu.; per 3/12 a Ma. Um. Tr.; anche in vita il de cuius aveva compiuto atti di liberalità.

Pertanto, ritenendo che fosse rimasta lesa la quota di legittima loro riservata, gli attori chiesero che fosse ricostruito l’asse ereditario e determinata la quota di legittima loro spettante.

Gli stessi attori, con altro atto di citazione notificato il 26.04.1989, convennero innanzi allo stesso Tribunale Pa. Br., per sentir dichiarare illegittima la negoziazione, da parte del convenuto, di un assegno bancario dell’importo di £ 6.000.000, tratto su conto corrente intestato al de cuius con abuso, da parte di Pa. Br., della delega a suo tempo conferitagli dal de cuius.

Pa. Br. resisté alla domanda, opponendo che, in realtà il conto corrente era suo e che solo formalmente era cointestato al de cuius ed, in via riconvenzionale, chiese la condanna degli eredi a versargli la somma di £ 2.000.000, pari all’importo di due assegni bancari indebitamente emessi dal de cuius nonché l’accertamento della donazione dell’ulteriore somma di £ 6.000.000 dal de cuius operata a favore dei suoi genitori.

A sua volta, con atto di citazione notificato nel luglio 1990, Pa. Br. convenne, sempre innanzi allo stesso Tribunale, i coniugi En. Sp. – An. Or., En. Pu., Ma. Um. Tr., la Ge. Assicurazioni S.p.A. e la Jo. & Jo. S.p.A., adducendo che i genitori del de cuius erano inerti nel richiedere alla predetta società assicurativa il pagamento dell’indennità dovuta per l’assicurazione sulla vita, loro dovuto in quanto beneficiari della polizza, poiché il testatore aveva variata l’originaria designazione dei beneficiari e, pertanto, agendo in surrogatoria rispetto ai coniugi En. Sp. – An. Or., chiese che la Ge. Assicurazioni S.p.A. fosse condannata a versargli un terzo del capitale assicurato, dell’importo di £ 91.335.800, con gli interessi dal 21.09.1987 al saldo, nonché al risarcimento del danno per il mancato godimento della somma.

En. Sp. – An. Or. contestarono che la designazione dei beneficiari della polizza fosse stata mutata in testamento e, pertanto, chiesero la condanna della società assicuratrice a corrispondere loro la somma dovuta, non ancora messa a loro disposizione.

Riunite le tre cause, nel corso del giudizio la Ge. Assicurazioni S.p.A. depositò due libretti bancari dell’importo rispettivo di £ 91.335.800 e £ 19.005.585. A sua volta, la Jo. & Jo. S.p.A. depositò libretto bancario di £ 107.473.044, costituente il trattamento di fine rapporto del de cuius.

L’adito Tribunale pronunciò due sentenze: una definitiva ed una non definitiva.

Con la prima, ritenuto che le somme di cui ai due libretti depositati dalla società assicuratrice non facessero parte del compendio ereditario, rigettò la domanda di pagamento di tali somme proposta da Pa. Br. nei confronti della società assicurativa; dispose, inoltre, l’estromissione della Jo. & Jo. S.p.A., compensando tra la stessa e Pa. Br. le spese processuali.

Con la seconda, dichiarate aperte le successioni testamentarie legittime di Ma. Sp., rigettò le domande di pagamento delle somme portate dai suddetti libretti e di risarcimento danni avanzate da Pa. Br. nei confronti dei coniugi En. Sp. – An. Or., ai quali attribuì quelle somme, nonché le domande di riduzione dei legati proposte dai coniugi En. Sp.- An. Or.; con separata ordinanza dispose in ordine all’ulteriore istruttoria delle cause, riservando al definitivo il regolamento delle spese di lite.

Avverso la sentenza definitiva (n. 246 del 23.12.1996/10.01.1997) proposero appello principale i coniugi En. Sp. – An. Or. e distinti appelli incidentali Pa. Br., En. Pu. e la Jo. & Jo. S.p.A..

Nelle more del giudizio di appello decidé l’appellante Fr. Sp. ed il giudizio fu proseguito dal figlio En. Sp., anche per la quota spettante alla madre, An. Or., che aveva rinunciato all’eredità del marito.

Con sentenza resa in data 6.12.2001 l’adita Corte d’Appello di Roma ha rigettato tutti gli appelli.

Ritenuto, in adesione al convincimento espresso dal primo Giudice, di escludere che il testatore avesse legato a Pa. Br., a En. Pu. e Ma. Um. Tr. anche parte della somma derivante dalle polizze vita stipulate con la Ge. Assicurazioni S.p.A., il Giudice d’Appello ha qualificato come donazione indiretta operata dall’assicurato de cuius a favore dei propri genitori l’indennizzo da costoro percepito, trattandosi di diritto che, sia pure loro spettante iure proprio, era stato loro attribuito come eredi legittimi del de cuius, e, pertanto, ha ritenuto che esso fosse assoggettabile a collazione e valutabile ai fini dell’azione di riduzione.

Conseguentemente, era da escludere la lamentata lesione della quota di legittima.

La Corte di merito ha, poi, dichiarato inammissibile, in quanto nuova, la domanda, proposta in appello dai coniugi En. Sp. – An. Or., di condanna di Pa. Br. e di En. Pu. al risarcimento del maggior danno loro cagionato per effetto del ritardo nel pagamento da parte della Ge. Assicurazioni S.p.A..

In ordine agli appelli incidentali proposti dalla Ge. Assicurazioni S.p.A. e dalla Jo. & Jo. S.p.A., la Corte d’Appello ha osservato che: la richiesta di estromissione avanzata dalla società assicuratrice in appello non poteva trovare accoglimento “in relazione alla natura propria dell’istituto dell’estromissione dal giudizio”; la compensazione delle spese processuali disposta dal Tribunale con riferimento al rapporto tra Pa. Br. e la Jo. & Jo. S.p.A., estromessa dal giudizio, trovava giustificazione nella disposta estromissione.

Per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso An. Or. ed En. Sp., affidandosi a tre motivi.

Resiste con controricorso Pa. Br., il quale, a sua volta, propone ricorso incidentale, fondato su tre motivi.

Separati ricorsi incidentali propongono la Jo. & Jo. S.p.A. e la Ge. Assicurazioni S.p.A., affidandosi, ciascuna, ad un solo motivo.

Vi sono memorie difensive per i ricorrenti principali ed il ricorrente incidentale Pa. Br..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Pregiudizialmente, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., tutti i ricorsi vanno riuniti, essendo stati proposti avverso una stessa sentenza.

Va, in primo luogo, esaminata l’eccezione d’inammissibilità del ricorso principale, con riferimento alla posizione della ricorrente An. Or., eccezione che il controricorrente Pa. Br. solleva con la memoria difensiva, rilevando che l’Avvocato F. Ca. non è munito della procura speciale ad litem, che, invece, nell’epigrafe del ricorso si dice essergli stata rilasciata per atto Notar Pe. Pe. di Ro., in data 01.10.1987.

L’eccezione è fondata, poiché dall’esame di detto atto notarile risulta che trattasi, non già di procura a stare in giudizio e tanto meno di procura speciale a ricorrere per cassazione bensì di mandato generale ad negotia, comprensivo anche dalla facoltà di “nominare e revocare avvocati e procuratori alle liti anche per cassazione …”, peraltro conferito in data (01.10.1987) anteriore alla sentenza ora impugnata, che è stata pubblicata il 06.12.2001.

Non risulta, comunque, che l’Avvocato F. Ca., procuratore generale ad negotia, siasi avvalso della facoltà di designare un procuratore speciale per il presente giudizio.

Consegue l’inammissibilità del ricorso proposto da An. Or..

Il ricorso principale va, pertanto, esaminato solo con riferimento all’altro ricorrente, En. Sp..

Col primo motivo En. Sp. censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 553, 555 e 1920 c.c. nonché per contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, adducendo che erroneamente la Corte d’Appello ha qualificato come donazione indiretta e, quindi, valutabile ai fini dell’azione di riduzione, l’indennizzo percepito da essi ricorrenti in virtù delle polizze assicurative sulla vita stipulate dal de cuius con la Ge. Assicurazioni S.p.A..

All’uopo, il ricorrente principale osserva che, come ritenuto dalla costante giurisprudenza e dalla dottrina:

a) in un contratto di assicurazione sulla vita la generica designazione degli eredi legittimi quali beneficiari dell’indennizzo in caso di morte vale a conferire ai designati un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione, che è diritto autonomo, in quanto derivante loro direttamente dal contratto di assicurazione, non già dalla loro successione ereditaria rispetto all’assicurato, con la conseguenza che l’espressione “eredi” adoperata nel contratto di assicurazione per designare i terzi beneficiari serve solo a tal fine, non potendo essere considerato come una sorta di “rinvio materiale” alla disciplina civilistica in materia di successione;

b) peraltro, ad escludere la natura di donazione indiretta all’indennità da assicurazione sulla vita concorre il rilievo dell’assenza dell’elemento oggettivo della liberalità, costituito anche dal corrispettivo depauperamento del patrimonio del donante, poiché, ad eccezione dei ratei di premio corrisposti prima della morte dell’assicurato, nel contratto di assicurazione sulla vita la corresponsione della indennità ai terzi beneficiari non determina un impoverimento del patrimonio dell’assicurato;

c) l’azione di riduzione non può che esser limitata a ciò che effettivamente è uscito dal patrimonio del donante, come, peraltro, può desumersi dall’art. 1923 c.c.;

d) con riferimento ai premi assicurativi versati dall’assicurato, va precisato che l’azione di riduzione è riservata, ai sensi dell’art. 737 c.c., ai soli eredi legittimari e nella specie il testamento prevede solo legati e nessuno dei legatari ha proposto azione di riduzione.

La censura è fondata per quanto di ragione.

Poiché non v’è dubbio che si versi in tema di assicurazione a favore di terzi, avendo, Ma. Sp., stipulato i due contratti di assicurazione sulla propria vita a favore dei propri eredi legittimi, nell’accertare la natura del diritto dei terzi beneficiari di tali contratti assume decisivo rilievo la norma posta dall’ultimo comma dell’art. 1920 c.c., secondo la quale “per effetto della designazione il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione”. Trattasi, quindi, di diritto spettante al terzo designato (salvi, ovviamente, gli effetti dell’eventuale revoca della designazione, ai sensi dell’art. 1921 c.c.) in virtù del contratto di assicurazione, che costituisce, in concorso con le norme dell’assicurazione sulla vita, la fonte regolatrice del rapporto.

Ne deriva che l’eventuale designazione dei terzi beneficiari con la categoria degli eredi legittimi dell’assicurato – contraente o con gli eredi testamentari non vale ad assoggettare il rapporto alle regole della successione ereditaria, poiché, invece, “tale designazione concreta una mera indicazione del criterio per la individuazione dei beneficiari, i quali sono coloro che rivestono, al momento della morte del contraente, la qualità di chiamati all’eredità, senza che rilevi la (successiva) rinunzia o accettazione dell’eredità da parte degli stessi” (Cass. 14.05.1996, n. 4484).

Quanto ora considerato sembra trovare condivisione da parte del Giudice d’Appello, il quale, però, ritiene di considerare i due contratti di assicurazione come donazioni indirette del contraente a favore dei terzi designati.

L’assunto è infondato, perché trascura di considerare che la corresponsione dell’indennità al beneficiano, pur derivando dal contratto stipulato dal contraente – assicurato a favore del terzo designato, non determina un corrispondente depauperamento del patrimonio del contraente – assicurato, per cui non può ritenersi costituire oggetto di un atto di liberalità ai sensi dell’art. 809 c.c. e, quindi, assoggettabile alle norme sulla riduzione delle donazioni per integrare la quota dovuta ai legittimari. L’unico depauperamento che si verifica nel patrimonio del contraente – assicurato per effetto del contratto è costituito dal versamento dei premi assicurativi da lui eseguito in vita e, pertanto, solo le somme versate a tale titolo possono considerarsi oggetto di liberalità indiretta a favore del terzo designato come beneficiario, con la conseguenza dell’assoggettabilità all’azione di riduzione proposta eventualmente dagli eredi legittimari.

Al riguardo, non può condividersi l’opinione del ricorrente, secondo cui nella specie neppure i premi versati dal de cuius sarebbero assoggettabili a riduzione, poiché, al contrario, l’azione di riduzione è stata esercitata da eredi legittimari – i genitori del de cuius – i quali, pertanto, dovranno imputare alla quota loro riservata per legge le somme versate in vita dal de cuius alla Ge. Assicurazioni S.p.A. a titolo di premio in virtù dei due contratti di assicurazione.

Col secondo motivo il ricorrente En. Sp. denuncia omessa motivazione e nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 c.p.c., 491 e 668, 1° cpv., c.c., adducendo che, nonostante la denuncia fatta in appello, col secondo motivo, in ordine all’erroneità della valutazione relativa alla determinazione delle passività ereditarie per mutuo residuo e debiti nei confronti del Condominio di Via Ma. II 22, il Giudice d’appello non ha esaminata la relativa censura, ritenendola erroneamente assorbita dalla soluzione data alle precedenti questioni, che, invece, riguardavano capi diversi ed autonomi della sentenza di primo grado.

La censura è fondata, non avendo, la Corte di merito, in alcun modo esaminata il motivo di gravame formulato dagli appellanti principali con riferimento sia all’erronea determinazione, da parte del Tribunale, dell’ammontare del residuo mutuo gravante sull’appartamento legato a Pa. Br. sia all’erronea imposizione a carico degli eredi, che avevano accettato con beneficio d’inventario, dell’onere relativo a tale debito nonché al debito verso il Condominio di Via Ma. II 22.

L’esame di tale censura non può, peraltro, ritenersi assorbita dalle statuizioni sulle altre questioni poste dagli appellanti.

Sussiste, dunque, la denunciata violazione dell’art. 112 c.p.c..

Col terzo motivo il ricorrente En. Sp. si duole di omessa ed insufficiente motivazione in ordine alla domanda di risarcimento danni proposta in appello da lui e da An. Or. nei confronti di Pa. Br. e di En. Pu. per il risarcimento del maggior danno loro derivato dal ritardato pagamento delle indennità assicurative da parte della Ge. Assicurazioni S.p.A..

Sostiene, al riguardo, che l’obbligazione risarcitoria nasceva a causa ed a seguito della pronunzia giudiziale di primo grado e costituiva effetto del vincolo delle somme assicurate, che rappresentava un fatto imprevisto ed imprevedibile all’epoca della proposizione della domanda giudiziale, della riconvenzionale di En. Pu. e dell’autonoma domanda di Pa. Br..

La censura è infondata, avendo correttamente, la Corte d’Appello, ritenuta inammissibile, siccome domanda nuova, la domanda di risarcimento danni per la prima volta proposta in secondo grado dagli appellanti principali.

La proponibilità per la prima volta in appello della domanda risarcitoria era possibile, ai sensi dell’art. 345, comma 1°, c.p.c., solo con riferimento a danni sofferti dopo la sentenza di primo grado. Ciò non può dirsi dei danni in esame, poiché, secondo la prospettiva del ricorrente, il ritardo nella riscossione delle somme costituenti le indennità assicurative sarebbe derivato dall’opposizione al pagamento manifestata da Pa. Br. e da En. Pu. con le rispettive domande e, quindi, ben prima della definizione del giudizio di primo grado.

Va, ora, esaminato il ricorso incidentale della Ge. Assicurazioni S.p.A., incentrato su un unico motivo, col quale la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. nonché omessa ed insufficiente motivazione sul suo appello incidentale, rigettato dalla Corte di merito.

Premesso di avere chiesta la propria estromissione dal giudizio sin dal primo grado, avendo ottemperato al proprio obbligo con lo spontaneo deposito della somma dovuta al beneficiario della polizza vita, la ricorrente osserva che:

a) erroneamente la Corte di merito ha ritenuto che alla richiesta di estromissione in appello avrebbero aderito solo i coniugi En. Sp. – An. Or., poiché anche Pa. Br. aveva espressamente dichiarato di condividere la richiesta, mentre Ma. Al. Tr. non si era opposto e En. Pu. aveva proposto appello incidentale solo per ottenere la condanna degli appellati a versargli un dodicesimo della somma percepita in forza delle polizze; b) comunque, l’art. 109 c.p.c. non richiede per l’estromissione del debitore dal giudizio, oltre al deposito della somma dovuta, anche il consenso di tutte le parti costituite; c) avuto riguardo al fondamento sostanziale dell’istituto dell’estromissione si rivela insufficiente, oltre che non condivisibile, la motivazione addotta dalla Corte d’Appello per rigettare l’appello incidentale (” … In tale realtà tale richiesta non merita accoglimento in relazione alla natura propria dell’istituto dell’estromissione dal giudizio …”).

Quanto, poi, alla statuizione relativa alle spese del doppio grado del giudizio, con la quale la sentenza impugnata rinvia la pronuncia al Giudice di primo grado, la ricorrente osserva che, essendo stata rigettata la domanda proposta nei suoi confronti da Pa. Br., alla riconosciuta infondatezza di tale domanda sarebbe dovuta seguire la condanna di Pa. Br. al rimborso delle spese processuali, specie con riferimento a quelle relative al giudizio d’appello, che non potevano essere liquidate dal Tribunale.

La censura merita condivisione.

La motivazione data dal Giudice d’appello sulla richiesta di estromissione dal giudizio avanzata dalla ricorrente si rivela, in realtà, incongrua, oltre che oscura nel suo significato.

Se già in primo grado si erano verificate le condizioni per estromettere dal giudizio, ai sensi dell’art. 109 c.p.c., la debitrice Ge. Assicurazioni S.p.A., la Corte d’Appello ben avrebbe potuto valutarle e riformare sul punto la decisione del Tribunale a fronte della richiesta della parte già avanzata in primo grado. Al riguardo giova precisare che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’Appello, l’art. 109 c.p.c. non richiede altre condizioni oltre alla dichiarazione dell’obbligato di essere pronto ad eseguire la prestazione a favore di chi ne abbia il diritto tra i vari contendenti in giudizio nonché al deposito della cosa o della somma dovuta disposto dal Giudice.

Erra, pertanto, la decisione impugnata quando rileva che alla richiesta di estromissione reiterata, appello dalla ricorrente avevano aderito solo gli appellanti principali, non essendo richiesta l’adesione delle altre parti del giudizio.

L’accoglimento della prima parte della censura, assorbe l’esame della seconda parte, relativa al regolamento delle spese processuali.

Resta, peraltro, assorbito il terzo motivo del ricorso incidentale proposto da Pa. Br., poiché anch’esso riguarda la statuizione di rigetto dell’appello incidentale della Ge. Assicurazioni S.p.A., ritenendosi da Pa. Br. che ricorressero tutte le condizioni per estromettere dal giudizio la società assicuratrice, con conseguente compensazione delle spese processuali.

Col primo motivo del suo ricorso Pa. Br. censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 488 e 588 c.c., adducendo che erroneamente il Giudice d’appello attribuisce ai genitori del de cuius la qualità di legatari in relazione alle somme dovute dalla Jo. & Jo. S.p.A. ed alla volontà del de cuius che essi trattenessero un terzo delle somme, attribuendone gli altri due terzi ai legari Pa. Br., En. Pu. e Ma. Um. Tr. ai sensi dell’art. 647 c.c..

La censura è fondata, perché, anche alla luce di quanto osservato dalla Corte d’Appello in ordine al significato da attribuire alla parola “assicurazione” usata dal testatore e sulla base dell’interpretazione letterale del testamento (“Lascio tutto quanto a me spetta per la cessazione del rapporto di lavoro con la società Jo. & Jo. S.p.A. … sia a titolo di liquidazione che di assicurazione od a qualsiasi altro titolo a me dovuti, ai miei genitori, i quali, trattenutone un terzo per se, dovranno consegnare un terzo a Pa. Br., un dodicesimo a En. Pu. e 3 dodicesimi a Ma. Um. Tr.”), la qualifica di legato attribuita dal Giudice d’appello alla disposizione in esame a favore dei genitori del de cuius, non risulta logica e coerente con le espressioni usate dal testatore, che, peraltro, designa i suoi genitori espressamente come eredi.

A tal riguardo, il Giudice d’appello avrebbe dovuto anche considerare la misura di un terzo della quota attribuita dal de cuius ai suoi genitori, misura coincidente con quella loro riservata ex art. 539 c.c..

Risulta evidente che dall’eventuale qualificazione come oggetto della quota ereditaria riservata per legge agli ascendenti del de cuius deriverebbe la qualifica di onere modale ex art. 647 c.c. da attribuire alla disposizione riguardante le somme da consegnare a Pa. Br., a En. Pu. e Ma. Um. Tr., prelevandole dalle somme dovute a qualsiasi titolo dalla Jo. & Jo. S.p.A..

Col secondo motivo Pa. Br. denuncia violazione degli artt. 556 e 564, comma 2°, c.c., adducendo che la sentenza impugnata non esamina la sua richiesta di includere nell’attivo dell’eredità di Ma. Sp. anche la somma di £ 6.500.000 portata da tre assegni bancari emessi dal de cuius e riscossi da Fr. Sp. senza alcun titolo giustificativo.

La censura è infondata, poiché, come osservato dal Giudice d’appello, le questioni relative alla formazione dell’attivo, come del passivo, erano state riservate, con apposita ordinanza, dal primo Giudice al prosieguo del giudizio di primo grado.

Da ultimo, va esaminato il ricorso incidentale proposto dalla Jo. & Jo. S.p.A., che, denunciando violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. nonché omessa ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, rileva che la motivazione data dal Giudice d’appello (“la compensazione delle spese va posta infatti proprio in relazione alla pronunciata estromissione di una delle parti”) per giustificare il rigetto dell’appello incidentale da lei proposto non costituisce una vera e propria motivazione, in quanto non spiega la ragione della compensazione delle spese tra essa ricorrente e Pa. Br., disposta dal Tribunale. Ciò, perché l’estromissione, ancorché disposta ai sensi dell’art. 109 c.p.c., di una parte del giudizio non esclude che alla stessa possa esser riconosciuto il diritto al rimborso delle spese né costituisce presupposto per compensare le spese.

La censura è inammissibile, perché, pur formalmente incentrata su un preteso difetto di motivazione, è in sostanza volta a sindacare nel merito l’esercizio discrezionale del potere di compensare le spese da parte del Giudice di merito.

Peraltro la motivazione della disposta compensazione, sia pure in maniera sintetica, è stata data ed è logica, perché, essendo stata giustificata con la estromissione della ricorrente ai sensi dell’art. 109 c.p.c., evidenzia implicitamente la sostanziale mancanza di conflitto tra la parte estromessa e Pa. Br., che l’aveva convenuta in giudizio.

Conclusivamente: del ricorso principale vanno accolti i primi due motivi e rigettato il terzo; va accolto il ricorso incidentale della Ge. Assicurazioni S.p.A.; del ricorso incidentale del Pa. Br., il primo motivo va accolto, il secondo va rigettato ed il terzo va dichiarato assorbito; va, infine, rigettato il ricorso incidentale della Jo. & Jo. S.p.A.. Pertanto, la sentenza impugnata va cassata in relazione a quanto accolto e la causa va rinviata ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma, che giudicherà adeguandosi ai principi di diritto qui affermati ed ai rilievi ivi svolti.

La definizione della lite tra An. Or. da una parte, e Pa. Br., Ma. Um. Tr. ed En. Pu., dall’altra nonché tra la Jo. & Jo. S.p.A., da una parte, e Pa. Br., dall’altra, impone di regolare l’onere delle spese del presente giudizio tra le parti.

Al riguardo, ricorrono giusti motivi per compensare integralmente le spese.

Con riferimento agli altri rapporti il regolamento delle spese processuali va rimesso al Giudice del rinvio.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, dichiara inammissibile il ricorso principale proposto da An. Or.; accoglie i primi due motivi del ricorso principale proposto da Fr. Sp. e rigetta il terzo motivo; accoglie il ricorso incidentale della Ge. Assicurazioni S.p.A.; accoglie il primo motivo del ricorso incidentale di Pa. Br., rigetta il secondo motivo e dichiara assorbito il terzo; rigetta il ricorso;incidentale della Jo. & Jo. S.p.A.; cassa, in relazione a quanto accolto, la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma; compensa integralmente le spese del presente giudizio tra An. Or., da una parte, il Pa. Br., Ma. Um. Tr. e En. Pu., dall’altra nonché tra la Jo. & Jo. S.p.A. ed il Pa. Br.; rimette al Giudice del rinvio i provvedimenti sulle spese processuali relative agli altri rapporti.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.