La sopravvenuta inefficacia di un contratto preliminare di compravendita, a seguito della prescrizione del diritto da esso derivante alla stipulazione del contratto definitivo, comporta, per il promissario acquirente che abbia ottenuto dal promittente venditore la consegna e la detenzione anticipate della cosa, l’obbligo di restituzione, a norma dell’articolo 2033 cod. civ., della cosa stessa e degli eventuali frutti (“condictio indebiti ab causam finitam”), non un’obbligazione risarcitoria per il mancato godimento del bene nel periodo successivo al compimento della prescrizione.

 

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 11 settembre 2018, n. 22029

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9309-2012 proposto da:

(OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) O (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 364/2012 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 13/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/03/2018 dal Consigliere GIUSEPPE GRASSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per accoglimento del 3 e 4 motivo del ricorso principale e rigetto del resto; Accoglimento per quanto di ragione del 2 motivo del ricorso incidentale;

udito l’Avvocato (OMISSIS) con delega depositata in udienza dell’Avvocato (OMISSIS), difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso principale, rigetto del ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Palermo, con sentenza depositata il 9/9/2006 condanno’ la s.r.l. (OMISSIS) a restituire a (OMISSIS) uno scantinato, detenuto dalla convenuta in forza di un contratto preliminare di compravendita, stipulato il 16/4/1981, nonche’ al pagamento della somma di 500.000 Euro a titolo d’indennita’ di occupazione, oltre 300.000 Euro per interessi sino al dicembre 2005, ed il (OMISSIS) al pagamento della somma di 12.910 Euro (restituzione della caparra), oltre interessi e rivalutazione dal 1981 al soddIsifo. Il custode giudiziale di beni pignorati al (OMISSIS), che aveva intrapreso l’azione contro la (OMISSIS), la quale deteneva l’immobile in forza del contratto non trascritto, chiedendo la condanna al rilascio del locale e al pagamento dell’indennita’ di occupazione dal 23/11/1984, sopravvenuta la liberazione del bene dal vincolo, aveva abbandonato il giudizio. Chiamato dalla convenuta, la quale aveva chiesto sentenza ai sensi dell’articolo 2932 cod. civ., il (OMISSIS), costituitosi, aveva eccepito l’intervenuta prescrizione del diritto alla stipula del contratto definitivo. Solo all’udienza di precisazione delle conclusioni del 3/3/1998, uscito di scena il custode, aveva chiesto la condanna alla restituzione dell’immobile ed al pagamento dell’indennita’ di occupazione.

Con sentenza depositata il 13/3/2012 la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza di primo grado, impugnata in via principale dalla (OMISSIS) e, in via incidentale, dal (OMISSIS), ridetermino’ l’indennita’ in 222.606,94 Euro (corrispondente al valore locativo del bene), oltre interessi dalla sentenza al soddisfo.

La (OMISSIS) srl ricorre per cassazione avverso la sentenza d’appello.

Il (OMISSIS) resiste con controricorso, in seno al quale, svolge ricorso incidentale.

La (OMISSIS) ha depositato memoria, insistendo sulle proprie posizioni.

Con ordinanza interlocutoria del 5/1/2017 veniva disposta acquisizione dei fascicoli d’ufficio di entrambi i gradi di merito.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’articolo 115 cod. proc. pen.; nonche’ insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo e controverso.

La Corte di merito, secondo l’assunto censuratorio, aveva errato nel ritenere non provato l’atto interruttivo del decorso prescrizionale, costituito da diffida scritta. Poiche’ non era controverso che la diffida era stata notificata, una prima volta in via (OMISSIS) e una seconda volta, ai sensi dell’articolo 140 cod. proc. civ., in via (OMISSIS), con destinatario (OMISSIS) e ricezione del plico da parte di tale (OMISSIS), era da ritenersi ininfluente la sparizione della cartolina di ritorno. Per contro, il (OMISSIS), che non aveva ottemperato all’ordine di produrre il proprio fascicolo, non aveva dimostrato di risiedere altrove, ne’ la mancanza di rapporto parentale o di coniugio con la (OMISSIS).

1.1. La censura e’ radicalmente destituita di giuridico fondamento.

La Corte panormita, alle pagg. 5 e 6 della sentenza, spiega non doversi rinvenire l’invocato atto interruttivo in quanto la (OMISSIS) non aveva dimostrato di avere notificato la diffida stragiudiziale al (OMISSIS), che non era stato raggiunto dall’atto nella propria residenza anagrafica ed era persona diversa da omonimo al quale l’atto era stato consegnato a mani della moglie, ovviamente persona diversa dalla coniuge dell’appellato.

La motivazione in parola, corroborata dal richiamo ai documenti, non mostra alcuno dei segni di grave patologia argomentativa delineati dal testo dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, ante novella operata col Decreto Legge n. 83 del 2012, siccome convertito nella L. n. 134 del 2012: apparendo, per contro, completa, esaustiva e coerente.

L’evocazione, poi, dell’articolo 115 cod. proc. civ., risulta eccentrica ed inconcludente. Costituisce principio fermo che una questione di violazione o di falsa applicazione degli articoli 115 e 116 cod. proc. civ. non puo’ porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorche’ si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (cfr., da ultimo, Sez. 6-1, n. 27000, 27/12/2016, Rv. 642299).

2. Con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione di legge in relazione agli articoli 183, 184 e 345, cod. proc. civ., al tempo vigenti, nonche’, contraddittorieta’ e illogicita’ della motivazione.

Male aveva fatto, a parere della ricorrente, la Corte di Palermo a rigettare l’eccezione d’inammissibilita’ delle avverse domande di condanna alla restituzione al pagamento della indennita’, nonostante la tardivita’ delle stesse, in quanto il mero silenzio serbato dalla controparte, privo di valore univoco e chiaro, non poteva equivalere ad un’accettazione del contraddittorio, peraltro espressamente rifiutata con la comparsa conclusionale e le memorie successive. La esposizione, inoltre, per mero scrupolo, di difese subordinate nel merito, non poteva di certo valere a deprivare d’effetto l’eccezione processuale rimasta ferma.

2.1. La Corte non condivide la doglianza.

In riferimento ai giudizi pendenti alla data del 30 aprile 1995, per i quali trovano applicazione le disposizioni degli articolo 183, 184 e 345 cod. proc. civ. nel testo anteriore a quello introdotto dalla L. n. 353 del 1990, il divieto di introdurre una domanda nuova nel giudizio di primo grado, essendo poso a tutela della controparte, non e’ sanzionabile qualora quest’ultima abbia esplicitamente accettato il contraddittorio o abbia posto in essere un comportamento concludente che ne implichi l’accettazione (a configurare il quale, peraltro, non e’ sufficiente il mero silenzio) – ex multis, Sez. 2, n. 727, 14/1/2005, Rv. 579184 -.

La natura della questione investe la Corte del vaglio del fatto processuale.

Deve ritenersi che la Corte locale abbia fatto corretta applicazione del principio sopra ripreso, avendo evidenziato che la (OMISSIS) non aveva sollevato all’udienza del 3/3/1998, nonostante fosse presente, eccezione d’inammissibilita’ della domanda riconvenzionale nuova e la eccezione formulata in sede conclusionale, il 12/6/2006, risulta essere stata neutralizzata con la comparsa conclusionale del 15/2/2002, ribadita il 26/11/2003.

In seno alla conclusionale del 15/2/2002 l’appellante si difese nel merito, nei termini seguenti: “Per le medesime ragioni e per quant’altro si dira’ oltre del tutto infondata e’ la formulata domanda di rilascio per l’asser(i)ta detenzione sine titulo dell’immobile de quo e la conseguente domanda di indennita’ di occupazione formulate con le conclusioni adottate dal (OMISSIS). Invero come superiormente esposto la detenzione dell’immobile da parte della (OMISSIS) era ed e’ perfettamente legittima derivando direttamente al preliminare di vendita il relativo diritto, anche per avere con lo stesso previsto che fino alla stipula dell’atto definitivo la stesse(a) lo detenesse a titolo di comodato gratuito”. Nulla la (OMISSIS) rilevo’ all’udienza del 6/11/2003 a fronte della richiesta del (OMISSIS) di mezzi istruttori al fine di determinare la indennita’ di occupazione. All’udienza del 2/3/2006 la (OMISSIS) chiedeva il richiamo del CTU sul quantum dell’indennita’. Nulla, infine, veniva osservato all’udienza del 13/4/2006, nella quale la causa venne spedita in decisione.

Del tutto ragionevolmente la Corte territoriale, valorizzando la condotta processuale della odierna ricorrente ha tratto il convincimento che questa ha accettato il contraddittorio sulla domanda riconvenzionale nuova attraverso il proprio univoco atteggiamento, del quale il silenzio serbato nell’immediatezza ne costituisce solo un tassello. Ne’ la contestazione, successiva al silenzio iniziale, assume i caratteri di un categorico rifiuto a misurarsi sul tema, avendo trovato disconferma nelle difese, anche conclusive, successive.

3. Con il terzo motivo viene denunziata violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’articolo 2033 cod. civ..

Dalla cessazione degli effetti del contratto per l’intervenuta prescrizione, chiarisce la (OMISSIS) deriva il solo obbligo di restituire la cosa e gli eventuali frutti. Di conseguenza doveva ritenersi “del tutto arbitraria ed ingiusta (…) la condanna al pagamento di una indennita’ di occupazione, avente natura risarcitoria”. Ne’, puo’ dubitarsi della sostanziale diversita’ tra la domanda proposta dal (OMISSIS) (indennita’ di occupazione) e la mera restituzione dei frutti, con conseguente diversita’ di causa petendi.

3.1. Il motivo non puo’ essere accolto, anche se si rende necessario correggere la motivazione, ai sensi dell’articolo 384 cod. proc. civ., essendo il dispositivo conforme al diritto.

Sul punto la sentenza gravata parla dell’insorgere di un “diritto alla relativa indennita’ di carattere risarcitorio, in quanto il danno subito si identifica nel mancato godimento del bene”.

La sopravvenuta inefficacia di un contratto preliminare di compravendita, a seguito della prescrizione del diritto da esso derivante alla stipulazione del contratto definitivo, comporta, per il promissario acquirente che abbia ottenuto dal promittente venditore la consegna e la detenzione anticipate della cosa, l’obbligo di restituzione, a norma dell’articolo 2033 cod. civ., della cosa stessa e degli eventuali frutti (“condictio indebiti ab causam finitam”), non un’obbligazione risarcitoria per il mancato godimento del bene nel periodo successivo al compimento della prescrizione (Sez. 2, n. 10752, 29/10/1993, Rv. 484124; Sez. 2, n. 16629, 3/7/2013, Rv. 626935).

Nonostante il richiamo alle non pertinenti categorie del danno e dell’obbligazione risarcitoria, che, pertanto, viene qui emendato, la sentenza d’appello, a dispetto della premessa non corretta, e senza che una tale premessa abbia procurato aberrazioni decisionali, ha, in sostanza individuato l’obbligazione nel dovere di corrispondere i frutti (nel caso, civili) al proprietario del bene dal momento in cui la detenzione dello stesso era divenuta senza titolo (cioe’ dalla domanda di restituzione alla data del rilascio, 3/3/1998-1/2/2007). Il calcolo, poi, dei frutti costituisce stima di merito, nella specie effettuata con l’apporto del CTU, in questa sede non censurabile e in linea con la giurisprudenza di questa Corte, che ha ritenuto corretto ancorare i frutti al valore locativo (cfr., Cass. n. 20394/2013 e n. 5506/2012).

4. Con il quarto motivo, denunziante carenza motivazionale su un fatto controverso e decisivo, si afferma che la Corte di merito non aveva considerato che non era stato possibile giungere alla stipula del “definitivo” per colpa del promittente alienante, il quale non si era adoperato per la correzione della sua data di nascita, erroneamente indicata nel titolo di provenienza; con la conseguenza che, per disposizione contrattuale, fino ad intervenuta rettifica dell’errore il promittente alienante si era obbligato a concedere in comodato gratuito l’immobile alla promissaria acquirente.

4.1. La censura e’ inammissibile perche’ nuova e non specifica.

Quanto alla novita’, basti ricordare che dalla esposizione di cui alla sentenza d’appello non consta essere stata mossa una tale critica alla sentenza di primo grado. Ne’ la ricorrente deduce specificamente di aver proposto un simile motivo d’appello, non riportato e non esaminato dalla Corte di merito.

Quanto al secondo profilo devesi osservare che la doglianza poggia su una lettura del contratto preliminare, che non consta essere stato messo a disposizione della Corte, la quale, pertanto, non e’ in condizione di esaminarla.

5. Con il primo motivo del ricorso incidentale il (OMISSIS) deduce violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’articolo 1170 cod. civ. e articoli 100, 111 e 676 cod. proc. civ..

Violando la legge la Corte territoriale aveva ritenuto che il (OMISSIS) non dovesse considerarsi subentrante nella posizione processuale della custodia, facendo, quindi, decorrere il diritto all’indennita’ solo dal momento della proposizione della domanda da parte del ricorrente, all’udienza del 3/3/1998, invece che dall’atto introduttivo del giudizio (citazione del 17/11/1993). Assume il ricorrente che “nella specie l’azione, oltre a tutelare gli interessi dei creditori ad ottenere il massimo soddisfacimento attraverso la domanda di restituzione dell’immobile e del pagamento della indennita’ di occupazione, allo stesso tempo ha tutelato gli interessi del sig. (OMISSIS) poi tornato in bonis”.

5.1. La critica non merita di essere condivisa.

La Corte di Palermo ha negato fondamento alla tesi del (OMISSIS), oggi riproposta, secondo la quale costui sarebbe subentrato nella medesima posizione del custode giudiziale.

Il ragionamento della Corte locale merita di essere validato in questa sede. Il custode giudiziale agisce in giudizio, quale amministratore del bene pignorato, al solo fine di assicurarne la conservazione e la piena fruibilita’, allo scopo della espropriazione, nell’interesse dei creditori procedenti. Non v’e’ coincidenza d’interessi col proprietario debitore, con la conseguenza che, escluso qualsivoglia fenomeno successorio (a titolo particolare e universale), venuto meno l’interesse alla lite da parte del custode (essendo stato il bene liberato), spettava solo al (OMISSIS) esercitare le domande nascenti dal contratto e consequenziali. Quest’ultimo, rimasto all’inizio estraneo al giudizio, costituendosi, a seguito della chiamata della (OMISSIS), eccepiva il venir meno del contratto preliminare per prescrizione e, come si e’ visto, solo successivamente (udienza del 3/3/1998), chiedeva restituzione e indennita’ per l’occupazione senza titolo. Pertanto, correttamente la sentenza impugnata ha fatto decorrere dalla domanda del (OMISSIS), non preceduta da altro atto idoneo, il diritto alla restituzione dei frutti.

6. Con il secondo motivo il (OMISSIS) allega violazione e falsa applicazione della legge in relazione agli articoli 1282, 1385 e 2033, cod. civ. e articolo 112 cod. proc. pen..

Seguendo la prospettazione difensiva, non avrebbe dovuto essere disposta la restituzione della caparra in favore della promittente acquirente, in quanto era da addebitare solo a costei la mancata stipula del contratto definitivo, prima del maturarsi della prescrizione. In ogni caso, gli interessi non avrebbero dovuto esser fatti decorrere dalla sottoscrizione del preliminare, ma solo dal momento dell’intervenuta prescrizione.

6.1. La doglianza e’ inammissibile, trattandosi di questione nuova sulla quale non era stato proposto appello, sia pure incidentale.

7. In ragione della reciproca soccombenza le spese legali del giudizio di legittimita’ possono compensarsi per intero fra le parti.

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale e incidentale e compensa per intero fra le parti le spese legali del giudizio di legittimita’.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.