in tema di locazione di immobile ad uso abitativo, il carattere abusivo dell’immobile locato ovvero la mancanza di certificazione di abitabilità non importa nullità del contratto locatizio, non incidendo i detti vizi sulla liceità dell’oggetto del contratto ex art. 1346 cod. civ. (che riguarda la prestazione) o della causa del contratto ex art. 1343 cod. civ. (che attiene al contrasto con l’ordine pubblico), né potendo operare la nullità ex art. 40 della L. n. 47 del 1985 (che riguarda solo vicende negoziali con effetti reali): ne consegue l’obbligo del conduttore di pagare il canone anche con riferimento ad immobile avente i caratteri suddetti.

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Tribunale Roma, Sezione 6 civile Sentenza 16 aprile 2019, n. 8640

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA

SEZIONE SESTA CIVILE

Il Tribunale Ordinario di Roma – VI Sezione civile, in composizione monocratica, in persona del Giudice Onorario dott.ssa Manuela Sorrentino, nell’udienza del 16/04/2019, esaurita la discussione orale e udite le conclusioni delle parti presenti, ha pronunciato, ai sensi dell’art. 429 c.p.c. 1 comma, la seguente

SENTENZA

dando lettura del dispositivo e della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, nella causa iscritta al n. 73354 del Ruolo generale affari contenziosi dell’anno 2017

tra

(…), rappresentato e difeso – giusta procura – dall’avv. SA.EM., presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Indirizzo Telematico

attore

e

ASSOCIAZIONE (…), rappresentato e difeso – giusta procura – dall’avv. CA.PI., presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Indirizzo Telematico

convenuto

FATTO E DIRITTO

1. fatti controversi.

Con atto di citazione regolarmente notificato, la parte attrice in epigrafe intimava, alla convenuta, lo sfratto per morosità dall’immobile in R. via (?) con corte e depandance, ed esponeva al tribunale:

– di essere proprietaria dell’immobile suddetto e di averlo concesso in locazione, per uso abitativo alla convenuta associazione, con contratto sottoscritto in data 1.04.17 e registrato in data 30.05.17;

– che a termini dell’accordo contrattuale la parte convenuta si era impegnata al pagamento della corrisposta mensile di L. 2.500.000, oltre ad Euro 10.000,00 stabilite in contratto, da versarsi in aggiunta al canone di locazione in 20 rate mensili di 500,00 euro, per imborso di indennità di occupazione sine titulo dell’immobile a fare data dal ottobre 2016 al marzo 2017 da corrispondersi mediante bonifico bancario da eseguire entro il giorno 5 di ogni mese;

– che il conduttore aveva omesso di saldare il canone dall’agosto 2017 al settembre 2017 per 7.500,00 euro oltre 1500,00 per mancato pagamento delle rate per indennità di occupazione per un periodo pregresso.

Per queste ragioni la parte attrice chiedeva al tribunale di convalidare lo sfratto come intimato e, in caso di opposizione, di emettere ordinanza di rilascio provvisoriamente esecutiva, con riserva delle eccezioni della convenuta; chiedeva inoltre di pronunciare decreto ingiuntivo di pagamento dei canoni scaduti ed a scadere sino alla data del rilascio, col favore delle spese di lite.

All’udienza di convalida si costituiva la convenuta la quale, in via preliminare, chiedeva la declaratoria di nullità del contratto di locazione, il rigetto delle domande attrici e di accertare e dichiarare risolto il contratto per inadempimento della locatrice; in subordine di ridurre il canone in misura proporzionale all’esito dell’istruttoria e/o dell’equo apprezzamento; chiedeva altresì di applicare al contratto de quo la normativa relativa all’uso prevalente ed in particolare all’uso commerciale; di condannare la intimante al risarcimento del danno patrimoniale, e non, subito dal convenuto, anche in via equitativa.

Eccepiva di avere legittimamente sospeso (art. 1460 c.c.) il pagamento dei canoni mensili a motivo dell’inadempimento della locatrice, per i vizi strutturali dell’immobile nonché per carenze di qualità giuridico-amministrative della res locata; in particolare rilevava che l’immobile non risultava avere le certificazioni degli impianti e di agibilità, rilevava la presenza di problemi strutturali e di staticità a causa delle visibili lesioni presenti all’interno dell’immobile; deduceva la nullità del contratto a causa di tali vizi per illiceità dell’oggetto e la legittimità della sospensione del canone o di una eventuale riduzione del canone di locazione.

Proponeva altresì domanda riconvenzionale, chiedendo di dichiarare “nullo e risolto il contratto di locazione”, con rifusione delle spese del giudizio.

Il tribunale, con ordinanza del 9.11.18 emetteva ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c. e disponeva il mutamento del rito, autorizzando le parti ad integrare i propri atti, mediante deposito di memorie e documenti ex art. 426 c.p.c..

Nella propria memoria integrativa la ricorrente, dava atto del sopravvenuto rilascio dell’immobile, nelle more della lite e coltivava le domande articolate nell’atto introduttivo del giudizio, sottolineando, in particolare, che la convenuta aveva già occupato l’immobile prima della sottoscrizione del contratto, come si evince dal riconoscimento del debito della indennità di occupazione per la somma di Euro 10.000,00 all’art. 7 del contratto di locazione e che, pertanto, all’atto di sottoscrizione del medesimo, era perfettamente a conoscenza dello stato dei luoghi: rilevava che il convenuto, a seguito del mancato pagamento dei canoni, non aveva mai mosso alcuna contestazione e/o eccezione sullo stato dell’immobile sino all’instaurazione del presente giudizio, come si evince dalla corrispondenza intercorsa tra le parti e depositata in giudizio.

Precisava che la convenuta aveva sempre goduto dell’immobile senza alcuna limitazione ed, ritenuta la natura strumentale dell’opposizione, chiedeva la condanna della resistente ex art. 96 c.p.c..

La difesa convenuta nella memoria ex art. 426 c.p.c. ribadiva quanto eccepito in fase sommaria ed in particolare, i vizi e le irregolarità strutturali dell’immobile, coltivando le domande già spiegate in comparsa di costituzione e risposta, sottolineando l’assoluta indisponibilità della locatrice ad effettuare i lavori concordati, ad eccezione dei controlli posti in essere alla pensilina ed al cancello.

Il giudice disponeva la consulenza tecnica di ufficio al fine di verificare se i vizi lamentati potessero costituire un pericolo serio per la salute degli occupanti e se avessero di fatto reso impossibile il godimento dell’immobile.

A seguito dell’esito negativo della procedura di mediazione, nonostante la proposta del mediatore e la disponibilità della locatrice, si perveniva all’odierna udienza di discussione.

L’immobile veniva rilasciato dal conduttore in data 19 dicembre 2017.

2. merito della lite.

La domanda di risoluzione contrattuale svolta dalla odierna ricorrente è fondata e va accolta per le ragioni di seguito considerate.

La ricorrente ha imputato alla convenuta di avere lasciato insoluti i canoni da agosto a novembre 2015, e totalmente inevase le mensilità successivamente scadute sino alla litispendenza ed ha dato prova del titolo e della scadenza dell’obbligazione dedotta inadempiuta in virtù dello stesso contratto di locazione allegato in atti (v. all. 2 e 3 all’intimazione di sfratto; sugli oneri probatori incombenti all’attrice in risoluzione v. Cass. n.15659.2011; conf. Cass. n.3373.2010; Cass. n.9351.2007; Cass. n.1743.200 7; Cass. n.20073.2004; Cass. n.13674.2006; Cass. n.8615.2006; Sezioni Unite n.13533.2001; Cass. n.2387.2004: “in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento”).

Ciò posto, spettava alla convenuta di eccepire e dimostrare, in giudizio, fatti impeditivi, estintivi o modificativi, idonei a precludere la domanda principale.

Ebbene, le eccezioni svolte nella comparsa di costituzione non possono essere condivise.

Va premesso, in linea preliminare, che non v’è motivo di ventilare, nel caso di specie, la nullità del contratto dedotto in contesa: è dedotto e documentato infatti, dalla stessa resistente che la res locata sia stata effettivamente adibita, sin dall’anno 2016, prima ancora della sottoscrizione del contratto di locazione (1.04.17), ad uso abitativo e tanto basta ad escludere il vizio sommariamente paventato dalla parte intimata (“l’impossibilità dell’oggetto cui, ai sensi degli artt. 1346 e 1418 cod. civ., consegue la nullità del contratto, ricorre solo quando la prestazione sia insuscettibile di essere effettuata per la sussistenza di impedimenti originari di carattere materiale o giuridico che ostacolino in modo assoluto il risultato cui essa era diretta, e non anche quando insorgano ostacoli più o meno gravi nella esecuzione della stessa”: in tali termini è Cass. n.6927.2001; conf. Cass. n.4013.1998; ancora: “la nullità del contratto o della singola clausola contrattuale, per l’impossibilità della cosa o del comportamento che ne forma oggetto, richiede che tale impossibilità, oltre che oggettiva e presente fin dal momento della stipulazione, sia anche assoluta e definitiva, rimanendo ininfluenti a tal fine le difficoltà, più o meno gravi, di carattere materiale o giuridico, che ostacolino in maniera non irrimediabile il risultato a cui la prestazione è diretta”; identicamente Cass. n.18002.2011).

Si rigetta, altresì, l’eccezione relativa alla eccepita inesistenza del certificato di agibilità e degli abusi lamentanti, in virtù della costante giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass. n.22312.2007:

“in tema di locazione di immobile ad uso abitativo, il carattere abusivo dell’immobile locato ovvero la mancanza di certificazione di abitabilità non importa nullità del contratto locatizio, non incidendo i detti vizi sulla liceità dell’oggetto del contratto ex art. 1346 cod. civ. (che riguarda la prestazione) o della causa del contratto ex art. 1343 cod. civ. (che attiene al contrasto con l’ordine pubblico), né potendo operare la nullità ex art. 40 della L. n. 47 del 1985 (che riguarda solo vicende negoziali con effetti reali): ne consegue l’obbligo del conduttore di pagare il canone anche con riferimento ad immobile avente i caratteri suddetti”; conformi: Cass. n.12983.2010; Cass. n.19190.2003; Cass. n.4228.1999.

In ordine cronologico, peraltro, l’eccezione ex art. 1460 c.c. non parrebbe conforme a buona fede, in quanto non risulta che la convenuta, che occupava sine titulo l’immobile dal 2016, avesse mai contestato tali vizi e carenze amministrative prima di sospendere il pagamento dei canoni (v. sul punto Cass. n.22353.2010: “per la legittima proposizione dell’eccezione di inadempimento è necessario che il rifiuto di adempimento – oltre a trovare concreta giustificazione nei legami di corrispettività e interdipendenza tra prestazioni ineseguite e prestazioni rifiutate – non sia contrario a buona fede, cioè non sia determinato da motivi non corrispondenti alle finalità per le quali esso è concesso dalla legge, come quando l’eccezione è invocata non per stimolare la controparte all’adempimento ma per mascherare la propria inadempienza; al fine del relativo accertamento assume rilevante importanza la circostanza che la giustificazione del rifiuto sia resa nota alla controparte solo in occasione del giudizio e non in occasione dell’attività posta in essere allo scopo di conseguire l’esecuzione spontanea del contratto”); infatti dalla corrispondenza mail depositata in atti (fascicolo ricorrente fase di merito) non si riscontra alcuna contestazione di vizi a seguito della richiesta della locatrice al pagamento dei canoni di locazione insoluti.

Infine, essendo pacifico che l’immobile concesso in locazione alla convenuta sia rimasto comunque utilizzabile e che in effetti sia stato concretamente utilizzato, sino alla litispendenza e fino al rilascio (nelle more della lite) nonostante le carenze amministrative denunciate in giudizio, l’integrale sospensione del pagamento del canone locativo per diverse mensilità, nonché il mancato pagamento delle somme di cui all’art. 7 del contratto relative ad indennità di occupazione per il periodo pregresso alla sottoscrizione del contratto, si configura contraria al criterio di buona fede (artt. 1460, 1375 c.c.) anche sotto il profilo della proporzionalità al fatto (d’inadempimento) imputato al locatore.

Costituisce infatti principio accolto in giurisprudenza, quello secondo cui (così a seguire Cass. n.10639.2012):

“in tema di locazione di immobili urbani per uso diverso da quello abitativo, la cosiddetta autoriduzione del canone (e, cioè, il pagamento di questo in misura inferiore a quella convenzionalmente stabilita) costituisce fatto arbitrario ed illegittimo del conduttore, che provoca il venir meno dell’equilibrio sinallagmatico del negozio, anche nell’ipotesi in cui detta autoriduzione sia stata effettuata dal conduttore in riferimento al canone dovuto a norma dell’art. 1578, primo comma, cod. civ., per ripristinare l’equilibrio del contratto, turbato dall’inadempimento del locatore e consistente nei vizi della cosa locata.

Tale norma, infatti, non dà facoltà al conduttore di operare detta autoriduzione, ma solo a domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, essendo devoluto al potere del giudice di valutare l’importanza dello squilibrio tra le prestazioni dei contraenti”

(sono conformi Cass. n.10271.2002; Cass. n.7269.2000; Cass. n.12253.1998; Cass. n.99555.1997; Cass. n.8425.2006: “in tema di inadempimento contrattuale vale la regola che l”exceptio non rite adimpleti contractus”, di cui all’articolo 1460 cod. civ., si fonda su due presupposti: l’esistenza dell’inadempimento anche dell’altra parte e la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti, da valutare non in rapporto alla rappresentazione soggettiva che le parti se ne facciano, bensì in relazione alla situazione oggettiva.

In applicazione di tale principio, qualora un conduttore abbia continuato a godere dell’ immobile locato, pur in presenza di vizi, non è legittima la sospensione da parte sua del pagamento del canone, perché tale comportamento non sarebbe proporzionale all’inadempimento del locatore”; conf. Cass. n.2855.2005; Cass. n.3341.2001).

Peraltro, dalla stessa relazione tecnica di ufficio il CTU ha evidenziato che le lesioni interne “non costituiscono un pericolo serio per gli occupanti”, sia relativamente al corpo B che al corpo C.

In ordine alla pensilina di accesso, invece, ha rilevato che “potesse costituire, in una certa misura, un pericolo per chi dovesse transitare o peggio sostare al di sotto dell’opera… ne consegue che relativamente alla sola pensilina non sia possibile un godimento in piena sicurezza”: relativamente a tale aspetto, tuttavia, la locatrice si era adoperata ad effettuare i necessari controlli, come riconosciuto dalla stessa difesa della resistente.

Alla luce di quanto evidenziato e dato atto che è pacifico che l’immobile è stato goduto pienamente sino al suo rilascio, non rinvenendosi alcun pericolo nell’immobile, la resistente associazione deve essere condannata al pagamento dei canoni sino al dicembre 2017, nonché alle somme dovute in virtù dell’art. 7 del contratto relativamente alle indennità di occupazione di cui si è riconosciuto debitore per i mesi da ottobre 2016 a marzo 2017.

Conclusivamente si rigettano le contestazioni della difesa convenuta, avendo la ricorrente dimostrato il titolo e la scadenza dell’obbligazione (di pagamento del canone locativo) dedotta inadempiuta, e non avendo la convenuta allegato né provato fatti impeditivi, modificativi o estintivi della pretesa dell’attore, la domanda di risoluzione svolta a termini dell’art. 1453 c.c. è da accogliere e per l’effetto, va accolta l’accessoria domanda di condanna al pagamento dei canoni scaduti sino al rilascio dell’immobile oltre alle somme dovute ex art. 7 del contratto di locazione.

Si respinge la domanda ex art. 96 c.p.c. in quanto la opposizione della convenuta non è risultata meramente strumentale.

Va quindi provveduto come in dispositivo; le spese della lite seguono la soccombenza; le spese della CTU poste a carico di parte resistente.

Per Questi Motivi

il Tribunale di Roma, definitivamente pronunziando nella causa civile di primo grado, indicata in epigrafe, ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede:

– accoglie le domande svolte dalla Sig.ra (…) ai danni della Associazione (…) e per l’effetto:

– dichiara risolto, per inadempimento grave del conduttore, il contratto di locazione sottoscritto inter partes in data 1.04.17 e registrato il 30.05.17, inerente l’immobile sito in R. via (?);

– dichiara cessata la materia del contendere in ordine al rilascio;

– condanna la resistente al pagamento, in favore della ricorrente, della somma di Euro 15.000,00 a titolo di canoni scaduti dal luglio 2017 a dicembre 2017 (ciascuno di Euro 2.500,00), oltre interessi legali sull’importo di ciascuna mensilità dalle rispettive scadenze al saldo;

– condanna la resistente a corrispondere alla ricorrente il pagamento della somma di Euro 9.000,00 ex art. 7 del contratto di locazione oltre interessi di legge dalle singole scadenze al saldo;

– pone a carico della resistente il pagamento degli onorari e spese del consulente tecnico di ufficio;

– condanna la resistente a rifondere alla ricorrente le spese di lite, che liquida in Euro 250,00 per esborsi, compresi oneri di mediazione ed Euro 4.000,00 per compensi professionali (quantificati ex D.M. n. 55 del 2014), oltre spese generali al 15%, iva e cpa come per legge.

Così deciso in Roma il 16 aprile 2019.

Depositata in Cancelleria il 16 aprile 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.