in tema di locazioni di immobili urbani, adibiti ad uso abitativo, nel caso in cui il conduttore, senza effettuare alcuna contestazione sul quantum, abbia omesso di pagare una o più mensilità del canone locativo, la valutazione della gravità e dell’importanza dell’inadempimento non è rimessa all’apprezzamento discrezionale del giudice, ma è predeterminata legalmente ai sensi degli artt. 5 e 55 della L. n. 392 del 27 luglio 1978.

 

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Tribunale Roma, Sezione 6 civile Sentenza 2 ottobre 2018, n. 18743

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI ROMA

SEZIONE SESTA CIVILE

In persona della Dott.ssa Manuela Scoppetta, in funzione di giudice monocratico, nella causa iscritta al n.r.g. 10910 dell’anno 2018 e vertente

TRA

FONDAZIONE (…), in persona del legale rappresentante pro tempore, parte elettivamente domiciliata in Roma, Via (…), presso lo studio dell’Avv. MA.ER., che la rappresenta e difende come da procura in atti

ATTORE

E

(…), parte rimasta contumace nel presente giudizio

CONVENUTO CONTUMACE

OGGETTO: intimazione di sfratto per morosità

All’udienza del 2.10.2018, a seguito della discussione orale della causa, pronuncia ex art. 429 c.p.c. la seguente

SENTENZA

dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La parte intimante FONDAZIONE (…) ha concesso in locazione al sig. (…) l’unità immobiliare per civile abitazione sita in R., Via (…), posta al piano 1 della scala a, distinta con l’interno12, con posto auto coperto, al canone mensile di Euro 247,90 soggetto a rivalutazione annuale secondo gli indici ISTAT.

Essendosi lo stesso reso moroso nel pagamento dei canoni e degli oneri accessori per le mensilità da luglio 2011 a ottobre 2016, con atto di intimazione di sfratto per morosità e contestuale citazione per la convalida, parte attrice lo ha convenuto in giudizio.

L’intimato sig. (…) è sempre stato contumace, sia nell’udienza di fase sommaria che in quella di merito, resasi necessaria con il mutamento del rito a causa dell’irreperibilità del conduttore, che ha determinato l’instaurazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 143 c.p.c.

Il giudice ha disposto la trasformazione del rito ai sensi degli articoli 667 e 426 c.p.c., con assegnazione dei termini perentori per l’integrazione degli atti introduttivi mediante deposito in cancelleria di memorie e documenti.

La causa, esaurientemente istruita senza ulteriore ammissione dei mezzi istruttori, è stata discussa e decisa all’odierna udienza.

La domanda di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento della parte conduttrice è fondata e merita accoglimento.

Infatti, attraverso la produzione del contratto di locazione regolarmente registrato, dal quale risulta l’obbligazione di parte convenuta di corrispondere il canone nei termini espressi nell’atto introduttivo del giudizio, è stata data prova del fatto costitutivo della pretesa azionata.

E’ principio consolidato e pacifico nella giurisprudenza della Suprema Corte che “in tema di locazioni di immobili urbani, adibiti ad uso abitativo, nel caso in cui il conduttore, senza effettuare alcuna contestazione sul quantum, abbia omesso di pagare una o più mensilità del canone locativo, la valutazione della gravità e dell’importanza dell’inadempimento non è rimessa all’apprezzamento discrezionale del giudice, ma è predeterminata legalmente ai sensi degli artt. 5 e 55 della L. n. 392 del 27 luglio 1978” (Cass. 23257/2010).

In particolare, in materia di locazioni ad uso abitativo, la norma contenuta nell’art. 5 della L. n. 392 del 27 luglio 1978, rubricata “inadempimento del conduttore”, dispiega la propria efficacia nell’ambito dei rimedi contro le patologie funzionali del contratto. Essa ha per oggetto la disciplina della risoluzione del contratto di locazione per inadempimento da parte del conduttore dell’obbligazione di pagamento del canone o di quella di corresponsione al locatore dei c.d. oneri accessori. Tale norma si configura come speciale rispetto a quella posta dall’art. 1455 c.c. in quanto permette al conduttore di adempiere tardivamente senza il rischio di incorrere nella sentenza di risoluzione del contratto, ed è ispirata alla ratio del favor nei confronti del conduttore, favor giustificato dall’interesse primario di mantenere l’abitazione.

La norma, dettando una presunzione assoluta di gravità dell’inadempimento, ha inteso sottrarre alla discrezionalità del giudice l’apprezzamento della non scarsa importanza dell’inadempimento, ancorando tale valutazione a due presupposti oggettivi, uno di tipo quantitativo, consistente nel mancato pagamento di una rata del canone o di oneri accessori per un importo superiore a due mensilità di canone, ed uno di ordine temporale, dato dal protrarsi dell’inadempimento per oltre venti giorni dalla scadenza del termine convenuto o di due mesi in caso di oneri accessori. In questo senso si è espressa con giurisprudenza costante e conforme la Suprema Corte “in tema di locazione di immobili ad uso abitativo, con riferimento all’inadempimento del conduttore al pagamento del canone, l’art. 5 della L. n. 392 del 27 luglio 1978, il quale stabilisce che il mancato pagamento del canone della locazione, decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell’art. 1455 c.c., fissa un criterio di predeterminazione legale della gravità dell’inadempimento e ciò anche quando si tratti di morosità relativa agli oneri accessori” (Cass. Civ. 8628/2006).

Al di fuori delle circostanze citate, non può argomentarsi che il pagamento delle morosità intimate dopo l’introduzione del contraddittorio possa costituire sanatoria, oltre che della morosità intimata, anche della vicenda giuridica relativa alla pretesa di inadempimento, operando in questo caso il principio generale previsto dal terzo comma dell’art. 1453 c.c., il quale esclude che il debitore possa adempiere la propria obbligazione successivamente all’introduzione della domanda di risoluzione contrattuale. La purgazione della mora infatti, successiva alla domanda di risoluzione contenuta nell’intimazione di sfratto non è ostativa, ai sensi del citato articolo 1453 c.c., all’accertamento della gravità del pregresso inadempimento di parte intimata nell’ambito del giudizio ordinario che a tal fine prosegua dopo il pagamento dei canoni scaduti (Cass. 7/3/2001 n. 3341). Unica deroga a tale principio è costituita dalla particolare disposizione dell’art. 55 della L. n. 392 del 1978, l’invocazione del quale consente al conduttore di impedire unilateralmente ed a contraddittorio instaurato, la pronuncia di risoluzione a mezzo dell’ordinanza di convalida, mediante l’adempimento dell’obbligazione di pagamento del corrispettivo dovuto unitamente agli interessi ed alle spese, nella forma di pagamento banco judicis ovvero della richiesta e successiva osservanza del cosiddetto “termine di grazia”.

Tuttavia nel caso specifico, l’invocazione dell’art. 55 L. n. 392 del 1978 non è avvenuta, ma al contrario parte intimata ha deciso di formalizzare l’opposizione e proseguire nel giudizio di merito. In ossequio alla interpretazione della giurisprudenza di legittimità ormai consolidata, la scelta di una delle due soluzioni giuridiche esclude l’altra, in quanto “In tema di sfratto per morosità, sussiste incompatibilità logica tra opposizione alla convalida e richiesta di sanatoria ex art. 55 L. n. 392 del 1978 (cd. termine di grazia) che – a differenza della prima – presuppone appunto una non contestazione alla domanda del locatore, cui infatti il conduttore moroso ammesso al beneficio deve corrispondere non solo il capitale e gli interessi, ma anche l’importo della spese processuali” (da ultimo Cass. Civ. 24.03.2006 n. 6636). Deve al riguardo osservarsi che l’inadempimento del conduttore configura senza dubbio una rilevante alterazione del sinallagma contrattuale, tale da determinare la risoluzione del contratto ex art. 1455 c.c., in conformità al consolidato orientamento della giurisprudenza secondo cui “in tema di risoluzione per inadempimento, la valutazione, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1455 c.c., della non scarsa importanza dell’inadempimento deve ritenersi implicita ove l’inadempimento stesso si sia verificato con riguardo alle obbligazioni primarie ed essenziali del contratto, quale, in materia di locazioni, quella del pagamento del canone” (Cass. 1/10/2004 n. 19652). Il pagamento del canone costituisce infatti la principale e fondamentale obbligazione del conduttore, al quale non è consentito astenersi dal pagamento del corrispettivo e neppure ritardarne la corresponsione e ciò perché la sospensione totale o parziale dell’adempimento di detta obbligazione, così come il ritardo dello stesso, legittima l’applicazione dell’art. 1460 c.c. solamente quando venga completamente a mancare la prestazione della controparte che come noto, si sostanzia nel consentire il pieno godimento del bene immobile oggetto del contratto di locazione.

Nel caso di specie non vi è contestazione in merito alla circostanza che la parte conduttrice abbia continuato a godere dell’immobile mantenendolo nella propria piena disponibilità, tanto da indurre parte attrice a domandarne il rilascio in corso di causa. La sussistenza del grave inadempimento in capo al conduttore è questione assorbente di ogni altra eccezione sollevata nel corso del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da FONDAZIONE (…), con atto di citazione notificato nei confronti di (…), così decide:

dichiarata la contumacia del convenuto, dichiara altresì risolto per inadempimento del conduttore il contratto di locazione tra le parti, avente ad oggetto l’immobile ad uso abitativo sito in R., Via (…), posta al piano 1 della scala a, distinta con l’interno 12, con posto auto coperto, condannandolo a rilasciare l’immobile entro e non oltre il 30.10.2018;

condanna parte convenuta al pagamento in favore di parte attrice dei canoni intimati scaduti e non pagati, ammontanti ad Euro 17.256,00 alla data del 1.10.2018, oltre a quelli a scadere maturati sino alla materiale riconsegna dell’immobile, oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo;

condanna parte convenuta al pagamento in favore di parte attrice degli oneri accessori per la somma di Euro 5.389,58 alla data del 1.10.2018;

condanna parte convenuta al pagamento in favore di parte attrice delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.500,00 di cui Euro 500,00 per esborsi, ed Euro 2.000,00 per compensi, oltre oneri di legge.

Così deciso in Roma il 2 ottobre 2018.

Depositata in Cancelleria il 2 ottobre 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.